il Rimino 2009


Il Rimino 164, anno XI
Agosto 2009
Diario italiano

31.08.2009
Fuoco amico, la conferma
Ipotizzavo qui due giorni fa: forse dietro la scandalo che ha coinvolto Dino Boffo, c'è la diabolica volontà di mettere in pratica il grido di battaglia dei devoti della libertà, "Chi tocca il cavaliere muore". Mi chiedevo: "Insomma, Boffo è stato punito dai suoi?"
Oggi abbiamo la conferma. Si è trattato di fuoco amico. Le carte giunte a Feltri provengono da ambiente "ecclesiastico", sono le stesse fatte girare tempo fa nelle curie italiane e indirizzate a vescovi e cardinali.
A Feltri sono arrivate in seconda battuta. Uno "scherzo da prete" contro Boffo giocato con due documenti.
Uno vero ed uno taroccato. Quello vero è la fotocopia di un certificato del casellario giudiziale.
Quello taroccato è "la nota informativa" di cui "il Giornale" ha parlato il 28 scorso come di un testo che "accompagna" il rinvio a giudizio.
La notizia data dal quotidiano diretto da Feltri non è vera, stando a quanto rivelato oggi da Paolo Foschini sul "CorSera". Quella nota accompagna, soltanto nelle lettere anonime, il "rinvio a giudizio".
E' la cosiddetta "informativa". Un testo anonimo, per questo ancora più pericoloso, perché dimostra l'alleanza con l'artiglieria berlusconiana da parte di certi ambienti ecclesiastici che hanno voluto punire Boffo per avere criticato l'etica privata del cavaliere.
Non significano nulle le smentite di Maroni o di Rutelli. Rientrano nei protocolli delle burocrazie ufficiali. Certe carte non sono protocollate dalle questure, non passano nei faldoni di "servizi" regolari.
Certa gente in certi ambienti e con certe amicizie vive soltanto di questi espedienti, fabbricare accuse, inventare documenti, creare casino.
Nulla di cui scandalizzarsi. E nulla di nuovo sotto il sole, tanto per citare la Bibbia. Non preoccupano loro, quelle certe persone che agiscono da spie o controspie. L'Italia è abituata a loro da tempo, e prima poi arriva un Cossiga ridens a smentire tutto.
Desta allarme piuttosto l'utilizzo che ne ha fatto il neo direttore de "il Giornale". Assunto da poco proprio soltanto per spezzare le reni agli oppositori del leader maximo. Non significa nulla la postuma dissociazione del capo del governo.
Il fatto che i vescovi avessero già ricevuto quelle carte anonime, non deve mettere il cuore in pace. La prosa un po' zuccherosa di Boffo in risposta alle accuse, terminava con un oscuro (!) richiamo a qualche "volpone o volpina" visti aggirarsi a Rimini "per gli stand dell'ignaro Meeting".
"Ignaro" sì ma inquietante per la cronaca, stando a quanto riportato ieri dal "CorSera": sabato scorso nella sorvegliatissima sala-stampa del Meeting hanno rubato un telefonino ed un computer. Indovinate a chi? A Franco Bechis, direttore di "Italia Oggi" e futuro vicedirettore di "Libero".
Una domanda agli esperti di Diritto. Boffo che, stando alle sue parole, chiude da innocente la questione delle molestie per non coinvolgere il vero responsabile (un giovane poi deceduto), più che un gesto di carità come lo presenta lui, non compie di fronte alla legge qualcosa che potrebbe esser stato penalmente perseguibile?

29.08.2009
Tremonti maoista mistico
Giulio Tremonti dal Meeting ciellino di Rimini ha tuonato ancora contro gli economisti. Questa volta li ha paragonati ai maghi dei fumetti o del cinema. Insomma, gente fuori di testa.
Poi ha enunciato ancora il suo credo mistico, questa volta con l'aggiunta di una nascosta citazione maoista, "Salvare il popolo, non le banche".
Di andare verso il popolo aveva parlato anche Giovanni Giolitti. Poi il popolo andò verso Mussolini.
Tremonti vuole salvarsi l'anima, come uomo e come ministro. Come ministro, quando parla riporta pensieri altrui, senza dirlo però. Accadde lo scorso settembre 2008 quando sentenziò: "Non è la fine del mondo, ma la fine di un mondo". La fonte era Domenico Siniscalco della "Stampa", 7 luglio 2008.
A febbraio di quest'anno Romano Prodi ha ironizzato: sono d'accordo con Tremonti per gli eurobond, "Li avevo proposti sul Financial Times parecchio tempo fa".
Nel maggio 2008, Tremonti disse, di suo: i sacrifici non li faranno "i poveri", ma "le banche e i petrolieri". Non è stato ascoltato, forse lo hanno scambiato per uno di quei maghi dei fumetti e dei film di cui lui stesso ha parlato da Rimini.
Nel marzo di quest'anno, ha detto di essere "dal lato giusto della Storia". Dopo aver citato una massima di sant'Agostino, "Nella necessità l'unità, nel dubbio la libertà, e verso tutti la carità".
Signor ministro, se avessimo più fatti e meno parole forse saremmo più tranquilli sul futuro dell'Italia. "Anche ai lavoratori parte degli utili delle imprese" ha proposto a Rimini. A titolo personale? Come ministro? Di questo governo? Secondo Cossiga prossimamente lei passerà agli Esteri, cedendo il posto a Brunetta. Dal quale avremo la nuova versione del socialismo in salsa berlusconiana. Forse meno mistica, ma sempre divertente. Lo spettacolo continua al Gran Circo Italia.
Post scriptum. Un esempio di nuova economia, proprio da Rimini: "Venditori abusivi derubati dai turisti durante i controlli della squadra nautica". Notizia di oggi, il fatto è di ieri.

29.08.2009
Boffo, fuoco amico?
I colpi bassi sono raffinate specialità coltivate in precisi ambienti cosiddetti giornalistici, con l'aiuto di persone le più diverse fra loro, per funzione, militanza politica e finalità che le spingono ad agire.
Ricordate il caso Sircana? Il portavoce di Prodi fu fotografato per strada solo dentro la sua auto,  e divenne oggetto di uno scandalo che lo voleva frequentatore abituale di trans.
Davanti agli atti giudiziari che riguardano Dino Boffo, il direttore del quotidiano cattolico (se anche i direttori di giornali vanno in Paradiso, immaginiamo il turbamento di Raimondo Manzini), l'atteggiamento dei "lettori" governativi è leggermente diverso.
In comune con Sircana ci possono essere soltanto certe attenzioni "pretine", come le chiamano negli stessi ambienti ecclesiastici.
E chi ci garantisce che uno zampino del diavolo non abbia convinto qualche allegro monsignorino a spingere sull'acceleratore per far scoppiare lo scandalo contro il direttore di "Avvenire" che aveva osato criticare il cavaliere?
Il 13 settembre 2005, una frase apparsa su "L'Osservatore Romano" accusava Romano Prodi di voler distruggere l'unità della famiglia.
Ovviamente al 13 settembre 2005 il modello di famiglia cristiano era rappresentato per "L'Osservatore Romano" dal partito del signor Berlusconi Silvio.
Forse dietro la scandalo che ha coinvolto Dino Boffo, c'è questa diabolica volontà di mettere in pratica il grido di battaglia dei devoti della libertà, "Chi tocca il cavaliere muore".
Insomma, Boffo è stato punito dai suoi? La domanda non è né sciocca né inutile. E' la riduzione a principii semplici di lotte politiche più complesse. Pugnalato alle spalle, colpito da fuoco amico, con doppia licenza "delli superiori". Quelli di certo mondo cattolico, e quelli del mondo politico governativo.
Forse tra qualche anno Francesco Cossiga ci rallegrerà con altri retroscena per ora segreti. Fatto certo è che non si crea tutto il casino che si è creato soltanto per il cattivo carattere di Feltri, o tutt'al più per una sua pessima digestione dovuta ad un colpo di calore.

