il Rimino 2009


Il Rimino 167, anno XI
Novembre 2009
Diario italiano

30.11.2009
Poveri illusi
Sì al multiculturalismo e no ai "mediocri che contano" di cui parla P. L. Celli al figlio, invitandolo a lasciare l'Italia
Che cosa c'è di peggio della minaccia islamista? C'è "l'illusione multiculturalista". Parola di PG Battista sul "Corrierone" di stamani.
La moderna civiltà europea nasce dall'idea multiculturale. Noi siamo poveri illusi a credere che dialogo confronto e convivenza fra culture diverse siano fattori necessari per evitare il ripetersi dei drammi passati?
A proposito di illusioni. Pier Luigi Celli scrive al figlio una lettera aperta su "Repubblica", invitandolo ad andarsene dall'Italia.
Un carissimo amico me la segnala, trascrivendomene un brano con la premessa: "E' una frase che puoi ben condividere".
La condivido, purtroppo. Scrive Celli: l'Italia "è un Paese che non ti merita. Avremmo voluto che fosse diverso e abbiamo fallito. Anche noi. Tu hai diritto di vivere diversamente, senza chiederti, ad esempio, se quello che dici o scrivi può disturbare qualcuno di questi mediocri che contano, col rischio di essere messo nel mirino, magari subdolamente, e trovarti emarginato senza capire perché".
L'amico che mi scrive: "E' una frase che puoi ben condividere", conosce a fondo certe mie disavventure dovute soltanto al fatto di aver lavorato da indipendente nel campo degli studi storici.
Di "mediocri che contano" ne ho conosciuti tanti. Mediocri e cretini, perché pur non essendo stato il sottoscritto in nessun momento in gara con loro, da loro ha ricevuto gesti subdoli, condivisi da ruffiani e cortigiani di ogni risma e parrocchia.
Mediocri, cretini e soprattutto arroganti al punto di credersi al centro dell'universo.
L'ultima avventura è del mese scorso, quando hanno tentato di proscrivermi da un'associazione (privata) a cui sono iscritto, soltanto per ingraziarsi un consigliere che è uno di quei mediocri che non vogliono veder altro che la propria ombra e soltanto agiscono subdolamente nel buio come i ladri di cui parla il Vangelo.

30.11.2009
Crisi devastante

Opinione di Piero Ostellino. Ma il Pd ha compreso il progetto egemonico di Berlusconi? Letta ci fa dubitare
Ultimo round, abbiamo intitolato il post del 27 scorso. Ci riferivamo al tramonto della democrazia italiana nata nel 1948. Ci conforta e conferma il parere moderato di Piero Ostellino sul "CorSera" di oggi: "... ci troviamo nel mezzo di una crisi che potrebbe avere conseguenze devastanti per la nostra stessa democrazia".
Ma le premesse di Ostellino sono altre: lo "scontro di poteri" in corso in Italia "vuole sconfiggere Berlusconi come uomo politico o come proprietario di Mediaset?".
Verrebbe da sorridere, e dire: lasciamo la scelta allo stesso Berlusconi. Ma il fatto è che il presidente del Consiglio blocca il funzionamento della dialettica politica, proclamando di non voler dialogare con "questa sinistra". Una "sinistra" che vede soltanto lui. Una sinistra che oggi, tramite Enrico Letta, intervistato dal "CorSera", offre al cavaliere una scialuppa di salvataggio molto confortevole. Ovvero "cambiare strada", proponendo in Parlamento una riforma della Giustizia "nell'interesse dei cittadini".
Letta (Enrico) non ha ancora compreso il disegno egemonico di Berlusconi. Qualcuno glielo spieghi. Oppure legga quanto scrive oggi Barbara Spinelli sulla "Stampa": non si può sorvolare "sul fatto che l’attuale presidente del Consiglio, volutamente ignorando la Costituzione, abbia separato il principio democratico e il principio di legalità fino al punto di annunciare: anche se fossi condannato, resterei al mio posto perché sono un eletto del popolo".

27.11.2009
Ultimo round

Napolitano preoccupato, Berlusconi deciso ad ottenere l'immunità giudiziaria. Come tramonta la democrazia nata nel 1948
Ha ragione il presidente Napolitano quando ammonisce: "L'interesse del Paese richiede che si fermi la spirale di una crescente drammatizzazione, cui si sta assistendo, delle polemiche e delle tensioni non solo tra opposte parti politiche ma tra istituzioni investite di distinte responsabilità costituzionali".
Ha ragione da vendere soprattutto quando osserva: "E' indispensabile che da tutte le parti venga uno sforzo di autocontrollo nelle dichiarazioni pubbliche...".
Ma ci sono anche le dichiarazioni private fatte filtrare sui giornali come inevitabili dichiarazioni "pubbliche". Quelle di chi, per dirla con Rosy Bindi, "continua a lanciare accuse di eversione o a parlare di guerra civile".
Quindi la ragione di Napolitano si trasforma in un grave allarme che, per garanzia costituzionale, deve suonare equidistante fra le parti. Ma, si sa, nelle cose c'è una forma e c'è una sostanza.
La forma è il messaggio di Napolitano, la sostanza sta nel commento di Rosy Bindi. In Italia abbiamo un premier che "continua a lanciare accuse di eversione o a parlare di guerra civile". E poi fa smentire, come da vecchia pratica politica berlusconiana.
La situazione è in un vicolo cieco. Se non ottiene ciò che vuole, ovvero l'immunità giudiziaria con il "processo breve" od un lodo Alfano bis, Berlusconi tenterà di trasformare a suo vantaggio la Costituzione.
Questo inquieta e preoccupa, e trasforma l'appello super partes di Napolitano nell'atto notarile da ultimo round di un tramonto della democrazia italiana nata nel 1948 che vedrà sorgere poi "un uomo solo al comando".
"Niente può far cadere un governo che abbia in Parlamento la fiducia di una maggioranza coesa", sostiene oggi Napolitano.
Berlusconi lo sa, ma appunto per essere poi "un uomo solo al comando" vuole regolare conti interni ed esterni. Con Fini (oppositore mascherato secondo il cavaliere). E con il Pd che dovrebbe svolgere il ruolo di oppositore istituzionale.
Ma il guaio è che dentro il Pd troppi aspettano di prendere il posto di Berlusconi, governando con Casini, Rutelli e tanti loro "amici" che ancora sono in casa dello stesso Pd.
Ecco perché l'appello super partes di Napolitano non è sufficiente. Occorre che sia il parlamento a discutere di queste cose, non bastano le prese di posizione autorevoli come quella di Napolitano oggi, o le chiacchiere che finiscono poi nelle cronache dei quotidiani, prima di essere smentite dal capo del governo.

