il Rimino 2009


Il Rimino 166, anno XI
Ottobre 2009
Diario italiano

31.10.2009
Rutelli, fuori (tempo) dal Pd

Sfogliando la Margherita dà l'addio a Bersani e gli dice che è un vecchio comunista. Sembra Berlusconi
Lo strappo, intitola oggi il "Corrierone" annunciando che Rutelli lascia il Pd: "Questo non è il mio partito". Un partito che non è mai arrivato, ovvero "mai nato", confessa Rutelli a Marco Cianca.
Inevitabile, verrebbe da commentare. Ma inevitabile non da oggi, bensì dall'altro ieri. Da quando cioè lo stesso Rutelli s'era orientato verso il Pd, non vedendo che per compagni di strada aveva quei personaggi che ora giudica scomodi perché nel loro sangue politico hanno le cellule di Pci, Pds, Ds.
Se n'è accorto soltanto ora. Il Pd è nato dall'incontro di due chiese, quella comunista e quella democristiana. Punto e basta. Adesso siamo al bere od affogare, lo dimostrano i tre milioni di partecipanti alle primarie. Finora Rutelli è stato un vertice del Pd, da oggi gli spara a palle incatenate.
La Margherita non rispunterà, promette Rutelli. Ma lo dice fuori tempo massimo. Il suo addio doveva scattare prima delle primarie. Sarebbe stato meno melodrammatico e più serio.
Rutelli è stato atteso sull'uscio del Pd da Casini che mira a prendere assieme a lui 5 milioni di voti. Ma ad occhio e croce, in linguaggio impolitico, forse mettere d'accordo due partiti moderati risulterà alla fine un'impresa non troppo facile, se non verrà un aiuto esterno, magari da Fini. Per arrivare allo scopo, abbattere il partito del cavaliere.
Fra ex dc sanno comprendersi, ma anche terribilmente mettersi in competizione (il verbo odiarsi è forte ma non fuori luogo). Due partiti, uno di Casini ed uno di Rutelli, a quante correnti sapranno dar vita?
Adesso siamo curiosi di sentire quanti Margheritini che seggono in parlamento si schiereranno con Rutelli. Molti sono di antica fede democristiana lavata in quella retorica del "bene comune" che li portava a decretare il superamento della divisione fra destra e sinistra. Il progetto di questo centro che vorrebbe condizionare tutto e tutti, non dà loro ragione, gli offre solamente una nuova casa dove trovare ristoro. Se c'è un centro, ci debbono essere anche le altre zone politiche che quel centro vuol riassumere o superare.
Sfogliando la Margherita, Rutelli dà l'addio a Bersani e gli dice che è un vecchio comunista. Sembra Berlusconi.

31.10.2009
Bertoldo fa sapere

Bertoldo fa sapere che anche raccontando cose comiche (in apparenza), si può essere seri. Il Principe lo ha picchiato, lo ha carcerato, Bertoldo è in attesa di giudizio... Per qualche giorno non racconta che cosa avverrà al processo immaginario fra lui ed il Principe.
Le cronache invece narrano di un ragazzo ridotto in fin di vita, poi carcerato, poi morto.
Bertoldo sa essere serio. Non si considera un buffone. Sa che molte persone serie sono dei buffoni, e non si fermano mai. Sino a che arrivano al capolinea dove si trova soltanto il cadavere di un innocente. Massacrato di botte. A cui i medici non hanno guardato la faccia, perché lui la nascondeva sotto il lenzuolo.

30.10.2009
Basso impero

Adesso tirano in ballo anche Gasparri (in freezer dal 1996...). C'è in corso una manovra ben orchestrata
Il clima è quello che si dice da "basso impero", quale triste se non spaventosa conclusione di un ciclo storico. Il guaio è che noi ci siamo dentro sino al collo, inseguiti dalle notizie di "nera". Dal giovane morto in circostanze misteriose dopo un arresto, sino alla "novella" sul ministro Gasparri che sta in freezer dal 1996, e che è tornata in tavola giornalistica stamani...
Fateci caso, la vicenda Marrazzo è scoppiata alla vigilia delle elezioni primarie del Pd. Venerdì 23 alle 19, il buon Emilio Fede ha fatto un tg nel suo stile, ma più disgustoso di tutti gli altri. E poi non ci vengano a dire che è stato soltanto un caso.
Parliamo invece di una manovra ben orchestrata. Da quanto tempo c'era la faccenda del video di via DeGradoli? Ebbene salta fuori proprio poco prima delle urne della cosiddetta "sinistra" per la scelta del nuovo segretario.
Non crediamo alle coincidenze. Adesso cercano "chiappe d'oro". Allegria, niente di nuovo sotto il sole. Mille anni fa un principe dell'Essex, Umfridus (Humfrey), venne chiamato "aurei testiculi".
Chi ha interesse a creare caos? Non certo il Pd, ma il Principe che vuole l'opposizione a sua immagine e somiglianza. Siamo alla caricatura della democrazia, all'Ettore Petrolini che recitata la gag di Nerone.
Merita rispetto l'augurio, l'auspicio, il desiderio (chiamatelo come volete) espresso anche oggi dal presidente della Repubblica per "riforme con divise". Direbbe Bertoldo che il nostro Principe, legibus solutus, sogna "riforme con divise", per irreggimentarci tutti. Il fatto che Bertoldo sia Bertoldo non esclude che abbia ragione.
Post scriptum al post. Scusate se parlo di politica, ma non sono stato io ad assegnarmi alla sezione politica della "Stampa"...

29.10.2009
Beertoldoo, impicatelo!!

Picchiato dal Principe, Bertoldo è scambiato per un istigatore contro il tiranno, ed è mandato a processo
Pover Bertoldo: tutto ammaccato, svergognato, vilipeso, col sangue che grondava dal naso, e gli occhi gonfi perché i piedi del Principe sono grandi, enormi, per poter arrivare in ogni dove.
E mentre Bertoldo corre a nascondersi per proteggersi dalla furia dei cani che i servitori del Principe avrebbero potuto lanciare contro di lui per farne ragù da servire alle ancelle convocate per le feste danzanti, ecco un grido in crescendo: «Beertoldoo, impicatelo!".
La soavissima ed augusta voce del Principe, partita sommessa sul nome del povero Bertoldo, a cui dedicava una storpiatura non degna delle proprie auguste corde vocali, aumentava di tono e di rabbia nell'impartire l'ordine. Per cui ne usciva un modesto "impicatelo", quasi fosse stato un pover uomo chiunque a proferir parola.
I cortigiani, frastornati dal perenne inchino a cui li costringe la devozione verso il capo e padrone delle loro fortune, credono che a gridare sia Bertoldo contro il Principe, quasi volesse il maledetto eccitare la plebe ignorante a colpire il tiranno.
Ed allora le guardie rincorrono Bertoldo, lo ammanettano e lo portano dinanzi al Principe che ordina: "Domani sarai giudicato per aver istigato questo Popolo, tanto da me amato, a colpirmi e a farmi cacciare dalla Poltrona su cui lo stesso popolo mi ha fatto salire".
Bertoldo stava chinato perché ormai privo di forza. Impossibilitato a parlare dalle tumefazioni al viso. Il Principe come al solito equivocò: "Apprezzo il tuo inchino, è un pentimento sincero, non ti farò giudicare dai soliti giudici comunisti, ma da quelli soltanto socialisti come me".

28.10.2009
Bertoldo e il Principe

"Pensandola come Voi, viene da ridere ai Vostri veneratissimi Sudditi..."
Bertoldo s'inchinò al principe. Che lo interrogò subito, come da contratto di lavoro.
"Come sono i giudici?"
"Tutti comunisti", rispose Bertoldo.
"Come sono gli spettatori dei programmi tv che criticano il principe?".
"Sono delle persone ignobili, che non amano la Patria, l'Onore ed il Rispetto delle Solenni Regole Democratiche su cui si basa la vita del Principato".
"E com'è questo Principato, savio Bertoldo?"
"Questo Principato, savissimo e soavissimo Principe, è il migliore dei mondi possibili che ci potesse essere assegnato in sorte".
"E tutti, amatissimo Bertoldo, nel mio Principato la pensano come te?".
"Tutti, veneratissimo Principe, la vorrebbero pensare come me, ma non possono, perché in segno di rispetto la pensano come Voi, dono del Cielo solenne alla Terra miserrima. E pensandola come Voi, viene da ridere ai Vostri veneratissimi Sudditi".
"Oh, perché mai i miei sudditi ridono pur pensandola come me?"
"Perché, Voi Eccellentissimo Principe, ormai ripetete le stesse cose da molti lustri. Per cui il Popolo Vostro nella ignoranza che segna ogni popolo ovunque e comunque, sa già prima che parliate che cosa direte, ed allora quando voi fate comizio il popolo irriguardoso (lo dico senza maiuscola, notate Eccellentissmo), quel popolo infingardo e sciocco vi anticipa le battute, come quando si sente una canzonetta ripetuta mille volte".
Fu a quel punto che al Principe scappò un calcio alla faccia di Bertoldo. Il quale ammutolito sorrise, anche se pestato: "Voi onnipotente potete cambiare i miei poveri connotati, ma non la verità delle cose". E corse a nascondersi.

