il Rimino n. 25. 08 maggio 2000 Archivio "Ponte", 2020 |
"Sgnor maestro, non mi ragni " I versi giocosi di Eugenio Pazzini da Verucchio La scena è questa. Arriva lispettore scolastico a visitare "una scola in tna campagna / dun paeis só tla muntagna". Il maestro è vecchio e brutto, di nome fa Ciuccianespole Silvestro. Lispettore comincia ad interrogare gli alunni della classe quinta e, con sua grande meraviglia, scopre che la "geografea", essi "i-n sa cus sea". Neanche con laritmetica va tanto bene, "a ni sem"; la prova scritta, "un po dcupied", è un disastro. Davanti a tanto squallore culturale, lispettore non può trattenersi: "Ma maestro dica un po; / io non so se sbaglierò, / ma mi par che i suoi scolari / sian per me dei gran somari". Ciuccianespole Silvestro giustifica gli alunni: "Sarà fors, sor Ispettore, / che di lei abbian timore; / chiedo io e lei vedrà / che qualcun risponderà". Ma neanche questo metodo di verifica ha successo. Lallievo Bianchini, interrogato se fosse più grande il Po od il Rubicone, giustifica la propria ignoranza piangendo ed urlando: "Sgnor maestro, non mi ragni / non lo san gnanca i compagni". Scandalizzato, lispettore scappa dallaula. Ma poi torna immediatamente sui suoi passi. Spalanca la porta, adocchia la classe, chiama un bambino che gli sembra sveglio, ed a bruciapelo gli chiede: "tu, che a me sembri il più esperto, / chi lAmerica ha scoperto". Se fossimo in teatro e non davanti ad una pagina poetica (di cui è autore Eugenio Pazzini da Verucchio, antico poeta dialettale ancora letto, amato e studiato), calerebbe il sipario del primo atto. Dopo il quale, la scena cambia. Fuggito a gambe levate dallaula, dando dei cretini ai ragazzi, ed attribuendo per questo "gran merto" al maestro, lispettore vola dal Sindaco Testadura: tre quintali, solino alto una spanna, "na cadnaza m e curpet" ed un gran fiore allocchiello, "e parleva snimpurtenza / tned al men sora la penza". Dice il poeta, "E pareiva intelligint / mo però u-n capiva gnint". Lispettore gli espone il drammatico caso dignoranza riscontrato nella scuola da cui è appena fuggito, chiedendo notizie sul maestro Ciuccianespole Silvestro. Il sindaco Testadura per lui ha solamente parole di alto elogio, perché in lui la mirabile scienza si accompagna a fervida eloquenza, al punto da farne un docente unico al mondo. Ma come è possibile, si chiede nel suo forbito italiano lispettore, se nessuno ha saputo dirmi nulla: "Ho perfino domandato / (dopo aver perso del fiato) / al ragazzo un po più esperto / chi lAmerica ha scoperto / e risposemi costui / di non esser stato lui". Il sindaco Testadura, tutto compreso nel ricoprire bene il suo ruolo di rappresentante della comunità e della legalità, dichiara di conoscere quel ragazzo, chiamato Buraschino, e di sapere spiegare il perché di quella risposta negativa sulla "scoperta dellAmerica" (questo è ovviamente il titolo della poesia): "Ho capito; è un forsennato, / un ragazzo squilibrato, / tanto lui che i suoi fratelli / son soggetti poco belli. / Sti ragazzi spensierati / tutti i giorni fan reati! / E sicura, è cosa certa / che se lui non lha scoperta / io le giuro che lè stato / qualchedun del suo casato!". Il racconto lirico finisce con una nuova fuga dellispettore inorridito, non senza prima aver dato del cretino al signor sindaco Testadura. Questa poesia la si può leggere in un volume, "Poesie giocose in dialetto romagnolo", uscito nel 95 per i tipi di Pier Giorgio Pazzini (figlio dellautore): esso reca una introduzione critica di Dino Pieri e Maria Assunta Biondi (grandi e dotti cultori della tradizione romagnola delle "zirudelle" che ricostruiscono la fortuna del nostro autore), ed una testimonianza di Sergio Zavoli (come al solito simpaticamente malinconico nel suo personale