il Rimino n. 48. 27 agosto 2000
Altri documenti sul Meeting di CL
Articoli di Sebastiano Messina, Curzio Maltese e Stefano Marroni da Repubblica

Archivio 2015


Repubblica 25.8.2000
I DUE SPIONI
di SEBASTIANO MESSINA

BERLUSCONI ha scoperto che c'è un Grande Fratello cattivo, che passa il suo tempo a spiare tutti noi. Un' entità maligna che ascolta col suo enorme orecchio le nostre telefonate (comprese quelle in cui sbagliamo numero) e al tramonto riferisce ad Amato. Il quale, secondo il Cavaliere, ormai sa tutto di tutti, da Abbiati Spartaco a Zuzzà Deborah. E uno di questi giorni, se gli gira, ci spedisce tutti al gulag (che non è, come crede Bossi, una zuppa ungherese).
Bisognava dare un esempio di come si possono rovesciare le cose. E Berlusconi l'ha fatto. Ha inventato un Grande Fratello buono, l'esatto contrario del maligno consanguineo. Anche lui spia - è un vizio di famiglia - ma lo fa a fin di bene. Prende dieci sconosciuti e li chiude a chiave. Poi li filma e li ascolta anche mentre dormono. E li manda in tv.
Il Grande Fratello cattivo spia 52 milioni di italiani per conto di una decina di persone, il Grande Fratello buono spia una decina di persone per conto di 52 milioni di italiani. Uno costa una tombola e non lo vede nessuno, l'altro è una miniera d'oro e farà il pieno di audience. E' un assaggio di come sarà lo spionaggio liberale nell'era berlusconiana (è rimasto un solo problema pratico: convincere Bernardo Provenzano ad accettare le telecamere nel bagno).
 
Repubblica 25.8.2000
QUEGLI SLOGAN DA FORREST GUMP
di CURZIO MALTESE

IN un posto normale un personaggio che sostenesse in pubblico che in Italia ci sono milioni di telefonini controllati dal governo di sinistra, "il vero Grande Fratello", tanto che "la gente ha paura di parlare di politica", verrebbe cautamente avvicinato da due signori vestiti di bianco, prelevato e portato in un luogo di cura.
Ma l'Italia non è un posto qualsiasi, tanto meno la Rimini del meeting di Cl, dove ieri Silvio Berlusconi, non un pazzo ma il più importante uomo pubblico italiano e uno dei più ricchi d'Europa, ha riscosso applausi oceanici fra le decine di migliaia di giovani riuniti nella Fiera attaccando il "regime comunista al potere sotto mentite spoglie".
I casi sono due. O a Berlusconi i massacranti allenamenti sotto il sole delle Bermuda, in compagnia dei suoi cari, hanno fatto molto male. Oppure è tutto vero e allora la terribile scoperta di Berlusconi merita di fare il giro del mondo e il caso Italia, dove un governo calpesta i più elementari diritti civili, merita d'essere portato all'attenzione degli organismi internazionali: corti europee, Amnesty International, Nazioni Unite.
MA chi scrive teme che, essendo questi luoghi frequentati da persone adulte e consapevoli, le visioni del Cavaliere verrebbero accolte da sane e grasse risate.
Anni fa, in una di quelle convention per i venditori di Publitalia ch'erano, col senno di poi, il banco di prova dei futuri comizi, Silvio Berlusconi spiegò ai suoi venditori che il pubblico andava trattato "come un bambino di 11 anni neppure tanto sveglio".
Un problema serio della politica italiana sta proprio in questa regressione del linguaggio a una sloganistica da tv dei ragazzi. Non è stato neanche Berlusconi il primo, ma Bossi, con le sue vaneggiate Padanie, i soli e le ampolle, la cianfrusaglia di simboli da osteria in salsa celtica. Berlusconi, da grande imprenditore, ha rubato l'idea artigianale e l'ha amplificata con le sue dimensioni industriali. Il risultato è il generale rimbecillimento del discorso pubblico. Su ogni tema, ogni santo giorno. Una mattina c'è un tizio che propone di dimezzare il carico fiscale dall'indomani. Un altro si sveglia e cerca di convincerti che i movimenti migratori di massa si possono fermare con una raffica sugli scafisti. Certo, si può cercare di fronteggiare la marea d'irrazionalità con argomenti e dati. Ma è come la storia di Achille e la tartaruga.
L'immagine del meeting di Rimini offre uno squarcio sull'Italia prossima ventura. Sopra, sul palco, l'uomo solo al comando, tirato a lucido, libero di spararle grosse e d'insultare e diffamare i suoi nemici, di contraddirsi parlando di Grande Fratello, proprio lui, d'inventare soluzioni magiche e di dire che "la sinistra porta al Kursk", secondo l'ultimo sport della destra, speculare sui morti, si tratti di marinai russi o bambini uccisi. In basso, un popolo di adolescenti in adorazione, pronto a bersi tutto.
Chi in queste settimane ha tessuto l'elogio in rima baciata dei giovani cattolici, grondanti valori, additandoli a esempi per noi esausti laici, dovrebbe riflettere sul meeting di Rimini. Guardare in faccia quei ragazzi. In buona fede? Certo. Gentili? Certissimo. Intelligenti? Chissà.
Da anni questi ragazzi cattolici pieni di valori applaudono a Rimini il peggio della criminalità politica italiana, ladri e faccendieri, corrotti e corruttori portati sul palco dagli occhiuti capi scout. Il loro idolo, da sempre, è Giulio Andreotti, che rimane l'uomo politico più amato dalla Chiesa. Di più, dopo il processo di Palermo è diventato l' agnello sacrificale, il martire. Ma per credere nel martirio di Andreotti, con le sue decine di "non ricordo" ai processi per le stragi e le decine di bugie ai processi per mafia, bisogna davvero avere una fede immensa.
Altrettanta fede nei miracoli occorre per ascoltare seri un discorso di Silvio Berlusconi, senza la sgradevole sensazione d'essere presi per i fondelli. Chissà, forse si campa meglio così, con la chitarra in mano, l'applauso pronto e il cervello sgombro da cattivi pensieri, come tanti Forrest Gump. Ma a coloro ai quali è negato tale stato di grazia, si lasci almeno la consolazione intellettuale di una risata che non seppellirà niente e nessuno, purtroppo