28.08.2009
Feltri, la conferma
Ci sono due aspetti nella vicenda "Giornale"-Feltri contro Boffo-"Avvenire", dai quali abbiamo la conferma che l'Italia non cambia mai.
Uno è il finto scandalo degli ambienti vicini a Feltri. Lo hanno messo apposta a dirigere il "Giornale", e adesso dicono peste e corna dell'articolo di Gabriele Villa da lui pubblicato sotto il titolo "Boffo, il supercensore condannato per molestie".
Se è tutto vero quello che ha scritto Villa, nessuno è autorizzato a negare la verità dei fatti perché essi si riferiscono al direttore del quotidiano della Cei.
Questo per il rispetto della logica più elementare.
L'altro aspetto, riguarda il linguaggio di quel rapporto della Questura, che sembra bagnato nel Tevere del Ventennio: "... il Boffo, noto omosessuale già attenzionato dalla Polizia di Stato...".
L'Italia non cambia mai, dicevamo. Nel numero di "Style" uscito stamani, Francesco Cossiga, con quel suo conversare brillante e frizzante, ce ne dà autorevole conferma. Quando ad esempio riduce il ruolo di Licio Gelli a quello di direttore della Permaflex di Arezzo. A cui i direttori dei Servizi segreti non potevano prestare alcun ascolto.
Purtroppo l'Italia "ferma" che i fatti di oggi possono suggerire, è un Paese che regredisce. Forse Feltri involontariamente farà aprire un po' di occhi a certi religiosi troppo inchinati verso il Cavaliere.
Abbiamo di recente ricordato che Feltri su "Libero" difese Berlusconi per la faccenda delle donnine allegre, definendolo "impotente". L'uomo è lo stile, si diceva un tempo. Ma bando alle meraviglie, perché la botte dà il vino che ha. E se Feltri ha ragione sul caso Boffo, la figura brutta la fanno i suoi "alleati" e datori di lavoro che oggi lo attaccano, non lui.
26.08.2009
Kennedy, furono una speranza
L'ultimo saluto a Ted Kennedy diventa per chi ha qualche anno sulla schiena l'occasione di un ricordo che coinvolge tutta la sua famiglia.
Ci fu un momento nella storia del mondo in cui i Kennedy rappresentarono una speranza per una vita migliore.
Non posso che ripetere quanto già scrissi qui due anni fa.
Furono il «sogno americano» della mia giovinezza. Nella mia scrivania fa avevo sottovetro una foto gigantesca della bella famiglia di JFK, ritagliata dall'«Espresso» di Arrigo Benedetti, quello formato lenzuolo.
Guardavamo all'America, noi che non tenevamo gli occhi chiusi e rivolti all'Urss od alla Cina. Poi venne il Viet-Nam, poi vennero le rivelazioni sulla famiglia di JFK, sui loro affari, sulle loro storie losche...
La fine del nostro «sogno americano» fu l'uscita da una giovinezza che vide poi sorgere in Italia altri giorni duri, terribili.
Ted vide morire uccisi due fratelli, John nel 1963 e Robert nel 1968. Ma soprattutto il 12 luglio 1969 vide morire quella ragazza, Mary Jo Kopechne, che era in auto con lui. E con lui era finita in acqua giù dal ponte di Chappaquiddick. Ted chiamò la polizia il mattino dopo. Non appena uscito dalla vettura.
Ted Kennedy è stato un grande sostenitore di Obama. Soprattutto per la drammatica questione della sanità.
"Negli anni '70", ha raccontato suo figlio Patrick, "accompagnai mio padre negli angoli più poveri dell'America per ascoltare chi soffriva e non poteva permettersi cure adeguate. Sono storie che nessuno di noi ha ancora dimenticato e che ancora affliggono il vecchio cuore di mio padre".
Resta il dolore che l'America di Obama abbia ancora situazioni simili a quelle denunciate dalle parole di Patrick.
Sarebbe bello che qualcuno esperto del mondo americano ci spiegasse in poche parole se anche Ted Kennedy ed il suo entourage politico in questi anni hanno fatto tutto il possibile per risolvere quei problemi dell'assistenza sanitaria con cui deve fare i conti Obama in questi mesi.
Adesso la nostra speranza di chiama Obama. Non perché è giovane ed "abbronzato", ma perché è partito con progetti di riforma sociale che ogni giorno negli Usa incontrano sempre più ostacoli.

26.08.2009
Notizie nascoste
Obama conferma Bernanke alla guida della Federal Reserve. Questo il fatto che diventa la notizia del giorno nei titoli di stamane su "Corrierone" e "Repubblica". Ma la notizia vera è un'altra. Il quotidiano di via Solferino la mette soltanto nell'occhiello di pagina 11, "«Ripresa lontana», esplode il deficit Usa". (Le virgolette di «Ripresa lontana» si capiscono da quanto trascriviamo qui sotto.)
"Repubblica" addirittura rovescia la notizia in prima: "Gli Usa vedono la ripresa". E poi la nasconde nel solo testo di Federico Rampini, a pag. 13: la conferma di Bernanke è "una notizia molto attesa, gradita ai mercati. Nello stesso giorno però le proiezioni sul deficit pubblico americano peggiorano pesantemente (da sette a novemila miliardi di dollari in un decennio) e mettono Bernanke di fronte a un nuovo dilemma": ritirare o mantenere le misure eccezionali introdotte per evitare il collasso dei mercati?

24.08.2009
Si Kant in coro
Il "Corrierone" è sempre più da ammirare per i fondi di illustri autori che girano attorno ai temi con la stessa tecnica dei prestigiatori. "A noi gli occhi". Così essi cercano incantare il lettore con l'eleganza del loro stile, la raffinatezza di sofisticati argomenti, ed una prosa che l'andante con moto non sa nemmeno dove stia di casa.
E' un ritorno all'antico, sembrano più che mai attuali gli editoriali di Mario Missiroli di quanti decenni fa non sappiamo. Quando il lettore era preso per mano, condotto in giro per i giardini dell'ortodossia aristotelica, e poi sbarcato mezzo ebbro dalla giostra su cui era stato fatto salire, per inneggiare alla grandezza dell'autore del pezzo, del giornale che dirigeva, e delle attenzioni che la Grande Borghesia Lombarda si prendeva per tenere ben salde in pugno le mirabili sorte e progressive del Paese.
Stamani Michele Salvati, un padre nobile dell'Ulivo, ha aperto il suo cuore al lettore ponendogli un problema e due domande. Il problema, se abbiamo ben compreso, è: esiste in Italia la possibilità teorica di un bipolarismo decente? Le domande: lo scontro fra destra e sinistra dipende dalla linea berlusconiana? Oppure resterebbe anche senza Berlusconi alla guida della destra?
Salvati ovviamente non poteva trascurare di citare il "nostro Paese di guelfi e ghibellini".
La A parte ciò, e soprattutto per spiegare il nostro titolo, anche Michele Salvati dimostra con questo fondo del "Corrierone" di appartenere alla fitta schiera degli idealisti seguaci di Kant. Per i quali non valgono le cose, ma soltanto le categorie che preesistono alle cose. Per cui la pastasciutta resta pastasciutta anche nella sua finale trasformazione in uscita agli antipodi della bocca in cui è entrata.