27.10.2009
Casini-Express

A Rutelli offre il menu in salsa bolognese e con cuochi vaticani
Il vero treno del potere è il Casini-Express. Che però ferma a tutte le stazioni. Niente corse rapide, lentissimo recupero delle anime perse (nelle puntate precedenti) e delle pecorelle smarrite (tre gli infedeli del Pd). È già pronta l'indulgenza plenaria per tutti.
Il papa l'altra settimana ha chiamato a rapporto Gianni Letta. Si è letto (fonte: "l'Unità", Roberto Monteforte) che il pontefice è in allarme per il governo, dopo aver ricevuto "segnali preoccupanti" dalle diplomazie straniere".
All'estero ci guardano male. Oggi su "l'Unità" Umberto De Giovannangeli parla di una ritorsione degli Usa alla politica filo-Putin dell'Italia: "cassata la produzione Finmeccanica degli elicotteri di Barack". (Lo avevamo previsto, modestamente.)
Curioso e stravagante il circuito politico che parte dai governi stranieri, passa attraverso il Vaticano, con un papa che addirittura convoca l'ombra di Berlusconi, appunto Gianni Letta, per arrivare dove? Appunto: il Casini-Express sta arrivando sul primo binario...
Tutto è pronto. Ilvo Diamanti conclude oggi il fondo su "Repubblica" sulle primarie di domenica con una battuta che rassomiglia ad una profezia: quelle elezioni hanno dimostrato che la politica si può fare "anche sul territorio. Anche nella società. Per il Pd un'avvertenza utile. Forse l'ultima".
La somma prudenza di Michele Salvati sul "Corrierone" approda ad un'altra specie di oroscopo, molto positivo per il cavaliere. Per Salvati Berlusconi non è "adatto a manovrare correttamente i delicati meccanismi di una democrazia costituzionale".
Salvati scrive queste parole dopo aver detto di non credere che l'attuale premier sia "un pericolo per la democrazia". Ripeto, lo reputa soltanto non "adatto" a questa democrazia (ovvero quella costituzionale...). Ovvero siamo nell'ambito di quelle sottigliezze teologiche che confondo e non chiariscono. Ad esse preferiamo la concretezza plebea di un'amara conclusione: se non è zuppa è pan bagnato.
L'ottimismo di Salvati appare nella conclusione del pezzo, dove si sostiene che "forse non è avventato pensare che la Seconda Repubblica abbia, se non i giorni, gli anni contati".
Salvati ha saltato la tappa intermedia dei mesi. Speriamo che si tratti di un errore di stampa. Altrimenti, fa tremare l'idea che, prima di veder modificare qualcosa, passino ancora degli "anni".
Poi pure l'idea che noi viviamo nella "Seconda Repubblica" è una di quelle sottigliezze della teologia d'ogni epoca che fanno venire i sudori freddi.
Per convenzione giornalistica si è sempre detto che "Mani pulite" aveva mandato a casa la classe politica della "prima repubblica". Ma poi la seconda non è mai nata. Non c'è stata mai nessuna riforma costituzionale capace di metterla al mondo e battezzarla.
Il capotreno del Casini-Express sarà Francesco Rutelli. Si è stufato dell'antica cicoria passata dai vecchi "compagni" d'avventura. Ha accettato il menu più sostanzioso allestito (per Casini e soci) in salsa bolognese da cuochi addestrati alla mensa pontificia.
Si è spiegato in termini "alti" e "nobili": "Davanti a noi abbiamo un tragitto differente unendo persone diverse tra loro". Ha voluto parlare di strade e non di carrozze. Perché c'è il rischio che la gente intenda carrozzoni.
E intanto (sempre oggi), mentre Marrazzo ha detto "addio" alla politica, l'avvocato Mills si è visto confermare la condanna. Adesso viene il Bello. Senza lodo Alfano. I teologi dimostreranno che Mills si è corrotto da solo?

26.10.2009
Gioco delle parti

Chi aiuta, "Chi" tace: favori tra Berlusconi e Marrazzo, a danno del Pd
Berlusconi avvisa Marrazzo che "Chi" della Mondadori (leggi, Marina Berlusconi) non pubblicherà foto dal filmato al centro dello scandalo sessuale che vede coinvolto lo stesso Marrazzo.
Il Berlusconi padre di Marina che stampa "Chi", ovviamente non è il Berlusconi che siede a palazzo Chigi. Si tratta di banale omonimia.
Altrimenti sarebbe un tragico gioco della parti. Fatto per dimostrare che, se alla vigilia delle primarie, certa robaccia non è finita sui giornali, lo si deve all'illuminato imprenditore.
Immaginiamo il futuro scenario. Il Berlusconi padre di Marina che stampa "Chi" può spingere subdolamente il Berlusconi che siede a palazzo Chigi a chiedere trattamenti di favore da parte dello stesso Pd, in nome della mancata pubblicazione delle foto scandalose di Marrazzo. Gioco delle parti, direbbe quel Luigi Pirandello a cui abbiamo chiesto in prestito il titolo di una sua opera per il nostro titolo...

26.10.2009
Indro, il fantasma

Feltri lo ripropone. Per far dimenticare gli attacchi a Berlusconi
Vittorio Feltri appare in uno spot annunciando il regalo ai lettori del suo "Giornale" delle prime pagine di quando era direttore Indro Montanelli.
Non si tratta di una semplice operazione pubblicitaria. Né di un amarcord personale. Nel 1994, alla discesa in campo di Silvio Berlusconi, Montanelli aveva lasciato la direzione del "Giornale". Sostituito proprio da Feltri.
Poi Montanelli aveva fondato "La Voce". Chiusa l'anno dopo. "Per Montanelli si è dissolto un sogno: capita a tutti", fu il commento di Enzo Biagi (p. 423 del suo "Io c'ero" curato da Loris Mazzetti).
Montanelli successivamente non è stato tenero con l'ex padrone Berlusconi.
Lo ha definito (25 marzo 2001) persona affetta da "allergia alla verità", e da "voluttuaria e voluttuosa propensione alla menzogna" che riesce a pronunciare con assoluta "naturalezza".
L'operazione Feltri cerca di recuperare al premier una simpatia postuma del grande giornalista.
Un'operazione commerciale, molto da prestigiatore. Per far dimenticare agli italiani quello che Montanelli aveva scritto contro il padrone de "il Giornale". Un'operazione un po' pesante, nel suo intento.

25.10.2009
Via DeGradoli

“Una regia dietro chi getta quel fango, dice la Mussolini su Marrazzo. E la difesa dei 4 CC: complotto ordito “dall’alto”
Com’è triste la Storia. Quella via Gradoli consegnata alla memoria di un Paese come luogo di un macello politico (non ancora del tutto chiarito fra presunte sedute spiritiche e rubinetti che “perdevano” volutamente, 1978), torna alla ribalta come ricovero di sedute transessuali per un leader politico della Sinistra.
Il quale può far tutto quello che vuole (ci rattrista il pensiero delle sue due mogli e delle tre figlie), ma non essere così imbecille (nel senso etimologico) da pagare le prestazioni con assegni con nome in bianco, che chissà quale giro hanno fatto e chissà in quali mani sono finite.
Un tipo così non va lasciato nei palazzi della politica e della pubblica amministrazione. Lo si lasci in pace a fare un qualsiasi lavoro, anche “socialmente utile”, ma per la politica non è portato. Forse non lo è mai stato, forse bisognerebbe sapere chi lo ha mandato avanti.
Ma nel momento in cui ci troviamo tra mogli che accusano i mariti capi di governo di frequentare minorenni (all’insaputa di Emilio Fede), e governatori che fanno girare fra i trans assegni senza nome, siamo messi proprio male.
E poi ci sarebbero tanti altri aspetti, come quelli messi in luce da Alessandra Mussolini in un’intervista a “l’Unità”, inquietante sin dal titolo: “Una regia dietro chi getta quel fango”. Verrebbe soltanto da aggiungere: vecchi discorsi, quelli sui “servizietti” segreti… Mentre la difesa dei quattro carabinieri coinvolti parla di un complotto ordito “dall’alto”. (Scrissi una volta qui, che “i servi amano sempre certi servizietti”…)
Altro che via Gradoli. Via DeGradoli. Com’è triste la Storia. Com’è messa male l’Italia. Forse i “servizietti” hanno compiuto una mossa falsa, facendo emergere tutto alla vigilia delle primarie del Pd. Forse speravano che abboccassimo all’amo della corruzione uguale fra destra e sinistra.
Forse otterranno l’effetto contrario, invogliando la gente ad andare a votare. Io ci sono andato stamattina. E spero che siamo sempre più a credere che la vaccinazione contro la stupidità non funziona per questo governo. Le fanciulle sfruttate in certi palazzi facevano parte di un trucco per mirare agli affari. Marazzo è stato imbecille (nel senso etimologico). E pagherà il conto. Si è già autospeso. Auguri di un futuro sereno, lontano dalla politica non per le preferenze sessuali, ma per le paure nella gestione del ricatto.
24.10.2009
Fede senza speranza

Caso Marrazzo, politicamente molto diverso dalla vicenda delle escort di Berlusconi. Inviate per far fare affari
Il tg di Emilio Fede ieri sera per voce del suo direttore ha montato il caso Marrazzo come se tutta la sinistra fosse avvezza a frequentare trans. E per rivendicare il diritto al rispetto delle cose privare del presidente del Consiglio.
Di oggi è la notizia dell'autosospensione di Marrazzo che ammette "debolezze private". Il caso Berlusconi è molto diverso. C'è stata gente che gli ha portato donne per lucrare affari. Non diciamo altro, in attesa di esiti giudiziari.
Non è una questione di preferenze sessuali. E' in ballo la correttezza della gestione dello Stato.
Per Fede non c'è speranza che comprenda che cos'è il giornalismo. Non è il tappettino su cui far camminare il suo premier-datore di lavoro.

23.10.2009
Jean, non Giovanni

Jean Sarkosy rinuncia alla spintarella: ne ha parlato con "suo padre", non con "il presidente". Modesta lezione per i politici italiani
Jean Sarkosy sconfitto: è la "prima vittoria" della democrazia elettronica? Se lo chiede "Le Monde" di stasera.
Più modestamente ci interroghiamo: se invece di un Jean "figlio di" terra francese, si fosse trattato di un Giovanni nato e cresciuto da padre "educato" (si fa per dire) in Italia, le cose sarebbero andate allo stesso modo?
Jean Sarkosy ha rinunciato ad un incarico prestigioso, lui così precocemente spinto sulla scena (ha 23 anni), dicendo di averne parlato con "suo padre" e non con il presidente della Repubblica (che è lo stesso suo padre).
Credo che "chez nous" saremmo stati costretti ad ascoltare la solita tiritera in difesa del figlio del potente di turno. Con l'aggiunta che qualcuno avrebbe cominciato a sputtanare qualche illustre collega od avversario.
Non è detto che non succeda in Francia. Non siamo così sciocchi da credere al lombrosianesimo politico. Registriamo soltanto che se si fosse trattato dell'on. Mah.Stella!, egli non avrebbe potuto invocare la giustificazione di segnalare "i bisognosi".
Nulla da obiettare alla giustificazione del noto politico italiano, che crediamo possa valere anche per i suoi colleghi "raccomandanti". Resterebbe da chiarire soltanto un aspetto: con quali criteri sono stabilite le graduatorie dei bisognosi?
Ovvero ci sono raccomandanti che valgono di più degli altri colleghi? Ci sono in realtà pochi "San Gennari" che fanno la grazia, mentre i concelebranti debbono inchinarsi loro, con riverenza e timore. Perché più del bisogno altrui, in politica conta il voto che il politico cerca di racimolare in mille modi.
In Italia, di recente, un capo di governo ha festeggiato i 18 anni di una signorina spiegando che ne conosceva il padre fin dal tempo in cui questi era stato autista di Craxi. E che con lui avrebbe dovuto parlare di certe candidature alle europee.
Vero niente, hanno dimostrato. Palazzo Chigi ha dovuto accodarsi alle smentite La giovinetta (poi apparsa anche al festival del cinema di Venezia...) si era confessata: "Voglio fare l'attrice. Oppure la ballerina. Oppure la parlamentare alla Camera".
Jean Sarkosy, 23 anni, è una persona intelligente. Non accusateci di razzismo se pensiamo che oggi nella politica italiana l'intelligenza sia una merce molto rara.

