Diario italiano
Il Rimino 169, anno XII
Gennaio 2010

07.01.2010
Tremonti straripa


La crisi? Lui l'ha prevista. Berlusconi l'aveva negata. Voleva far soffrire i petrolieri, ma non ce l'ha fatta

Il ministro mistico esulta: "Avendo avuto la fortuna di aver previsto in anticipo la crisi, la priorità è andata alla conservazione dello Stato sociale".

Ci pizzichiamo le braccia per constatare la nostra capacità di reazione (siamo svegli o ipnotizzati...?). Ed osiamo dire che la previsione in anticipo della crisi non vale per il governo a nome del quale il ministro Tremonti parla.

Non usiamo parole nostre, per le cose che andiamo a dire. Riprendiamo da un articolo di Barbara Spinelli da noi citato nello scorso aprile. Secondo il governo Berlusconi la crisi era un fatto psicologico e non economico; la crisi era frutto di una disinformazione contro cui il premier era tentato di "intraprendere azioni dirette e dure"; infine, alla crisi sbandierata dall'opposizione ("il sistema comunista che vige ancora in Italia"), Berlusconi opponeva un gradimento da sondaggio del 66,7%.

Ed ora, confidando sulla smemoratezza degli italiani, Tremonti viene a raccontare che noi in Italia abbiamo avuto "la fortuna di aver previsto in anticipo la crisi"...?
Ovviamente non ci si rende conto del ridicolo. Viviamo in un marasma (senile?) confermato ieri da una falsa notizia sulla riduzione della tasse che sarebbe stata promessa via telefono ad alcuni fedelissimi europarlamentari dal cavaliere in persona, ma è che è stata immediatamente smentita dal portavoce ufficiale del capo del governo italiano, Paolo Bonaiuti.

Tremonti ci ha ormai abituato a tutto, per cui è colpa nostra se come cittadini lo prendiamo ancora sul serio, pur non avendo avuto specifica licenza dalle talpe milanesi della Santa Inquisizione (licenza che mai chiederemo, bastandoci la Costituzione).

Il 18 settembre 2008, l'impareggiabile ministro confidava ad Aldo Cazzullo che la crisi non era "la fine del mondo, ma la fine di un mondo". Stesso contenuto di un editoriale del 7 luglio 2008 a firma di Domenico Siniscalco: "Non siamo alla fine del mondo. Quasi certamente siamo alla fine di un mondo".

Nel febbraio 2009, Romano Prodi ha ironizzato: sono d'accordo con Tremonti per gli eurobond, "Li avevo proposti sul Financial Times parecchio tempo fa".

Di "Tremonti maoista mistico " abbiamo parlato quando a Rimini al meeting di CL ha offerto una nascosta citazione maoista, "Salvare il popolo, non le banche". Nel maggio 2008, Tremonti disse, di suo: i sacrifici non li faranno "i poveri", ma "le banche e i petrolieri". Non è stato ascoltato, forse lo hanno scambiato per uno di quei maghi dei fumetti e dei film di cui lui stesso aveva parlato da Rimini.

Oggi esulta: "La priorità è andata alla conservazione dello Stato sociale". Di cui né lui né Berlusconi sono padri. Fortunatamente..

**ARCHIVIO TREMONTI del blog**
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07.01.2010
Malascuola


Malasanità? Ma da dove escono questi dottori che sbagliano?

La chiamano malasanità, per uno di quel luoghi comuni che diventano comoda etichetta per scaricare la coscienza. E non discutere a fondo.

Ma chiediamoci: chi ha fatto diagnosi sbagliate in un certo ospedale, quale università ha frequentato, come è stato assunto, quali concorsi ha dato, e come sono stati svolti quei concorsi...

Non mi occupo di medicina, ma di letteratura e storia. Una grande casa editrice tempo fa ha pubblicato un grande autore in un grande volume a cura di un oscuro personaggio il quale ha tradotto un grande testo non dal latino originale ma da un testo in lingua francese.

Anche molti medici possono aver "tradotto" la loro scienza da riassunti garantiti come passaporti validi per raccomandazioni. Non hanno studiato in aula, hanno studiato in treno, dicevo con una vecchia battuta legata agli anni della contestazione.