Repubblica 25.8.2000
La crociata di Berlusconi
"Per la libertà contro il Grande Fratello comunista"
A Rimini il Cavaliere conquista i ciellini promettendo devolution, buoni scuola e meno tasse
dal nostro inviato STEFANO MARRONI

RIMINI - C'è il rischio di un Grande fratello prepotente e intrusivo nella partita che si giocherà alle elezioni. Il rischio di un potere dispotico, che controlla i cittadini e li spia sui telefonini, che decide quello che studiano a scuola, li vessa con una giustizia di parte e li rapina quando pagano le tasse. Un potere usato da comunisti per annientare gli avversari: ma anche - anzi soprattutto - per "sete di posti e oggi anche di denaro, visto che hanno scoperto gli agi della vita borghese...". Parola di Silvio Berlusconi, che a Rimini, scegliendo i toni, le parole e le omissioni giuste, coglie, davanti a diecimila ciellini, l'incoronazione che è venuto a cercare. Sono toni da crociata, da guerra santa per la libertà a cui i seguaci di don Giussani si dicono pronti a partecipare. Grati ad un uomo che "parla il nostro linguaggio" e non ha le riserve che sempre i democristiani hanno ostentato di fronte alle rudezze, alle semplificazioni, ai manicheismi di CL.
"Non posso fare la rivoluzione liberale che ho in mente senza di voi", gli grida il Cavaliere alla fine di una cavalcata di parole durata oltre un'ora e mezza. Ma loro ci saranno, fin dalla prossima "campagna d'autunno", perché "con chi condivide i nostri sogni e le nostre esigenze - promette Giorgio Vittadini, presidente della Compagnia delle Opere - non siamo e non saremo mai neutrali".
Berlusconi costruisce il suo trionfo pezzo a pezzo, con il fiuto di un animale da palcoscenico. Parlando "più a lungo di chiunque altro abbia mai parlato al Meeting", assicura Roberto Formigoni. Mercoledì sera ha fatto tardi studiando le domande-tipo che il vicedirettore ciellino del Tg1, Roberto Fontolan, ha preparato per lui. Ma nell'auditorium della Fiera il Cavaliere prende subito la mano al suo rassegnato intervistatore. Lo travolge, lo tira per la manica, lo spiazza con i suoi "mi consenta", a un certo punto addirittura lo bacchetta per "un certo eccesso di ottimismo", quando si rende conto che il pubblico mugugna alla domanda "ma in fondo quali sono le libertà che ci mancano?". Lui le enumera tutte, le libertà in pericolo. E ricorda che per questo "era indispensabile che scendessi in campo": perché l'anticomunismo - scandisce - è "anzitutto un dovere morale", e impone che dinnanzi alla memoria dei gulag "si dica alto e forte "Mai più"".
La gente applaude. E Berlusconi parte come sa fare. Racconta di partiti "fatti fuori da una corrente di magistrati che fa politica, Magistratura democratica, e che ha eliminato con inchieste e processi gli avversari del Pci-Pds-Ds". Ricorda che "mai il comunismo è andato al potere con libere elezioni", come dimostrato da D'Alema. Assicura che Amato è solo "un illusionista", anzi "il paravento" di Veltroni, di "gente che odia gli imprenditori, che è contro la scuola privata, la sanità privata, la proprietà privata". Di comunisti, insomma, "che tali resteranno per sempre anche se cambiano nome". Di "mercenari - grida - che non si battono per un ideale o una bandiera, ma a cui basta un nemico da combattere, oggi identificato con me, perconservare il potere: il contrario della santa politica che noi perseguiamo".