22.10.2009
Lo sPUTINato

Berlusconi a Mosca. Tanti misteri ed una certezza: gli Usa non gradiscono
Prima era soltanto una visita privata fra vecchi amici, quella di Berlusconi a Putin. Poi è divenuta (parole del ministro italiano degli Esteri, Frattini), un incontro "in cui si parla di politica estera e di problemi di politica economica estera", insomma "un meeting tra due persone che si stimano e si incontrano spesso e che hanno deciso di farlo ancora una volta".
Tutto sommato, si è trattato di una solenne presa in giro fatta a danno dei cittadini italiani. Il guaio è che la presa in giro diventa ben più irritante nei confronti della diplomazia internazionale, soprattutto verso gli Stati Uniti d'America.
Abbiamo già scritto 18 ottobre scorso che Edward Luttwak in un'intervista a "Ballarò", ha dimostrato che gli Usa non sono più tanto amici di Berlusconi. Perché il cavaliere si è schierato con Putin sulla Georgia e soprattutto ha fatto quell'accordo fra Eni e Gazprom, considerato un'operazione che rimette in gioco la Russia.
Presentandosi come uno "sPutinato" accalorato, Berlusconi non aiuta ad aumentare il credito internazionale dell'Italia. E soprattutto aumenta la diffidenza che gli Usa possono nutrire verso il nostro governo, con danni di cui pagheranno le conseguenze (pensate agli aspetti commerciali) soltanto i semplici cittadini, non i politici che agiscono pavoneggiandosi nella ribalta domestica o sulla scena compiacente (perché interessata) di certi amici stranieri.

21.10.2009
La Corte ha detto questo

Nella sentenza sul lodo Alfano, la Corte non poteva discutere del ruolo di Napolitano, ma solo ricostruire i fatti
Scrivevo ieri che la sentenza della Corte costituzionale sul lodo Alfano, "sconfessa gli esperti giuridici del Quirinale". Ritorno sul discorso perché oggi si parla sui giornali della stessa sentenza in toni che contraddicono quanto qui da me sostenuto.
Ad esempio sul "CorSera" appare questo titolo virgolettato (quindi la frase è attribuita alla sentenza): «"La firma del Quirinale fu corretta"».
Nella sentenza si trova che la legge Alfano rispetto a quella Schifani presentava "significative novità normative".
Sul loro riconoscimento, prosegue la sentenza, "si basano le note del Presidente della Repubblica [...] che hanno accompagnato sia l'autorizzazione alla presentazione alle Camere del disegno di legge in materia di processi penali alle alte cariche dello Stato sia la successiva promulgazione della legge".
Come si ricava dal contesto, la cosiddetta difesa del Quirinale da parte della Corte è formale. Perché non era chiamata la Corte ad entrare nella sostanza del comportamento del Quirinale.
Cioè la Corte dichiara che il Quirinale nel suo agire ha riconosciuto le "novità" del testo di Alfano rispetto a quello di Schifani, quindi non può essere accusato di aver equivocato sul testo della seconda legge.
Però quando si va alla sostanza delle cose, si deve concludere (da parte del semplice cittadino) che la bocciatura del 7 ottobre 2009 dell'art. 1 della legge 23 luglio 2008, n. 124 (lodo Alfano) richiama inevitabilmente la bocciatuta del lodo Schifani.
L'articolo 1 di Alfano e' infatti lo stesso testo che si trova in quello di Schifani (legge 20.6.2003, n. 140, art. 1, comma 2)!
Ma se usciamo dal formalismo giuridico ed andiamo alla sostanza delle cose (sulla quale non può entrare la Corte), vediamo che la Corte boccia nella sostanza dei fatti ciò che gli esperti del Quirinale hanno consigliato Napolitano di approvare. Semplice.
La Corte non poteva dire altro. Quello che si legge nella sentenza, sulle "note" del Quirinale, risponde a "rimettente e parti".
Il rimittente è il tribunale di Milano che ha sollevato il caso. Le parti sono invece il presidente del Consiglio e l'onorevole Silvio Berlusconi. Ovvero la stessa persona sdoppiata nei due ruoli di politico e di cittadino, che hanno agito in giudizio.
Per chiudere. Massima stima a Napolitano, nessuna condivisione degli attacchi di cui è fatto oggetto da parte del governo o di Di Pietro, ma la verità anzitutto: sul lodo Alfano, nel migliori dei casi, il presidente della Repubblica poteva fare più per aprire gli occhi alla pubblica opinione con un messaggio alle Camere. Previsto dalla Costituzione. Per cui confermo quello che ho scritto ieri. Ed in passato.

20.10.2009
Sbugiardati

La sentenza della Corte costituzionale sbugiarda il governo e sconfessa gli esperti giuridici del Quirinale
La sentenza della Corte costituzionale sul lodo Alfano, resa nota ieri sera, ha sbugiardato quanti avevano accusato la stessa Corte di aver fatto un immorale giro di valzer (una vera e propria capriola logica) rispetto alla bocciatura del lodo Schifani.
Lasciamo stare Bossi, che aveva minacciato la rivoluzione in caso di bocciatura del lodo. Non l'abbiamo vista. Per fortuna. (Altrimenti avrebbero dato la colpa a Franceschini.)
I colleghi di governo di Bossi avevano fatto finta di leggere la sentenza sul lodo Schifani. Non l'hanno compresa, se l'hanno letta. Le questioni principali vi erano state espresse con una precisazione fondamentale: "assorbito ogni altro profilo di illegittimità costituzionale".
Non è stato assimilato l'assorbito. Chissà che cosa è stato compreso da quella parola.
Il fatto certo è che le prediche politiche governative hanno gravemente travisato in tutti i pubblici dibattiti il senso della sentenza sul lodo Schifani, per rovesciare addosso alla Corte l'accusa di essere un organo politico. Niente di nuovo nella strategia governativa in questo comportamento.
Ciò che meraviglia è che i consiglieri giuridici del Quirinale non se ne siano accorti pure loro, altrimenti avrebbero convinto il presidente della Repubblica a non firmare il lodo Alfano. Che conteneva l'articolo dichiarato incostituzionale del lodo Schifani che riguardava la sospensione anche di "processi penali per fatti antecedenti l’assunzione della carica o della funzione". Questo aspetto ci preoccupa ancora di più.

19.10.2009
Virtuale

Panebianco alza bandiera bianca: la guerra civile in corso è soltanto "virtuale"
Angelo Panebianco oggi ha scritto una bella pagina di sociologia politica. In cui corregge, con penna delicata ma con mano ferma, le opinioni di quanti vedono la politica di questi giorni in preda ad una rovinosa "guerra civile".
All'inizio dell'editoriale del "CorSera", infatti, alla espressione di "guerra civile" aggiunge l'aggettivo "virtuale" che se allontana il panico dei lettori, certamente suona come un sonora censura a chi, nei giorni scorsi, aveva cercato di spaventare l'opinione moderata.
In un passo successivo Panebianco dice che oggi lo schieramento sconfitto nelle elezioni politiche "non riconosce la legittimità del governo in carica".
Aggiunge onestamente che "la stessa cosa facevano certi elettori dell'attuale maggioranza quando governavano i loro avversari".
Benissimo. Ma, richiamandosi alla verità effettuale, avrebbe dovuto precisare che era stato lo stesso capo della coalizione sconfitta da Prodi, ovvero il cavalier Berlusconi, a parlare di una vittoria ottenuta con brogli elettorali.
La parte più complessa dell'editoriale di Panebianco è nella descrizione dei tre tipi che si incontrano nella minoranza dei cittadini, ovvero quella di quanti sono interessati a seguire "con continuità" le vicende politiche.
I tre tipi sono l'estremista, il fazioso ed il pluralista.
Il pluralista è colui che accetta che ci siano confronto, molteplicità di posizioni e contrapporsi di pareri diversi. Colui che "accetta il fatto che il mondo sia complesso".
Conclude Panebianco: "Quanto più nella minoranza che si interessa con continuità di politica prevale il tipo pluralista, tanto più la democrazia è salda e sicura".
Questo spirito pluralista si sta facendo strada anche tra molti esponenti governativi. L'unico che lo rifiuta (pur interessandosi "con continuità di politica"), è proprio il capo del governo che all'opposizione riserva soltanto offese. Ma questo Panebianco oggi non lo spiega. Siamo convinti che prima o poi dovrà ammetterlo.
Per il momento accettiamo il suo discorso come suggerimento per un sillogismo: se prevale il pluralista, la democrazia è salda e sicura. In Italia oggi il pluralista non prevale, quindi la nostra democrazia non è né salda né sicura.

19.10.2009
Venditti

Suo padre gli diceva: stai attento agli amici, non sai chi c'è fra loro
Il cantautore Antonello Venditti presentando a casa di Fabio Fazio un suo volume di memorie, ha ricordato certi momenti della sua giovinezza. E l'episodio di Valle Giulia (marzo 1968).
Arrestato, fu "liberato" da suo padre vice-prefetto che per prima cosa gli dette un pugno sul muso, e gli chiese se ricordava quello che gli aveva sempre detto. Ovvero di stare attento a certi figuri che (riassumiamo liberamente le sue parole) altro non erano che dei provocatori inseriti nella massa studentesca dei ribelli.
Dal versante memorialistico di un artista, passiamo a quello degli storici. Uno di questi ultimi, Adalberto Baldoni, classificato "di destra" dal "CorSera" da cui è stato intervistato, ha dichiarato ad Antonio Carioti: "Sono convinto che, a partire dal 1969, alcuni apparati abbiano lavorato più a innescare che a spegnere la violenza, mentre ora non mi pare ci siano tendenze del genere".
È una chiara risposta a chi parla di una guerra civile strisciante in atto in Italia in questi tempi.
Postilla non inutile al discorso sui misteri italiani, a proposito di quegli apparati di cui parla Baldoni. PG Battista presenta, sempre sul "CorSera" di oggi, il libro "La versione di K" di Francesco Cossiga.
Circa la convivenza tra la politica e Cosa Nostra, PGB riporta queste parole di Cossiga: "Fu il cardinale Ernesto Ruffini, arcivescovo di Palermo, a mettere in guardia la Dc. <Se volete i voti dovete andare a cercare quelli lì>. E con <quelli lì> intendeva i mafiosi".

19.10.2009
Prossimamente

Altro scoop di Mediaset. Prese di mira le donne del Pd
Siamo in grado di annunciare uno scoop di Mediaset che su "Notte 5" presenterà un'inchiesta sulle parlamentari del Pd, fotografate di nascosto mentre fanno rifornimento di indumenti intimi.
Dopo i calzini del giudice che non piace al nostro premier, sarà dunque la volta delle signore "più belle che intelligenti", come da definizione dello stesso presidente del Consiglio.
Sarà un'inchiesta particolarmente scottante. Per la quale sono stati mobilitati i migliori registi e le più allegre penne di Mediaset.
Tutto è partito dal commento di Carlo Rossella su "il Giornale" di stamani, a proposito dei calzetti turchini indossati come simbolo politico dal segretario del Pd on. Franceschini. Secondo Rossella, Franceschini sarebbe capace di indossare anche le calze a rete.
Da questa frase è partita la caccia giornalistica a chi, fra le signore deputate del Pd, indossi le peccaminose calze a rete.
In attesa di vedere nei prossimi giorni il frutto della faticosa ricerca, siamo in grado di informarvi che la Binetti indossa il modello "a cilicio", importato direttamente dalla Lapponia.
Pendiamo dalle labbra delicate e dalla penna arguta di Carlo Rossella per avere le necessarie spiegazioni che soltanto lui, cronista internazionale, sarà in grado di fornire al popolo italiano in generale ed ai telespettatori in particolare.

