Antonio Montanari

"Giuseppe di Prospero Zinanni"

accademico dei Lincei planchiani

 

Nel 1745 rinasce a Rimini l’Accademia dei Lincei di Federico Cesi (attiva tra 1603 e 1630), per iniziativa del medico, scienziato e poligrafo Giovanni Bianchi (Iano Planco, 1693-1775). Bianchi era già allora noto negli ambienti colti italiani. Nel 1742 aveva pubblicato un’autobiografia in latino, come opera di "autore anonimo", nei Memorabilia Italorum eruditione præstantium curati da Giovanni Lami a Firenze. Nel luglio ’41 era stato chiamato dall’Università di Siena ad insegnare Anatomia umana. L’ostilità e la diffidenza che gli nacquero attorno, lo convinsero a ritornare in patria alla fine del novembre 1744, dopo aver pubblicato, a sue spese, a Firenze, il Fitobasano di Fabio Colonna, a cui premise "la notizia" sull’Accademia dei Lincei, della quale Colonna aveva fatto parte.

Bianchi spiega il rientro con l’accettazione di una duplice offerta fattagli dalla comunità di Rimini: la concessione della "cittadinanza nobile, e lo stipendio di scudi 200 annui per la sola permanenza" 1, cento in meno di quelli percepiti per la Cattedra senese. Allo stipendio doveva corrispondere però un preciso impegno come medico primario condotto della città 2.

Un anno dopo l’approdo a Rimini, il 19 novembre 1745, Bianchi inaugura nella propria abitazione la rinnovata Accademia dei Lincei, la cui attività inizia il successivo 3 dicembre, con una dissertazione dell’abate Stefano Galli, "sopra l’utilità della lingua greca". Galli è "Scriba perpetuus" dell’Accademia, mentre gli altri componenti risultano (oltre a Planco, "Restitutor perpetuus"): Francesco Maria Pasini, "Censor"; Giovanni Paolo Giovenardi, anch’egli "Censor"; Mattia Giovenardi, Giovanni Antonio Battarra, il conte Giuseppe Garampi, Gregorio Barbette, Lorenzo Antonio Santini e Giovanni Maria Cella. A questo nucleo originario, si aggiungono negli anni successivi altri undici accademici: essi sono, in ordine alfabetico, Lucantonio Cenni, Lodovico Coltellini, Giovanni Lami, Daniele Colonna, Giacomo Fornari, Giuliano Genghini, Francesco Fabbri, Luigi Masi, Francesco Roncalli Parolino, Gaspare Adeodato Zamponi e Giuseppe Zinanni.

Lo studioso ravennate di Storia Naturale Giuseppe Zinanni (o Ginanni 3, 1692-1753), non è mai figurato quale accademico dei Lincei riminesi, come ho potuto accertare preparando una comunicazione per il convegno della Società di Studi Romagnoli sulle Accademie in Romagna, intitolata Tra erudizione e nuova scienza. I Lincei riminesi di Giovanni Bianchi (1745) 4.

Circa le date di nomina ufficiale degli undici accademici successivi al nucleo originario, ne posso precisare soltanto nove. Nel 1750 sono ammessi Lucantonio Cenni, Lodovico Coltellini, Giovanni Lami e Daniele Colonna. L’anno successivo, Giacomo Fornari, Giuliano Genghini, Francesco Fabbri, Gaspare Deodato Zamponi. Nel 1765, Luigi Masi. Non sappiamo nulla circa Francesco Roncalli Parolino, di cui esiste la minuta del diploma 5. Per Giuseppe Zinanni, l’unica testimonianza rintracciata è nella sua missiva6a Bianchi del 22 marzo 1746, dove il ravennate parla dell’offerta ricevuta da Planco di aggregazione "a così universo Congresso".

Nell’immenso ‘magazzino’ planchiano tuttora esistente, si trova la sconosciuta dissertazione "sopra le uova, e sopra la generazione delle Lumache terrestri, ed altre chiocciole fluviali, o d’acqua dolce" 7, inviata da Giuseppe Zinanni a Bianchi nel 1746 o nel 1747. La possibile datazione del ms. e la relativa incertezza nascono dall’esame delle lettere inoltrate dallo stesso "Giuseppe di Prospero Zinanni" (come egli si firma) a Planco. Il 22 marzo 1746 (nella lettera cit. sull’offerta d’associazione ai Lincei), Zinanni scrive:

Ho provato piacere in sentire dalla sua ultima scrittami che abbia rinnovato in di lei casa l’Accademia de’ Lincei, e da ciò fà vedere il desiderio che ha, di accrescere i Letterati, e la gloria della di lei patria. Li sono altresì tenuto dell’esibito mi fa di aggregare a così universo Congresso e per prima occasione le trasmeterò una mia dissertazione, la quale se conoscerà meriti di esser letta, la farà legere, e quando no la rimanderà.

Il successivo 12 aprile Zinanni invia a Bianchi, tramite un padre francescano che da Ravenna scende a Pesaro, la

promessa dissertazione. Questa forse non avrà la fortuna d’incontrare l’agradimento degl’Academici come bramerei, e ciò per eser parto di uno che non ha l’abilità che si richiede. S’ella la stima cosa, che non meriti d’esser letta, la tratenghi dando a lei tutta la libertà fuorche di essere stampata.

Ma il 25 marzo 1747 Zinanni informa Bianchi: "Subito che avrò comodo non mancherò di trasmettervi qualche cosa del mio (benché di debolezza) per la loro Accademia". Il 7 maggio Zinanni aggiunge:

Benché tardi le trasmetto la promessali Disertazione; ciò non è pervenuto da difetto di volontà, ma bensì per esser stato molto tempo poco bene, e poi dopo occupato in varie cose per mons. de Reomur 8. Ciò che debbo pregarla si è che prima di far leggere in Accademia la disertazione le dia un’occhiata, e se le riesce non meritevole di legersi in un congresso così virtuoso, a darla alle fiamme, che ne sarò contentissimo.

Davanti a questi documenti, si può avanzare l’ipotesi che si tratti di due dissertazioni differenti tra loro: però abbiamo il testo soltanto di una. Nella storia generale dei Licei riminesi, la dissertazione di Zinanni, si pone cronologicamente come quarta, stando a quanto ho potuto verificare. Forse significa qualcosa che essa sia appunto tra quelle che segnano l’attività iniziale dell’istituzione planchiana. La scelta di Bianchi sembra attestare una stima particolare verso il collega ravennate, con il quale aveva fatto conoscenza molti anni prima. Lo stesso Planco, nella ricordata autobiografia del 1742, definisce Zinanni "peritissimus" in Storia Naturale (p. 390).

Zinanni nel 1737 ha pubblicato a Venezia, un volume intitolato Delle uova e dei nidi degli uccelli. Strettamente collegata ad esso, appare quindi la dissertazione per i Lincei riminesi, "sopra le uova, e sopra la generazione delle Lumache terrestri...". Nella premessa al volume, intitolata Argomento, Zinanni ringrazia gli amici tra cui Giovanni Bianchi 9, "i quali tutti mi hanno fatto risolvere, quasi mio malgrado, di dare al pubblico questa mia fatica" (pp. 13-14). Il volume del 1737 nasce lentamente sotto gli occhi di Planco, come possiamo desumere dalle lettere che l’autore gli scrive nel periodo in cui lo sta ultimando.

"In fine" il libro, precisa Zinanni il 19 gennaio 1735, contiene "alcune osservazioni, con una dissertazione sopra varie spezie di cavallette" 10. L’8 gennaio 1735 Zinanni aveva inviato a Bianchi "le tenue osservazioni, che feci l’anno scorso sopra le Locuste Terrestri", con la preghiera "di pore in esecuzione la prerogativa de letterati, che è di compatire le debolezze altrui". A questa lettera, Zinanni allega un fascicolo di 24 pp. più cinque tavole finemente disegnate ad inchiostro. Le "osservazioni" contenute in questo scritto, sono soltanto un piccolo abbozzo della "dissertazione" uscita a stampa nel 1737, in calce al volume Delle uova e dei nidi degli uccelli.