amarcord riminese). A questo testo, elegante nella edizione e frutto di un faticoso lavoro di composizione con righe di piombo come si faceva una volta, si è appena aggiunto un altro libro, a cura di Domenico Pazzini, intitolato "Voci sulla collina. Studi su Eugenio Pazzini", che pubblica i contributi di G. Bravetti, R. Copioli, L. Faenza, E. Grassi, G. Pazzini, D. Pazzini, D. Pieri e M. A. Biondi, A. Prete, relativi al Convegno dedicato alla poesia di Eugenio Pazzini, tenutosi a Verucchio nellottobre 97. Ai riminesi possono soprattutto interessare le pagine di Liliano Faenza che offre uno spaccato della società negli anni Trenta, illustrando la vita degli oratorii e dei teatrini parrocchiali. In particolare, Faenza illustra la vita del "Cinema Teatro Educativo" allestito da don Gaetano Baravelli in corso dAugusto 20, nel palazzo Castracane (ora Garattoni), poco distante dallArco. Qui, tra un atto e laltro di una rappresentazione o fra il primo ed il secondo tempo del film, "scappa fuori" (come recitano le locandine) il sig. Pazzini Eugenio da Verucchio che declama le sue poesie giocose. Ma Faenza esamina pure la produzione teatrale di Pazzini, il quale si presentava sempre con questo biglietto da visita: "Poeta vagabondo. Tipografo eccellente. Suonatore di cornetta. Dicitore di poesie. Lirico. Drammatico. Viaggiatore e venditore dei biglietti della lotteria di Tripoli". Viaggiatore, appunto, per visitare paesi e città dove offrire le sue rime. Ecco il proclama che lui stesso stampa sullo stile dei manifesti ufficiali: "Abitanti di Perticara e paesi circonvicini. Se volete stare allegri e ridere spensieratamente, trovatevi Domenica 30 corr. alle ore 20 nel Teatro del Dopolavoro Armando Casalini di Perticara ove il giovane Eugenio Pazzini di Verucchio dirà le sue poesie giocose in dialetto Romagnolo. Si paga pochissimo!! Si ride moltissimo!". Il manifesto per il Teatro Vittoria di Pennabilli ha invece una grafica moderna, illustrata, anche con limmagine di un clown: qui sono indicati pure i prezzi, una lira per gli adulti, mezza per i ragazzi. Lavviso per Mercatino Marecchia cambia di tono: "Eugenio Pazzini di Verucchio non è ancora morto, ma se sabato 22 corr. alle ore 20 nessuno sarà presente nella sala Amati quando reciterà le sue poesie giocose in dialetto romagnolo, morrà certamente. Dunque tutti a Teatro che si spende poco, e si sta allegri, perché si paga soltanto una lira. Una prece perché venga molta gente". Il proclama per una recita a San Marino termina con questi due versi: "Dovendosi sposare, / ha bisogno dincassare" . Invece a Serravalle, il manifesto si chiude con una sommaria autobiografia: "E un mezzo matto, è un tipo strano / ma dei suoi versi ne sa un vulcano". Sono tutti documenti reperibili nel volume del 95, che presenta pure lannuncio funebre per la morte repentina del bricco Pirinela di anni 49, "da tempo ammalato dentro e spelato fuori". A lui Pazzini aveva dedicato un libro di poesie, il celebre "E bréch de mi Pitrìn". Dove Pitrìn è il cugino Pietro Berardi che "nei racconti di sapore comico grottesco era certamente imbattibile, unico", come ricorda Giorgio Pazzini in apertura di "Voci sulla collina", rammentando gli incontri anteguerra, alla domenica pomeriggio, ai quali era anche presente Adalberto, "prestigioso docente universitario di storia della medicina e autore di apprezzatissimi volumi in materia". Ad Adalberto Pazzini è stato dedicato di recente un piccolo libro con due saggi: Francesco Aulizio ne ha trattato parlando della "riorganizzazione degli studi storico-medici in Italia", mentre Stefano De Carolis ha illustrato "i restauri alla rocca malatestiana e lattività artistica di Adalberto a Verucchio". Antonio Montanari |
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