26.11.2009
Salvate Annalisa Spinoso

Cronista dei calzini stravaganti del giudice, è sotto "processo" all'Ordine dei giornalisti
Annalisa Spinoso è la cronista di Canale5 che ha commentato quel ridicolo filmato su di un giudice odiato dal suo datore di lavoro, e colpevole (il giudice) di portare calzini non ispirandosi alle regole mondane dell'arbiter elegantiarum Carlo Rossella.
Annalisa Spinoso ha dovuto sottoporsi ad un procedimento disciplinare dell'Ordine dei giornalisti a cui appartiene, quello siciliano. Ne riferisce oggi "Repubblica", citando la sua autodifesa: le avevano chiesto un "pezzo di colore".
All'Ordine non comprendono (la definizione "pezzo di colore" è fuori uso da tempo). La interrogano: "Di gossip?". Le ammette: "Di gossip".
Ecco una giovane cronista sballottata fra la richiesta di un "pezzo di colore" e la necessità di fare "gossip", ovvero sputtanare i calzini di un giudice inviso alla casa madre, e trarre spunto da quei calzini per definire il giudice stesso affetto da "stravaganze": quella cronista merita compassione e perdono.
Ha agito in stato di necessità (mangiare sta minestra o saltar dalla finestra), e per questioni di età non sa che cos'è un "pezzo di colore", come d'altronde, a quanto pare, i suoi esaminatori che virano il discorso sull'etichetta del "gossip".
Mezzo secolo fa, per fare un esempio, il giro d'Italia era seguito per il "Corrierone" da Ciro Verrati che faceva la cronaca sportiva vera e propria, e da Giovanni Mosca che trattava appunto il "colore", raccontando con tanta poesia ed intelligenza l'Italia attraverso cui i pedalatori passavano.
Erano i tempi in cui la Rai mandava in onda verso le 20 una trasmissione dalla corsa della rosea "Gazzetta", intitolata "Senza freni". La cui redazione viaggiava sopra un pullmino che recava in bella evidenza sul davanti il titolo della trasmissione.
Titolo che, equivocato nelle discese alpine, dagli spettatori plaudenti provocava spesso panico soprattutto tra le nonne. Che battevano le mani per Bartali, Coppi e Magni.
Altra Italia, quella del "colore" che non era il "gossip"? Mah, c'era già stato lo scandalo Montesi. Era un'Italia che guardava alle calze di seta delle "signorine", non a quelle di cotone di un giudice che a buon diritto va dal barbiere vestito come gli pare.
Gentile Annalisa Spinoso, lei spera di lavorare per "Striscia la notizia" o "Le Iene". Auguri, la satira è bella ma difficile. Mica basta screditare un magistrato per i calzini che porta, e non sono come quelli di Carlo Rossella. E poi i Rossella restano sempre a galla, gli altri come lei possono essere immolati sull'altare della dignità professionale. Per questo ci sono gli Ordini. I pesci piccoli sono preda più facile per dare lezioni. Doppiamente auguri per la prossima sentenza dell'Ordine, nei suoi confronti. Diffidi di chi vuol fare screditare e di chi vuol giudicare.

25.11.2009
Stile italiano

E dopo Berlusconi, scrive Panebianco, un lungo periodo di instabilità, appunto "in stile italiano"
Non si tratta di moda, ma "soltanto" di politica. L'editoriale del prof. Panebianco sul "CorSera" di oggi, trattando del tramonto del bipolarismo (quando Berlusconi uscirà di scena), fa fosche previsioni: ci sarà un lungo periodo di instabilità. Panebianco conclude che quel lungo periodo, ovvero un'altra interminabile "transizione", sarà appunto "in stile italiano".
Da sprovveduti lettori, in virtù dell'euro pagato per comprare il giornale e favorire la circolazione delle idee, ci permettiamo di osservare che il finale di Panebianco, è come uno di quegli annunci in calce alla puntata di un teleromanzo, che lasciano in sospeso lo spettatore... Che cosa succederà nella prossima trasmissione?
Il problema è che che Panebianco, mentre annuncia appunto la "prossima puntata", a chiare lettere presenta tutta la trama a venire: un lungo periodo di instabilità, "presumibilmente".
Lo slogan conclusivo dello "stile italiano", egregio professore, è troppo sbrigativo, e, come si diceva una volta, qualunquistico. Lei mette sullo stesso piano Pd e Berlusconi. Ha ragione.
Il 12 settembre scorso, ci è capitato di osservare che è fallito miseramente, sia a destra sia a sinistra, il tentativo di dare vita ad una cosiddetta terza Repubblica bipartitica. La seconda, aggiungevamo, è stata ipotizzata dopo Tangentopoli come rinascita con una nuova situazione politica.
La Repubblica bipartitica è qualcosa di più della Repubblica bipolare che ne doveva costituire l'anticamera.
Ma ciò che noi, sprovveduti lettori di giornali, vorremmo trovare nei giornali, è una diagnosi del "male italiano" più approfondito ed attento. Insomma, lo slogan dello "stile italiano" non spiega quello che vorremmo sapere per credere in un domani migliore. Dopo ogni politico che esce di scena, non ci deve essere il diluvio come unica prospettiva possibile.
Lei, prof. Panebianco, spiega che la fragilità della situazione politica italiana, "sta nel fatto che i suoi equilibri poggiano interamente sulle spalle di un uomo solo".
Ma questo fatto non è nuovo. Non è nato l'anno scorso. La situazione sta peggiorando giorno per giorno. Molti si stanno accorgendo soltanto adesso dei danni che il berlusconismo reale sta recando al Paese. Ma per onestà intellettuale, non diamo la colpa soltanto al cavaliere.
E' la vecchia storia della vittoria che ha molti padri, e della sconfitta che è sempre orfana. Berlusconi ha le sue "colpe" (politiche) ma anche gli altri suoi colleghi di governo e di opposizione non ne sono esenti.
Ovviamente, soltanto due "anime candide" (Casini e Rutelli) sono esenti dal peccato originale della politica nostrana. Le misteriose vie della Provvidenza potrebbero averle scelte sia per la glorificazione, sia per la loro (e nostra) dannazione.