18.10.2009
Riformisti

Polito: "Clima da guerra civile". Ed Alfano accusa di "guerra preventiva" i magistrati
L'Italia vive in un clima da guerra civile, secondo Antonio Polito, direttore del "Riformista", intervistato stamani dal "GR3".
Ieri al suo giornale (a Roma) è arrivato un proclama che minaccia di morte Berlusconi, Fini e Bossi.
La firma rimanda a vecchie sigle del terrorismo italiano conosciuto negli "anni di piombo", ed è delle "Brigate rivoluzionarie per il comunismo combattente". La lettera è partita da Milano l'8 ottobre.
Il giorno 15 ottobre il "CorSera" ha intervistato Giampaolo Pansa, meritorio analista dei drammi politici del dopoguerra. Pansa è uscito dalla squadra di "Repubblica" per collaborare allo stesso "Riformista" ed a "Libero". Che (se non andiamo errati) è alla destra del quotidiano di Polito.
Pansa ha fatto una dichiarazione allarmante: il clima dei nostri giorni è lo stesso dell'inizio degli anni Settanta, quando cominciò a diffondersi la pratica terroristica che portò anche all'uccisione di Aldo Moro, simbolo dell'apertura democristiana a sinistra, malvista dagli Usa. (Moro era stato accusato da Kissinger di preparare "spaghetti in salsa cilena".)
Oggi gli Usa, come ha dimostrato Edward Luttwak in un'intervista a "Ballarò", non sono più tanto amici di Berlusconi. Perché si è schierato con Putin sulla Georgia e soprattutto ha fatto quell'accordo fra Eni e Gazprom, considerato un'operazione che rimette in gioco la Russia.
Un vecchio amico di Berlusconi, Paolo Guzzanti, ex presidente della commissione Mitrokhin, di recente "ha riferito di certe sue conversazioni private con l'ambasciatore americano", il quale non le ha smentite (fonte: Aldo Giannulli, "l'Unità", 16.10.2009).
Giannulli a proposito del rapporto Usa-Berlusconi osserva: "Ora si fa sul serio".
Non per nulla, verrebbe da aggiungere, ieri è arrivata quella strana lettera minatoria al "Riformista" dove scrive Pansa. Il quale sente "aria di anni Settanta", perché come allora ci sono "due blocchi che si odiano".
Le cose degli anni Settanta videro morire di terrorismo anche uomini come Guido Rossa, operaio antibrigatista.
Oggi il presidente del Consiglio demonizza l'opposizione, anzi cerca di ridicolizzarla al grido isterico di "coglioni".
Luciano Violante accusa Berlusconi per il "mancato riconoscimento degli avversari", osservando che la minaccia di quella lettera non è credibile: "chi vuole fare un attentato non lo annuncia ai quatto venti" (fonte: Lorenzo Fuccaro, "CorSera").
Violante sostiene poi che "bisogna smetterla di cercare nemici", e che occorre prendere atto che "l'Unione sovietica è crollata" (ovvero non esistono più i comunisti di cui parla il cavaliere).
Il destinatario delle sue parole è il presidente del Consiglio, come è chiaro leggendole anche superficialmente.
Ma il titolo del "Corrierone" travisa tutto: "C'è un clima preoccupante". Un titolo ovviamente ispirato dal ricordo dell'intervista a Pansa...
Non è da "riformisti" inventarsi un clima da guerra civile. Non è da persone sagge sostenere (come fa Pansa) che addirittura "è cominciata la guerriglia tra giornali".
"Repubblica" non ha inventato nulla di quello che ha finora scritto. La questione delle "minorenni" è stata tirata fuori dalla moglie del premier, non da Scalfari.
Invece "il Giornale" di casa Berlusconi ha prodotto come atto giudiziario un documento di accusa contro Dino Boffo direttore di "Avvenire".
Si è trattato d'un falso presentato da qualche anima pia curiale, e sfruttata ai propri fini (di bassa macelleria politica) da Innominati ben nascosti dietro l'angolo.
Forse sono essi anche gli autori della lettera inviata al "Riformista", per impedire al Paese di vivere la sua dialettica politica. Resa incandescente proprio dalle uscite del premier contro la Magistratura.
E, quelle uscite, sono divenute materia di servizi filmati di "Canale 5", nei quali si accusa di "stravaganze" un cittadino che fuma in attesa che apra la bottega del suo barbiere.
Strano ma vero, quel cittadino è un giudice, quello stesso su cui Berlusconi aveva detto "Ne vedremo delle belle". Abbiamo incominciato a vederle.
Enrico Mentana al proposito ha inventato un neologismo, derivato dal nome del conduttore televisivo nel cui programma è apparso il servizio su quel magistrato: "Spero che si tratti di un episodio tanto sgangherato, anzi stravagante, anzi <brachino>, quanto isolato". Quel servizio, sostiene Mentana è "uno schiaffo su commissione" (fonte: Silvia Fumarola di "Repubblica").
Diremo dunque "giornalismo brachino" per indicare servizi fatti su commissione, per rallegrare il "padre padrone" dell'azienda ed il capo del governo (che sono la stessa cosa...)?
Merita apprezzamento Fini per aver dichiarato che su quella lettera, "delirio di un folle", non si deve aprire alcun dibattito perché sarebbe "sul nulla".
Non dimentichiamo che di armi pronte a sparare aveva di recente parlato Bossi, rivolgendosi a chi non è d'accordo con lui: "Se necessario, per fermare i romani che hanno stampato queste schede elettorali che sono una vera porcata, e non permettono di votare in semplicità e chiarezza, potremmo anche imbracciare i fucili"; poi Bossi ha pure minacciato la rivoluzione in caso di bocciatura del lodo Alfano....
Lascia interdetti invece il ministro della Giustizia Alfano. Ai magistrati contrari alla riforma della Carta costituzionale annunciata da Berlusconi, Alfrano ha risposto con parole inquietanti: "È guerra preventiva". Così non parla un ministro. Alfano non s'adegui alle suggestioni di Bossi.

18.10.2009
Violenti pure gli inglesi

Ostellino dimentica: nel 1649, un re inglese perse la testa, e non per colpa degli illuministi francesi
Soltanto l'Illuminismo scozzese si salva, nella storia del moderno pensiero, secondo Piero Ostellino, dal disastro in cui è stata fatta precipitare l'Europa dagli innovatori del Settecento.
Ostellino dimentica che nel secolo precedente Inghilterra e Scozia "avevano già dato".
I francesi usano la ghigliottina sul finire del XVIII secolo? Il 9 febbraio 1649 a Londra salta la testa di Carlo I. Nove anni prima c'era stata la rivolta calvinista in Scozia, con la conseguente fuga dei puritani verso le colonie nordamericane...
Il movimento democratico dei "leveller" nasce allora. La guerra civile dura dal 1642 al 1645. Nel 1652 avviene l'unione di Scozia ed Inghilterra.
Nel 1587 la cattolica Maria Stuard era stata condannata a morte.
Illustre Ostellino, ricordiamoci di tutto. Non soltanto di ciò che fa comodo per sostenere le proprie tesi.
17.10.2009
Il marcio si Roma

Il ministro Castelli in tv, rivolto ad un giornalista, Curzio Maltese, ha detto: "Tu vivi nel mondo marcio di <Repubblica>"
Il ministro Castelli in tv, rivolto ad un giornalista, Curzio Maltese, ha detto: "Tu vivi nel mondo marcio di <Repubblica>".
Il marcio su Roma è un'ovvietà per un leghista duro e puro come Castelli, che ha sempre gridato all'unisono con il suo capo lo slogan "Roma ladrona".
Idee poche, parole molte, la lega sta facendo il pieno nelle urne da molte parti.
Alle europee dello scorso giugno, il 6,21% dei voti validi contro il 21,47% del Pdl (fonte "Espresso", Marco Travaglio).
Ovvero la Lega oggi vale il 29 % delle forze al governo in Italia.
Idee molte, parole molte, Piero Ostellino ha oggi spiegato sul "Corrierone" che in Italia governo berlusconiano ed opposizione di sinistra sono eguali.
La rubrica di Ostellino si chiama "il dubbio", ma quando la scrive dimostra che il titolo è completamente sbagliato.
Se c'è uno che crede di avere sempre tutte le ragioni di questo mondo nel sostenere che gli altri sbagliano tutto, è proprio lui.
Le molte idee della puntata odierna sono un concentrato di mille anni di storia delle questioni sociali, politiche e filosofiche, per dimostrare che sono tutte sbagliate tranne quelle dell'Illuminismo scozzese.
Per semplificare, Ostellino spiega che chi crede nella democrazia sbaglia perché pretende uguaglianza dei punti d'arrivo; e che chi sostiene il liberalismo prende una cantonata in quanto crede nell'uguaglianza dei punti di partenza.
Insomma qui sbagliano (sbagliamo) tutti. Tutti tranne lui, Ostellino. Che attribuisce al nostro essere provinciali la crisi del sistema italiano.
L'unica cosa che alla fine risulta chiara dal suo discorso, è che Berlusconi è sordo alla "mediazione liberale". Ma ciò che non chiaro è che cosa sia questa "mediazione liberale".
Tra il "sordo" Berlusconi ed il muto Pd, la Lega ha tutto il suo spazio politico per urlare che Curzio Maltese vive nel "marcio" del suo quotidiano. Un solenne esempio di Illuminismo scozzese rispetto all'oscurantismo di Berlusconi. Chiamala se vuoi, democrazia.
Non per nulla anche la mafia, come il cavaliere, sembra che volesse la elezione popolare dei magistrati...
Peccato che Giacomo Matteotti non si fosse dedicato all'Illuminismo scozzese, e con lui tutti quanti in Europa lottarono contro il nazifascismo. A costo della vita. Per la nostra libertà e democrazia. Se non è un particolare secondario.

16.10.2009
La giostra

I calzini del magistrato non piacciano a "Canale 5". Quel magistrato quindi non piace a Berlusconi. Oppure è il contrario?
Fateci caso. L'avvocato del cavaliere in tv da Santoro è stato sostituito dalle sue penne vaganti come mine. L'avvocato del "mavalà" che affliggeva gli interventi altrui con un controcanto insopportabile, ha lasciato il posto alle arguzie che celano la "caccia al magistrato" cosiddetto avverso al capo del governo.
Insomma siamo alla giostra. Lascia la scena un protagonista del cavillo, lo rimpiazzano gli artificieri dello scoop. A cui va dato atto che sono più aggraziati soprattutto quando con la massima naturalezza dicono cose inimmaginabili. Come quella sulla cena privata di un magistrato da cui una spiata ha fatto trapelare un di lui parere contro Berlusconi ("dovrebbe dimettersi, dovrebbe andarsene").
Una soffiata elevata a sistema di gestione dell'informazione fa concorrenza alla pretesa della ministra Brambilla di trasformare Berlusconi in un monumento da tutelare attraverso il suo ministero, quello del Turismo.
La giostra gira, e fa girare la testa. E' questo forse l'obiettivo politico del cavaliere per anestetizzare l'Italia. Intanto per raggiungere lo scopo, "Canale 5" ha fatto pedinare quello stesso giudice della cena con spiata, e lo ha mostrato agitato e nervoso. Immaginate perché: doveva spettare il suo turno dal barbiere.
Il testo di "Canale 5" sottolinea che è in preda alle sue consuete "stravaganze". Come documentano scarpe e calzini, è stato aggiunto.
Nella retorica del giornalismo italiano si è affacciato lo sputtanamento anti-magistrato partendo dai particolari del vestiario. Questa è la buona informazione che ci invidiano all'estero.