22.08.2009
Libri e politica
A Milano dal 23 al 27 agosto si svolge il congresso internazionale delle grandi biblioteche. Nell'età di Internet, anche l'idea di biblioteca è cambiata. Il lettore non è costretto a lunghi viaggi per consultare un libro. La navigazione sul web glielo porta a casa. Questo fatto implica che si cerchi un futuro diverso per la biblioteca tradizionale, quella di un certo luogo e con certe raccolte.
Da Antonella Agnoli, divenuta famosa per la nuova Biblioteca San Giovanni di Pesaro da lei progettata, viene un utile suggerimento: le biblioteche pubbliche, a lungo ignorate dalla politica, possono trasformarsi in centri "di riflessione e di condivisione dei saperi" (dal "CorSera" di oggi).
Antonella Agnoli mette il dito nella piaga, il rapporto fra libri (ovvero la cultura) e la politica. Da oltre mezzo secolo in Italia trionfa un'unica ipotesi, valida a destra ed a sinistra, quella dell'intellettuale organico. Che tradotto nella lingua semplice significa dell'intellettuale asservito alle direttive del partito o dei partiti che lo avevano collocato in quel posto.
E siccome siamo in Italia, e tutti i politici sono stati sempre fraterni sodali con i pari grado, non sono mai mancati reciproci favori tra "avversari" e scambi di attenzioni. Che preludevano a doverosi ringraziamenti con altri appoggi a chi militava in campo avverso.
La commedia dei guelfi e dei ghibellini è sempre stata recitata con la massima attenzione a non danneggiare nessuno delle stanze alte del potere, qualunque fosse il colore delle pareti e nonostante le diversità dei ritratti appesi dietro le scrivanie, qui un papa, là un De Gasperi, altrove un Togliatti non sempre separato dal ripudiato Stalin. Oppure, di recente, un Silvio Padre della Patria.
Ecco perché non abbiamo nessuna fiducia nel nostro avvenire "culturale", e nel fatto che le biblioteche possano diventare luoghi "di riflessione e di condivisione dei saperi". A nessun politico odierno, nonostante le apparenze, frega che i saperi siano condivisi. Preme soltanto che non siano ammesse al circolo vizioso del potere le persone estranee ai loro interessi.
Per cui nella tristezza di questa corruzione morale dei nostri politici, di tutti i nostri politici, non resta che ringraziare Google che mette in circolazione le idee garantendo una vera, rivoluzionaria partecipazione alla cultura con la consultazione di testi che altrimenti non sarebbero accessibili.
Questo sia detto in linea di massima. Per particolari piccanti di esperienze personali, già raccontate sul web in modo sparso (un esempio), rinvio a qualche prossimo intervento.
Post scriptum n. 1. Vale per intellettuali e politici questo brano di Erica Jong ("CorSera" di oggi), tradotto da Maria Sepa, in ricordo di Ferdinanda Pivano: "Non ha mai perso la fiducia che l'umorismo e l'onestà potessero salvare il mondo". Se vivessimo tra persone dotate di umorismo vero e di un minimo di onestà, potremmo bene sperare sulla salvezza del nostro piccolo mondo.
Post scriptum n. 2. I politici berlusconiani di oggi non differiscono, dal punto di vista comportamentale, dai comunisti più duri di ieri. Sono fanatici allo stesso modo. Incapaci di rapporti personali corretti aldilà della valutazione ideologica del "prossimo".
Ad un senatore che da giovine ebbi compagno in un circolo di frati francescani, inviai una nostra foto d'allora. Non mi ha risposto. Si vergogna del passato? O del presente ("Dio mio come sono caduto in basso")?
Allora, negli anni Sessanta gli "amici" di sinistra coi in quali si frequentavano le stesse scuole, falsificavano le cose pur di attaccare chi non li seguiva nella loro arrogante pretesa di essere depositari di assolute verità rivelate e scriveva in città sull'unico giornale libero del tempo, "il Resto del Carlino".

21.08.2009
Soltanto africani
Cercasi poeta "civile" come dicevasi un tempo, non un giullare di corte, ma un spirito libero, che possa lasciare ai posteri poche righe d'un testo che ricordi la notizia di oggi. I 73 morti dispersi in mare.
Dispersi? Uccisi dall'incuria della nostra civiltà che con tutte le sue radici giudaico-cristiane vanta il primato nel Mediterraneo.
La nostra civiltà italica, italiana, romana, la patria del Diritto, il Paese che è presente ai vertici internazionali con quel suo leader che arriva all'improvviso e dice Urbi et Orbi che è stato tutto merito suo per questo e quell'accordo.
Il Paese che si è inchinato ai potenti, sempre: ieri oggi e domani sarà la stessa cosa.
Il Paese che mette in fila le badanti che sorreggono le famiglie, il Paese che manda i soldati a pattugliare le strade delle città come Bologna dove per 300 euro un novantenne è stato ucciso, il Paese che sente sparlare di dialetti perché si considera una vergogna parlare una lingua...
Un Paese il cui ministro che parla dei dialetti, poi smentisce e dà la colpa ai giornalisti, dicendo che li dovrebbero mettere tutti in galera.
Un Paese in cui il conto con la Storia è diventato un bluf. Per cui quei 73 morti non scandalizzano. Non erano uomini, pensano molti, troppo nostri connazionali, erano soltanto africani.
"Cinque naufraghi sono arrivati a dirci di figli e mariti morti di sete dopo giorni di agonia. Nello stesso mare delle nostre vacanze. Una tomba in fondo al nostro lieto mare. E una legge antica violata, che minaccia le stesse nostre radici. Le fondamenta. L’ idea di cos’è un uomo, e di quanto infinitamente vale". Finisce così l'editoriale di Marina Corradi. Parole sante, non soltanto perché le pubblica il quotidiano cattolico "Avvenire".

20.08.2009
Fratello di papa
Un lettore di "Repubblica" Ezio Pellino scrive che il fratello del papa, padre Georg, ha visitato Sulmona dove nel 1944 era stato come soldato tedesco.
A Pietranseri, apprendiamo da Ezio Pellino, "furono trucidati 128 innocenti, soprattutto donne e bambini, e a Sulmona cinque pastori delle vicine montagne".
Uno di loro, Michele Del Greco fu "fucilato proprio nella quieta abbazia del papa della Perdonanza, perché da vero cristiano aveva dato il pane ai prigionieri di guerra fuggiaschi".
Conclude Ezio Pellino: "Sarebbe stato bello se" il fratello del papa, "avesse ricordato quegli orrori e avesse chiesto perdono a nome dei suoi connazionali".

20.08.2009
Autunno freddo
Il peggio non è passato. Lo sostiene Nouriel Roubini, economista della NY University, 51 anni, laurea alla Bocconi di Milano nel 1982. Un posto della storia se lo è già guadagnato. E' stato il primo a prevedere la crisi in cui stiamo agitandoci.
Ha spiegato le sue convinzioni ad Eugenio Occorsio di "Repubblica". Esse nascono da questi dati di fatto: la pesante recessione, il massiccio indebitamento, l'immensa distruzione di ricchezza non permettono di pensare che siamo già fuori dalla crisi.
L'autunno dunque sarà freddo per tutti, non soltanto per gli italiani, nonostante le belle parole che come i piazzisti di una volta sui mercati di paese, i nostri governanti pronunciano. Forse soltanto per tirarsi su il morale, piuttosto che nella fiducia di convincere i governati.
I quali appartengono spesso soltanto a due categorie. Quelli che credono nei miracoli delle lotterie. E quelli a cui non frega nulla di niente perché tanto prima o poi un trucco riescono ad escogitarlo. Per fregare il prossimo e lo Stato (vedi il caso evasione fiscale che sta ufficialmente rivelandosi in tutta la sua ampiezza in questi giorni).
Non per nulla si vendono tanti telefonini, facendo contento il nostro leader maximo che da anni va predicando come l'Italia sia felice appunto perché quell'aggeggio portentoso è più diffuso da noi che nel resto d'Europa.
Non per nulla siamo anche il Paese che emerge dai dati pubblicati da Sergio Rizzo sul "CorSera" di oggi: trentamila posti di lavoro artigianale che nessuno vuole. "Si cercano falegnami, meccanici, parrucchieri, elettricisti. Senza risposta un terzo delle ricerche delle piccole imprese", dice un sottotitolo del lungo servizio.
Nel frattempo, in Usa, scrive Angelo Aquaro su "Repubblica", i giovani restano senza posto di lavoro estivo. Glielo hanno preso i loro padri disoccupati.
In luglio, sono stati 247 mila i posti di lavoro perduti in America. Ironizza Roubini sull'ottimismo di chi dice che sono stati soltanto 247 mila.
Per sua fortuna Roubini non conosce le proposte di economisti dell'entrourage pontificio che auspicano per l'Italia un ritorno alle idee dell'Umanesimo... Reciprocità e fraternità, sostengono costoro, sono capaci di dare un volto nuovo alla nostra società. Ed alla sua vita degli affari.
Quegli economisti sono molto ben ferrati nella loro materia, ma conoscono soltanto approssimativamente la vera realtà delle città italiane nell'Umanesimo. Che per loro è diventato un mito, un sogno, una fissazione utili a chi non sa tenere i piedi poggiati per terra. Perché miti sogni e fissazioni non offrono pane e companatico.