Bianchi stava allora preparando uno studio sui Foraminiferi, che esce poi a Venezia nel 1739, il De Conchis minus notis, dove parla pure dei Corni d’Ammone, molluschi cefalopodi fossili ritrovati "in terra arenosa cujusdam montis Covignani, qui mons secundo vel tertio lapide circiter a Mari Ariminensi distat" 11. Zinanni, nella lettera inserita come seconda nel suo epistolario, ma senza data, osserva:

Veramente io credevo che le Corna d’Ammone fossero fatte in diversa maniera da quelle mandatemi perché l’Imperato 12 li dà altra figura, ma però non credevo fossero una Pietra, ó Lusus naturae, e ben vero che ho sommo piacere di cartegiare con V. S. Ill.ma perche mi favorisce di darmi molti lumi giache in Ravenna non v’è nessuno che possi insegnare, e quello si fá bisogna farlo da sé, e così se sbaglio nel dire il mio sentimento mi compatischi tanto più che è poco tempo che hó cominciato questo studio.

A proposito del proprio "studio", Zinanni il 6 marzo 1734 precisa che stava mettendo assieme "con grande stento" la sua "tenue raccolta di cose naturali". (Nella stessa epistola, egli accenna ad una visita di Bianchi, a Ravenna, ed al fatto che non aveva potuto incontrarlo.) Il 30 marzo Zinanni ritorna sugli argomenti cari a Planco:

Ho voluto fare i miei sperimenti in queste arene di mare, e non hó potuto trovare in esse ne pure con la lente le corna d’Amone ma ben si sono tutte sparse di picciole Ciocciole e Conchilie, come vedrà dalla mostra qui acclusa. Con tale occasione le dó a riflettere che anch’io hó trovato in questa nostra marina delle corna d’Amone ma assai più grande che il padre Bonanni 13 le chiama Umbilicoli Marini, onde non só se meritano queste, ed anche quelle della sua arena di Rimini 14il nome di vere corne d’Amone.

L’8 maggio 1734 Zinanni invia a Bianchi "una cassettina con entro di tutto ciò che mi ritrovo duplicato", ed aggiunge: "circa poi l’arena del mare hó tornato a fare nove ricerche, e ritrovo pochissimi Corni d’Amone". L’argomento non muta anche successivamente. Il 6 gennaio 1735, Zinanni si sofferma sul passaggio di truppe in Ravenna (tema questo che torna anche successivamente).

Arriviamo così, in ordine cronologico, alla lettera già ricordata dell’8 gennaio 1735 con cui Zinanni trasmette a Bianchi "le tenue osservazioni (...) sopra le Locuste Terrestri". Il 19 gennaio Zinanni preannuncia a Planco "un piccolo tometto", le Osservazioni intorno alle uova dei Vallatelli con le loro immagini. Parte prima. Con un esatta osservazione circa varie spezie di Locuste Terrestri. (E’ il progetto del volume cit. del 1737, Delle uova e dei nidi degli uccelli.) Zinanni annota:

Per assicurarsi poi dei Fiorentini si potrebbe far stampare il detto frontespizio, e mandarlo a varij dilettanti, e farlo inserire ne giornali di Venezia, ed in questa maniera spererei di avere il tempo di aumentare, e perfezionare si le osservazioni delle Locuste Terrestri, come della raccolta delle uova de Vallatelli, e sopra ciò ancora averò sommo piacere di sentire il di lei sentimento.

Alla risposta planchiana del 22 gennaio 1735, si richiama Zinanni il 29 successivo: tale risposta, precisa, gli "ha inspirato tanto di coraggio, che subito mi sono posto a distendere l’idea dell’opera, ed il sig. Dottore Calbi 15 […] si è impegnato ad assistermi in ciò, che riguarda l’ortografia, ed altro se occorre". Zinanni acclude il piano dell’opera che vuole essere divulgativa: "ed oltre ciò ha un tal quale aria di novità". Lo stesso argomento appare nel messaggio successivo (9 febbraio), dal quale apprendiamo che "quello, che mi dissegnerà sarà il Sig. Andrea Barbiani Pitore buono di Ravenna", mentre per l’incisore Zinanni è in trattativa con artisti di Firenze e Venezia. Circa l’opera che sta allestendo Bianchi, Zinanni scrive:

Lei ancora farà ottimamente il far incidere in Roma li Corni minimi d’Amone, e Nautili, ed altro per farsi onore lei, e burlare li Fiorentini, ed in questa maniera li levaremo il genio, che hanno di girare per osservare le scoperte, e fatiche altrui.

Zinanni decide alla fine di far incidere i propri rami a Roma, "per essere securo, che rieschino perfetti, non fidandomi a farli fare in Ravenna, perche un buon Incisore non vorà partire dal suo Paese, quando non abbia una grossa paga". Per completare il trattato dedicato alle "Osservazioni intorno alle uova dei Vallatelli", ogni giorno Zinanni, assistito dal dottor Onofrio Galletti (corrispondente anch’egli di Bianchi), procede a nuove osservazioni sullo sviluppo dei pulcini: "è vero, che questa non è una cosa nuova essendo stata fatta da altri, ma a me parrebbe non essere mal fatto prima di descrivere le varie uova de Volatili il descrivere il suo uso, cioè il dimostrare" appunto lo sviluppo dei pulcini.

Il 25 marzo 1735 Zinanni dichiara di aver ricevuto da Bianchi tramite il dottor Galletti l’"essortazione di non perdersi in esperienze, ma di proseguire con celerità l’opera promessa al Pubblico". L’affermazione di Planco potrebbe stupire, essendo compito essenziale dello scienziato quello di svolgere molteplici "esperienze", prima di trarre conclusioni nel proprio lavoro di ricerca. Dobbiamo tener conto che Bianchi, generalmente, non è disposto ad attribuire a queste "esperienze" un primato assoluto, essendo per lui fondamentali le fonti bibliografiche che contengono i pareri dei filosofi e degli uomini eruditissimi, come leggiamo nelle Leggi dei suoi Lincei: soltanto in seconda battuta, doveva subentrare l’investigazione della natura, con le osservazioni dello studioso 16. E’ una posizione che appare inspiegabile in un cultore dell’Anatomia. Comunque, la frase rivolta a Zinanni conferma quanto risulta da quelle Leggi: il sapere di cui Bianchi parla è più tolemaico che copernicano; più incatenato all’ipse dixit del moderno aristotelismo, che aperto ai temi pre-illuministici. Aurelio De’ Giorgi Bertòla, in un polemico necrologio per Planco 17, sottolineò che questi era stato "osservatore giudizioso della Natura, ma poco amico di quella massima legge: Niun esperimento dee farsi una sol volta". La risposta indiretta, ma ferma, di Zinanni all’invito di Bianchi a "non perdersi in esperienze", è nella successiva lettera del 4 giugno, dove, come vedremo, si legge: "se non usassi questa diligenza, moltissimi sbagli farei".