15.10.2009
Teatro dei pupi

Finito lo spettacolo il popolo deve riempirsi lo stomaco, non dare di stomaco
La politica italiana si arricchisce ogni giorno di novità che impediscono di guardare tranquilli il palcoscenico, ormai ridotto a ribalta di un teatro dei pupi, sinceramente finti nel loro gesticolare e parlarsi addosso.
Berlusconi da Sofia si incensa: "Io sono troppo buono e giusto e vorrei che me lo riconoscessero".
Il Pd in parte si flagella con il cilicio della Binetti ed in parte si esalta con la proposta di Eugenio Scalfari: le primarie decidano il segretario del partito.
Ma come, tutto verrà cambiato così di fretta e di corsa, dando il potere ai simpatizzanti?
Tra i quali qualcuno ipotizza masse di avversari berlusconiani tesi a destabilizzare i già precari equilibri della compagine del Pd.
A cui un garbato De Magistris ha proposto l'unione sacra, per costituire una alternativa al "regime" onde fermare la disgregazione della Costituzione.
Anche il capo dello Stato ha dovuto dire qualcosa non per esibizione retorica ma necessità politica. Attaccato dal cavaliere sulla questione del lodo Alfano, oggi ha spiegato: "Proseguirò nell'esercizio sereno e fermo dei miei doveri e delle mie prerogative costituzionali".
E' un panorama molto triste, quello che ci sta davanti. Siamo ancora ai discorsi sul "reduce comunista" da parte di un ministro che confonde tra loro due diverse persone... Il teatrino dei pupi continua. Finito lo spettacolo però il popolo deve riempirsi lo stomaco, non dare di stomaco.

14.10.2009
Smemorati, non tutti

"Tanti misteri, trame e scandali" (Lucia Annunziata), "Un bipolarismo dell'odio" (A. Riccardi)
Istruttivo il duello tra Ferruccio De Bortoli ed Eugenio Scalfari. Il direttore del "Corrierone" ha accusato il fondatore di "Repubblica" di essere andato tanto tempo fa a casa di Berlusconi con Carlo Caracciolo, "per chiedergli di comprare" una quota della loro casa editrice.
Scalfari smentisce il contenuto dell'incontro (del 1984) che mirava ad ottenere la cessazione di azioni di "dumping" delle tariffe, da parte di Berlusconi (Canale 5 ed Italia 1) contro Rete 4 (Mondadori-Espresso).
De Bortoli lamenta che la vecchia 'difesa' da parte di Scalfari (8 giugno 2003), fosse soltanto nella seconda parte di un editoriale dedicato a tutt'altro argomento ("Gli allegri cantori del lavoro" era il titolo).
Sappiamo che la predica domenicale di Scalfari ha sempre una coda dedicata ad argomenti extravaganti. In cauda venenum, o dulcis in fundo?
Il fatto è che il pezzo dell'8 giugno 2003 trattava del "CorSera" non in un breve cenno, ma nella seconda parte dell'articolo (11.813 battute) che è lunga (5.131) quasi come la prima (6.682). La chiusa di quel fondo, suona ironica: "Che si vuole di più?".
Oggi FDB nel suo pezzo fa un'accusa pesante contro Scalfari: aver chiesto "in sostanza il fallimento" del "Corriere" (20 settembre 1982).
Il duello fra i due grandi quotidiani di Roma e Milano, è simbolico del caos del nostro periodo storico.
Andrea Riccardi sullo stesso foglio di Via Solferino ci ha lasciato oggi un'inquietante testimonianza: l'Italia tutta, e non soltanto la sua classe politica, sarebbe in preda ad "un bipolarismo dell'odio".
Per uscirne, Riccardi propone una sola terapia, la cultura, rifacendosi alla ricetta di Luigi Einaudi: le idee nuove nascono non nei parlamenti ma nel Paese ("nei libri, nelle riviste", sui giornali, nelle associazioni).
Tutti, aggiunge Riccardi, dovremmo metterci alla ricerca del "bene comune".
Ma come insegna la vicenda americana della riforma sanitaria voluta da Obama, il concetto di "bene comune" resta troppo indefinito se non ci si ricorda che, nella vita sociale e politica, dominano gruppi che mirano al "loro" bene, non a quello "comune".
Lo stesso Berlusconi ha detto di aver consigliato gli industriali ad investire nella Sanità. Non certo, lo sappiamo bene, per migliorare le prestazioni del Servizio sanitario nazionale...
Ci sono aspetti della nostra vita e della nostra storia, che non vogliamo "leggere" nella loro univoca evidenza. Qualcuno gioca (molti, troppi giocano) alla "tre carte" per imbrogliarci.
Nello scorso marzo citavo un articolo di Piero Ottone dedicato a "Il profondo nero dei misteri d'Italia".
Vi si sosteneva che oggi esiste in Italia "un blocco di potere economico ormai abbastanza omogeneo e molto potente". Che, come ha spiegato Ottone all'inizio del pezzo, è quello dei vincitori messi in marcia da Cefis e sorvegliati poi da Gelli.
Oggi sulla "Stampa", Lucia Annunziata ("I giornali e la politica fragile") scrive: "Un Paese che ha così tanti misteri, trame e scandali, un’Italia che ha più retroscena che scene, è di sicuro un Paese che confessa di essere nelle mani di tanti. Di mafia, potenze straniere, servizi, Opus Dei, massoneria; di tutti, e comunque, eccetto la propria classe dirigente".
Ottone ed Annunziata usano la stessa parola "misteri".
Apriamo un recente volume di Gianni Simoni e Giuliano Turone, "Il caffè di Sindona", a pagina 135: il processo per la bancarotta del Banco Ambrosiano accerta che, "tra le cause del dissesto", ci sono pure le operazioni a favore di Licio Gelli, Umberto Ortolani (per il "finanziamento della Rizzoli e l'acquisizione" del "CorSera"), Solidarnosc e vari partiti politici italiani. Con il coinvolgimento dello IOR vaticano.
Dunque misteri, ce se ne sono stati, ce ne sono e ce ne saranno, ma la buona informazione può aiutare a svelarli. Quanti sono gli italiani che hanno sentito parlare di queste cose?
Ripeto quanto scritto lo scorso marzo nello stesso post in cui citavo Ottone. Riferivo che Pino Nicotri, autore di un libro sul caso di Emanuela Orlandi sostiene: "Non è un intrigo di palazzo, ma un atroce caso di pedofilia".
In risposta ad un lettore, sul web Nicotri accusava "il conformismo servile dei mass media italiani": "E' triste che ogni volta che c’è di mezzo un grande potere ci si allinei così pecorescamente al vento che tira. Poi non ci si può lamentare del discredito che circonda la nostra stampa e le nostre tv (pubbliche e private)".
Troppi in Italia nel mondo dell'informazione giocano come marionette politiche al gioco delle tre carte per imbrogliarci.
Riccardi, per cortesia, ricordi il caso Boffo, nato in ambienti che lei conosce bene. Gli intrighi curiali denunciati da quell'episodio non possono farci concludere che tutta l'Italia è avvelenata come quegli ambienti. Non tutti siamo smemorati, non tutti sottostiamo al "bipolarismo dell'odio".
Riccardi ci spaventa con questa sua storia del "bipolarismo dell'odio", perché non è una diagnosi politica, ma il frutto di un'esaltazione mistica da crociato. E sappiamo che Riccardi è tutt'altro. Colpa dei nostri tempi, se ha scritto ciò? (Per oggi, de hoc sufficit, l'ho già fatta troppo lunga...)

13.10.2009
Smemorati illustri

Chi impedisce dialogo e pluralismo? Non certo l'opposizione
Aumentano ogni giorno di più gli illustri smemorati che predicano utilmente, ma che ancora più utilmente farebbero bene a ricordare "tutte" le cose della vita politica dei nostri giorni.
Giuseppe De Rita a ragione osserva sul "Corrierone" che "la vita è correlazione", è "un pluralismo dei punti di vista".
Sono sempre stato convinto, sin dai lontani giorni delle scuola pedagogica bolognese del prof. Giovanni Maria Bertin, che la vita nelle sue varie articolazioni debba basarsi sul dialogo. Ne ho scritto varie volte qui sopra. Scusate se mi ripeto.
Luglio 2007. Nel blog di Anna Masera appare un mio breve intervento, in cui sostengo che "occorre ripristinare le condizioni minime di un dialogo politico fra tutti i cittadini. E quindi fra tutti i politici, seguendo come unica stella la Costituzione repubblicana, come ci indicava" appunto il prof. Bertin.
Ottobre 2009. De Rita ha ragione. Però chi non vuole dialogare con "questa opposizione", è lo stesso capo del governo. Come la mettiamo dunque?
Non ci si venga a dire che domina "la prassi dell'antagonismo". Domina l'arroganza di chi non vuole riconoscere la dialettica politica, e definisce "coglioni" quelli che non votano per lui.
Oltre a scegliersi i fedelissimi, il cavaliere vuole anche costruire con le sue mani l'opposizione in maniera tale che essa non veda, non senta e non parli.
Chi è dunque che impedisce dialogo, pluralismo, correlazione?
Si chiede troppo agli illustri intellettuali come De Rita, sperando che arrivino alle giuste conclusioni che ci illustrano, però partendo dai veri dati di fatto?
A proposito di dati di fatto. Oggi Scalfari replica a Ferruccio De Bortoli il quale si era lamentato di non essere mai stato difeso da "Repubblica".
Scalfari colloca anche FDB nella categoria degli smemorati, quando ricorda che l'8 giugno 2003 trattò delle sue "misteriose dimissioni" dal "Corrierone".
Infine, non perché smemorato, ma appunto perché ha distribuito una meritata patente di smemoratezza a Berlusconi, va ricordato Giorgio Napolitano.
Tirato ripetutamente in ballo con fare sguaiato (rispetto beninteso al dettato costituzionale) dallo stesso cavaliere, Napolitano oggi ha detto che già da ministro volle essere "uomo delle istituzioni, non di parte".
Il problema più grave di questo governo è che vuole far tabula rasa del sistema delle istituzioni, cancellando quello vigente in Italia in base alla Costituzione.
Berlusconi ieri è stato chiaro: "Alla democrazia ghe pensi mi". Una chiarezza che rasenta l'oscenità politica perché vuol mandare in soffitta tutti i poteri costituzionali esistenti, da lui considerati nemici, ed impedimento alla sua azione di governo. Che gli è garantita benissimo dal largo consenso popolare che gli ha dato una maggioranza sicura. Ma che vuole di più?
Alla domanda non si può rispondere. Perché gli illustri commentatori ci accuserebbero di essere pericolosi e violenti antagonisti del potere. Di quel potere di cui gli stessi commentatori non registrano le infrazioni ai galatei costituzionali ed alle regole democratiche come quel ridicolo "ghe pensi mi".