17.08.2009
Addio a Tullio Kezich, biografo di Fellini
Se ne è andato Tullio Kezich, ad 80 anni. Per Rimini rappresenta la voce più autorevole tra gli studiosi del cinema di Federico Fellini. Al quale aveva dedicato una splendida biografia nel 1988.
Nello scorso marzo, Tullio Kezich era stato nominato presidente onorario della Fondazione Fellini che ha sede a Rimini.
Il 31 ottobre 1996, sul "Corriere della Sera" apparve un articolo di Maurizio Porro in cui si annunciava la presentazione di un volume di Kezich, il diario felliniano dopo la scomparsa del regista... "Biografo ufficiale" definiva Porro, Kezich. Su cui del regista riminese riportava questa frase-aneddoto: "Se volete sapere cosa ho fatto venerdì scorso, non chiedetelo a me, ma a Kezich".
Un piccolo omaggio a Kezich, mi permetto di offrirlo con un testo che pubblicai nel 2003, "Vitelloni riminesi nati a Roma", in cui si parla anche di lui.
Vitelloni riminesi nati a Roma
Il ricordo di Alberto Sordi ne ripropone la leggenda

Proprio cinquant’anni fa escono nelle sale cinematografiche «I vitelloni» di Federico Fellini con Alberto Sordi imposto dal regista: l’ambiente del cinema gli è contrario, lo considerano «collezionatore di insuccessi e antipatico al pubblico». La società che distribuisce il film «pretende per contratto che il nome di Alberto Sordi non compaia nei manifesti». Lo ricorda Tullio Kezich nella biografia di Fellini.
Quella situazione testimonia come i simboli nascano fortissimamente anche quando tutto vi si oppone. Proprio con «I vitelloni» fiorisce il successo del comico romano che allora contemporaneamente si esibiva con la rivista di Wanda Osiris, in giro per l’Italia, per cui Fellini doveva rincorrerlo di città in città.
Già il titolo era una parola nuova. Ancora Kezich: sul termine vitellone, si apre un dibattito filologico. Esso sarebbe marchigiano e non romagnolo, più legato al lessico familiare di Ennio Flaiano, il quale ne scrisse nel 1971 ricordando come dalle sue parti ed ai suoi tempi fosse usato «per indicare un giovane di famiglia modesta, magari studente, ma o fuori corso o sfaccendato».
Nascerebbe cioè non dal «vidlòn» riminese, ma dal «vudellone» (grosso budello) del centro-Italia, «persona portata alla grosse mangiate», scriveva ancora Flaiano, «e passato in famiglia a indicare il figlio che mangia a ufo, che non produce, un budellone da riempire», insomma.
Commenta Kezich: «A Rimini questo tipo di giovinastri vengono tuttora chiamati ‘birri’».
All’estero il titolo del film deve ovviamente cambiare: sono ragazzi pigroni per gli inglesi, scioperati per i tedeschi, inutili in Spagna. Soltanto i francesi accettano l’originale, ovviamente accentato, «Les vitellonì».
Dunque Alberto Sordi diventa il simbolo di certa gioventù indigena, lui «romano de Roma», con l’etichetta del nome per antonomasia ricalcata fuori di qui, in un film tutto girato in mezz’Italia.
Così nascono i miti. C’è un accumulo di circostanze ed invenzioni che poi si addensano soltanto sopra chi le interpreta e le mostra al pubblico. Così Sordi è diventato per tutti, sino alla sua scomparsa, l’Albertone Vitellone.
In occasione dell’uscita del film, Fellini spiegava a «Cinema nuovo» (leggiamo da «A come Amarcord. Piccolo dizionario del cinema riminese» di G. M. Gori): «Mi è venuta la tentazione di giocare ancora uno scherzo a certi vecchi amici che avevo lasciato da anni nella città di provincia dove sono nato. [...] Così da qualche giorno mi sono messo a raccontare quello che ricordavo delle loro avventure, le loro ambizioni, le piccole manie, il loro modo particolarissimo di passare il tempo».
Secondo Kezich, «è inesatto affermare che il regista racconta nel film i proprî ricordi: Federico non arrivò a diventare un vitellone, se ne andò prima e il gruppo rievocato nella vicenda, del quale faceva parte anche il pittore Demos Bonini, era formato da giovani che avevano otto o dieci anni di più, portavano grandi cappotti, cappelli da uomo, sciarponi, baffetti e cappelli curati. Un gruppo che mai avrebbe permesso a Federico o a Titta [Benzi], adolescenti liceali, di avvicinarsi per fare comunella».
Quando nel 1967 uscì «La mia Rimini» di Federico Fellini, un lungo capitolo scritto da Guido Nozzoli vi rappresentava «L’avventurosa estate dei birri». Niente vitelloni. La vecchia parola birri splende con tutta la forza di una tradizione che rifiuta il nuovo conio del film con Sordi.
Il birro, spiega Nozzoli, «è il giovane intraprendente, spavaldo, apparentemente cinico, un po’ esibizionista e aggressivo» che negli intervalli delle sue avventure amorose estive «combina scherzi quasi sempre eccessivi e molesti, organizza cene da olio santo, qualche volta si azzuffa e rompe l’anima alla gente» con il cosiddetto «lampézz»: un «tormentino inflitto con una serie di battute un po’ assurde e di piccole punzecchiature apparentemente correttissime da cui la vittima presa di mira – conoscente o no – resta invescata un po’ per volta, col rischio di mattire senza accorgersene. O è una ripetizione incessante e allucinante della stessa battuta, dello stesso motivo».
Tutto, conclude Nozzoli, finì con la guerra: «Dalle macerie stava uscendo una città nuova, intraprendente, un po’ disordinata. Irriconoscibile». Le estati dei birri erano finite. Continuavano però gli anni dei vitelloni, con regìa di Federico Fellini. Proprio cinquant’anni fa. Con l’Albertone nazionale diventato emblema di storie che la fantasia e la leggenda dicono legate a Rimini, ma ad una Rimini che però rappresenta il Mondo. Vi pare poco?