Zinanni quello stesso 25 marzo 1735 scrive a Planco che a Roma è già iniziata l’incisione dei rami. "Spero", confida Zinanni, "che debino riuscire bene servendomi di un Giovine, che hà inciso molti dei famosi Cammei della Galleria di Firenze": di questo "Giovine" si è servito anche "un Padre di S. Alesio che stà in Roma" per un suo libro. Sia questo Padre sia il conte Gaetano Fantuzzi, cugino di Zinanni, hanno assicurato quest’ultimo "dell’abilità, e puntualità dell’Incisore, e mi si esibiscono tutti due della loro asistenza acciò rieschino perfetti". I disegni mandati all’incisore "non possono essere fatti di meglio, e sperarei, che dovessero piacere quando saranno stampati non avendoli fatto con risparmio di fatura".L’opera non procede però speditamente come Zinanni aveva sperato:

A cagione di non poter seguitare a fare li disegni delle tavole delle uova per dover aspettare quelle, che mi manderà chi ne fà la ricerca sperando di metterne insieme molte in questo mese, mi conviene dunque per tener in opera l’Incisore di far fare il disegno del Frontespizio 18, ma avanti di farlo ho sommo piacere di sentire il di lei sentimento pregandola a darmelo con tutta sincerità. La mia idea dunque è di farlo grande quanto deve esser il libro, ed il detto libro di farlo in foglio della grandezza, che è la carta usuale di scrivere 19. Il frontespizio consiste poi parte in boschereccia, e che vi siano monti, e valle, che verrà ad essere come un paesino. In questo vi sarà una figura grande sedendo la quale rappresento la Investigazione 20, che va osservando delle uova, e nido, e lì vicino vi sarà un Amoretto, che ce la presenti; nella valle poi vi sarà qualche Uccello aquatico, e sopra li alberi di altra specie, come in terra, cioè in ogni luogo di quella specie, che ivi suole annidare, sopra al già detto crederei facesse buono una fascia nella quale vi fosse scritto il seguente motto ricavato da Vergilio Felix qui potuit verum cognoscere causas21.

Questa dunque e la mia idea, e ne starò attendendo la sua approvazione, e disapprovazione nella risposta, che mi favorirà. Ho poi sentito con piacere da un Giovine Ravegnano, che stà per studiare in Bologna, che faccia già incidere le sue osservazioni delle cose ritrovate nella spiaggia di Rimini, che di ciò me ne ralegro infinitamente con esso lei. L’Incisore, che in Roma incide li miei rami si chiama Silvestro Pomerede 22 Franzese.

Pure il 4 giugno 1735 Zinanni riferisce del proprio lavoro:

Mi pare sentirla a dire ¿come và le uova 23, essendo molto tempo, che non ne sento a parlare; rispondo, che il proverbio dice volervi cento uova per guarire un matto, ed io hó timore che m’impacirò per ritrorvarne cento spezie, cioè per volerle ritrovare nella maniera che mi sono prefisso, ed è di volere, che ogni nido di uova, che mi viene mandato, mi mandino ancora l’Uccello, che le hà portate per confrontare con l’Aldrovandi 24, e Jonston25, e ciò faccio per essere sicuro, che le dette uova sijno del tale Uccello, e posso dirli, che se non usassi questa diligenza, moltissimi sbagli farei, come nel fare questa diligenza, ho scoperto, che avevo fatto l’anno scorso. Nel riscontrare gli Uccelli ritrovo, che li suddetti Autori non li hanno descritti con tutta sincerità, ma avendo io in iddea, che le diversità dei colori negli Uccelli non faccia mutar spezie, e così di questo nella mia descrizione non ne farò parola, se non di quelli, che mi pare non sijno stati descritti; o pure vi abbiano lasciato qualche particolarità, che faccia distinguere, che sij il tal Uccello. Sono però a quest’ova ridotto ad un numero che mi fà sperare di arivare infalibilmente alle cento, e così allora sarò guarito.

Da Roma, Zinanni ha intanto ricevuto le prime due tavole "che sono riuscite di tutto mio genio". Il 24 settembre Zinanni prevede che il lavoro dei rami durerà per l’intero inverno, volendo che siano fatti tutti "per una mano, acciò rieschino tutti conformi". Non può cominciare però a stampare l’opera perché tardano "certe informazioni, che ho necessità, dalle Alpi". Inoltre ha voluto "rifare le Osservazioni delle Locuste Terrestri, con varie Locuste poste in più vasi per vedere, se quelle di tutti li vasi riescono nella stessa maniera". La lettera spiega in maniera particolareggiata l’esperimento:

Fino ad ora ho veduto come fanno ad accoppiarsi, come depositano le uova, in quanto tempo dalle dette uova naschino le Locuste, e come fanno a nascere, come pure sono subito nate; ho poi veduto ancora tutte le muttazioni, che fanno fino a tanto, che sono ridotte alla loro tottale perfezzione; credo pure di aver scoperto la caggione per la quale muoiono doppo il parto. Da ciò, che ho osservato, li dicho con tutta confidenza di aver scoperto tanto da poter fare una forte crittica agli Autori Antichi, che sopra alle medesima hanno scritto, come pure alli Moderni; ciové il Toscano che fece la dissertazione l’anno 1714, ed il Signor Scofonio Romano l’anno 1718, li quali hanno detto moltissime frottule. Faccio poi una essatta descrizzione delle parti esterne delle Locuste, come delle interne ed a queste li sono dietro al presente con il nostro dottore Galletti 26, che senza il medesimo di queste non ne farei nulla; per far questo mi è convenuto farmi venire da Bologna delle Lenti più perfette di quelle che avevo, e veramente andiamo scoprendo ogni giorno qualche cosa; ieri mattina ritrovammo dove hanno il core, che fino ad ora non l’avevamo potuto ritrovare.

Lamentandosi dell’incisore "assai flematico con tutto che ogni ordinario lo soleciti", il 10 dicembre 1735, Zinanni promette a Bianchi: "Quando averò finito di porre in ordine la mia Operetta, mi voglio prendere la libertà di porla sotto alla di lei crittica, per sentirne il suo sentimento avanti di consegnarla alla stampa, sperando, che averà la bontà di leggerla, ed aiutarmi in ciò, che sarà mancante".

Il 28 gennaio 1736, dopo aver raccomandato a Bianchi per la condotta vacante di Chirurgo a Rimini "Bernardino Bendandi, giovane capace, e che sperarei li facesse onore", Zinanni dichiara che la sua opera uscirà sotto la protezione del duca Ferdinando Maria di Baviera, come infatti avviene. "Mi conviene fare nova fatica per la medesima", essendo stato avvisato dell’esistenza di un testo sugli Uccelli, "il Willughbaio 27":

ed io per vedere ciò, che scrive il detto autore circa li medesimi mi è convenuto comprar si il tomo, che tratta degli Uccelli, che un altro che tratta de pesci per aver l’opera di questo Autore compita, ed il Signor Abate Branchetti Bibliotecario della Libraria dell’Instituto delle Scienze di Bologna me li ha fatti pagare cari, avendomi fatto spendere schudi nove; questo però non mi cale avendo sodisfazione di averli presi perche questo Inglese descrive gli Uccelli a tutta perfezzione, e descrive le uova, e nidi ancora a varj, ma questo non sufragherà, che la mia opera non sia d’idea nuova perche io ne descriverò assai più, e poi lui non le dimostra in figura.

Il 5 maggio 1736 Zinanni invia a Bianchi la lunga descrizione di "una spezie di Cioccioletta, pochissimo convoluta, la quale è finissima, e trasparente, come talco bianco", che lui chiama Sanguisuga marina. Il 9 febbraio 1737 Zinanni esprime a Planco il suo "sommo rammarico" per non avergli potuto inviare, per riceverne un consiglio, la dedica al duca di Baviera. Gli manderà il libro, una volta stampato. Tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo, i rami di Zinanni finalmente partono da Roma ed approdano a Ravenna. Quando il libro è stampato, sorgono problemi con il Sant’Uffizio 28, per comprendere i quali occorre ricordare, come già si è visto, che il volume esce a Venezia:

Spero che mi compatirà se non vede comparire nelle sue mani un esemplare del mio libro, ma la caggione si è, che nel tempo ricercavo occasione per mandarcelo, fui chiamato dal Padre Vicario del Santo Ufizio, dal quale subito andiedi, e veramente credevo potersi essere di tutt’altro fuorché di quello mi parlò, e fù che mi lesse un Decreto Pontifizio, nel quale si ordina, che nessuno dello Stato Ecclesiastico possa far stampare libri fuori dello detto stato senza la permissione dell’Ordinario, e del Vicario del S. Ufizio, e che se qualch’uno ardisse stampare senza le dette licenze, ipso facto venga il suo libro proibito. Io ch’era allo scuro di questo decreto, ho fatto stampare il mio libro in Venezia, senza aver ottenuta la licenza in Ravenna, e così il Padre Vicario del S. Uffizio di qui pretende, che detti miei libri sieno proibiti, e mi ha vietato che li esiti, e ne pure lo mandi fuori senza sua licenza, dicendo di volerne dar parte all’Inquisitore di Faenza. Io però in questo spazio ne ho scritto in Roma a Monsignor Leprotti dal quale spero averne in breve la grazia. Ella ben vede il giusto motivo per il quale fino ad ora non ho soddisfatto ai miei doveri.