24.11.2009
Ciampi, "Non mollare"

Democrazia in pericolo, tempo triste, imbarbarimento della politica. L'invito a resistere a tutto ciò
Carlo Azeglio Ciampi ha rilasciato ieri a "Repubblica" una durissima intervista contro il governo Berlusconi. Non è la prima volta che il presidente emerito della Repubblica va giù pesante con il cavaliere.
Nello scorso febbraio, sempre su "Repubblica", si erano lette queste sue parole: il presidente della Repubblica "non può essere ridotto a un passacarte del governo".
Nell'aprile del 2008, Ciampi aveva smentito (ancora una volta) la leggenda metropolitana diffusa dalla destra di Berlusconi (e Calderoli) che lo vuole responsabile politico (assieme a Napolitano) del "porcellum" (o "porcata"), cioè del premio di maggioranza al Senato nella legge elettorale in vigore.
Berlusconi allora corresse il tiro: "Quanto al fatto che ci sia stato un rapporto dialettico tra me e il presidente Ciampi lo sanno tutti. Abbiamo avuto molte occasioni di divergenze poi superate nel rispetto reciproco".
Ieri Ciampi ha dichiarato: "Viviamo un tempo triste. Negli anni finali della mia vita, non immaginavo davvero di dover assistere ad un simile imbarbarimento dell'azione politica, ad una aggressione così brutale e sistematica delle istituzioni e dei valori nei quali ho creduto...".
Tra analisi politica del presente e ricordo del triste passato da cui l'Italia uscì dolorosamente conquistando la democrazia, Ciampi ha richiamato "il vecchio motto dei fratelli Rosselli: non mollare. Loro pagarono con la vita la fedeltà a questo principio. Qui ed ora, in Italia, non c'è in gioco la vita delle persone. Ma ci sono i valori per i quali abbiamo combattuto e nei quali abbiamo creduto. In ballo c'è la buona democrazia: credetemi, è abbastanza per non mollare".
E poi: "Credo che per chi ha a cuore le istituzioni, oggi, l'unica regola da rispettare sia quella del "quantum potes": fai ciò che puoi. Detto altrimenti: resisti".

23.11.2009
Annuncio

Giustizia. Annuncia Berlusconi che parlerà agli italiani per spiegare. Grazie, presidente, abbiamo già capito tutto. Rischiamo che ulteriori spiegazioni assumano il colore della beffa.
22.11.2009
Perditempo

Berlusconi: "Siamo gente che lavora, mica politici". Bertone: "Gravi problemi socio-politici sul tappeto"
Astenersi perditempo, ammonivano gli annunzi matrimoniali di illibate fanciulle mezzo secolo fa, nella "piccola pubblicità" dei quotidiani. Adesso i perditempo sono stati nobilitati dal vuoto televisivo. Diventano eroi del nulla mentale: basta documentarsi almeno attraverso Blob.
Perditempo sono anche i politici, nella vulgata berlusconiana. Da Gedda in Arabia Saudita, ieri il cavaliere ha espresso questo pensiero: "Qualche volta manchiamo al voto ma solo perché non siamo professionisti della politica e funzionari di partito come quelli della sinistra. Siamo gente che lavora".
Per conseguenza sillogistica, "la gente che non lavora" fa soltanto la politica, e chi "non lavora" è un perditempo, onde per cui la politica stessa è un perditempo. Che costringe a sacrificarsi quelli che pur lavorando vogliono fare anche la politica. Un vero e proprio dramma esistenziale, di fronte al quale quello di chi è disoccupato causa crisi, è una storiella da far ridere a crepapelle il cavaliere.
Poi quasi a correggersi, Berlusconi ha commentato (non si sa con quanto entusiasmo): "... ma questa è la democrazia ed è giusto che sia così". Anche se, come aveva premesso, "stare in Parlamento è davvero molto pesante". Peggio che in una catena di montaggio, ci permettiamo di aggiungere a sua consolazione ad a nostra constatazione di quanto i politici di questo governo siano lontani dal mondo reale dei problemi della gente.
Non lo diciamo noi. Oggi il cardinal Bertone ha parlato di "gravi problemi socio-politici sul tappeto". Primo fra tutti, la crisi, la povertà, che richiedono da tutti "un impeto di solidarietà, di intelligenza creativa".

21.11.2009
Chi trama, chi trema

Misteri italiani. Grandi firme pessimiste sulla nostra vita politica. Da Sorgi a Lucarelli
Spaventa, quest'Italia del 2009. Sgomentano i commenti di penne illustri sui giornali di oggi.
Marcello Sorgi ("Stampa") sostiene che la "politica italiana è immobile", che i politici contemporanei "sono troppo impegnati a dimostrare che non c’entrano nulla con la politica": "Cosa facciano tutto il giorno - a parte ricoprirsi di insulti in diretta tv - non si capisce".
L'editoriale di Carlo Lucarelli su "l'Unità" definisce "speciali" i misteri italiani. Perché da noi c'è "qualche potere forte, che per motivi suoi non vuole la verità".
Giancarlo De Cataldo, su "Repubblica" conclude analogamente: "... i misteri italiani continuano a ossessionarci con le loro domande irrisolte". Il riferimento è al caso di Emanuela Orlandi, giugno 1983.
Goffredo Buccini sul "Corriere della Sera" richiama il caso Montesi, 1953, ed un pezzo su Antonio Ghirelli scritto da Aldo Cazzullo il 17 marzo 2007 sullo stesso quotidiano, ed intitolato: "E il caso Montesi fece nascere il centrosinistra".
Fanfani passava alla sinistra comunista informazioni riservate. Che finivano immediatamente su "Paese Sera". Raccontava Ghirelli: "Montammo una campagna durissima contro il povero Attilio Piccioni sullo scandalo Montesi, in cui il figlio non c' entrava nulla; ma noi ricevevamo informazioni riservate dal ministro degli Interni, che era poi il rivale di Piccioni nella successione a De Gasperi, Amintore Fanfani, di cui condividevamo il disegno del centrosinistra".
Tra quanti decenni i nostri posteri sapranno la verità su quanto sta accadendo con questi "misteri italiani"? C'è chi trama e c'è chi trema.
Lucarelli propone tre regole: 1. Indagare subito e su tutti i fronti. 2. Una "corretta controinformazione". 3. "L'interesse forte e costante, il controllo dell'opinione pubblica".
Il caso di Fanfani contro Piccioni e con le notizie passate ai comunisti di "Paese Sera", fa parte di quella politica sporca che è "disinformazione" istituzionale.
Il bello di oggi è che grazie alle tivù gestite dal potere e da chi lo detiene, la "disinformazione" istituzionale non ha bisogno di soffiate. Nasce spontanea ma non gratuita.