Oggi non soltanto hanno studiato in treno, ma i treni arrivano anche in ritardo, seppure alla stazione giusta del posto assicurato dalle protezioni di comodo. Non sono chiacchiere al vento, ci sono tante cronache giudiziarie che raccontano queste cose, assieme alle parole di chi nauseato scappa via...

Chi resta ha la vita dura. Ci sono giovani bravissimi. Donne ed uomini onesti, capaci, meritevoli. Ma c'è anche questa scuola, questa università che ogni partito di governo ha gloriosamente tenacemente voluto riformare. Il che tradotto nella realtà di ogni giorno e nella lingua semplice significa che è riuscito a rovinare.

Da Bologna è venuta la denuncia dal rettore dell'ateneo che accoglie matricole incapaci di comprendere un testo qualsiasi... E poi pretendiamo che sappiamo leggere i volumi di medicina? Il rettore ha detto: c'è un "videoanalfabetismo imperante, contraltare ad una certa modernità frettolosa e affannosa".
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06.01.2010
Placido addio


Beniamino Placido fu arguto ed elegante maestro di letteratura e di critica televisiva

Beniamino Placido da tempo non si leggeva né si ascoltava. Chi ha il mal del carta come il sottoscritto, lo ricorda quale maestro efficace, arguto, chiaro, elegante di interpretazioni delle pagine scritte e delle immagini televisive, per cui ogni sua riga o parola lasciava qualcosa in quel deposito indistinto che naviga tra memoria e coscienza. E grazie al quale non sai mai, quando giudichi una cosa od una persona, chi devi ringraziare per averti insegnato quel "qualcosa" che è invece "tanto".

Siamo pieni di debiti verso persone che abbiamo letto, ascoltato, amato con quella passione che è non un frutto dei sensi ma di un'attenzione giudicata sempre, e non soltanto oggi, pericolosa. La carta fa paura.

Avevo pochi mesi quando nel gennaio 1943 arrivò la polizia in casa per perquisire la stanza del fratello di mia madre, Guido Nozzoli, arrestato a Bologna sotto le armi: cercava i "libri proibiti" come il "Tallone di ferro" di London o "La madre" di Gor’kij che peraltro venivano venduti anche sulle bancarelle. L'imputazione che portò alla sua cattura era di "attività politica contraria al regime" mediante volantini intitolati "Non credere, non obbedire, non combattere". Una copia era stata data anche ad una spia dell'Ovra...


Placido aveva una virtù in più rispetto a tanti altri scrittori. Non posava mai, non amava atteggiarsi al sapiente che fa cadere dall'alto le sue conoscenze, amava ed armeggiava l'ironia con quel tono che soltanto certi meridionali sanno adoperare nell'esporre le loro idee ed opinioni.

Placido mi perdonerà una divagazione. Di recente, per un convegno milanese, si è discusso del settimanale "il Mondo". Nella nostra città circa mezzo secolo fa (primi anni '60) lo si poteva acquistare soltanto alla stazione ferroviaria. Cominciammo a leggerlo allora, quando salivamo in treno per andare all'Università di Bologna. Anche verso quei giornalisti e scrittori dobbiamo dichiarare un debito, per tante cose analizzate e scoperte nell'Italia soffocante (sia tra molti laici sia tra quasi tutti i cattolici) che minacciava le fiamme dell'inferno se si leggevano certi giornali o certi libri...
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05.01.2010
Due a zero


Napolitano e Fini uniti da De Nicola contro il "particulare" della politica del cavaliere

Il monarchico Enrico De Nicola che fu primo capo dello Stato (capo "provvisorio"), è stato commemorato a Napoli da Gianfranco Fini. Che lo ha preso ad esempio per un modello di quella coesione nazionale di cui si sente oggi il bisogno.

C'è qualcosa di grande e vero nel ricordo dei personaggi del passato, ma c'è anche la tristezza di dover dire, oh mio Dio quanto siamo caduti in basso, ovviamente senza riferirci né a Fini né a Napolitano in primis.

Napolitano, che quei tempi li ha vissuti, ha detto: "Senza l'apporto risolutivo di Enrico De Nicola è difficile immaginare quale avrebbe potuto essere la sorte del Paese sconfitto e diviso".