Il 17 luglio Zinanni può esultare: "Finalmente ieri il Padre Vicario del Santo Uffizio si portò da me notificandomi, che pubblicasi il mio libro come se avessi prese le debite licenze. Io suppongo averà fatto ciò, avendo conosciuto ch’io non aveva mancato in conto alcuno, perche al certo il decreto, che ciò proibisce non è in uso". Bianchi potrà così ricevere quanto prima il volume, assieme a due altri esemplari che da Rimini dovranno essere da lui stesso fatti recapitare a Pesaro al signor Annibale Olivieri, noto studioso ed erudito.

L’opera Delle uova e dei nidi degli uccelli procura a Zinanni "ampia fama come naturalista" e lo fa aggregarel’8 luglio 1737 all’Accademia dell’Istituto delle Scienze di Bologna 29. Alla quale Zinanni indirizza una lettera di ventotto pagine, datata 15 marzo 1738, che trasmette in copia a Planco: l’argomento riguarda i Testacei. In essa Zinanni parla del suo desiderio di "aggiugnere alla Storia Naturale nuove scoperte". Zinanni successivamente (15 giugno 1741), si lamenta con Bianchi del comportamento dell’Accademia bolognese:

Io so di certo, che la mia lettera non è mai stata letta in Accademia, bensì posta frà gli atti della medesima. Io udito ciò dubitai, che qualch’uno si volesse appropriare le mie osservazioni formando qualche dissertazione, e mandandola a qualche Accademia Oltremontana, onde per esser sicuro ne feci copia e la mandai a Parigi a mons. de Reomur il quale me la lodò all’estremo particolarmente per avere io scoperto esser necessario il flusso, e riflusso del mare sì per il vivere de viventi, che in esso sono, come per mantenere incorote le acque di lui. Io veramente averei desiderato che questa lettera si stampasse, ma sempre sono stato restio in porre in esecuzione i miei desideri dubitando che l’Accademia di Bologna si potesse meco lamentare; ora però che vedo, che gli atti di essa Accademia non si discorre stamparli, quando ella la stimi cosa passabile, e che non meriti biasimo, sarei in stato di pregarla a vedere se il Padre Calogerà 30, o qualch’altro Giornalista la volesse stampare, mandandoli la copia, che le trasmetto, colla sicurezza, che io me le professerò estremamente obbligato.

Grazie ai buoni uffici di Planco, la lettera sui Testacei è pubblicata a Venezia nel tomo quinto della Miscellanea "di varie Operette 31, che cominciò a stamparsi nell’anno 1740 dal Lazzaroni 32, e finì nel 1744 il Bettinelli 33col tomo VIII". Così si legge a p. X delle Opere postume del conte Giuseppe Ginanni Ravennate, Venezia 1755, nella sua biografia, non firmata, composta dal nipote Francesco Ginanni (1716-1766) in veste di editore del volume 34. Possiamo ricostruire l’intervento di Bianchi 35 dalle minute delle sue lettere 36. Il 24 giugno 1741, in immediata risposta quindi alla missiva di Zinanni (del 5 giugno) che ho riportato, Planco scrive:

Io vedrò che o dal Padre Calogerà, o dal Padre Bergantini in Venezia sia inserita questa sua fatica nella loro raccolta d’opuscoli, la qual fatica merita certamente d’uscire alla pubblica luce, e non di tener sepolta come facevano i Bolognesi, il che non è per malizia, ma solamente per la grandissima pigrizia del Segretario, e di tutti gli altri di quella Accademia, che non hanno gusto ad alcuna cosa, che non possa loro portar danaro, e ciò come ho detto dal dottor Monti 37 in fuori, il quale pur è molto occupato e per la famiglia numerosa che ha, e per l’età nella quale si va avvanzando, cose tutte che lo rendono anch’esso ora meno attivo per le cose di studio.

Il padre Bergantini di cui parla Bianchi, è il servita Giuseppe Giacinto Maria (studioso del Sarpi), che ha anche un fratello teatino, Giovanni Pietro 38, ed uno editore, Alessandro, il quale era proprietario con altri due soci della libreria "all’insegna di Sant’Ignazio" 39. Ma per ottenere la pubblicazione della lettera di Zinanni sui Testacei, Planco si rivolge non al padre Calogerà od al padre Bergantini, bensì a padre Paolo Paciaudi che si trovava a Ferrara. A Paciaudi il 27 giugno 1741 Bianchi comunica che la ricopiatura di quella Pistola di Zinanni è già stata completata, e si offre di spedirla lui stesso a Venezia "se m’indicaste chi sia il ricevitore degli Opuscoli di quella Miscellanea". Paciuadi gli risponde il 7 luglio, chiedendogli "che opere abbia pubblicate il Conte Zinanni per poter formare il suo carattere da prefiggere all’Operetta sua". L’8 luglio Bianchi scrive a Paciaudi d’aver composto lui stesso "un poco d’Introduzione" alla Pistola di Zinanni:

a me pare che possa bastare ciò che si dice ivi per conto mio, e non occorrerà che lo stampatore, o voi aggiungiate altri epiteti di lode al mio nome, perciocché tanti epiteti, e tanta lode potrebbe sembrare una cosa affettata, e io con Aulio Gellio dico che è meglio esser biasimato acerbamente, che la lode con affettazione.

Paciuadi il 12 luglio risponde a Bianchi sottolineando l’eleganza usata nell’introduzione allo scritto di Zinanni, che considera "molto opportuno per decoro di quella Miscellanea" alla quale è destinato. Il 22 luglio Paciuadi riferisce a Planco i ringraziamenti ricevuti "dallo stampatore Lazzaroni" e dall’abate Cossali "giovane di molto spirito, e sapere, che si è tolta ora la cura di quella Miscellanea" 40. Sette giorni dopo, il 29 luglio Bianchi raccomanda a Paciuadi che l’abate Cossali corregga bene i testi prima di licenziarli alla stampa, per evitare obbrobri tipografici sui quali si sofferma preoccupato facendo alcuni esempi.

Della Pistola sui Testacei, Planco pubblica una recensione nelle Novelle letterarie fiorentine del 1742. Di Zinanni, Bianchi dice che è "innamoratissimo dello studio dell’Istoria naturale", in cui ha dimostrato "indefessa applicazione". Essendo "dotato di singolar modestia, e nemico della vanità letteraria", Zinanni si è deciso alla pubblicazione della Pistola soltanto dopo esser stato "forzato dalle cortesi violenze degli Amici, e particolarmente del Sig. Giovanni Bianchi Riminese".

La recensione prosegue con una lunga parentesi autobiografica, dove Planco si definisce "gran Naturalista, e benemerito della Repubblica Letteraria per la bellissima opera", il De Conchis, di cui già due anni prima le stesse Novelle letterarie avevano fatto "onorata menzione" 41: "Al presente" Bianchi era "prescelto per Professore Pubblico d’Anatomia nella celebre Università di Siena; dove egli ha in questo primo anno fatto conoscere la somma sua abilità e perizia con gran giovamento de suoi uditori, e con universale applauso". Non stupisca quest’ampia celebrazione di sé che Bianchi, come sempre afflitto da un’ipertrofia dell’ego, compone all’inizio dell’articolo su Zinanni. Al quale finalmente Planco ritorna per ribadire che lui stesso "ha stimolato il Signor Conte Zinanni a permettere di pubblicare anco questa lettera, la quale fa molto onore all’Autor suo, ed all’Italia medesima, per le diligenti e pellegrine scoperte, che in essa si descrivono" 42.