16.08.2009
Pensare al dopo
Il berlusconismo si sta sfarinando (senza meriti del Pd...), è soltanto perché ormai "la parola Berlusconi non è più un valore aggiunto". Parola di Giuseppe De Rita ("CorSera", 15.8) che con Aldo Cazzullo aggiunge: però Berlusconi non è finito, "Uno come lui non si fa abbattere".
De Rita ama i paradossi. Il passaggio obbligato del cavaliere sarà alle regionali del prossimo anno, sostiene.
Non abbiamo compreso se una sconfitta del Pdl alle regionali porterà ad un Berlusconi senza più berlusconismo, oppure ad un berlusconismo senza Berlusconi. Chi sarà il protagonista eventuale della fase due di questo strano berlusconismo senza Berlusconi: Fini, Casini o Bossi?
Un altro punto difficile da comprendere è quando De Rita sostiene che "il fai-da-te berlusconiano" è un ciclo lungo che (udite, udite!!!) addirittura "risale a don Milani".
Non ci risulta che su don Milani siano state avanzate le stesse ipotesi giudiziarie di cui parla Ferruccio Pinotti nel libro "Cadaveri eccellenti" (2009, p. 52) con un articolo tratto da "l'Europeo" del 2006, circa certe riunioni alle Bahamas, presente Marcinkus al cui orecchio Roberto Calvi avrebbe sussurrato: "Finanzieremo le attività televisive di Silvio Berlusconi".
La testimonianza di Carlo Calvi, figlio di Roberto, apparsa nel 2002, fu smentita da Fininvest. Pinotti aggiunge che da certi atti giudiziari si ha però "conferma del fatto che il 'banchiere di Dio' Roberto Calvi - oltre che le banche vicine alla P2 - avrebbe finanziato gli inizi di Berlusconi". Nulla di male per un tesserato della P2. Ma, per tornare a De Rita, ci è difficile immaginare don Milani a fianco di Marcinkus.
L'intervista di De Rita invita a pensare al dopo. Al dopo crisi. Ed al dopo Berlusconi. E cita come esempio Alcide De Gasperi che nell'inverno fra 1938 e 1939 dice: "Stiamo preparando qualcosa di nuovo per quando Mussolini cadrà".
Bell'esempio. Ricordando (en passant) che anche De Gasperi ebbe le sue gatte da pelare con il Vaticano. Mentre il Pd non vuole averne. Binetti docet...

16.08.2009
Da papi a papa
Il papi delle feste con minorenni napoletane (di cui ha parlato sua moglie), adesso si crede papa. Ovvero uguale al papa. Ha dichiarato infatti: "Il Santo Padre mi ha onorato [...] con un riferimento molto importante nella sua enciclica a temi anche da me sollevati".
Non tutti gli italiani gradiscono essere afflitti dal ridicolo imposto loro dal capo del governo. Se un papa cita un argomento (quale?) trattato "anche" da un certo politico, non significa che renda onore a quest'ultimo.
Siamo in pieno e triste marasma se il capo del governo si permette di giudicare le critiche dei giornali cattolici come effetto del credito dato a parroci "caduti nella rete delle bugie".
Significativa la risposta di un vescovo, Domenico Moganero: "Non è che ai parroci o ai vescovi abbia dato di volta il cervello...".
Il papi napoletano, considerandosi molto vicino al papa, disprezza la periferia dei parroci dissidenti. E definisce, teologicamente, una bugia ogni pensiero discordante dal suo, che è Assoluta Verità come quella pronunciata ex cathedra dal pontefice romano.
Non ha alcuna giustificazione politica l'arroganza di un capo di governo che, abituato a comandare a silenti esecutori, contrappone i parroci del dissenso al papa che lo onora.
Post scriptum. "Il Foglio" di Giuliano Ferrarra (e Veronica Lario in Berlusconi) ha invitato l'on. avv. Niccolò Ghedini a tacere "dopo la sua famosa allusione demenziale" circa il cosiddetto "utilizzatore finale" di certe puttane di corte... Ghedini è un azzeccagarbugli, non sa incassare con dignità, aggiunte "Il Foglio".
Noi immaginiamo l'on. avv. Ghedini come persona molto più spiritosa di quanto non riesca invece ad apparire. Per questo ci fa tenerezza, e ci piace immaginarlo una sera uscire dai gangheri ed andare in pizzeria con Giuliano Ferrara, con entrambi impegnati a bere birra con gara finale di rutti "alla faccia sua". Di chi, non c'è bisogno di precisarlo.
Post scriptum. Ridicolo o vergognoso il servizio di ieri sera del Tg2 per i 60 anni di sacerdozio di don Pierino Gelmini, con tanto di 'predica' del ministro Maurizio Gasparri? Ricordiamo che, su richiesta dello stesso Gelmini, egli è stato ridotto allo stato laicale, dopo un'inchiesta avviata dalla procura della Repubblica di Terni. In base alla quale (marzo 2008) è stato chiesto il suo rinvio a giudizio, per presunti abusi sessuali. Ieri sera Gelmini ha ricordato: De Gasperi mi voleva in politica con lui...

13.08.2009
Scandali nascosti
Da bieco illuminista vorrei contrapporre allo scandalo della sentenza del Tar del Lazio sull'ora di religione, due notizie relative a scandali velocemente insabbiati negli ambienti ecclesiastici italiani.
1. Medjugorje. Il frate francescano Tomislav Vlasic, guida dei veggenti di Medjugorje, è accusato di eresia, manipolazione delle coscienze, e di aver fatto sesso con una suora. Nel linguaggio ufficiale, "Diffusione di dubbia dottrina, manipolazione delle coscienze, sospetto misticismo, disobbedienza verso gli ordini legittimamente costituiti e atti contro il "sextum" (contro il Sesto comandamento di non commettere adulterio)".
Ha scritto in maniera illuminante "il Giornale": "Nel 1985, Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, proibì ogni pellegrinaggio ufficiale, diocesano o parrocchiale al sito religioso. Lasciò tuttavia la libertà ai singoli cattolici di recarsi a Medjugorje anche in compagnia di preti. Divenuto papa, Raztinger ha proseguito le indagini fino al verdetto finale contro il grande regista dell’ultima epopea mistica balcanica".
Manca solo l'ipotesi che essendosi Vlasic ritirato in un convento all'Aquila, il recente terremoto sia stato una punizione divina contro i suoi peccati. L'ipotesi è in linea con il pensiero medievale che oggi va tanto di moda in certi ambienti influenti e non relativisti.
2. I Legionari di Cristo. "El Mundo" ha raccontato: la madre della bambina che il fondatore dei Legionari di Cristo (Marcial Maciel Degollado) ha avuto da una giovane di 26 anni nel 1987, lascia intendere di essere stata da lui molestata sessualmente quand'era ancora minorenne. Quel signore ha accumulato 20 miliardi e mezzo di capitali. Lui è morto il 31 gennaio 2008. Due anni prima, Degollado era stato mandato dal papa a vivere in penitenza ed in preghiera, senza nessuna sanzione canonica. I Legionari esistono ancora. Insegnano anche religione nelle scuole italiane?

13.08.2009
Morto di botte a Bologna protetta
Lei, la militar soldata in mimetica e mitragliatore da combattimento, è fotografata sui giornali di Bologna soltanto per far propaganda al piano straordinario di protezione dell'ordine pubblico che inorgoglisce i governanti italiani.
Lui, Dante Petazzoni, anni 95, è fotografato sugli stessi giornali di Bologna perché nella stessa città lo hanno ammazzato di botte per derubarlo di 300 euro.
"Aggredito all'incrocio di tre caserme" s'intitola il fondo di "Repubblica Bologna". Dove leggiamo anche di un cieco assalito per 150 euro in via Mascarella.
Di Bologna è quel senatore che definisce marmaglia i contestatori del 2 agosto e che nei giorni scorsi ha rilasciato entusiastiche interviste sull'arrivo dei soldati a Bologna ed a Rimini.
Più che fare da inutile guardia alle sedi del potere, altro non possono quei soldati. Per controllare l'ordine pubblico ed evitare che la vita sociale precipiti nel caos invivibile, occorre ritornare subito ai vecchi sistemi. Con carabinieri e poliziotti in borghese, mescolati fra la folla o nelle zone più a rischio.
Quei ragazzi e ragazze in mimetica con grosse armi in mano, non servono a nulla. La morte di Dante Petazzoni lo ha dimostrato chiaramente.
Ci si può prendere in giro su tutto, dalle feste napoletane alle serata in villa sarda, e con i tg taroccati, ma il dramma registrato dalla cronaca di Bologna, simile a tanti altri episodi di questi giorni, chiede che si cambi registro. Mimetica e mitragliatori solleticano gli umori militareschi di politici e ministri, ma non salvano vite umane