20.11.2009
Eurobocciati

D'Alema ha pagato le colpe di un Pd né carne né pesce
Il fascinoso e bicamerale Baffino italico è stato accantonato. Ha vinto la bruttina stagionata ma baronessa Catherine Ashton.
Bocciata, la proposta nostrana, per colpa di chi? Non sembra avere responsabilità il governo. C'entrano i discorsi politici della sinistra socialista europea che non ha visto di buon occhio il rappresentante di un partito come il Pd che rischia di apparire né carne né pesce nel contesto internazionale.
Un Pd che considera un termine osceno la parola socialdemocrazia, ha ricevuto un bello schiaffo che dovrebbe farlo meditare.

19.11.2009
Dicerie

Censis: gli italiani leggono sempre meno. (Però parlano sempre di più)
Diagnosi del Censis: la lettura dei libri in Italia sta perdendo terreno. Non è che sia mai andata al massimo. Uno scrittore mio concittadino, oltretutto direttore della pubblica biblioteca, oltre che insegnante in precedenza, amava riassumere il quadro locale in una battuta: "Se una madre vede il figlio chino sopra un libro, chiama il dottore".
Gli italiani leggono sempre meno, non soltanto i libri, ma pure i giornali. Però parlano sempre di più. Ammaestrati dalla televisione, dove l'importante è aggredire chi la pensa diversamente. E viziati dalle stesse redazioni giornalistiche delle emittenti grandi o piccole che schiaffano un microfono sotto il naso del primo che passa e che non sa nemmeno quale sia l'argomento per il quale è richiesto il suo illuminato parere.
C'è poi una mutazione genetica che, per forza di cose, la politica governativa ha imposto ai suoi "scrittori". Il giornalista non fa più il giornalista, non interroga, non interpella, non chiede chiarimenti, se sta dalla parte del potere berlusconiano. No, aggredisce chi la pensa in maniera contraria. E questo è nulla, rispetto a chi in passato ha avuto altre vocazioni, frequentando persino certi servizi non igienici ma egualmente segreti, per i quali non dava senza non aver ricevuto.
Una rete televisiva nazionale anni fa, in un programma di successo, interpellò un anziano romagnolo con questa domanda a bruciapelo: "Dove sono le zone erogene?". Risposta sicura e ferma: "Ah, sì, là in fondo dietro al mercato".

18.11.2009
Stupori

Berlusconi smentisce le indiscrezioni, Mastella smentisce se stesso
Lo stupore del premier è una categoria logica a se stante. Quindi va posta sopra un altare, davanti al quale i suoi sostenitori sosteranno in adorazione.
Lo stupore nasce dalle "notizie che continuano a fare apparire come imminente un ricorso alle elezioni anticipate".
Notizie, va aggiunto, che provengono da ambienti a lui vicini. Ad esempio (ma soltanto ad esempio), il presidente del Senato Schifani aveva proclamato: se la maggioranza non è compatta, si torna alle urne.
Era una risposta diretta al presidente della Camera Fini che aveva proposto dei distinguo rispetto alla linea del governo.
Ci permettiamo di ripetere pure per Schifani quello che abbiamo osservato a proposito di Fini: sono situazioni anomale quelle in cui i rappresentati istituzionali (presidenti di Senato e Camera) trattano di questioni politiche relative ai partiti da cui provengono.
Davanti allo stupore di Berlusconi, possiamo sfoderare soltanto lo stupore nostro, di cittadini che credono nella Costituzione.
E' lo stesso stupore che proviamo leggendo la nota di G. A. Stella sul "CorSera" di oggi, dove si ricordano due momenti politici di Mastella. Quello odierno che smentisce contatti con Berlusconi nel 2008.
Ed un'intervista del "Corrierone" dello stesso 2008 (2 marzo) alla signora Sandra Mastella che definiva "uomo inaffidabile, vergognosamente inaffidabile" Berlusconi.
Con successiva conferma dello stesso Mastella marito (Ansa, 11 marzo 2008): "L'accordo con Berlusconi c'era". Era addirittura un "accordo scritto".

17.11.2009
Inquisitor cortese

Ministro Bondi: l'Italia è assediata dalla magistratura, la patria in pericolo
Sandro Bondi, l'inquisitor cortese, rovescia il modo berlusconiano di attaccare la magistratura.
Sinora il cavaliere aveva accusato i giudici di perseguitarlo. Adesso Bondi mette in ombra la figura del primo ministro, ne fa il simbolo di un rito sacrificale celebrato nei tribunali per assediare la democrazia di questa povera Italia.
Mossa astuta, abile, ma non per questo lontana da ogni logica e dalla realtà della cronaca vera. Per Berlusconi la discesa in campo fu il tentativo, da lui stesso ammesso (con Enzo Biagi), di salvarsi.
Bondi fa l'antigalileo. Nega l'evidenza. Al centro del mondo c'è la Terra che è il suo cavaliere. Loschi figuri cercano di detronizzarlo. Non già per rovinare Berlusconi, come lo stesso Berlusconi ha sempre sostenuto. No, per distruggere la democrazia italiana, che nel cavaliere s'incarna, sublima e realizza.
Siamo alla pura fantapolitica, per essere rispettosi delle umane debolezze. Più pericolosa della stessa politica fatta di bugie.

17.11.2009
Bondi serafico

Il cavaliere come "l'oliva pallida" di Giovanni Mosca, fa delirare il ministro
Ieri sera il ministro Sandro Bondi ha esposto le sue ragioni senza alzare la voce, almeno nella prima ora di trasmissione di Lerner. E' un punto a suo vantaggio, in questo clima di rissa permanente che domina lo spirito politico dei personaggi governativi intervistati dai tg o seduti nei salotti della tv.
Il serafico Bondi ha detto cose che non condivido (ne parlo in un post parte). Ma le ha dette con quella grazia che invita a soccorrerlo: perché una persona che ha il suo cammino politico (è stato comunista...) non può cercare di abbagliare l'ascoltatore senza ascoltare le ragioni della logica e della cronaca.
Bondi fa anche il poeta, è in effetti uno strano poeta, compone versi stitici, sembra quel personaggio di una commedia di Giovanni Mosca, che scriveva seguendo la moda del suo tempo per apparire un "poeta ermetico". Da cui la storpiatura folle ma realistica in "poeta emetico" di certi fogli umoristici per alcuni scrittori del tempo.
Il verso reso celebre dalla commedia di Mosca è questo: "Per un'oliva pallida si può delirare".
Illustre ministro Bondi, non sapevamo che un cavaliere primo ministro potesse avere lo stesso effetto di un'oliva pallida, su di un poeta contemporaneo. Anche o proprio perché questo poeta è ministro?