Prima di illustrare la vicenda editoriale dello scritto di Zinanni sui Testacei, eravamo rimasti alla lettera del 15 marzo 1738, con cui lo studioso ravennate lo trasmetteva a Bianchi. Riprendiamo da quest’ultima data l’esame dell’epistolario di Zinanni, riportando soltanto le notizie che riguardano la sua attività di studioso, con l’avvertenza che molte epistole hanno la caratteristica di brevi saggi sui quali dichiaro la mia assoluta incompetenza tecnica, e dei quali sarebbe interessante si occupasse qualche specialista della materia:

Al presente io fo un’esatta descrizione di tutto ciò, che mi ritrovo nel Museo 43 con nottarmi dove si trova la cosa descritta: questo non lo fo per stamparlo, ma bensì per avere una chiara descrizione di tutto ciò, che conservo, e per fare ogni cosa in buon’ordine 44.

Il 17 settembre Zinanni riferisce che il marchese Maffei 45 visita la sua "piccola raccolta di cose naturali". Quando riceve il De Conchis minus notis,in cui Bianchi ricorda Zinanni 46, questi lo ringrazia per le lodi "indebitamente attribuite" alla sua persona. Dichiara di aver letto l’opera "con grandissimo piacere, ed ammirate le famosissime osservazioni" fatte da Planco, in fondo al volume, "sopra il flusso, e il riflusso del mare" (4 luglio 1739).

Tramite Zinanni, Bianchi fa pervenire a Réaumur una copia del De Conchis. Il 7 gennaio 1740 Zinanni comunica a Bianchi che Réaumur si è "sorpreso in vedere, ch’io gli ho trasmesso un libro a nome d’un Autore, che così malamente alla pag. 50 a trattata la Nazion Francese" 47.Il 27 gennaio Zinanni aggiunge:

Scrissi al Sig. Reomur nella maniera ch’ella avvisommi, e spero resterà persuaso, quando non sia come lei dice, che abbia dispiacere di tante belle novità, e scoperte che ha dato al pubblico; ma se ciò fosse, come credo, viene ad essere in sua lode, e vantaggio della Nazione Italiana.

Il 14 maggio Zinanni avverte Bianchi di aver tramato un "innocente inganno" allo scopo di procurargli "maggior lustro": ha inviato a Réaumur dell’arena del lido di Rimini, come era stato richiesto dallo stesso Réaumur "per poter vedere le conche da lei stampate". Réaumur ha manifestato la sua gratitudine a Zinanni con una missiva che questi trascrive a Bianchi.A stretto giro di corriere, il 17 maggio, Planco risponde: "Non m’ha fatto alcun inganno ne alcun dispiacere (...) ho piacere che il sig. Reomur sia restato soddisfatto, e di questo sedimento io ne mando a chiunque me ne domanda acciocché ognuno si soddisfaccia".

Non riferisco tutti i particolari delle altre lettere, in cui si parla di libri ricevuti, si scambiano notizie scientifiche, si invia materiale per quei "nostri giocondi studi della Storia della natura" 48 dei quali dice Planco a Zinanni il 30 gennaio 1740.

Bianchi confida particolarmente nei pareri di Zinanni, se gli spedisce il testo di una dissertazione tenuta ai Lincei il 30 aprile 1751 da Gaspare Adeodato Zamponi, intitolata De Lumbricis Corporis Humani49, in cui si sostiene, erroneamente, che i vermi del corpo umano si riproducono per parto e non con uova. Monsignor Giuseppe Pozzi in una lettera a Bianchi definisce "ciance" le osservazioni di Zamponi 50. Zinanni il 24 giugno 1752 presenta i suoi dubbi: l’osservazione di Zamponi è stata fatta soltanto una volta, "quando per stabilire un’osservazione vi si richiede di verificarla più decine di volte", per cui augura all’autore della dissertazione "che s’incontri in altri vermi che stiano per partorire".

In molte missive Zinanni, infine, spiega a Bianchi le difficoltà che incontra nel lavoro a causa delle cattive condizioni di salute, caratterizzate da gagliarde irritazioni agli intestini, grandissime languidezze, e da un "continuo tormento" in cui di conseguenza si ritrovava 51.

Nel 1754 Planco subentra al posto dello scomparso Giuseppe Zinanni nella Societas Litteraria Ravennatensis52. Il 9 gennaio di quell’anno l’abate Giuseppe Luigi Amadesi 53 segretario dell’Accademia ravennate scrive a Planco:

Questa società letteraria radunatasi li 3 del corrente gennaio, per riempire uno de suoi posti vacanti per la morte del conte Giuseppe Ginanni, a pieni voti elesse la degnissima persona di Vostra Signoria Illustrissima ed a me commise di recarlene avviso e di pregarla di accettare benignamente l’elezione onorando la nostra società.

Questa composta di dodici, de quali altri a ragionare d’istoria sagra, altri d’istoria profana, altri di materie filosofiche, e massime naturali sono destinati. A questa terza classe avea dato il suo nome il defonto conte Ginanni per lo che degnandosi Vostra Signoria Illustrissima di riempire il posto di lui verrà ad assumersi l’incarico di far al tempo suo una dissertazione di cose filosofiche naturali, e questo terrà l’anno 1759, quello appunto ch’era toccato al conte Giuseppe. Per ora adunque basterà che noi abbiamo il contento d’averla nel nostro numero e n’attendiamo con impazienza l’assenso di cui la prego io a nome di tutti gli associati.

Bianchi risponde 54, accettando, il 12 gennaio. Della sua nomina, egli informa immediatamente le Novelle letterarie55: l’Accademia ravennate "a pieni voti" lo ha chiamato a prendere il posto di Giuseppe Zinanni, "Cavaliere nobilissimo", che aveva dimostrato "perizia grande" sulle cose naturali, delle quali ha lasciato "un copioso Museo" in uso a due suoi nipoti, vincolandone "la proprietà dopo la loro morte a’ Padri gesuiti di questa Città, acciocché si conservi per sempre". L’Accademia ravennate ha eletto Planco "lusingandosi che egli potrà soddisfare pienamente a tutte le intenzioni della Società, per esser egli, come a tutto il Mondo è noto, molto versato negli studi, che erano i prediletti del defunto Cavaliere". La scelta di Planco, conclude l’articolo, "consola non poco" la Società Letteraria Ravennate, "e le fa per certo modo esser meno sensibile la perdita del defunto erudito Cavaliere, e tanto benemerito degli Studi della Naturale Istoria, considerando che questi appo di essa torneranno a vivere nella persona del dotto Soggetto al defunto surrugato".

Nella lettera di accettazione, Bianchi aveva fatto osservare: "Io veramente ho rimesso in piedi in mia casa un’Accademia nella quale era aggregato il medesimo Sig. Conte Giuseppe Ginanni, onde io ho di bisogno di dissertazioni per questa nostra Accademia non che io abbia dovizia per mandarne fuori ad altre Accademie". Come a dire (con studiata ironia) che, tutto sommato, non considerava un grande onore, lui restitutore dei Lincei, subentrare al posto "del defunto erudito Cavaliere" nella Società Letteraria Ravennate.

 

NOTE

1 Cfr. Recapiti del dottore Giovanni Bianchi di Rimino, Pesaro 1751, p. IV.

2 Nel 1741 Bianchi se n’era andato da Rimini perché insoddisfatto del suo impegno di medico, come risulta da questa lettera al teatino padre Paolo Paciaudi: "Io come Filosofo non mi sono mai affezionato a niuna cosa in particolare; ma essendomi dilettato di varj studi, colà [a Siena, n.d.r.] io attenderei a quelli che io potessi, dove qui io non posso per così dire attendere ad alcuno, tutto il giorno essendo occupato in cure tediose di malati senza alcun profitto. Questa è una città che dà ai Medici il medesimo incomodo che Roma, e ogni altra gran città, ma il premio è senza alcun paragone infinitamente minore": cfr. G. Bianchi, Minute di lettere dal 1739 al 1745, MS-SC. 969, Biblioteca Gambalunghiana di Rimini (BGR), 26.7.1741.

