il Rimino n. 10. 25 gennaio 2000
Federico, penna e pennarello.
Il Fellini umorista autore di testi e vignette

Archivio 2013

A Federico Fellini sono stati dedicati recentemente due volumi, dei quali riferiremo brevemente in questa nota. Il primo è relativo al nostro regista quale "Autore di testi" e copre un periodo che va dal 1939 al 1950: si tratta di un "quaderno" edito dall'Istituto dei beni Culturali della regione Emilia Romagna, a cura di Massimiliano Filippini e Vittorio Ferorelli. In esso sono raccolti gli atti del convegno tenutosi a Bologna nell'ottobre 1998.
Il secondo presenta un testo felliniano, "Fuori programma n. 7" (luglio 1943), deliziosamente surreale, vincitore del Prix Italia radiofonico nel 1999.
L'esperienza giovanile
Questi due libri hanno una stretta parentela offrendoci (direttamente o attraverso la mediazione critica e documentaria) l'immagine di un Fellini che ai più è sconosciuto, quella appunto dello scrittore e del disegnatore.
Riprendiamo dalla nota biografica del "Fuori programma n. 7": Fellini "già in tenera età mostra di preferire ai giochi di movimento quelli di fantasia, trascorrendo lunghe ore in solitudine a inventare storie e personaggi per il teatrino dei burattini. Ma la sua inesauribile, precoce passione è il disegno, che esercita in tutte le forme, soprattutto nella caricatura, fin dai banchi di scuola, ritraendo comicamente compagni e insegnanti".
1939, fuga da Rimini
All'inizio del 1939 Fellini fugge da Rimini (dove, se fosse rimasto, tutt'al più gli avrebbero permesso di fare l'impiegato di concetto in Comune). L'approdo a Roma è la conclusione del sogno iniziato nella città natale con la collaborazione al "420", settimanale umoristico fiorentino. Ne parla Ernesto G. Laura nel primo volume (al quale appartengono anche tutti gli altri saggi che citeremo), ricordando due cose: che il disegno felliniano si ispira alla rivoluzione operata a Milano dal "Bertoldo" di Mosca, Guareschi, Manzoni, Mondaini e Steinberg. E che "l'umorismo di Federico può farsi, quando vuole, anche cinico e cattivo", anticipando "certo grottesco di Jacovitti".
Vincenzo Mollica analizza, con un discorso molto interessante, "quando Fellini disegnava", parlando di come la matita prima, poi le tempere ed infine i rivoluzionari pennarelli si siano sempre dimostrati la culla delle sue intuizioni letterarie o cinematografiche: "La prima rappresentazione di una sua idea avveniva attraverso il disegno".
Poi c'è il Fellini teatrale e radiofonico che è possibile ripercorrere con Patrizia Ferrara che ha scandagliato l'archivio della censura del Minculpop (ministero della cultura popolare). La quale censura ad esempio tagliò una scenetta per riferimenti a temi proibiti come i disservizi dei trasporti pubblici o la corruzione degli impiegati. Gettata nel cestino, fu anche una scenetta in cui due sposini in "Viaggio di nozze" si spogliavano: "Non che vi fosse qualcosa di peccaminoso nella descrizione o nei dialoghi, ma la radio lasciava troppo spazio all'immaginazione degli ascoltatori", osserva Patrizia Ferrara.
Alla radio, Fellini approda dal "Marc'Aurelio" il 17 aprile 1940: progressivamente, "l'umorismo si fa più raffinato, a volte caustico, mai volgare o gratuito", osserva Luciano Villevieille Bideri ("Gli archivi SIAE").
Tralasciamo a malincuore di citare anche gli altri contributi più strettamente legati al cinema da questo "Federico Fellini autore di testi", per saltare immediatamente accanto al "Fuori programma n. 7" (ri)stampato da RadioRai in italiano, inglese e francese. Come si è detto, è un testo radiofonico (poi apparso in volumetto non sappiamo quando) che l'emittente pubblica ha trasmesso proprio in occasione dell'ultimo Prix Italia sul Terzo programma: l'ho ascoltato, e credo di essere l'unico cronista riminese ad averlo fatto, dato che nessuno in città ne ha parlato. (Ma in una città surreale come la nostra può capitare che di una cosa molti colleghi parlino senza saperne niente perché gliela suggeriscono amici di ‘corrente' o informatori interessati: questo è lo stato pietoso dell'informazione riminese. E dico surreale perché la città naviga come un fantasma, aggiungendo che non è ‘riminese' Fellini ma ‘felliniano', cioè comico ed irresistibile nella sua fatuità, questo borgo selvaggio, fino a farci lacrimare dalle risate.)
I pesci napoletani
Ovviamente la lettura del "Fuori programma n. 7" impedisce di cogliere la novità del testo che si rivela quando esso è realizzato dalla radio. Ma egualmente il testo ci restituisce la grandezza di questo manipolatore di parole che fu Federico Fellini, con le parodie, le invenzioni come quella dei pesci che intervengono usando il dialetto napoletano o quella del regista che ‘crea' le parole delle ruote del treno (tatatantatatan, tatatantatatan, tatatantatatan): "Manca poco, manca poco, Manca poco ad arrivare. Manca poco, manca poco, Manca poco ad arrivare."
Anche il "Fuori programma n. 7" conferma quanto, con commozione ma grande verità, scrive Vincenzo Mollica nell'altro volume: Fellini lavorava nella "maniera più semplice e più alta", con "la semplicità appunto dei grandi artisti, perché egli è stato un genio di questo secolo". E come tale lo ricordiamo, proprio ad 80 anni dalla sua nascita, lui l'autore di "Amarcord" a questa città di smemorati e di egotisti (nonché egoisti), con poca genialità ma tanta ambizione. E con ciò un posto (ennesimo) nelle civiche liste di proscrizione, me lo sono meritato.
Antonio Montanari

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