17.11.2009
Mondo vero

La tv consolida la cultura della violenza contro le donne
Ieri sera al "Grande fratello" dotta discussione sul machismo, sul come considerare la donna. Con moderatore un celebre giornalista, mentre occorreva uno psichiatra.
Ieri sera circolava già la notizia sul ragazzo per bene, 24 anni, che, sentitosi offeso nella sua virilità, ha ucciso una ragazza di 22. Le cronache provvedono a precisare che lei era una lucciola. E che si è trattato per lui di un raptus.
Il mondo vero è questo, quello dei cadaveri di povere ragazze uccise in nome del "machismo". Ma quello finto delle trasmissioni "realistiche", non c'entra per nulla nel rafforzamento di questa visione del mondo e della donna? La tv consolida la cultura della violenza contro le donne.

14.11.2009
Legge suina. Pornografia politica

Casini e Rutelli propongono baratti inaccettabili, a favore di Berlusconi
Dopo la "porcata" (legge elettorale in uso, definizione di Calderoli), avremo la "porcheria" della riforma della giustizia deprecata ieri da Casini?
Casini ieri aveva scelto il male minore, un lodo Alfano-bis approvato come legge costituzionale. Con la benedizione anche dell'opposizione.
Oggi Casini suggerisce una terza via: "Maggioranza e opposizione debbono trovare insieme una terza via, con una prova di responsabilità collettiva, per evitare che il sistema giudiziario italiano si sfasci".
Forse Casini non ha ben compreso la posta in gioco. Alla roulette del parlamento la puntata è stata fatta dal capo del governo. Che c'entra la giustizia italiana? Il lodo Alfano mica se ne interessava.
Una sua riedizione bipartisan e con tutti i crismi della costituzionalità (apparente), non affronterebbe i problemi della gente dentro ai tribunali, ma risolverebbe soltanto quelli del premier che non vuole esservi giudicato.
Casini, sia con la teoria del male minore ieri sia con quella della terza via oggi, annaspa per essere protagonista di un incontro impossibile fra maggioranza ed opposizione (e lui con chi sta?).
Impossibile non per problemi politici, ma per questione logica. Il lodo Alfano-bis tutto infiocchettato e incipriato, non affronterebbe i problemi della giustizia ma soltanto quelli del cavaliere.
Ovviamente la logica è un terreno minato evitato con cura dai politici. Ma è pure il luogo dove sopravvive la dignità a protezione morale dei semplici cittadini. I quali non pretendono di essere acuti come gli stessi politici per fregare bellamente il prossimo. Ovvero loro stessi.
Casini dimostra un attivismo da cui chiaramente appare la sua paura di essere oscurato da Fini. Ma entrambi non vanno da nessuna parte, con queste teorie. Che figura fanno rispetto al ministro Alfano, uomo coraggioso al punto di dire di volere riforme "che servono ai cittadini"? Casini e Fini sono così finiti sotto ricatto politico di Berlusconi.
Intanto il cauto Rutelli si è gettato a capofitto con una temeraria offerta rivolta al cavaliere: "Noi ci dobbiamo impegnare a non chiedere la sua eliminazione politica per la via giudiziaria; lui non deve distruggere ancor più la certezza della pena nel nostro Paese per evitare qualche processo". Ma che balla è questa della richiesta di eliminazione politica per via giudiziaria, a cui i parlamentari dovrebbero rinunciare? Siamo sul terreno della pornografia politica.
La politica non si fa con questi baratti alla Rutelli ed alla Casini. In questo modo si sfregia la dignità dello spirito costituzionale. Si fanno leggi suine, ovvero maialate o come dice Calderoli porcate. Che sono molto peggio della porcheria temuta dal timido Casini.

13.11.2009
Processo breve per Bertoldo

"La Giustizia deve salvare il Potere", dice il Principe che presiede il tribunale, sostiene la difesa e fa il boia per la sentenza
Ordunque il povero Bertoldo, calciato in viso dal principe e da questo tradotto nelle proprie galere, è portato al processo.
Chi giudica è il Principe in persona, che legge il capo d'accusa: "Il capo sono io ed io l'accuso di aver sobillato il Popolo che tanto mi ama a ribellarsi contro di me".
Ora tocca alla difesa, pensa Bertoldo, ma si sbaglia. Il Principe cambia abito e si accinge alla tutela del povero Bertoldo: "E' un uomo indegno di abitare sotto la protezione di questo nostro Principe che sarei io, amatissimo da uomini e soprattutto donne. Impiccatelo. Inutile torturarlo. La sua faccia già dimostra la colpa, come direbbe Lombroso".
Il Principe torna ad essere giudice dopo essere stato magnanimo avvocato difensore dell'infame Bertoldo. E come giudice giudica che a Bertoldo vada mozzata la testa. "Io stesso sarò l'esecutore della sentenza, perché in uno Stato democratico non è tollerabile che un villano continui a vivere malignando del suo Principe, Che deve provvedere ad eliminare il dissenso per raggiungere e realizzare il bene comune di cui parla anche la Chiesa".
L'unico pubblico presente era il povero Bertoldo che in attesa di avere il capo mozzato, dopo averlo avuto tumefatto dai piedi del principe, s'è appisolato silente (manco russava) nella gabbia degli imputati. Lo sveglia l'urlo demoniaco del Principe: "Vile marrano, finiscila di protestare, questa è la Giustizia, questo è il Processo Breve che salva il Potere dagli infami pari a te".
"Lunga la strada, breve è il processo, questo è il fine della mia utopia", allegramente andava cantando il Principe accolto dall'applauso dei suoi cortigiani accampati fuori dal Palazzo di Giustizia, a caccia di alibi: nulla aver visto, nulla aver sentito, in nessuna occasione. Non si sa mai, cambiasse il vento, occorre restar politicamente vergini.

12.11.2009
Cerotto Rutelli

Quelle due frecce del "per" sembrano un cerotto a fumetti
Il logo del movimento di Rutelli, "Alleanza per l'Italia" traduce il "per" con il simbolo matematico della moltiplicazione, realizzato con due punte di freccia d'opposto colore (rosso e verde) che s'incontrano e si fondono. Bella idea.
Purtroppo, l'effetto non voluto è che il "per" matematico del logo, sembra uno di quei cerotti che si disegnano nei fumetti sulla bocca dei personaggi, per significare che non possono parlare. C'era una volta il cerotto Bertelli... Adesso avremo quello Rutelli?

