il Rimino n. 6. Dicembre 1999
SPECIALE P. G. Pasini, Arte e storia della Chiesa riminese.
Un volume della Diocesi

Archivio 2013

Nell'anno giubilare "in cui si celebra l'Incarnazione e la Redenzione, si vuole documentare come l'evento di Cristo ha generato storia e cultura". Così il nostro Vescovo Mariano De Nicolò illustra scopo e significati del volume "Arte e storia della Chiesa riminese" edito dalla Diocesi di Rimini e composto dal prof. Pier Giorgio Pasini, la cui pubblica presentazione è avvenuta sabato 4 dicembre.
Il libro, prosegue il Vescovo, "coglie la vita e le testimonianze" della realtà religiosa locale, illustrando attraverso le opere d'arte sia l'impegno pastorale sia caratteristiche e problemi del territorio in cui esso si è realizzato attraverso i secoli: "Dalle opere d'arte il pensiero corre alla vita della comunità cristiana che le ha realizzate, ai problemi della vita pastorale e dell'evangelizzazione, alle istituzioni ecclesiali, giuridiche, assistenziali, educative, che la fede ha generato".
Il recupero della storia, precisa mons. De Nicolò, è importante perché in essa vivono il cristiano e la Chiesa: "Il Verbo di Dio, facendosi uomo, è entrato nella storia umana e l'ha trasformata in storia di salvezza". Rimeditare il passato significa vivere il presente e progettare il futuro: "Di questa storia, oggi, noi, la nostra generazione, siamo i protagonisti e i costruttori. Guardiamo al passato come per ricevere il ‘testimone' - si passi il paragone sportivo che ci riporta a san Paolo - per correre la nostra corsa e trasmetterlo a nostra volta a quelli che verranno dopo di noi".
La Chiesa riminese, conclude il Vescovo, "nella memoria e nell'attesa, cammina nel tempo, fra fatiche e consolazioni, contempla e celebra, serve e annunzia il Signore, finché egli venga".
E proprio con un'immagine che lega memoria ed attesa, si apre l'ampio testo di Pasini: è un frammento di sarcofago marmoreo del IV secolo, raffigurante forse la "Traditio Legis" (cioè la consegna della Legge da parte di Gesù a san Pietro, alla presenza di san Paolo e degli altri Apostoli), oppure la "Missio Apostolorum", cioè la scena di Gesù che manda gli Apostoli ad evangelizzare il mondo.
Al IV secolo risale quel Concilio di Rimini (359), nel corso del quale, dopo che i Vescovi d'Occidente (quelli d'Oriente si trovavano a Seleucia) avevano ribadito la condanna dell'Arianesimo pronunciata a Nicea nel 325, l'imperatore Costanzo spinse perché si approvasse una formula "ambigua e sostanzialmente ariana" che fu subito rigettata dalla Chiesa di Roma. Da questo evento, fra i più celebri a livello storico generale, comincia il viaggio nel passato di Pasini, a cui chiediamo quale elemento di fondo caratterizzi la sua opera: "E' il tentativo di organizzare per temi ed epoche venti secoli di vicende che riguardano diversi aspetti, non sempre esaminati o pubblicati", ci spiega: "Basti pensare, come esempio, a due elementi mai evidenziati in passato: le pietre ‘barbariche' delle pievi e le suppellettili ecclesiastiche".
Di queste pietre, Pasini tratta in un ampio capitolo intitolato al "reticolo delle pievi": l'unica sopravvissuta "in uno stato di relativa integrità" è quella di san Michele Arcangelo, presso Santarcangelo, databile alla metà del VI secolo. Nelle poche sculture provenienti dagli altri edifici, e risalenti ai secoli più ‘bui' del medioevo, "è evidente il permanere di simboli e motivi paleocristiani e bizantini, ma come scomposti e deformati, fittamente e incoerentemente assemblati e spesso svuotati di ogni valore decorativo".
In età medievale sorge la cattedrale di santa Colomba, la cui storia è tutta narrata tenendo presente sullo sfondo quella della città: tra VII e X secolo, quest'ultima "sembra subire un rapido rallentamento e impoverimento; in aderenza alla cattedrale sorgevano le abitazioni dei canonici che per il loro sostentamento e per i lavori di manutenzione del sacro edificio venivano dotati di beni dal Vescovo, dal Papa e dall'imperatore. I canonici, a quanto pare, scrive Pasini, costituivano "un gruppo piuttosto conservatore, molto chiuso e tradizionalista, compatto soprattutto nel difendere ad oltranza i suoi diritti veri e presunti e soprattutto i suoi averi, cioè il patrimonio costituito da molte terre e persino da interi paesi del contado: terre e paesi che il Comune tendeva ad annettersi e che infatti un poco alla volta incorporò interamente, se non come proprietà, come dominazione diretta".
L'attenzione di Pasini alla vita sociale è verificabile anche attraverso le pagine dedicate al nostro monumento religioso più illustre, il Tempio voluto da Sigismondo: "Una visione complessiva dell'ultimo Medioevo, o se si preferisce dell'Umanesimo, rende molto evidente la progressiva emarginazione della gente comune dai fatti dell'arte (dell'arte qui dobbiamo occuparci, ma l'osservazione potrebbe e dovrebbe essere estesa a quasi tutte le espressioni della vita sociale), gradualmente sottratti alla partecipazione e, alla fine, alla stessa comprensione di un pubblico indifferenziato".
Per contrasto viene da citare la chiesa di san Giovanni Evangelista (sant'Agostino), entrando nella quale i fedeli "come prima cosa vedevano il grande ‘Crocefisso' dipinto su tavola, issato al centro", e contemporaneamente sullo sfondo il "Giudizio universale": "e subito si rendevano conto che il Cristo giudice non è altri che il Cristo crocefisso, e che Cristo è giudice in quanto è stato crocefisso". Avanzando, i fedeli, "quasi a temperare la terribilità della manifestazione del Cristo", sotto il suo trono potevano vedere "l'immagine dolce e confortante della Madonna con il Bambino, cioè in veste di madre, mediatrice pietosa e, appunto, materna".
Nella pagina conclusiva di questo interessante e prezioso volume, Pasini spiega lo spirito che lo ha guidato nella sua stesura: "Quel poco di storia che unisce le opere d'arte citate è sembrato indispensabile per farne comprendere la genesi e il valore di testimonianza di fede, di civiltà, di storia, di lavoro, di abilità, di creatività e talvolta, certo, anche di bellezza, ma sempre legata a una cultura, uno spazio, un tempo specifici".
E ricordando un'aurea massima del Cardinal Giuseppe Garampi ("Nelle materie storiche resta sempre aperto un largo campo per accrescere le nozioni precedenti, o per meglio rettificarle e correggerle"), Pasini augura alla città che "molti vogliano coltivare con spirito di servizio e con amore" questo campo, "per la comunità che si riconosce nella Chiesa locale, e per tutti quegli uomini che, pur non riconoscendosi in essa, ragionevolmente in essa riconoscono le loro radici".
Antonio Montanari

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