3 Per una sua biografia aggiornata, cfr. G. Ongaro, Ginanni (Zinanni), Giuseppe, DBI, 55, 2000, pp. 5-7. Sulla società ravennate del tempo, cfr. C. Casanova, Note sulla cultura a Ravenna nel Settecento, "Atti della Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna", LXVII, Bologna 1979; e D. Domini, La cultura tra letteratura ed erudizione, in "Storia di Ravenna, IV. Dalla dominazione veneziana alla conquista francese", Venezia 1994, pp. 362-371.

4 Per ulteriori notizie, rimando alla stessa comunicazione, in prossima uscita. Il convegno si è tenuto a Forlì nel maggio 2000.

5 Cfr. Lynceorum Restitutorum Codex,SC-MS. 1183, BGR.

6 Le lettere di G. Zinanni sono conservate nel Fondo Gambetti, Lettere al dottor Giovanni Bianchi (FGLB), BGR. La prima reca la data del 20 febbraio 1730. L’ultima è del 1° novembre 1752. (Rendo in corsivo le parti del testo sottolineate.) Esse sono complessivamente 78, comprendendovi anche la copia della Lettera sui Testacei che Zinanni indirizza il 15 marzo 1738 all’Accademia dell’Istituto delle Scienze di Bologna, e che è la n. 35 della serie: di essa si parlerà infra. (L’Istituto era stato fondato da Luigi Ferdinando Marsili, 1658-1730.) Anche le missive di altri corrispondenti di Planco, che citerò, si trovano nel cit. FGLB, ad voces.

7 Cfr. Fondo Gambetti, Miscellanea Manoscritta Riminese, BGR, ad vocem Bianchi, Giovanni, fasc. 221.

8 Il "Reomur" di cui Zinanni parla, è il naturalista René-Antoine Ferchault de Réaumur, con cui egli fu in corrispondenza. Tra le sue numerose opere, ricordiamo (relativamente al nostro argomento), le Memoires pour servir a l’Histoire des Insectes, voll. 12, 1737-1748.

9 Gli altri nomi che incontriamo nell’Argomento, sono quelli del padre Diego a Revillas "degnissimo lettore nella Sapienza di Roma", del dottor Giuseppe Monti "che sostiene con tanta gloria il grado di Bottanico" nella "famosa Università" di Bologna, e del conte Gaetano Fantuzzi "mio Cugino, giovane, mi sia lecito il dirlo, d’ingegno elevato, e di altissime speranze". Giuseppe Monti (1682-1760) fu professore di Storia Naturale (nell’Istituto delle Scienze di Bologna), e di Farmacologia all’Ateneo bolognese e direttore dell’Orto botanico felsineo (1722-1760): cfr. G. Bilancioni, Carteggio inedito di G. Morgagni con G. Bianchi, Bari 1914, p. 95. Egli fu in fitta corrispondenza con Planco. (Monti il 24 febbraio 1740 gli scrive: "Seppi per accidente che quella di lei ritratazione le fu insinuata dal Conte Zinani, quale già sa la mia opinione, onde non le scrissi sù questo, e più tosto cerchi di osservare per ben ben assicurarsi". L’argomento riguardava la Penna Marina "se sia animale o pianta".) Monti costituì il Musaeum Diluvianum, così chiamato perché credeva che i fossili fossero resti di animali morti a causa del biblico diluvio universale. (Egli lasciò tutti i suoi reperti al figlio Gaetano, 1712-1797, che li donò al Museo dell’Istituto delle Scienze.)

10 Cfr. lettera del 19 gennaio 1735.

11 Bianchi invia al cit. G. Monti una copia del De Conchis per la Biblioteca dell’Accademia bolognese. Monti il 17 giugno 1739 informa Planco che, oltre alla Biblioteca Accademica poco frequentata, esiste una più affollata Biblioteca dell’Istituto di Scienze, e gli chiede a quale delle due vuole che l’opera sia destinata. Dalla successiva missiva di Monti (6 luglio), si ricava che Planco ha scelto la Biblioteca dell’Istituto.

12 Si tratta di Ferrante Imperato (1550-1631), la cui opera è Dell'historia naturale... libri XXVIII, Napoli 1599. Ferrante Imperato, farmacista, "allestì un pregevole museo naturalistico presso la sua casa di Palazzo Gravina a Napoli. Il museo divenne uno dei più noti in Europa e fu visitato da numerosi studiosi: inoltre si arricchì grazie alla corrispondenza ed allo scambio di campioni con altri naturalisti europei" (cfr. www.miur.it).

13 Padre Filippo Buonanni (1638-1725) della Compagnia di Gesù fu autore di molte opere su argomenti che interessavano Zinanni: Ricreatione dell'occhio e della mente nell'osservation delle chiocciole, Roma 1681; Recreatio mentis, et oculi in observatione animalium testaceorum, Roma 1684; Observationes circa viventia, quae in rebus non viventibus reperiuntur, Roma 1691; Micrographia curiosa, Roma 1691. Nel 1709 curò il celebre Musaeum Kircherianum, una cui nuova edizione fu curata a Roma (1773-1782) dal riminese Giovanni Antonio Battarra, allievo e collaboratore di Planco. Nel 1693, di Buonanni, a Roma erano uscite le Riflessioni sopra la relatione del ritrovamento dell'uova di chiocciole di Antonio Felice Marsili in una lettera al sig. Marcello Malpighi celebre professore di medicina nell'università. (La Relazione del ritrovamento dell'uova di chiocciole di A. F. Marsili in una lettera al signor M. Malpighi, era apparsa a Bologna ed Roma nel 1683. A. F. Marsili visse dal 1649 al 1710.)

14 Zinanni, agli inizi scrive "Rimini" e poi "Rimino", come s’usava allora.

15 Si tratta del ravennate Ruggero Calbi (1683-1761). L’amicizia di Giuseppe Zinanni con Calbi, è ricordata nella Vita del Conte Giuseppe Ginanni, composta dal nipote, per parte di padre, Francesco Ginanni (1716-1766), premessa alle Opere postume dello zio, delle quali dirò infra. Era stato Calbi ad avviare Giuseppe Zinanni agli studi scientifici, nel 1732, per soddisfare richieste formulate a Calbi medesimo da Pier Antonio Micheli, botanico del granduca di Toscana. Micheli "aiutò il Ginanni a costituire una biblioteca ricca dei più importanti libri di storia naturale" (cfr. Ongaro, cit., p. 5). Calbi, medico e letterato, fu in corrispondenza con Bianchi.

16 Cfr. Lynceorum Restitutorum Codex, cit., c. 2r: "…ad eam autem rem nulla potior utiliorque reperitur exercitatio quam diligenter inquirere quid de re quaque doctissimi philosophi atque eruditissimi viri senserint: quorum tamen placitis et naturæ ipsius investigatio, et propriæ meditationes accedant, et sententiam collatio de rebus omnibus, et singulatim disserendi usus in eam partem quæ verior sit". Cfr. A. Montanari, Modelli letterari dell’autobiografia latina di Giovanni Bianchi (Iano Planco, 1693-1775), "Studi Romagnoli" XLV (1994, ma 1997), pp. 277-299.

17 Cfr. A. Fabi, Aurelio Bertola e le polemiche su Giovanni Bianchi, in Quaderni degli "Studi Romagnoli" n. 6, Faenza 1972, pp. 15-16.