12.10.2009
Se Obama fosse qui

Negli Usa i comici sono considerati un "termometro del Paese" e non come da noi una minaccia alla democrazia
Negli Usa i "comici della notte" sono "il termometro del Paese". In Italia sono considerati pericolosi nemici del governo, i soliti comunisti da strapazzo.
I "comici della notte" americani non sono presi sottogamba dal loro presidente. Da noi talora sono licenziati, spesso e volentieri sono considerati dei mentecatti. E derisi, se non addirittura compatiti come razza inferiore.
Obama premio Nobel, scrive Alessandra Farkas sul "CorSera" di oggi, è stato il più grande regalo che quei comici americani potessero avere. Non soltanto loro, ma pure i vignettisti dei maggiori quotidiani degli Usa.
In Italia, ci vorrebbe un Obama. Così potremmo risparmiare penose tiritere. Ci scusi Ferruccio De Bortoli, un direttore che stimiamo.
Il suo editoriale sul "Corrierone" di oggi in risposta a Scalfari (che aveva controbattuto all'attacco dello stesso FDB contro "Repubblica"), ci conferma nella convinzione che in certo giornalismo odierno si faccia troppa ricerca dell'ago anche in mancanza del pagliaio.
Ha ragione FDB nel richiamare Luigi Einaudi e nell'auspicare "una buona e corretta informazione".
Tale l'informazione può essere però, soltanto se non si considera chi scrive cose diverse da quelle del "Corrierone", un appartenente alla pattuglia che indossa una divisa e porta un elmetto.
FDB si smentisce nel suo fondo, ma lo fa con le migliori intenzioni "corrieresche", quando invoca come necessaria una "tregua".
Tregua tra un capo del governo che urla e sbraita da una parte. E dall'altra i giornali che debbono fare, aggiunge FDB "il proprio dovere, sino in fondo".
Ma questo "dovere" tocca soltanto a chi controbatte al presidente del Consiglio? I "suoi" giornali possono ovviamente seguitare a diffamare? Il caso del direttore di "Avvenire" è nato fra le pagine del "Giornale" di proprietà del fratello del presidente stesso. Ed allora?
(A proposito di "buona e corretta informazione". Enzo Costa su "l'Unità" propone che i sondaggi di Pagnoncelli non mirino soltanto alle opinioni delle persone ma anche alla loro informazione sui fatti. Ha ragione.)
FDB attacca, in una risposta di pagina 12, Scalfari per l'editoriale che considera "ingiusto ed insultante". FDB ricorda poi la condanna per quel termine "avvocaticchi" appiccicato ai legali del premier. Onore al merito.
Ma Scalfari è impensabile come un esagitato predicatore domenicale che mira a trascinare le folle. Il primo passo verso un'informazione "buona e corretta" non dovrebbe essere proprio quello di considerare lecito a chi la pensa diversamente di esprimere il proprio pensiero?
Il punto più caldo di Scalfari è quello in cui accusava il "Corriere" di essere "un giornale liberale ridotto a pietire un riconoscimento al merito dal peggior governo degli ultimi centocinquanta anni di storia patria, Mussolini escluso". E ad attaccare "Repubblica".
Scalfari aveva anche citato un editoriale di Barbara Spinelli di qualche settimana fa. Noi ricordiamo bene quello di maggio, sulla "mala informazione": "Il cittadino è molto male informato, e la mala informazione è una delle principali sciagure italiane".
FDB, come si è visto, cita Luigi Einaudi. Possiamo aggiungere che il grande scrittore e presidente della Repubblica chiamò una raccolta dei suoi scritti con il significativo titolo di "Prediche inutili"?

11.10.2009
Diteglielo

Berlusconi "sogna": Pd comunista e Pubblica accusa con il cappello in mano
Diteglielo all'on. presidente del Consiglio che quelli del Pd, se fossero realmente come lui sostiene, gli stessi comunisti di una volta, allora il Pd sarebbe non a metà di un guado interminabile, ma già arrivato da qualche parte.
Diteglielo che il suo amico Putin è l'unico a cui può attribuire la qualifica di comunista. E che se non lo fa, è perché sarebbe preso a pernacchie dal coro del Bolscioi. Nonostante la fraterna frequentazione, con le memorabili appendici boccacesche circa il "lettone di Putin" destinato a passare nella storia futura d'Italia come simbolo libertino della nuova politica.
Stamani il cavaliere ha tenuto ai suoi fedelissimi un comizio da Fidel Castro, per la sua lunghezza. E' una nuova tappa verso quella che stamani Eugenio Scalfari definisce la pericolosa strada verso l'ultima spallata alla democrazia. Berlusconi va raccontando cose non rispondenti al vero circa la Corte costituzionale, circa il precedente verdetto sul "lodo Schifani" e la recente sentenza sul "lodo Alfano".
Scalfari commenta pure il "corsivo" del direttore del "Corrierone" di ieri, sottolineando l'aspetto che abbiamo segnalato ieri, l'attacco a "Repubblica" per difendersi da quello rivolto al foglio di via Solferino dal cavaliere.
Scrive Scalfari rivolto a De Bortoli: "... accusare noi d'una nefasta faziosità rivendicando a proprio favore titoli di merito verso il governo, questo è un doppio salto mortale che da te e dal tuo giornale francamente non mi aspettavo".
Scalfari ha ragione. De Bortoli ha sbagliato. Non ha attenuanti né giustificazioni. L'ora è grave ed i discorsi debbono essere seri. Altrimenti vale la storiella di quello che dà del cornuto ad un conoscente e si trova accusato di essere ubriaco: per cui facilmente può sostenere che a lui la mattina dopo la sbornia sarebbe passata.
Sul "Sole-24 Ore" di oggi un antico politico, Guido Compagna, racconta cronache parlamentari del 1993. Scoppiata tangentopoli, un leghista esibì il celebre cappio per impiccaggione alla Camera, mentre un ex psdi mostrò manette per un ex ministro della Sanità. Storie note, ma è sempre meglio ricordarle a chi è smemorato per scelta.
Compagna cita un Fini dell'epoca che definì "inamissibile"  lo scudo dell'immunità.
Oggi si ritorna indietro, Berlusconi rivuole quello scudo, ed aggiunge che la Pubblica accusa dei tribunali deve entrare con il cappello in mano e dando del lei al signor Giudice. Dire che questa è fantapolitica è poco. E' la strada che come sostiene Scalfari "può portare ad una catastrofe".

10.10.2009
Via Solferino, covo soviet

De Bortoli risponde a Berlusconi ed attacca "Repubblica"
Parola di presidente del Consiglio, ieri: il "Corriere della Sera" si è trasformato ''da foglio conservatore della buona borghesia italiana a foglio di sinistra. Sentiamo la mancanza del Corriere che fu''.
Risposta, oggi, del direttore del "Corrierone" dalle sue stesse colonne: "Il Corriere non veste alcuna divisa e non indossa nessun elmetto. [...] Certo le notizie non le abbiamo mai nascoste. Mai".
Il direttore ne ha approfittato per attaccare la concorrenza: le notizie, non le abbiamo "neanche strumentalizzate e piegate alle esigenze di parte, come accade in quasi tutto il panorama editoriale. I fatti ormai non sono più separati dalle opinioni, sono al servizio delle opinioni". In un altro punto parla di "nemici, politici ed editoriali" del premier.
Il direttore del "Corriere della Sera" cita poi un episodio personale: ha perso l'appello contro due avvocati del premier ed è stato condannato per uno scritto del 2002.
Lo aveva chiuso con una battuta non piaciuta al Giudice, oltre che agli interessati: l'invito a Berlusconi affinchè mandasse "in ferie quegli onorevoli avvocaticchi preoccupati più per il loro onorario che per le sorti del Paese".
Il termine "avvocaticchi", era stato detto nella sentenza del 2004, è "gratuito" e "dispregiativo".
Non altrettanto è mai stato stabilito, circa il termine "coglioni" usato dal presidente del Consiglio per definire chi non vota per lui. In base forse all'aurea regola che si trovava nella cultura latina del I sec. d. C., secondo cui i "coglioni" non valgono "un c...".

09.10.2009
Lezione Obama

Poniamo fine al triste e tristo spettacolo di questi giorni, signor presidente del Consiglio
Fuori etichetta, ma efficace la reazione del portavoce della Casa Bianca. Alle richieste dei giornalisti di commentare il Nobel per la pace assegnato ad Obama, ha detto soltanto: "Wow!".
Anche a noi italiani adesso dall'estero arrivano dei "Wow!". Ma per motivi opposti. Il "New York Times" ha scritto: "L'era Berlusconi è durata troppo a lungo, con troppi pochi risultati positivi".
Noi italiani non possiamo permetterci di scherzare sopra l'argomento. Ad Obama è stato assegnato il Nobel "per i suoi sforzi straordinari volti a rafforzare la diplomazia internazionale e la cooperazione tra i popoli".
La motivazione accettiamola con grande umiltà, come lezione non imposta da nessuno, ma assunta da noi semplicemente per invitare chi ci governa a porre fine al triste e tristo spettacolo di questi giorni.
Per prima cosa, onorevole presidente del Consiglio dei ministri, trovi qualcuno che le dia una buona ripetizione privata sulla Costituzione e la sua storia. E comprenda che la lezioncina che i suoi seguaci ripetono ogni dieci minuti, e che hanno appreso da lei, sull'elezione da parte del popolo come giustificazione per avere sempre ragione, dimostra proprio che avete completamente torto.

Post scriptum. "Rispetto" è il titolo del post pubblicato lo scorso 23 settembre, quando Obama all'assemblea dell'Onu disse: "Dobbiamo impegnarci per il reciproco rispetto e dobbiamo farlo da subito".
Ci chiedevamo: "Possiamo applicare l'invito di Obama anche alla situazione del nostro Paese? Dove l'offesa agli oppositori da parte del capo del governo e di qualche ministro, non è più l'eccezione alla regola, ma una regola costante".
I fatti degli ultimi giorni hanno aggravato il quadro italiano. Quel "rispetto", per la sua mancanza nei comportamenti politici di Berlusconi, è diventato un grave problema politico del nostro Paese.