No, avverte nell'apoteosi ciellina il Cavaliere, non possiamo "lasciare il paese in mano a chi non lo ama". Sarebbe la rinuncità alla prosperità, assicura, ma soprattutto l'anticamera di un inferno concentrazionario che già oggi annunciano leggi come la par condicio, o provvedimenti fatti "a misura degli amici" come nel caso Seat-Tmc, o l'impossibilità di scegliere la scuola per i propri figli, o l'ospedale in cui curarsi.
Sono stati "inventati nuovi reati", come il concorso esterno in associazione mafiosa per colpire "una persona che voi amate, Andreotti". Per non dire delle risorse della tecnologia, dei "trenta milioni di braccialetti elettronici che sono oggi i telefonini: grazie ai computer centrali, chi ne possiede uno praticamente dichiara tutto di sé, dov'è, cosa fa". O delle "decine di migliaia di telefoni tenuti legalmente sotto controllo, contro i solo mille degli Usa", o del "folle istituto del 117", che consente di sfogare "invidie e frustrazioni" denunciando presunti evasori: tutti "strumenti in mano alla maggioranza per colpire gli avversari". C'è il Grande Fratello dietro l'angolo fa sapere Berlusconi. E anche per questo è importante andare a votare al più presto: "anche con questa legge elettorale", finge di rassegnarsi il Cavaliere. E' anche il modo di stoppare una "finanziaria elettorale", pensata per "conquistare il voto di Andreotti", dice in un lapsus pensando - ovviamente - a Bertinotti. Ma soprattutto è la strada maestra per fare subito un'Italia più felice, per realizzare un programma elettorale con dieci, dodici, cose essenziali: devolution e buoni-scuola, immigrazione più controllata e più posti di lavoro, un liberismo "non sfrenato, ma sociale", e tasse giuste che tengano lontano l'erario dai diritti di successione e cancellino "la rapina fiscale subita da chi paga fino al 60 per cento del suo reddito". E un pacchetto di opere pubbliche imponenti, il raddoppio dell'Autosole, la Pedemontana veneta, il ponte sullo Stretto.
E' un miracolo che possimo realizzare insieme, dice Berlusconi ai ciellini, preparandosi ad autografare qualche decina delle 14 mila copie del suo libro distribuite gratis agli ingressi. Il sì arriva sotto forma di applausi, cori, invocazioni. E con l'assicurazione che "a titolo personale - per usare la formula un po' curiale di Vittadini - ci potranno essere vocazioni individuali alla politica, in questo ambito". Tradotto, vuol dire che ci saranno una decina di collegi per i ciellini come contropartita al loro definitivo addio a un Ppi che Berlusconi vede condannato a sparire, perché "stavolta i comunisti non avranno posti da scialare per loro. Nemmeno nel "triangolo rosso"...".

Il Rimino a cura di Antonio Montanari

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