18 E’ l’incisione dell’antiporta.

19 Il formato è quello detto "quarto".

20 In queste parole troviamo l'influsso della lezione barocca della Nuova iconologia di Cesare Ripa, Roma 1593.

21 Cfr. Georg., II, 490.

22 Il nome è prima corretto e cancellato, e poi riscritto nella forma qui riportata. Come scrive P. Delbianco in una delle schede del catalogo Le Belle Forme della Natura. La pittura di Bartolomeo Bimbi (1648-1730) tra scienza e ‘maraviglia’, dell’omonima mostra cesenate (Modena 2001), p. 147, l’autore delle acqueforti è Silvester Pomarede. Ringrazio la dott. Delbianco, benemerita funzionaria della BGR, per avermi segnalato con la consueta cortesia questo suo pregevole lavoro, molto importante per considerare il ruolo di Giuseppe Zinanni, e per delineare una Storia della Scienza moderna in Romagna.

23 Il punto interrogativo è anteposto in forma rovesciata.

24 Si tratta di Ulisse Aldrovandi, enciclopedico naturalista e medico (1522-1605): l’opera a cui si riferisce Zinanni, è intitolata Ornithologiae hoc est De avibus historiae libri 12., Bologna 1599. Segue l’anno successivo l’Ornithologiae tomus alter. Gli altri testi principali di Aldrovandi sono: De animalibus insectis libri septem, cum singulorum iconibus ad vivum expressis, Bologna 1602; Ornithologiae tomus tertius, ac postremus, 1603; opere postume: De reliquis animalibus exanguibus libri quatuor, Bologna 1606; De piscibus libri V, Bologna 1613; De qvadrvpedibvs solidipedibvs, 1616; De quadrupedib[us] digitatis viviparis libri tres et De quadrupedib[us] digitatis oviparis libri duo, Bologna 1637. L’opera Delle uova e dei nidi degli uccelli di Zinanni "rinvia chiaramente ad una scrittura dettata da aldrovandeschi intenti classificatori, senza creatività" (cfr. Domini, op. cit., p. 368).

25 John Johnston (1603-1675), è autore di una Historia naturalis, 1649-1653.

26 Il dottor Onofrio Galletti (come s’è visto) fa parte della cerchia dei corrispondenti di Planco. Ripetutamente Galletti parla del lavoro di Giuseppe Zinanni: il 24 agosto 1735, riferendosi alle Osservazioni intorno alle uova..., scrive che "le sue fatiche sono ormai al fine"; il 30 giugno 1736 aggiunge che tutto il materiale ritrovato è confrontato con le descrizioni del signor di Reomur "da voi ricercato, e di cui ne danno notizia i giornali di Venezia, tradotti in Italiano, credo, dagli atti dell’Accademia reale". (Dovrebbe trattarsi degli Opuscula omnia actis eruditorum lipsiensibus inserta, usciti a Venezia dal 1682 al 1740.)

27 L’autore è Francis Willughby, 1635-1672. Sue opere sono: Icthyographia, Sumptibus Societatis regalis londinensis 1685; Ornithologiae libri tres, Londini 1676; De historia piscium libri quatuor, Oxonii, Royal society (Londra) 1686.

28 Cfr. la cit. Delbianco, p. 148.

29 Cfr. Ongaro, cit., p. 5. Per gli stessi meriti culturali, nel 1746 la sua famiglia sarà ascritta alla nobiltà romana: cfr. G. G. Fagioli Vercellone, ad vocem Ginanni, Marco Antonio, DBI, V, cit., p. 7. Marco Antonio Ginanni (1690-1770), fratello maggiore di Giuseppe, era il padre di Francesco: nel 1756 pubblicò a Venezia L’arte del blasone dichiarata per alfabeto.

30 Padre Angelo Calogerà fu editore in Venezia della celebre Raccolta d’opuscoli scientifici e filologici, a cui collaborò anche Bianchi.

31 Cfr. Miscellanea di varie operette, V, Venezia 1741, pp. 87-126.

32 Si tratta del libraio-editore Giovanni Maria Lazzaroni. Nello stesso tomo quinto, Bianchi fa pubblicare la Lettera del Sig. Ab. Giovan Batista Gervasoni sopra una Inscrizione de’ secoli bassi ritrovata in Rimino dal dott. Bianchi, e sopra una medaglia di Pescennio, con prefazione e note dello stesso Bianchi. Di tale Lettera si parla anche nelle missive intercorse fra Planco e Paciaudi.

33 I fratelli Giuseppe e Tommaso Bettinelli sono librai.

34 Il libro contiene la dedica a Scipione Maffei (pp. [3]-[10]), l’avvertenza A chi vuol leggere (pp. [11]-[12]), e la Vita del Conte Giuseppe Ginanni (pp. I-XIX). In quest’ultima parte (p. III) leggiamo: "Io prendo a favellar brevemente del Conte Giuseppe Ginanni mio zio" (come si è detto, la biografia non è firmata). Francesco precisa che il cognome della famiglia è Ginanni e non Zinanni. (Per rispettare "le volontà" di Giuseppe Zinanni, nel presente scritto preferisco usare la forma che appare nelle sue lettere a Bianchi: qui, come si è visto, egli si firma "di Prospero", mentre avrebbe dovuto usare la formula "fu Prospero"). L’esemplare delle Opere postume conservato in BGR, segn. 7.D.I.27, appartenne a Bianchi. Circa la proprietà planchiana delle Opere postume, cfr. SC-MS. 1352, Cataloghi e indici della biblioteca di G. Bianchi, c. 88r, BGR. (Qui troviamo elencato pure il volume Delle uova, c. 87r.) La cit. Delbianco, scrive (p. 148): "nel foglio di guardia inferiore" delle Opere postume, Bianchi "ha annotato, di propria mano, i passi della biografia di Ginanni che lo menzionano". Questi passi sono due, e rimandano alla p. XVII dove Bianchi è cit. "per aver mentovato il Conte Giuseppe Zinanni nel suo libro De Conchis alla p. 22"; ed alla p. XVIII in cui si "riporta un articolo delle Novelle Fiorentine dell’anno 1742 col. 244 dove è mentovato il Bianchi". (Di questo articolo dirò infra.) Francesco Zinanni riporta (p. XVII) il passo del De Conchis planchiano di p. 22, dove Giuseppe Zinanni è detto "vir Nobilissimus, ac de Historia Naturali optime meritus", e ricorda (p. XVIII) il carteggio che lo zio aveva avuto con Bianchi. Francesco Ginanni scrisse l’Istoria Civile e Naturale delle Pinete di Ravenna, uscita postuma nel 1774 a Roma: cfr. Domini, op. cit., p. 368; P. Zangheri, L’importanza naturalistica delle Pinete di Ravenna attraverso l’opera di Francesco Ginanni, "Studi Romagnoli" III (1952, ma 1953), pp. 297-312.

35 Quando appaiono le Opere postume, l’abate cassinese Pietro Paolo Ginanni scrive a Bianchi: "Godo che V. S. Ill.ma nell’opera sia stata con lode nominata, e non dee stupirsi proprioché i Ginanni ed i Ravennati hanno per lei dovuta stima, e procurano nelle occasioni dimostrarlo cogli affetti". Pietro Paolo Ginanni (al secolo, Baldassarre, 1698-1774) era zio di Giuseppe Zinanni, e fu un notevole erudito (autore della Dissertazione epistolare sulla letteratura ravennate, Ravenna 1749; e delle Memorie storico-critiche degli scrittori ravennati, Faenza 1769). Su di lui, cfr. Domini, op. cit., p. 366. Circa i rapporti tra Bianchi e Ravenna, va detto che essi sono relativi non soltanto al circolo degli amici che Planco vi aveva, ma anche al fatto che la città ospitava il Cardinal Legato. Ed appunto al Legato, Bianchi si rivolge il 15 agosto 1763 con un memoriale, "acciocché provveda per un affronto fattomi dal Conte Sartoni nella nostra Accademia Letteraria Santiniana", cioè tenuta da Lorenzo Antonio Santini: cfr. SC-MS. 973, Viaggi 1740-1774 (conosciuti anche come Libri Odeporici) di G. Bianchi, c. 474r, BGR. L’"Accademia Letteraria Santiniana" non corrisponde ai Lincei planchiani (come invece ha scritto M. Sassi, Tre viaggi di Iano Planco a Ravenna, "Ravenna Studi e Ricerche", VI/I, Ravenna 1999, p. 48), dato che nello stesso passo si legge più avanti: "io non sono mai più andato a quella Accademia, né mai più sono capitato in casa Rigazzi, dove capitò il Conte Sartoni".