12.08.2009
Idee senza casa
"Bisogna bloccare chi vuole controllare giornalisti e magistrati...". Sono parole del magistrato Piero Grasso alla presentazione del suo libro "Per non morire di mafia", e citate dal "CorSera" di oggi: "Io per dire qualcosa, ho dovuto scrivere un libro e tanti giornalisti oggi si ritrovano a doverne scrivere perché le loro idee non trovano ospitalità nei giornali. Questo è un grave problema".
Sì, è un grave problema. Ci tornano in mente le parole usate da Barbara Spinelli in un editoriale della "Stampa" del 17 maggio scorso, e citate nel post "Restare svegli": "Il cittadino è molto male informato, e la mala informazione è una delle principali sciagure italiane".
A che cosa debbono servire i giornali? La risposta più ovvia e vicina alla realtà spesso è questa: a contenere la pubblicità. E poi non ci si venga a dire che esiste una crisi dell'editoria. E che è tutta colpa di internet. Grasso è stato chiaro: quelle "idee non trovano ospitalità nei giornali" per cui quei cronisti lavorano.
Di gente che vuole informarsi bene ed a fondo ce n'è. Ma i giornali debbono anche saperla ascoltare questa gente. Il "CorSera" di oggi pubblica un interessante pezzo di G. A. Stella, "Scuola, il Sud sbaglia a gridare al complotto" che prosegue all'interno con un titolo ancora più emblematico: "Il vizietto antico del Paese senza merito".
Il "vizietto" è la spintarella, la raccomandazione ed affini. Va bene. Sacrosanta verità. Ma la conclusione di Stella, sul caso specifico della scuola, è di un vuoto disarmante, divenuto verità teologica dopo 40 anni di riproposizione giornalistica: "nessuno giudica nessuno per non essere giudicato". Ma gli strumenti e gli organi addetti a giudicare esistono, eccome.
Poteva finire in prima pagina del "CorSera", assieme al pezzo di Stella, la lettera che vi troviamo a pag. 21, firmata dalla prof. Maria Palmieri, docente liceale, di Salerno. Elenca i sei motivi per i quali c'è una "strisciante, subdola manipolazione dei voti scolastici".
Eccoli: 1)"Ci si autoassolve dal non far nulla", 2) "Si è amici e parenti dei genitori degli alunni", 3) "Ci sono pressioni di genitori potenti", 4) "Ci sono favori da restituire", 5) "I presidi vogliono che la facciata della propria scuola sia vincente", 6) "I maleditissimi Programmi operativi nazionali creano connivenze economiche ecc. ecc".
Insomma la scuola italiana rispecchia la società, in cui i giornalisti non possono scrivere sui giornali dove lavorano, e dove la strizzatina d'occhio è regola somma del comportamento sociale. Bell'Italia, di certo. Grazie prof.a Palmieri della sua lettera al "CorSera". Fatela leggere in giro se pensate come Piero Grasso che occorre sbloccare questa Italia che vuole controllare magistrati e giornalisti.

12.08.2009
Chiare offese
I vescovi, se non piace loro una sentenza, non possono salire sul pulpito ed usare toni pesanti come quelli a cui oggi ha fatto ricorso mons. Diego Coletti, presidente della Commissione episcopale per l'educazione cattolica.
L'argomento del contendere, è la decisione del Tar del Lazio che ha dichiarato illegittimi i crediti per l'insegnamento della religione. I cui docenti pertanto non possono partecipare a pieno titolo agli scrutini.
Mons. Coletti ha detto due cose molto gravi: 1) che la sentenza rischia di "incrementare il sospetto e la diffidenza verso la magistratura"; 2) che la stessa sentenza è frutto di "bieco illuminismo".
Mons. Colletti e la Cei posso avere tutte le ragioni di questo mondo, ma non hanno nessun diritto di aggredire con questi toni la magistratura e la cultura democratica dello Stato in cui trovano ad agire.
Le loro chiare offese sono nulla in confronto del bieco oscurantismo che alcuni vorrebbero imporre a tutti i cittadini italiani in virtù di un passato tremendo che si conserva dentro i libri di Storia. Ma questo anziché consolarci, ci preoccupa. Proprio per il rispetto della religione.