11.11.2009
Fini uno e trino

Grande trasformista nei suoi ruoli. Con qualche stranezza costituzionale
Dunque, quanti sono i Fini che appaiono alla ribalta politica e mediatica?
C'è lo scrittore che in tv presenta il suo manuale pedagogico per i giovani che oggi hanno vent'anni. È il Fini il quale dice che il suo partito (suo ovviamente nel senso di partito di Berlusconi...) non è una caserma.
Ovvero, ed ecco il Fini strettamente politico, che lui non accetta passivamente le proposte di Berlusconi come imposizioni davanti alle quali mettersi sull'attenti.
Poi c'è il Fini che è il più importante di tutti, davanti agli occhi della Storia. Il presidente della Camera dei deputati. Ovvero la terza carica dello Stato, dopo il presidente della Repubblica e quello del Senato.
Sino all'ingresso in politica di Berlusconi, i ruoli di un presidente della Camera sono stati improntati a rappresentare tutti i partiti presenti nello stesso ramo del parlamento. Fini ne è consapevole, e lo ripete spesso.
Ma poi, passando dalle parole ai fatti, sembra contraddirsi. Perché "una volta" non si vedeva il presidente della Camera discutere questioni legislative con il presidente del Consiglio calato nella sua funzione di capo del partito in cui entrambi militano.
Minzolini non se ne potrà mai accorgere, oppure non potrà mai dirlo: ma questo è un vero e proprio "vulnus" alla Costituzione scritta ed a quella praticata.
Fini come Fregoli o Brachetti, cambia abito uscendo da una porta e rientrando in scena da un'altra. È il sistema teatrale imposto da Berlusconi: per arrivare dove? Alle leggi che lo interessano...
Come è accaduto nel caso del colloquio di ieri, burrascoso a quanto si legge nelle cronache odierne.
Ma i contrasti sono apparenza, ciò che conta è la sostanza che abbiamo descritto, l'anomalia del presidente della Camera che contratta con il capo del governo una questione esclusivamente connessa ai loro ruoli politici all'interno di un partito. E non ai ruoli istituzionali ovvero costituzionali.
Nascosto dietro l'angolo della satira dei comici, infine c'è un Fini alla quarta incarnazione, che li riassume bravamente tutti e tre, il capo futuro del Pd... Ma questo aspetto forse non dipende soltanto dai comici.

10.11.2009
Sorelli d'Italia

Minzolini bersagliere, Giovanardi sottosegretario ed un cardinale che accusa l'odio politico. Di chi?
Per le "Sorelle d'Italia", in versione pubblicitaria al femminile, il ritmo della musica è stato rallentato. Minzolini nel suo editoriale di ieri sera a difesa dell'immunità parlamentare (e per il suo ripristino), è andato a passo di corsa, da bersagliere di governo. Insomma uno spot non da "Fratelli d'Italia" tutti uniti, ma da messaggero del governo, tutti divisi appassionatamente.
Su che cosa? Sul "vulnus" dell'abolizione dell'immunità. Se le "Sorelle d'Italia" si fanno capire da tutti per il ritmo più calmo impresso alla musica, questo canto di Minzolini resta incomprensibile ai più.
A chi vuol parlare? Non certo al popolo, non avrebbe usato il tempo di corsa di Enrico "Mitraglietta" Mentana, mangiandosi quasi le parole, ed impedendo alle spettatore comune, inerme davanti alla sua scienza giuridica, di comprendere il senso del suo discorso.
Allora per chi ha parlato Minzolini? Non per il povero popolo ignorato ed ignorante, non per quei "Fratelli d'Italia" che pagano le tasse e poi, se debbono avere giustizia per qualsiasi cosa, è peggio che finire in mano agli usurai. Non per le "Sorelle d'Italia" che guardano il mondo dall'alto al basso, in fin dei conti è soltanto la pubblicità delle calze. No, Minzolini parla per i "Sorelli d'Italia", quei signori politici che guardano il mondo dall'alto al basso con solenne disprezzo di quanti stanno in basso.
Uno di questi "Sorelli d'Italia" è il sottosegretario Carlo Giovanardi. Il quale riferendosi al giovane romano Stefano Cucchi, sul cui cadavere ci sono segni che non avrebbero dovuto esserci, ha detto che è stato semplicemente ucciso dalla droga.
Poi ha corretto il tiro: finora di certo c’è che "nei giorni della degenza ospedaliera si è permesso che arrivasse alla morte nelle terribili condizioni che le foto testimoniano". Ed oggi Giovanardi va al contrattacco: hanno equivocato sulle mie parole. Insomma, l'errore è stato del povero giovane che ha preferito morire piuttosto che affidarsi alle cure materne dello Stato di Giovanardi.
Il cardinal Bagnasco ha ammonito, basta odio, occorre svelenire il clima pericoloso in cui vive l'Italia, occorre "un disarmo".
Minzolini e Giovanardi sono stati fedeli interpreti del suo pensiero. Il direttore del Tg1 difendendo la casta politica che disprezza ideali e valori di uguaglianza fra i cittadini. Il sottosegretario proponendo di chiudere gli occhi davanti alle foto del povero Stefano Cucchi. Eminentissimo Bagnasco, i suoi "Sorelli d'Italia" le daranno ascolto. Applicando la vecchia regola reazionaria: "Mica è colpa mia se sei negro".
Il cardinale ha ragione se voleva insinuare il sospetto che il capo del governo odia l'opposizione. Il povero cittadino di questo Stato che non sopporta più il "vulnus" dell'immunità soppressa, ha avuto compassione anche del capo del governo ascoltandolo da Berlino inneggiare alla caduta del muro di Berlino: che ha favorito internet e globalizzazione. Ma quale "sorello" gli ha suggerito la frase così inconsistente?