08.10.2009
1993, tutti eguali

Come si tolse l'immunità ai deputati e senatori. 2003, Berlusconi contro i magistrati "golpisti"
A proposito della bocciatura del lodo Alfano, fra ieri ed oggi si è tanto parlato di quanto accaduto dopo Tangentopoli: ovvero l'abolizione dell'immunità parlamentare. Fatta in nome del principio che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. Nei discorsi fra ieri ed oggi non sempre ci si è ricordati di questo particolare. Ecco che cosa avvenne.
28 ottobre 1993, 71° anniversario della marcia su Roma. Il Senato vota in via definitiva la riforma dell'articolo 68 della Costituzione, abolendo l'immunità parlamentare.
Il mattino dopo su "La Stampa" si legge in un articolo di Enrico Singer: "A favore della riforma hanno votato i senatori di tutti i partiti, ad eccezione dei sette liberali che non erano soddisfatti della formulazione del nuovo articolo 68. Nessun voto contrario: un plebiscito, insomma. Adesso le inchieste giudiziarie che coinvolgono i parlamentari tra deputati e senatori gli inquisiti sono oltre 200 riceveranno un colpo d' acceleratore".
Il "Corriere della Sera" ha un articolo di Gianfranco Ballardin, dove troviamo questo passo: "D'ora in poi, i giudici potranno liberamente indagare nei confronti di qualsiasi parlamentare, come fanno nei confronti dei cittadini. Cade, infatti, il comodo scudo dell'autorizzazione a procedere, che in passato ha spesso permesso ai politici di sottrarsi alla giustizia. Per poter arrestare un parlamentare, invece, i giudici continueranno a chiedere l'autorizzazione della Camera a cui appartiene; autorizzazione che, in passato, veniva sistematicamente negata. Hanno votato a favore della riforma tutti i partiti tranne il Pli, che si e' astenuto".
Singer riportava anche gli illustri pareri dei presidenti di Senato e Camera: "Giovanni Spadolini ha detto che <questa legislatura ha acquisito grandi meriti e fra essi spicca la riforma costituzionale coronamento di una lunga battaglia seguita con ansia dall' opinione pubblica> e che <il Senato ha smentito tutte le voci interessate alla confusione e al discredito istituzionale>. Giorgio Napolitano ha parlato di <rasserenamento nei rapporti tra Parlamento e magistratura>".
Dieci anni dopo. Enrico Caiano scrive sul "Corriere della Sera" (3 maggio 2003) che Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio, in una lettera al "Foglio" definisce quella riforma come una "brutalità decisionale" che ha portato "all'abolizione dell'immunità parlamentare varata con la Costituzione repubblicana dai padri fondatori dell'Italia moderna". Dando avvio alla marcia sul Palazzo della politica dei "magistrati politicizzati", accusati di "logica golpista".

07.10.2009
Burqa modello Alfano

Il lodo serve a nascondere profili censurati del premier
Insomma questo "lodo Alfano" è stato confezionato per quattro persone che sono ai vertici dello Stato, o soltanto per una di loro, il capo del governo?
I suoi avvocati lo hanno detto in parole chiare: chi siede a palazzo Chigi deve dormire sonni tranquilli (con chi?).
Gli altri invece possono pure fare sogni agitati, perché soltanto Lui è il "primus super pares".
La frase ad effetto è dell'avv. Pecorella, mentre l'avv. Ghedini ha vivisezionato la dottrina costituzionale per concludere che "La legge è uguale per tutti, ma non lo è la sua applicazione".
Non è il caso di inchinarsi davanti al principe del foro Ghedini che vuol prenderci in giro. La forma è la sostanza. Ovvero se uguaglianza c'è nei principii teorici (forma), deve derivarne di conseguenza altrettanta uguaglianza nelle applicazioni pratiche (ovvero la sostanza).
La foga dell'avv. Pecorella teorizza una contraddizione comica ("primus super pares") rovesciando come un vecchio cappotto sdrucito l'aurea massima del "primus inter pares". Se non si temesse di offendere la memoria del principe Antonio De Curtis, si potrebbe pensare che sembra di assistere ad una scenetta del grande Totò.
Morale della favola (mentre scriviamo, alle 17:30, non sappiamo come si è pronunciata la Corte costituzionale), il lodo Alfano appare come un burqa fatto indossare al presidente del Consiglio per nascondere certi profili del personaggio non propriamente ben accetti da parte della Magistratura.
Contro Berlusconi ha appena parlato Montezemolo ("Non c'è complotto"). Bossi ha minacciato la rivoluzione in caso di bocciatura del lodo. Anche a nome di Fini ha detto di non volere nuove elezioni. Lui e Fini mirano non ai seggi ma al seggio più alto. Togliere la poltrona al cavaliere e fare, loro due, un nuovo governo di destra.
Ultim'ora. Il lodo Alfano bocciato dalla Corte Costituzionale (17:58)

06.10.2009
Alibi e balle

Berlusconi accusa: disegno eversivo. Ma Bossi e Fini sono i veri problemi del cavaliere
Lodo Alfano: un costituzionalista ribadisce che le alte cariche dello Stato debbono essere lasciate svolgere in pace il loro lavoro, senza amari pensieri per eventuali beghe giudiziarie. Anche perché "non è raro che iniziative giudiziarie possano essere utilizzate come arma contro avversari politici".
Proprio perché tutti i cittadini sono eguali davanti alla Legge, lo stesso diritto a vivere in pace dovrebbe essere garantito anche a chi non occupa alte cariche politiche e, se ha bisogno della Giustizia, deve scappare a gambe levate.
Il "non disturbate il manovratore" è diventato slogan politico anche in sistema democratico.
Ci si dimentica di quanto un anno (24 agosto) fa disse il presidente emerito della Corte costituzionale prof. Antonio Baldassarre al "Corriere della Sera": "C'è un requisito della sentenza della Corte che dichiarò illegittimo il lodo Schifani che non è stato soddisfatto dal lodo Alfano".
Ovvero nel lodo Alfano c'è l'articolo dichiarato incostituzionale del lodo Schifani che riguarda la sospensione anche di "processi penali per fatti antecedenti l’assunzione della carica o della funzione".
Vedremo come andrà a finire. Per il momento sembra di poter concludere che attorno alla questione del "lodo Alfano" si stanno raccontando molte balle, tra cui non rientrano ovviamente le rispettabili opinioni dei costituzionalisti favorevoli. Ma soltanto quelle dei politici che sostengono il premier, tutti affannati a gridare "al lupo, al lupo" contro chi la pensa diversamente.
E questo grido è stato ripetuto anche dallo stesso premier, pur essendo consapevole (o forse proprio per questo) che nella sentenza sul lodo Mondadori è stato definito "corresponsabile della vicenda corruttiva".
Berlusconi parla di un disegno eversivo contro di lui per farlo politicamente fuori. Scende in piazza, convoca le masse. E se tutto ciò fosse soltanto un abile alibi per mascherare le difficoltà che ha in casa propria con Fini e nel governo con Bossi?

05.10.2009
Mettersi nei suoi panni

Siamo indignati con lei, signor presidente del Consiglio
Bisogna anche capire le "ragioni" del prossimo, per comprendere il mondo in cui viviamo. Uno cui tutto è stato concesso, dalle licenze televisive al lodo Mondadori sino a quello Alfano, ha mille motivi per meditare la fuga dalla politica e l'abbandono dell'Italia.
Lo hanno viziato e coccolato come la bambola di cui parlava la canzonetta di Fred Buscaglione, quella che poi lo fredda mentre lui conclude: "E pensare che eri piccola, piccola così".
Sì, è pensare che lui era piccolo, piccolo ma non tanto così non non potere salire le scale che conducono alla stanze del Potere. Dove sfilano in opposte stagioni, personaggi che vanno da Andreotti a Craxi...
La frustrazione odierna del premier si è espressa in quella frase da offrire ad uno psicanalista per un esame accurato. L'alluvione di Messina? L'avevamo prevista, ha sentenziato.
E come? Con quel solito bollettino di allerta ordinaria della Protezione civile?
Per favore, non ci faccia indignare, signor presidente del Consiglio. Anche i morti delle alluvioni meritano rispetto. Alcuni sopravvissuti hanno gridato sdegno e dolore, chiamando "assassini" i politici governativi di prestigio.
Ci sono pure le cronache che narrano l'altro aspetto di quest'Italia che affonda ed uccide. "Mille demolizioni ordinate. Eseguite: zero", articolo di Marco Immarisio sul "CorSera" di oggi.
E poi, come leggiamo nel servizio di Marco Bucciantini su "l'Unità" odierna, c'è "il Piano strategico nazionale e di intervento per la mitigazione del rischio idrogeologico". Reso operativo con decreto 931 del novembre 2008, finanziando n. 150 interventi di difesa del suolo. Di cui sei per la Sicilia, per euro 7.607.600,00. Scrive Buccinatini: "Nello stesso decreto ci sono altri 105 milioni per 'sistemazione del suolo', e 71 progetti isolani ne giovano".
Nessuno pensa a Giampilieri e Scaletta Zanclea. È più urgente la "riqualificazione ambientale della litoranea nord di Trapani", costo 10 milioni, conclude "l'Unità".
E' inutile che il premier muova i suoi giornalisti per convincerci che la Rai fa informazione completa. Ricordiamo che Enzo Biagi andava in onda su Rai1 alle 20.40 per raccontare la nostra Italia. Mandato in esilio lui. Cancellato il programma. Al suo posto, i soliti giochi, per dimostrare che nella vita tutto è fortuna. C'è chi ce l'ha e si "loda" come può. Per gli altri, i titoli a nove colonne sulle disgrazie prevedibili da anni. Ed infatti lui le aveva previste. Ma il mago di Arcore, lo dice dopo che il fatto è avvenuto.
Siamo indignati, come cittadini, signor presidente del Consiglio. Se vuole lasciare la politica ed emigrare (verso affari con Gheddafi, già pronti), ci dichiariamo disposti a versarle un'imposta addizionale. E come dicono qui da noi in Romagna "buon viaggio". Ovvero, basta che tolga i disturbo.

05.10.2009
Dubbi da blogger

Scrivere di politica, serve a qualcosa?
Dice il titolo: "Politici e società, blogger in dubbio sul loro ruolo".
L'articolo di Laura Kiss (sul supplemento economico del lunedì di "Repubblica" di oggi) vuol rispondere alla domanda: "Servono a qualcosa i blog che si occupano di politica e di società?".
C'è chi è pessimista. Scriviamo tanto, forse solamente per passare il tempo o per giocare al giornalista. Chi è ottimista. Anche se non possiamo cambiare l'opinione altrui, "vale la pena provare". Infine, c'è uno senza speranza: "Non penso proprio di aver alcun peso".
Il dibattito è aperto. Per tutti. Lettori e "autori". Ed anche ideatori. Perché avete aperto i blog ai lettori?