11.08.2009
Preti e guerra. Documenti
A proposito della questione sollevata circa la riabilitazione di un sacerdote romagnolo che aveva parteggiato per la RSI (essendo anche cappellano della famigerata III brigata nera mobile del Partito fascista repubblicano "Attilio Pappalardo" di Bologna, compagnia corazzata), aggiungiamo altri particolari.
La brigata "Pappalardo" è creata dal medico Franz Pagliani (1904-1986). Che fu estromesso dalla carica di comandante da Mussolini il 28 gennaio 1945, per le violenze, le torture e gli omicidi che avevano caratterizzato l'azione della brigata.
Mussolini era stato spinto a prendere questa decisione dal generale tedesco Von Senger und Etterlin, che aveva dichiarato: "Le brigate nere compiono azioni che hanno tutte le caratteristiche di assassinii da strada...".
Ma Mussolini era stato contattato anche dal priore dei padri domenicani di Bologna, Domenico Acerbi (1900-1984), il quale aveva vissuto con Gabriele D'Annunzio i fatti di Fiume.
Padre Acerbi riuscì a salvare Bologna dai bombardamenti tedeschi come "città aperta". ("18 luglio 1944. Il Maresciallo Kesserling si impegna a risparmiare Bologna. Il podestà Agnoli, su ispirazione del priore di San Domenico padre Acerbi, invia il 1. luglio al maresciallo Kesserling, comandante delle truppe tedesche in Italia, un memoriale in cui si evidenziano i valori storici e artistici e il carattere di "città ospedaliera" di Bologna. Il maresciallo Kesserling promette nella sua risposta di adoperarsi per risparmiare alla città il coinvolgimento nelle operazioni belliche. A questo proposito ordina lo sgombero degli insediamenti militari non necessari, vieta l'attraversamento e la sosta delle colonne militari nel centro storico, istituisce posti di blocco della Gendarmeria militare alle porte, a salvaguardia della cosiddetta Sperrzone. Questa posizione, peraltro mai concordata ufficialmente con gli Alleati, non costituisce, nonostante gli auspici e gli sforzi del fascismo moderato e della chiesa locale, una vera e propria dichiarazione di "città aperta". Fino all'ultimo la città rimane sotto la minaccia della difesa ad oltranza. Di fatto però i bombardamenti aerei cessano dall'autunno di coinvolgere il centro. All'interno dell'antica cerchia muraria si riversano, negli ultimi mesi di guerra, più di 500.000 persone, cittadini in precedenza sfollati, abitanti del contado bolognese e famiglie di profughi delle regioni del sud liberate". Fonte: www.bibliotecasalaborsa.it. (Altre fonti: vedi sotto *)
Ritorniamo alla Romagna del periodo bellico.
Nel 2005 esce un volume di Roberto Beretta intitolato "Storia dei preti uccisi dai partigiani".
Un lettore del settimanale "il Ponte" di Rimini scrive al direttore del giornale: "Mi è capitato tra le mani l'interessante libro donato da il Ponte intitolato 'Questa è la mia gente'. Sono andato a cercare nell'indice dei nomi il riferimento a don Federico Semprini, di cui avevo appena letto la vicenda umana nel libro "Storia dei preti uccisi dai partigiani" ediz. Piemme di Roberto Beretta (giornalista di Avvenire). A pagina 130 del testo da voi pubblicato, lo storico Amedeo Montemaggi riferisce che "don Semprini era scomparso il 28 dicembre 1943 in seguito ad uno scompenso cardiaco dovuto ad una grave alterazione fisica."
Nel libro di Beretta, viene invece riportata la testimonianza del Cancelliere di Curia don Agostino Pasquini: "Fu pestato a morte con sacchi di sabbia per evitare di far vedere le ferite. Riportò gravi lesioni interne: trasportato all'ospedale, sopravvisse solo pochi giorni". È morto quindi col più classico e subdolo metodo di giustizia sommaria partigiana. Forse per paura di ritorsioni, neanche nel Bollettino Diocesano si fa alcun riferimento alla sua tragica fine. Le chiedo pertanto se sia possibile, dalle pagine del suo settimanale, riscattare la figura di queste prete diocesano, dimenticato perchè ucciso dai vincitori".
Dopo qualche tempo fui contattato per comporre una risposta documentata che apparve come testo redazionale. E che è questo che riporto qui.
La morte di don Federico Semprini
La tragica vicenda di don Federico Semprini (richiamata di recente da Roberto Beretta che, in «Storia dei preti uccisi dai partigiani», parla del suo «feroce pestaggio»), trova conferma in fonti storiche indirette. Precisiamo sùbito però: le notizie che riportiamo in sèguito obbligano a correggere il tiro rispetto al volume di Beretta, come spiegheremo successivamente.
1. Nel 2004 sono apparse le memorie del partigiano riminese Silvano Lisi (detto Bardàn) il quale a pagina 92 racconta che il sacerdote era «notoriamente acceso fascista, agente segreto dell'Ovra e personale amico di Mussolini secondo sue stesse affermazioni». Lisi ricorda che il sacerdote «era stato ucciso da sconosciuti alcune settimane prima che fosse sfondato il fronte sul Covignano».
Per la «sua posizione» (immaginiamo: posizione politica) il sacerdote avrebbe avuto, a detta di Lisi, «il potere di richiamare dal fronte un giovane, ovviamente anche in cambio di favori non ufficiali».
Lisi riporta da altra fonte orale questa versione: il prete «rifiutò ad un ragazzo un aiuto, una raccomandazione, per evitare il militare» (il ragazzo sembra essere poi morto in guerra). Aggiunge Lisi: «Pochi giorni dopo il fatto il parroco ricevette non so quante botte, imprigionato in un grosso sacco, o forse una coperta, da degli sconosciuti». Ricoverato all'ospedale (allora a San Fortunato), il sacerdote morì «nei giorni seguenti».
Va fatta una precisazione: la morte di don Semprini risale al 27 (o 28) dicembre 1943. Il passaggio del fronte al Covignano è del successivo 19-20 settembre 1944. Quindi non passarono «alcune settimane», ma alcuni mesi, e meraviglia che il testo di Lisi sia stato licenziato senza accurata revisione cronologica.
2. Un'altra testimonianza è stata pubblicata da Bruno Ghigi («La guerra sulla Linea Gotica dal Metauro al Senio fino al Po», 2003, pagina 656). Parla Ettore Angelini: «L'ho visto sulla barella al suo arrivo in ospedale; ricordo che si lamentava molto del male che aveva. Dopo il decesso, parlando con l'addetto alla sistemazione delle salme, questi mi disse che il corpo del poveretto era pieno di tumefazioni e di fratture: che cosa fosse stato a procurargliele non saprei dire. Si raccontava anche che era stato ordinato che il corpo non dovesse essere svestito, nemmeno per il lavaggio».
3. Fonti orali raccolte da noi anni fa, parlano di un delitto commesso da contadini «per vendetta».
4. Gente di San Lorenzo ricorda ancora oggi il racconto di un nipote di don Semprini il quale dichiarava di essere stato presente quando lo zio fu colto da paralisi davanti alla porta della chiesa e cadeva a terra, al rientro in canonica di notte. La morte sopraggiunse dopo poche ore in ospedale, secondo questa versione, negli anni sempre confermata dai congiunti.
5. La precisazione cronologica del fatto (dicembre 1943) non permette l'arbitrario collegamento operato da Beretta con le «rese dei conti» verificatesi nel dopoguerra, ovvero tra la fine del 1944 e tutto il 1947, periodo preso in considerazione da Beretta nel suo volume. Questa nostra precisazione cronologica obbliga anzi ad una diversa considerazione dell'episodio in base di quanto finora riportato.
6. Sono state pubblicate precise parole sulla mancanza di vendette partigiane nel dopoguerra a Rimini. Le riportiamo dal volume sulla «Storia di Rimini» edita da Ghigi nel 2004 (pagina 300): «Se dopo la Liberazione non succedono vendette, secondo testimonianze orali raccontateci dall'editore Giovanni Luisè, il merito va a Guido Nozzoli, ex comandante partigiano, "responsabile diretto" per la zona di Rimini, come lo qualifica un documento del 10 novembre 1944 del locale Comitato militare di liberazione nazionale».
(*) Altre fonti:
www.zimmerit.com
Omar Di Maria, Il console, 2005
Gian Luigi Agnoli, Padre Domenico Acerbi. Missionario domenicano dalla mano di Dio, Bologna, Asterisco, 2000

10.08.2009
Il male, in nome di Dio
I lager nazisti sono simbolo dell'inferno creato in terra dall'uomo che "dimentica Dio". Parole di Benedetto XVI di ieri domenica 9 agosto.
I conti con i lager (ossia con il male della Storia contemporanea) sono molto drammatici. Spaventano le giustificazioni di cui si è ascoltato di recente (Radio3), da parte di quei teologi ebraici che invocano la punizione divina dei peccati umani.
Addolora che Roma dimentichi che c'è stato anche del male "in nome di Dio". ("Dio è con noi", proclamavano i nazisti.)
Nella storia del Medioevo ci sono tante fiamme che in nome di Dio bruciano dissidenti "relativisti". Con le accuse più strane e sozze, come scriveva (a metà Ottocento) Terenzio Mamiani a proposito di fra Dolcino da Novara finito sul rogo, ad inizio Trecento, assieme alla moglie Margherita ed a parecchi seguaci.
Ma anche nell'età moderna il vizio dei roghi non cessa. Con l’allievo Girolamo da Praga, il boemo Jan Huss nel 1415 è condannato al rogo in spregio al salvacondotto imperiale di Sigismondo che lo aveva portato al concilio di Costanza.
Quelle fiamme ne preannunciavano altre: nel 1553 per Miguel Serveto a Ginevra su decisione dei calvinisti, ed il 17 febbraio 1600 a Roma per Giordano Bruno.
Saltiamo a giorni vicini. Durante la Repubblica di Salò di Mussolini (RSI) un prete "romano" bandisce una nuova Chiesa nazionale. Fu scomunicato nel marzo 1945. Finì fucilato, poco dopo. Fra i suoi seguaci c'è anche un sacerdote romagnolo, fascista della prima e dell'ultima ora.
Sul periodo storico di cui abbiamo parlato, si puo' leggere una serie di notizie legate alla Romagna nella mia biografia di don Giovanni Montali.

08.08.2009
Cose turche
La credibilità internazionale non è come il "godimento" locale. Gli italiani amano apparire furbi. Ammirano i loro leader che applicano a pieno regime questa antica ed arida tendenza.
Gli stranieri invece non amano essere fatti fessi dai nostri (pretesi) furbi. Le diplomazie estere hanno memoria lunga e 'dura' come quella degli elefanti. Non dimenticano storie secolari, su cui basano il giudizio contemporaneo circa un Paese. Figurarsi se non si accorgono di quello che accade oggi.
I Turchi, quando hanno sentito Berlusconi proclamarsi regista dell'accordo con Putin sul gasdotto South Stream, non hanno fatto una grinza. Gli hanno dato dell'esagerato.
Maliziosamente aggiungendo che non può nascere nessun caso diplomatico con l'Italia, trattandosi di Berlusconi. La cosa "ha solo fatto sorridere i due leader", Vladimir Putin e Tayyip Erdogan.
"Timesonline" tanto per rendere l'idea ha messo in testa all'articolo sulla questione una foto "allegra", il famoso ballo napoletano la mattina dopo scoppio di Viareggio.
Tutto questo mentre il presidente del Consiglio a palazzo Chigi definiva "delinquenti" i cronisti politici di "Repubblica". Putin è un cattivo maestro per Berlusconi. Meno lo vede meglio è.
(Una vignetta del "Times" mette il cavaliere e Putin a torso nudo: essendo meno prestante del collega, un osservatore dice a Berlusconi: "Guarda Silvio che lo stile Putin non è adatto per tutti" (fonte, "Repubblica").