Un discendente di casa Savoia che oggi fa il clown in tivù forse è l'immagine più vera dei nostri tempi, con un presidente del Consiglio che all'estero considerano un buffone ("Da eroe a buffone" ha intitolato di recente il "Times" di Londra...).

Il monarchico De Nicola tenne a battesimo la Repubblica, ma nessuno lo aggredì mai rimproverandogli la scelta al referendum istituzionale. Attorno a lui si formò una leggenda che ne sottolineavano il carattere difficile e l'attenzione al rispetto delle regole. Non per nulla Napolitano ha citato il "formalismo" rimproverato a De Nicola, difendendolo come "correttezza e rigore nell'esercizio del proprio ruolo e dei propri poteri".
In una parola era la dignità del servitore dello Stato che si traduceva nel rispetto delle regole comuni.
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04.01.2010
Stelle e stalle


Dai re magi ai maghi dell'oroscopo, è lungo il cammino

Immaginare che il ministro Tremonti intimamente fremesse di gioia per il discorso pontificio contro maghi ed economisti accomunati da sì alta condanna, poteva esser frutto di ironica lettura dei fatti. Ascoltare poi l'intervento dello stesso ministro che ancora più del solito si prende sul serio quando parla, è stata una doccia fredda in cui non si sperava ma che intimamente temevamo.

Ebbene sì, Tremonti è come la sua caricatura. Lo si poteva immaginare mentre pensava di essere "a cavallo" (un po' simile profeticamente al papa ed un po' giudice per il rogo dei "colleghi" economisti). Ma non si sperava che lui stesso desse ragione ai nostri timori irriverenti.

I nostri antenati guardavano al cielo, vedendo in esso non l'oroscopo pagano dei nostri giorni. Nel presepe ci sono i tre magi o maghi che condotti dalla stella arrivano al Salvatore in una stalla. Il cielo degli antichi parlava la lingua del volere divino.

Oggi un raffinato teologo spiega da San Pietro che il futuro è nelle mani di Dio, non in quelle di maghi ed economisti, per dire quello che è punto cardine delle fedi. Ma non c'è nulla di nuovo, anzi ci manca qualcosa, il senso del dolore della storia: il papa tedesco sa che il sacrificio degli Ebrei, il dolore delle guerre con le loro vittime innocenti non possono non pesare sulla coscienza degli uomini, ma tutto ciò non può non inquietare anche sotto il profilo del discorso teologico: "Perché, perché, perché?".

Nella storia si rinnova il dramma di Cristo sulla Croce: "Padre, perché mi hai abbandonato?". Non si tratta di uscire sbattendo la porta dall'edificio della Chiesa. Si tratta di chiedersi, con il cuore inquieto, "perché, perché, perché" tutto quanto accade ed è accaduto. Non c'è risposta?

Benissimo, l'augusto teologo può rispedire al mittente tutte le domande di questo mondo. Che in altri tempi aprivano le porte del carcere o la salita sul rogo per chi veniva ritenuto in sospetto di eresia. Ma non può ricordare assieme maghi ed economisti, se ci si concede il diritto di parola: è un'operazione talmente strana che ha persino convinto un tipo come Tremonti a vantarsi di pensarla come il papa...

No, il futuro non è nella mani degli economisti. Ma il passato anche recente ha qualche buco nero nella storia del papato che il Vangelo stesso obbliga a ricordare: "Il tuo parlare sia sì sì, no no. Tutto il resto appartiene al demonio". Anche il corpo di quel signore italiano trovato impiccato nel 1982 sotto il ponte di Frati Neri a Londra? Detto en passant, non era un mago.
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03.01.2010
Sindaco infiammato


Craxi finì da esule anzi latitante, non sul rogo come Giordano Bruno

Signora Moratti, lei ha paragonato Bettino Craxi a Giordano Bruno, soltanto per una questione di toponomastica cittadina.

Bruno lasciamolo al ricordo di quel rogo che dovrebbe dire tante cose anche alle persone contemporanee. Per Craxi vale quanto si chiede in prima del "CorSera" Luigi Ferrarella: "Le sentenze son carta straccia?".