09.11.2009
A presente memoria

Soltanto ora vecchi "amici" politici del cavaliere scoprono il suo potere mediatico? Vedi Fini e Tabacci...
Non per i posteri, ma proprio per noi (appunto, a presente memoria), sono utili tre interviste di politici, rilasciate ieri.
Gianfranco Fini, ospite di "Che tempo che fa", ha detto: "Berlusconi sa per certo che Feltri quando spara a palle incatenate nel campo amico danneggia il premier stesso in primo luogo. Il fatto è che lui [Berlusconi] è l'editore e questo è quello che non mi quadra".
La curiosità che nasce dalle parole del presidente della Camera, si può condensare in un interrogativo: ma Fini ha mai detto queste cose direttamente al cavaliere?
Bruno Tabacci al "CorSera" odierno ricorda "le tv di Berlusconi" all'epoca di "mani pulite", con "Emilio Fede che promuoveva il giovane Brosio a leader del marciapiede d'oro, in attesa davanti al Palazzo di Giustizia dell'ultimo avviso di garanzia".
E ricorda pure, Tabacci, "che il primo atto di Berlusconi in politica fu di offrire l'Interno a Di Pietro e la Giustizia a Davigo". E poi ancora, "le monetine dei comunisti, le manette dei fascisti, il cappio dei leghisti".
Ancora "CorSera" odierno. Ottaviano Del Turco, in relazione alla sua vicenda politica e giudiziaria, racconta di aver ricevuto la solidarietà dal Pdl ma non dal Pd.
Ed osserva: "Il Pd nasce dalla fusione di due grandi tradizioni, quella comunista e quella democristiana. E da quelle parti l'abitudine era di essere garantisti solo con i propri militanti. Io come si sa, sono solo un vecchio socialista...".
Del Turco parla di "tradizioni". Qui osammo varie volte parlare di "chiese", indispettendo vari amici locali del Pd che nell'incontrarci fingono di non riconoscerci. Pazienza.
Dovrebbero ragionare un po' come Romano Prodi: in passato noi e loro ce ne siamo dette tante, ma "adesso siamo uniti".
La frase di Prodi rivolta a Piero Fassino, suona come invito e monito: "Diglielo giù a Roma [...] che adesso siamo uniti".
Forse qualcuno non se ne è ancora accorto, che sono "uniti".
Giustamente ieri Barbara Spinelli nell'editoriale della "Stampa" notava che Massimo D'Alema come il cavaliere ha sempre disprezzato i giornali ("È un segno di civiltà non leggerli. Bisogna lasciarli in edicola"). Non si tratta di folclore culturale. Ma di assonanze politiche inquietanti.

08.11.2009
Quelle croci di tutti

"La croce non si appende, si carica sulle spalle". Parola di sacerdote, don Salvatore Resca di Catania
Il commento più "vero" alla querelle della croce cristiana obbligatoria nelle classi e negli uffici pubblici, e contestata da una sentenza europea, è giunto da parte di un sacerdote di Catania, don Salvatore Resca.
Lo ha fatto a Radio3 dopo la rassegna-stampa di "Prima Pagina", e lo si legge in una lettera pubblicata oggi da "Repubblica".
"La croce non si appende; i cristiani sanno che si carica sulle proprie spalle.... Il Vangelo è una cosa seria".
Don Salvatore si riferisce alle intenzioni del sovrintendente al teatro Bellini "che vuole esporre il crocifisso sulla facciata".
La risposta pacata, profondamente religiosa ed umana (Cristo era un uomo inchiodato su quel legno, che invocava Dio lamentandosi di essere stato da lui abbandonato), è il modo migliore per mostrare l'inutilità di certe battaglie politiche sia da parte dei favorevoli sia da parte dei contrari.
Per questi ultimi vale il principio inascoltato che laicità è essere e lasciare liberi, in nome della tolleranza. Quando il principio punitivo di una norma di diritto è applicato contro qualcun altro uguale a noi che non compie nulla di male (il reato), è una violenza mascherata che si fa chiamare legge.
Grazie don Salvatore, per la innocente saggezza delle sue parole.

07.11.2009
La Chiesa predi...Letta

Grandi manovre vaticane per il dopo-Berlusconi, il Grande-Centro affidato a Casini, nonostante l'articolo di Letta sull'Osservatore
L'Osservatore Romano di oggi 7 novembre fa presentare un volume-documentario sui viaggi del papa in Italia dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta.
Gianni Letta, non potendo ambire alla nomina cardinalizia o alla cattedra di Pietro, è stato proposto da Berlusconi come suo candidato ideale per il Quirinale. Ultima conferma, nel libro di Bruno Vespa: dove Letta è definito dal capo del governo come "il migliore in assoluto" tra tutti i candidati possibili.
Ma la Chiesa che ricorre a Letta sull'Osservatore per una recensione, è la stessa che in altri uffici ben più importanti e segreti non ama più tanto l'attuale capo del governo.
Ne l'Espresso uscito ieri, Marco Damilano scrive che in Vaticano il dopo-Berlusconi è già cominciato: "... tra la Curia e palazzo Grazioli non c'è più il calore di una volta".
Su questo sfondo si colloca razionalmente la scelta di Casini di correre da solo alle regionali della prossima primavera. Salvo "eccezioni". Ma ricordando che il Centro  è identificato in lui, dalle autorità ecclesiastiche d'Oltretevere.
Damilano chiude il suo pezzo accennando all'ipotesi che possa esserci "uno scioglimento traumatico del Parlamento" voluto da Berlusconi per avere elezioni anticipate. Ma tutto dipende dal Quirinale, come si sa, finché c'è questa Costituzione. Napolitano resta l'osso duro del ventre molle della politica italiana di questi anni.

06.11.2009
Muri, non solo Berlino

Come eravamo noi, al "tempo del muro". Dalla guerra di Corea alla crisi di Cuba ed all'uccisione di JFK
Per i 20 anni dalla caduta del muro di Berlino (9 novembre 1989), possiamo leggere interessanti documentazioni e analisi.
Bisognerebbe aggiungere a riflessioni così efficaci sul quadro europeo ed internazionale, anche alcune righe che, senza pretendere troppo, tentassero di raccontare "come eravamo" noi, al "tempo del muro".
Tempo che non era allegro. Ovvero il dopoguerra, le tensioni mondiali che avevano ancora nome di guerra. La guerra di Corea. Poi ci fu la guerra fredda. L'equilibro del terrore atomico. La crisi di Cuba, 15 ottobre 1962. E quando fu ucciso Kennedy, da noi era sera, il 22 novembre 1963, sembrò che il mondo intero crollasse sotto il peso catastrofico di una disfida militare globale.
Quella sera del 22 novembre 1963 il Tg della Rai interruppe le trasmissioni in segno di lutto, e come sottofondo al monoscopio partì un valzer viennese.
Quel "silenzio" è quasi un simbolo della vita del tempo. Pompa magna dell'ufficialità, nessuna informazione ai cittadini. Appunto un muro fra noi ed il Potere.
Oggi ci sono altri muri nel mondo, molti altri ne vorrebbero costruire anche da noi.
Per tutti vale quanto ha scritto il 5 novembre scorso, su "Repubblica", Joaquìn Navarro-Valls ricordando l'incontro fra Gorbaciov e papa Giovanni Paolo II "meno di un mese dopo il crollo del muro": "Entrambi sapevano che la libertà è un rischio al quale non si può rinunciare mai".
Questo è l'unico rischio che dobbiamo, vogliamo correre.