36 Cfr. SC-MS. 969, cit. Anche le successive lettere di Bianchi qui citt. appartengono a questa raccolta.

37 Si tratta del già ricordato Giuseppe Monti. Circa l’attività editoriale dell’Accademia bolognese, qualche notizia si trova nelle missive di Monti a Bianchi: "Delle cose da stamparsi della nostra Accademia ora pare vi sia qualche speranza per aver parlato al Segretario sig. Assonti, perché vi ponga mano, e si crede che lo farà mà sempre vi vorrà del tempo" (29 settembre 1739). Della pubblicazione degli "atti di nostra Accademia" Monti informa Planco il 22 gennaio 1746. Il 18 ottobre 1747 scrive: "Il tomo IV è già uscito dalle stampe circa un mese fà".

38 Giovanni Pietro Bergantini compilò le Voci italiane d’autori di Crusca ed altri, Venezia 1745, dove inserisce anche il nostro Bianchi, citando le sue lettere sull’Aurora Boreale, apparse nella Raccolta calogeriana, XVII, 1738.

39 Cfr. M. Infelise, L’editoria veneziana nel ’700, Milano 1991, pp. 177-178.

40 Un Giovanni Antonio Cossali era socio di Alessandro Bergantini, come ricaviamo dal cit. Infelise, ad indicem. Nulla ritrovo circa questo abate che curava la Miscellanea. Forse, com’è facile ipotizzare dal cognome, apparteneva alla stessa famiglia.

41 Cfr. tomo I, n. 7, 12 febbraio 1740, coll. 106-107.

42 Cfr. tomo III, n. 16, 20 aprile 1742, coll. 244-248. La recensione prosegue anche nei nn. 18 (4 maggio) e 19 (11 maggio), alle coll. 280-282 e 292-297. Essa termina con quest’osservazione: "Gli angusti limiti di questi fogli non ci permettono il distenderci in un preciso ragguaglio di queste non meno gioconde che utili osservazioni, né osiamo compendiarle per timore di non tralasciare qualche circostanza importante".

43 Tale Museo fu descritto da Francesco Ginanni in Produzioni naturali che si trovano nel Museo Ginanni in Ravenna metodicamente disposte e con annotazioni illustrate, Lucca 1762.

44 La lettera è del 1° settembre 1738.

45 Le Opere postume, come ho ricordato, sono dedicate a Scipione Maffei, con la citazione di un pensiero di Antonio Vallisnieri: "Non basta osservare, e scoprire nuovi effetti nella Natura; è d’uopo saper trovare le cagioni, e i fini di quelle (…)". Planco, quando aveva soggiornato a Padova, si era legato d’amicizia con Vallisnieri. A proposito di Padova: in questa stessa lettera del 1° settembre 1738, Zinanni scrive a Bianchi: "Desidererei di verificare la voce qui sparsa, ch’ella possa essere promosso all’alta Cattedra dell’Università di Padova". (Sulle aspirazioni di Bianchi alla Cattedra patavina di Medicina teorica, soffiatagli da Giacomo Piacentini, cfr. G. Bilancioni, Carteggio inedito di G. Morgagni con G. Bianchi, Bari 1914, pp. 129-130.)

46 Giuseppe Zinanni è cit. quattro volte da Bianchi nel De Conchis: oltre che nella p. 22, della quale si è detto, si parla di lui a p. 39 (per materiale inviato a Planco "liberaliter"), a p. 40 (stesso motivo) ed a p. 44 (per un’osservazione scientifica fatta da Zinanni e comunicata a Bianchi).

47 Il passo incriminato è questo: "Academici Galli quidem eam rem aere publico in aliquibus Portubus Oceani tentarunt. Verum hi conquisierunt potissimum qua hora intumescerent mare in singulis Portubus, atque Ephemerides quasdam confecerunt, quibus Nautae statis temporibus scire possent cum Navibus suis Portus illos comode capere. Quare bonos illos Gallos apparet utilitatem quandam mercatoriam ante oculos habuisse, et lucellum tantum sibi proposuisse, ceteraque pene neglexisse".

48 Questi studi, in sede riminese, sono stati ripresi nel sec. XIX da don Luigi Matteini, in un ms., Erbario marino nostrale secondo il sistema di Ginanni, che reca all’inizio (c. 2r) questa frase: "Distribuzione o classificazione di piante marine dell’Adriatico fatta dal celebre conte Giuseppe Ginanni di Ravenna, nell’opera intitolata Opere postume", SC-MS. 585, BGR.

49 La dissertazione di Zamponi è pubblicata nel vol. XLVII della cit. Raccolta calogeriana, Venezia 1752, pp. 83-116.

50 Cfr. lettera del 24 maggio 1752. Giuseppe Pozzi (1697-1752) insegnò Anatomia a Bologna, e fu presidente dell’Accademia dell’Istituto delle Scienze di quella città. Ebbe diritto al titolo di monsignore (come capiterà anche a Planco) per la carica di archiatro pontificio straordinario, che non obbligava al celibato: anzi, le biografie di Pozzi ricordano due suoi matrimoni.

51 Cf. la lettera del 29 agosto 1747.

52 Cfr. G. L. Masetti Zannini, Vicende accademiche del Settecento nelle carte inedite di Iano Planco, "Accademie e Biblioteche d’Italia", XLII, 1-2, Roma 1974, pp. 74-75 e 107-108.

53 G. L. Amadesi (1701-1773) pubblicò nel 1758 Dissertatio de metropoli ecclesiastica Ravennatensi, nel 1763 De comitatu Argentano nunquam diviso dissertatio. Postuma (1783), In antistitum Ravennatum chronotaxim.

54 Cfr. G. Bianchi, Minute di lettere dal 1741 al 1761, MS-SC. 970, BGR, cc.244r/v. La nomina ufficiale, indirizzata da Amadesi a Bianchi, con testo in parte a stampa ed in parte ms., reca la data del 25 gennaio 1754.

55 Cfr. tomo XV, n. 6, 8 febbraio 1754, coll. 91-94. Le Novelle pubblicano nel n. 8, 22 febbraio 1754, coll. 123-126, un’epistola scritta da Francesco Maria Ginanni al padre Lettore don Pierluigi Galletti, Bibliotecario ed Archivista della Badia Fiorentina, in cui si dice che il segretario della Società Letteraria, abate Luigi Amadesi "propose parecchi soggetti, acciocché uno eleggere se ne dovesse per la Classe di Filosofia in luogo del defunto Conte Giuseppe Ginanni, noto alla Repubblica delle Lettere per le singolari scoperte da lui fatte nella Storia Naturale: e fu di concorde sentimento prescelto il celebre Signor Dottore Giovanni Bianchi di Rimino, il quale degnamente riempirà quel posto". La lettera dà poi informazioni sul regolamento della Società Letteraria Ravennate, eretta nel 1752: le dissertazioni di un socio, prima della pubblicazione dovevano essere proposte all’esame degli altri tre della sezione di appartenenza, per riceverne un giudizio del quale tener conto. In base a questa norma, il Segretario Amadesi invia a Bianchi (2 febbraio 1755) il testo letto in precedenza da Francesco Ginanni sulle "malattie del grano in erba". Nel 1759, Francesco Ginanni lo pubblicò a Pesaro, con il titolo Delle malattie del grano in erba, trattato storico-fisico. Sulla Società Letteraria Ravennate ed i suoi Saggi,trai quali figura uno scritto di Francesco Ginanni Sopra lo scirpo ravennate, pianta palustre (1765), cfr. Domini, op. cit., p. 367.

681