Bruno fu vittima della religione, che (come ha scritto di recente Margherita Hack) ancora oggi fa uccidere nel suo nome in molte parti del mondo.

Esule anzi latitante Craxi non è finito come Bruno, ed il paragone non regge. Peccato che a farlo sia stato il sindaco di una città che nella sua storia passata ebbe il ruolo di grande capitale dell'Illuminismo. Cambiamo i tempi, a quelli dei Lumi seguono quelli dell'Enel.
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02.01.2010
Signori e signore


Volti nuovi al femminile, mentre chi ci regge gira nella giostra delle "riforme"

Ventata di voci femminili sul mondo politico italiano. Frutto dell'effetto-feste, per cui tutti si scambiano auguri e pareri? O progetto politico nuovo?

Da destra s'affaccia Renata Polverini per la carica di presidente della Regione Lazio. Elogia non soltanto la collega Carfagna ma la nemica Bindi. Assolve in blocco Gasparri, Cicchitto, La Russa, Bondi con uno spirito di partito che lei nasconde dietro una formula magica: "Ho buoni rapporti con tutti. Mi baso su un comportamento educato". I maschi del partito comandano. Occorre tenerseli buoni.

Da sinistra le è stata contrapposta da alcuni sostenitori Loretta Napoleoni, economista romana che vive a Londra. Lei non si sottrae: "Non posso dire mobilitiamo la società civile e poi ritirarmi se mi tirano in campo". Ha un programma semplice: "Occorre una pulizia generale, come le pulizie di casa", buona gestione e risparmio.

Sullo sfondo della nostra memoria personale, c'è una terza signora che ricordiamo non soltanto perché concittadina: Nadia Urbinati. Insegna Teoria Politica presso il Dipartimento di Scienze Politiche alla Columbia University. Il 28 dicembre 2009 ha scritto su "Repubblica" una nota dedicata alla "retorica" delle cosiddette riforme.
Essa finiva con un avvertimento significativo: "Occorrerebbe aver il coraggio di dire che occorre conservare, non riformare: l'Italia ha urgente bisogno di conservare lo stato di diritto e il governo della legge".

Era una risposta anticipata al discorso di Giorgio Napolitano che la sera del 31 dicembre ha detto agli italiani che essi hanno bisogno di molte riforme, tra cui quelle istituzionali e della giustizia che "non possono essere ancora tenute in sospeso, bloccate da un clima di sospetto".

Il 16 maggio 2008 qui abbiamo parlato di "carota delle riforme". Lo scorso 22 dicembre, ci siamo permessi di dire che la parola "riforme" è ormai logora. Ci si scusi se anziché plaudire al Colle, come buona educazione vuole, sottoscriviamo l'opinione di Nadia Urbinati. La sua regola semplice "conservare lo stato di diritto e il governo della legge" appare talmente rivoluzionaria nel marasma odierno, che è accantonata in un pericoloso dimenticatoio.

Finita la festa con brindisi e fuochi d'artificio, restano i problemi. Napolitano ha avvertito: si può cambiare la Costituzione: sì, ma nella seconda parte, mentre il governo vuole cambiarla nella prima. Il cosiddetto "premierato" con più poteri al capo dell'esecutivo, però è già stato bocciato dal popolo nel referendum del giugno 2006. Allora di che cosa si vuol parlare?

Si corre il rischio che l'Italia del 2010, tutta fremente per queste fantasmagoriche riforme, sia come il regno di Fagiolino che, nel teatro dei burattini, invoca: "Maestà, il popolo ha fame", ricevendo l'augusta risposta di "suonare mezzogiorno".
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01.01.2010
Il nostro futuro


Gli auguri agli italiani sono arrivati da Pippo Baudo e dal presidente della Repubblica

Due figure storiche, simbolo del futuro aperto ai giovani. Due nomi illustri, una stessa garanzia. Appunto una sicurezza per i giovani ed il loro futuro: chi prende il potere, lo amministra per omnia saecula saeculorum.
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Anno XII, n. 169, Gennaio 2010
Date created: 02.01.2010 - Last Update: 07.01.2010, 17:35/
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