03.10.2009
Sindaco sotto tiro

Chi ha voluto incastrare Ravaioli, primario ospedaliero e primo cittadino di Rimini?
Inchiesta a Bologna, false ricette, sei arresti, 49 indagati, reati ipotizzati dall'associazione a delinquere alla corruzione: in due anni e mezzo, guadagni illeciti per un milione e 200 mila euro. Coinvolti otto medici dell'Ospedale civile della mia città, Rimini, fra cui un primario che è pure sindaco, Alberto Ravaioli.
Ieri pomeriggio Ravaioli si è dichiarato "completamente estraneo" alla vicenda: "Mi giungono confuse notizie su presunte truffe all'interno della Sanità, dalle quali mi dicono gli organi d'informazione trapelerebbe anche il mio nome. Non ho al riguardo nulla da nascondere, né ho mai violato le leggi e l'etica professionale. Dunque mi dichiaro completamente estraneo alla vicenda".
E poi si è appreso da fonti di stampa che egli sarebbe coinvolto per aver firmato "poche" tra quelle ricette utilizzate nel raggiro al Sistema sanitario nazionale, mediante indebiti rimborsi per farmaci costosissimi.
Beh, che uno si sporchi le mani con "poche" false ricette per ricavarne al massimo in regalo un lucchetto per la bicicletta, è una di quelle notizie che fanno ridere e spingono a sospettare subito un tranello ai danni del sindaco Ravaioli.
Se le ricette fossero state centinaia, la sospensione di giudizio sarebbe stata necessaria. Ma quella indicazione di "poche" ricette dà la certezza matematica che Ravaioli è estraneo ad ogni truffa. E soprattutto induce a credere che qualcuno lo abbia voluto coinvolgere in questa vicenda.
Chissà quante carte firma in ospedale ogni giorno un primario, ed infilargli fra esse in vari momenti alcune ricette false può essere stato un giochetto da ragazzi.
Quindi, auguri al sindaco e soprattutto auguri alla città: perché una cosa è la discussione politica senza timori reverenziali, ed un'altra è una trappola.

03.10.2009
Liberi di tacere

Questo il sogno di tanti sostenitori e cortigiani di Berlusconi
Berlusconi si illude di essere il re d'Italia grazie ad applausi finti o a pagamento, gesti ridicoli affidati a persone che prima o poi lo abbandoneranno. Come sempre succede nella Storia.
L'Italia di Berlusconi ha il suo oracolo in Emilio Fede che si affanna a deridere gli infedeli. Mentre masse di avvocati urlano in tv, minacciano arresti di massa, tramano nell'ombra della Rai contro Tizio e contro Caio.
Lo stesso premier sentenzia contro una signora che si è portato a cena, che ha commesso reati che comportano pene (scusate la parola inopportuna) per tre o quattro lustri.
L'Italia di Berlusconi ha pure la sua polizia personale e non segreta che, alla stessa signora della cena, rivolge in tv l'interrogatorio: ma lei come vive, quanto guadagna, come si mantiene, etc.
Il bello è che quell'interrogatorio è condotto da un direttore di giornale a nome di un premier che, alle domande di un altro giornale, non ha voluto rispondere.
Se tace lui sulle sue cose, il cavaliere vorrebbe che tutta l'Italia dissidente tacesse sulle cose di tutti, che non sono "cosa nostra" in quel senso lì, ma cosa di tutti per principio democratico.
Se re Silvio vuole che siamo liberi soltanto di tacere, sappia che è una pretesa un po' troppo esagerata.
Se lo faccia spiegare da Emilio Fede un protagonista del miglior giornalismo televisivo, che ne ha viste di tutti i colori in virtù del fatto che suo suocero era un protagonista della vita politica al tempo dei suoi esordi in Rai.
Oggi pomeriggio Fede ha fatto da controaltare televisivo alla manifestazione romana dei giornalisti per la libertà di stampa. Si è detto d'accordo con un interlocutore comunista e con uno liberale, ha deriso un po' tutti, ha fatto intervistare la "gente" per dimostrare che in Italia di libertà di stampa ce n'è sin troppa.
Fede, diventato importante, ha abbandonato il nido politico delle origini. Stasera ha ricordato di essere stato cacciato da De Mita. Poteva anche dire da chi era stato assunto.

02.10.2009
Veline velate

Antonio Ricci ricopre le sue ballerine. Ma il vero scandalo sta nel giro d'affari di chi utilizza le escort
Da due sere Antonio Ricci ha rivestito le sue ballerine dette "veline".
Ha velato le loro chiappe, esaltate all'esordio di "Striscia" di quest'anno con costumi succinti ed inquadrature ammiccanti.
Gad Lerner, ribattezzato iersera dai conduttori di "Striscia" come "Gaf Lerner", ha sbagliato nell'attribuire a Ricci il denudamento delle ragazze esibite sulla scrivania del tg alternativo di Canale 5.
Ieri sera "Striscia" ha giustamente mostrato la nascita della tivù impudica. Dopo la riforma della Rai (1975), aggiungiamo, parve che la libertà di espressione e di cultura in Italia passasse soltanto attraverso la messa in evidenza di anatomie femminili in precedenza censurate.
L'Italia dei mutandoni neri e democristiani alla ballerine di 50 anni fa, e quella della "liberazione" con tette al vento post-riforma Rai, è sempre quella.
Quella controriformistica, ossessionata dalle immagini di nudo, prima negate e poi diffuse come simbolo di cambiamento.
Ricci con le veline, lui così si difende, ha voluto mettere in caricatura tutto ciò. Ci è riuscito meglio Renzo Arbore con le "ragazze Coccodé" di "Indietro tutta".
Fatto sta che il buon Ricci, il teorico della "tivù che è tutta falsa", ha dovuto censurare le chiappette delle sue ballerine come se fosse stato un ministro democristiano. E la colpa di chi è?
Qui sta il bello di tutta la faccenda. Il signore che è padre di Canale 5 e capo del governo, ha ospitato a casa propria, per non sentirsi solo, un po' di belle fanciulle. Alcune di loro si dichiarano "ragazze immagine" ed una (una soltanto) si professa escort. Che, come hanno spiegato le illustri firme di "Libero" e "Giornale", significa prostituta e persino puttana.
Ci scusi Ricci se elogiamo il velamento delle sue ballerine, un tempo offerte come "nudi dell'Inps" all'Italia maschile più povera e sedentaria, soltanto per invocare lo svelamento di quei retroscena e fondoschiena balenati dietro certe cene, con certe "ragazze immagine" ed una escort con registratore incorporato.
Retroscena che inquietano per due motivi. Primo, le ragazze-spettatrici in fase di maturazione intellettuale non sanno ancora distinguere fra satira e realtà. E' vero che tette al vento e chiappe agitate come strumenti di carriera possono fare poco danno. La Natura infatti provvede impietosamente a farle gareggiare anche senza lezioni televisive.
Rovinano però, quelle esibizioni, più le loro madri (od i loro padri) che istigano le fanciulle a percorrere certi androni o saloni pur di arrivare alla meta.
Hanno ragione le giornaliste e le intellettuali che chiedono di ribellarsi all'andazzo. Perché alla fine di quel salone e di quell'androne ci sono immonde camere da letto con ricatti a scambio sessuale.
Ma succedeva anche al tempo di Marilyn Monroe... Che diceva: prima lo si fa e meglio è. Per cavarsi il pensiero.
Secondo motivo, non legato al ricatto sessuale che fa vittima la ragazza che abbia qualche pretesa di accedere a certi ambienti. Ma vincolato, almeno in queste vicende italiane offerte dal capo del governo, ad un sistema organizzativo "erga omnes". Ovvero indirizzato sia a chi governa a Roma sia a chi vi fa l'opposizione ed amministra certa periferia.
Su questo scandalo non bisogna cessare di cercare notizie.
La rabbia politica della destra per l'intervista ad una escort non qualsiasi, nasce tutta da quello scandalo. Sulla cui specularità è stato detto molto ieri sera a casa di Santoro, da parte di illustri scrittori di "Libero" e "Giornale".
Questo è vero giornalismo. Per cui non comprendiamo la rabbia di quegli scrittori e dei loro colleghi ieri sera da Santoro e stamani quasi all'alba su "La7", contro le signorine utilizzate allo scopo di arrivare a certi affari mediante un viaggio lungo la notte di un presidente del Consiglio e di altri politici di diverso bandiera.
La serata del primo ottobre 2009, televisivamente parlando, deve passare alla Storia anche per un altro particolare.
Bruno Vespa ha avviato la sua trasmissione riproponendo ampie citazioni da quella di Santoro appena conclusa.
Ovvero il corto circuito. Che potrà continuare all'infinito. Ma soltanto per non fare capire che dietro l'offerta di quelle notti o di quelle dolci immagini femminili nel corso di una cena c'erano ben altri progetti. Ed interessi.

01.10.2009
Tutti pazzi

Caso Clerici? No, parliamo del "consenso disinformato", e del "conflitto d'interessi" mai risolto
Antonella Clerici, conduttrice di "Tutti pazzi per la tele", ha avuto la sorpresa di veder cancellato il suo programma. Tutta colpa del titolo, immaginiamo, non della conduttrice.
Quel "Tutti pazzi" applicato al mezzo televisivo, appare molto, troppo riduttivo. Qui sono "tutti" pazzi per colpa della tele, ovviamente, che ha dato a Bruno Vespa la licenza di Terza Camera della Politica italiana.
Chi oggi è al governo, quello vero, del Paese ha compreso da tempo l'importanza della tv, non soltanto perché vi fa affari, ma perché oggi essa è quello che Mussolini diceva del Cinema, definito "la più potente arma del regime". Ovviamente, e lo diciamo per gli stitici di comprendonio, oggi non siamo in un regime. Per il momento. Ma la tv è usata da chi governa, "contro" tutti gli altri, e quindi contro la stessa concezione della vita democratica.
La Rai fa pietà. Ho visto soltanto qualche scena di "Da Nord a Sud", l'altro programma orfano di ascolti: non c'è ritmo, i testi sono prolissi, la recitazione appassionatamente sotto le righe... Ma programmisti ed autori della Rai, andate a vedere come Mediaset fa lavorare Ricci...
Il servizio pubblico fa pietà, tra notizie non date, incartate in incomprensibili tornanti dialettici, ed omissioni per salvaguardare l'onore del politico di turno che comanda. E che ora ha anche le sue reti sul mercato. Lo chiamavano conflitto di interessi, ma la sinistra non se ne è mai occupata. Berlusconi dovrebbe accenderle un cero, altro che prenderla in giro od offenderla nel migliore dei casi.
"Tutti pazzi nella Rai" potrebbe essere l'autobiografia non soltanto di un'azienda ma di un'intera classe dirigente che, nel quieto vivere degli scambi non di coppie ma di favori, ha condotto questo Paese al trionfo del consenso disinformato.

01.10.2009
Dalla Cina con dottore

Un riminese medico cooperante a Pechino con la moglie
Tre italiani alla parata per i 60 anni della Cina popolare. E' un titolo del "CorSera" di stamani, grazie al quale ritrovo un vecchio amico d'infanzia.
L'articolo annuncia che uno dei tre connazionali invitati alla festa di Pechino è un mio concittadino, il medico Pierluigi Cecchi, 65 anni, che da dieci vive con la moglie Rosalba in Cina.
Per la cooperazione sanitaria avviata con l'Italia, Cecchi ha ricevuto nel 2007 dal sindaco di Pechino il premio "Grande Muraglia".
Auguri e complimenti, Pierluigi, se qualcuno ti fa sapere di queste poche righe.


Antonio Montanari - 47921 Rimini. - Via Emilia 23 (Celle). Tel. 0541.740173
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2743, 12.03.2018*

il Rimino 2009