04.11.2009
Legge del 1998 ignorata

Lettera aperta al Ministro degli Interni. Uffici periferici ignorano anche la circolare del 15 settembre scorso
Signor Ministro dell'Interno, ci sono uffici periferici del suo dicastero che ignorano certe normative vigenti.
Caso concreto. Chi assume una badante straniera deve entro 48 ore denunciarne la presenza nella propria abitazione, in base all'art. 7 del D.lgs. 25 luglio 1998 n. 286 (che riproduco in calce) con una "Dichiarazione di ospitalità".
Orbene, in taluni uffici periferici si pretende invece la "Comunicazione di cessione del fabbricato" (di cui all'art. 12 DL 59/1978, convertito in legge 191/1978).
Tra la "Dichiarazione di ospitalità" e la "Comunicazione di cessione del fabbricato" passa una differenza che lei comprende, e che è grande come la catena delle Dolomiti.
Le segnalo tutto questo affinché lei possa provvedere a che i suo uffici conoscano ed applichino le leggi in vigore. Perché, nella fattispecie, una "Comunicazione di cessione del fabbricato" potrebbe ledere interessi legittimi del datore di lavoro. Il quale invece deve dichiarare soltanto che in casa sua ospita con regolare contratto un lavoratore occupato come badante.
La "Dichiarazione di ospitalità ex art. 7, D.Lgs. 286/98 e successive modifiche" è citata nella circolare del Ministero dell'Interno, 15.9.2009 n. 5714 ai Signori Questori. Circolare ovviamente archiviata, in quei certi uffici, e non comunicata al personale che opera agli sportelli.
Nella circolare si legge: <<Quanto alle modalità di presentazione della dichiarazione di cui trattasi nulla si dice nella legge, limitandosi soltanto a sancire l'obbligo per il datore di lavoro di "darne comunicazione scritta, entro quarantotto ore, all'autorità di pubblica sicurezza">>.
Ecco l'art. 7 D.lgs. 25 luglio 1998 n. 286: "Chiunque, a qualsiasi titolo, dà alloggio ovvero ospita uno straniero o apolide, anche se parente o affine, ovvero cede allo stesso la proprietà o il godimento di beni immobili, rustici o urbani, posti nel territorio dello Stato, è tenuto a darne comunicazione scritta, entro 48 ore, all'Autorità locale di pubblica sicurezza.
La comunicazione comprende, oltre alle generalità del denunciante, quelle dello straniero o apolide, gli estremi del passaporto o del documento di identificazione che lo riguardano, l'esatta ubicazione dell'immobile ceduto o in cui la persona è alloggiata, ospitata o presta servizio ed il titolo per il quale la comunicazione è dovuta".

02.11.2009
Tobagi, non dimenticare

Non solo Br, ma pure Gelli e P2, con "ricatto e disinformazione", ovvero un metodo ed una logica politica molto attuali
Domani esce in libreria il volume che Benedetta Tobagi ha voluto dedicare al padre Walter, ucciso dalle Br il 28 maggio 1980.
Il "CorSera" di stamani ne offre un capitolo in anteprima. C'è un passo che dal 1980 riporta ai nostri giorni: "...intorno alla loggia P2 sembra vigere da sempre la consegna di minimizzare e riportare tutto al silenzio, al più presto".
Segue una testimonianza del giudice istruttore Giuliano Turone: "C'è un metodo. La logica che guida Gelli nella costruzione del suo archivio è quella del ricatto e della disinformazione".
Turone si riferisce a questo episodio descritto da Benedetta Tobagi: nel marzo 1981, "... tra i pochi e selezionati documenti che il maestro venerabile aveva impacchettato per portarseli via" (e ritrovati "dentro alla valigia sequestrata nella ditta Giole di Licio Gelli, a Castiglion Fibocchi, vicino ad Arezzo"), c'è anche il volantino di rivendicazione dei terroristi che hanno ucciso suo padre.
"Stava in una busta sigillata con la dicitura, molto generica, <Rizzoli - lettera Brigate Rosse>, insieme ad altre cartelle selezionate di documenti riservatissimi, riguardanti tra le altre cose i piani di ricapitalizzazione e riassetto proprietario del gruppo Rizzoli - Corriere della Sera, elaborati nei primi mesi del 1980 da Bruno Tassan Din con Licio Gelli e l'avvocato Umberto Ortolani".
Ricatto e disinformazione sono due vocaboli ancora di stretta attualità.

01.11.2009
Licenziato dai prof?

"Il sovrano impostore" difeso da Marcello Veneziani. Sul "Giornale" di famiglia
Divertente il pezzo odierno di Marcello Veneziani ("il Giornale"). Secondo cui "il Corriere dei professori" licenzia il premier. La colpa è tutta del fondo di ieri del prof. (appunto) Giovanni Sartori, dove si facevano i conti alle urne delle elezioni politiche. Grazie al cielo l'articolo di Sartori non è stato definito "il conto della serva".
Sartori ha sostenuto, citando un altro prof. Ilvo Diamanti (ma di "Repubblica"), che il partito del cavaliere (partito che non si può nominare, altrimenti ci arriva un'altra diffida...), nelle elezioni del 2008 ha ottenuto il 28,9% di voti degli aventi diritto. Quindi ha demolito la tesi di chi, come Berlusconi, dichiara di avere una maggiorana assoluta del 51% come minimo...
L'altro punto importante del pezzo di Sartori riguarda la cosiddetta Costituzione "vivente", non quella scritta. In base alla "vivente", Berlusconi vanta un primato su tutti i ministri, negato dalla Corte costituzionale.
Sartori ha scritto che questa Costituzione "vivente" in Italia non è mai stata messa in pratica. E' la verità. Che non piace, per cui oggi Veneziani ha cominciato allegramente il suo pezzo così: "I principi regnanti della stampa italiana, Sua Maestà il Corriere della Sera e la regina consorte, la Repubblica, citandosi a vicenda, hanno colpito al cuore il sovrano impostore, Silvio Berlusconi, dimostrando che il popolo non è con lui".
In Italia c'è poca attenzione a questi problemi di diritto costituzionale, considerati non soltanto noiosi ma pure superflui. Il che non corrisponde alla realtà dei fatti. Perché nessuno può inventarsi interpretazioni di norme a proprio piacimento ed a proprio vantaggio come sta tentando (speriamo inutilmente) di fare Berlusconi.


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RIMINISTORIA è un sito amatoriale, non un prodotto editoriale. Tutto il materiale in esso contenuto, compreso "il Rimino", è da intendersi quale "copia pro manuscripto". Quindi esso non rientra nella legge 7.3.2001, n. 62, "Nuove norme sull'editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge 5 agosto 1981, n. 416", pubblicata nellaGazzetta Ufficiale n. 67 del 21 marzo 2001.//2741, 10.03.2018