06.08.2009
Tutto palese
Le donne il cavalier le sozze imprese?
Ormai al mondo inter tutto è palese.
Rima baciata tace sulle cose
ma ognun conosce bene quelle rose.
Rose fresche aulentissime al potere
per aver suggerito al suo piacere
illuse velleità, verba prohibita,
sostanza di desire o carne ardita?
La Natura vi ha fatto, dame belle,
dotate di poter in vostra pelle
per cui la parte offerta al gran Signore
siede su seggio alto, con onore.
Rendete grazie alle felix Natura
vittoria fu non con cervella, ma fessura.
(Trattasi di antico testo celtico, tradotto sul finire del 1700 da fra Batocchio della Melassa, bibliotecario nel Convento di Passera Mainarda, gentilmente inviatoci da una discendente cortese ma non cortigiana.)

04.08.2009
Faccia lei
Victoria Beckham avrebbe la bellezza della propria pelle minacciata da vecchi soggiorni milanesi. Lo scrive il 'Metropolitan Post'. E soprattutto ha speso "milioni di euro in cure e creme di ogni genere", onde tener in forma la propria faccia.
La signora ignora quante declinazioni abbia nell'italiano popolare l'espressione "faccia da...". Si va dalla "faccia da schiaffi" che è molto confidenziale ed affettuosa, alla più famosa e sofisticata "faccia da culo" che è una sentenza inappellabile. Verso gli ospiti stranieri siamo tolleranti anche per pregressi secoli di servitù. A lei rivolgiamo soltanto l'invito alla Totò: "Ma ci faccia il piacere...".

04.08.2009
Padri e figlie
Le donne il cavalier le sozze imprese... Non ne trattano più soltanto la moglie schifata, le commentatrici adirate, i politici dell'opposizione. E' scesa in campo anche una figlia, quella che ha studiato filosofia e che quando parla non straparla.
Barbara Berlusconi ha dichiarato a "Vanity Fair": "Non ho mai frequentato uomini anziani. Sono legami psicologici di cui non ho esperienza". E poi: "Non credo che un uomo politico possa permettersi la distinzione tra vita pubblica e vita privata".
Ne basta e ne avanza per sigillare il discorso ed il tema.
Nel settembre scorso la signora aveva sostenuto che la finanza deve riscoprire l'etica. Con "valori comuni che contrastino atteggiamenti illegittimamente consentiti e pericolosamente individualisti".
Poi, sul conflitto di interessi, aveva detto di credere che esso "abbia bisogno di una regolamentazione, ma il voto ha dimostrato che gli italiani non lo vivono come una necessità".
Al convegno bocconiano che Barbara B. organizzò il 2 ottobre scorso, sua madre, Veronica Lario ebbe a sostenere che esistono difficoltà economiche in Italia, "si sentono e si toccano con mano". Allora il marito non credeva ancora alla crisi.
Insomma, il meglio della politica della sponda governativa è in figure femminili come Barbara Berlusconi. E' del tutto chiaro perché la signora non abbia mai avuto voce in capitolo in quella sponda. Dove la gloria è toccata soltanto alle dame care allo zerbinotto. Che, lo diciamo per loro, non è un grosso zerbino ovvero tappeto.
ARCHIVIO
1. Se Barbara B. obietta (24.09.2008)
2. Cose di casa (02.10.2008)

04.08.2009
Marmaglia
Lo stile non è acqua. Il coordinatore regionale del Pdl in Emilia Romagna, sen. Filippo Berselli, ha definito "marmaglia" quanti hanno manifestato il loro dissenso verso il ministro Bondi alla cerimonia in ricordo delle vittime della strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna.
Lo stile non è acqua. Ma l'ostile (al dissenso) è anche peggio. Più tranquillo l'ergastolano plurimo (cinque condanne) che ha dichiarato di essere fuori dal carcere grazie alla Costituzione antifascista. "Trent’anni fa pensavo che la democrazia non mi garantisse il diritto di esistere, e mi sono ribellato sparando e uccidendo; oggi, ma non da oggi, so che sbagliavo, e che questa democrazia mi ha offerto la possibilità di pagare gli errori commessi e tornare a una vita normale" ha detto a Giovanni Bianconi del "CorSera"

03.08.2009
Concita, addio con Furio
Furio Colombo lascia la "sua" Unità (ne è stato direttore) e la brava Concita De Gregorio che la guida attualmente. Va a lavorare con Antonio Padellaro (altro ex direttore del quotidiano) che ha aperto una nuova testata, "Fatto Quotidiano" in edicola da settembre.
A Daria Gorodisky del "CorSera", Colombo ha detto tre cose importanti. Sceglie Franceschini quale candidato alla segreteria del Pd. Ha "molta attenzione" per Ignazio Marino e per il suo "impegno per la laicità".
E, parlando dell'informazione in Italia, ha dichiarato: "Ormai assistiamo al divieto assoluto di parlare di certe cose, ai tg che saltano le notizie..."
Circa il "divieto di parlare di certe cose", la politica (come realtà e problema che coinvolge tutti i cittadini di uno Stato) rientra nell'elenco di quelle cose.
Sono lieto di avere autorevole conferma di una mia opinione che ho concretato nel mutamento del titolo del blog sulla "Stampa": "Divieto di sosta"

Quel giorno scrissi:
Ho cambiato il titolo del mio blog. "Divieto di sosta". Alludendo alla politica. Da sempre terreno minato. Vietato parlarne. "Qui non si fa politica", si leggeva nel ventennio.
Ma anche sotto i dc non andò meglio. Facevo il capocronaca in un settimanale, vent'anni fa. Dopo le elezioni comunali, pubblicai due righe dall'Unità nella rassegna stampa sull'argomento. Cercarono di massacrarmi.
Oggi non so se vada meglio, nonostante tutto. Più pericolosi i cortigiani. Come sempre. "Divieto di sosta", dunque. Cercheremo di parcheggiare comunque le nostre opinioni.

03.08.2009
Ciampi, allarme P2
Carlo Azeglio Ciampi ha detto a Giorgio Battistini di "Repubblica": "Anch'io mi chiedo come mai la grande, lunga complessa inchiesta della commissione parlamentare sulla loggia P2 guidata da Tina Anselmi a Palazzo San Macuto abbia avuto così poco seguito. Ricordo quei giorni, ricordo che l'onorevole Anselmi era davvero sconvolta. Mi chiamò alla Banca d'Italia (ero ancora governatore) e mi disse "lei non sa quel che sta venendo a galla". Lei, la Anselmi, il suo dovere lo compì. Non credo però che molti uomini della comunicazione siano andati a fondo a leggere quelle carte. Il procuratore Vigna sapeva quel che faceva".
Poi: "Accadevano strane cose. Io parlavo al telefono con un mio collaboratore a Roma e cadeva la linea. Poi trovarono a Palazzo Chigi il mio apparecchio manomesso, mancava una piastra. Al largo dalla mia casa di Santa Severa, a pochi chilometri da Roma incrociavano strane imbarcazioni. Mi fu detto che erano mafiosi allarmati dalla legge che istituiva per loro il carcere duro..."
Infine: "In quelle settimane davvero si temeva anche un colpo di Stato. I treni non funzionavano, i telefoni erano spesso scollegati. Lo ammetto: io temetti il peggio dopo tre o quattro ore a Palazzo Chigi col telefono isolato. Di quelle giornate, quel che ricordo ancora molto bene furono i sospetti diffusi di collegamento con la P2".

02.08.2009
Obama unisce
Obama unisce, questa volta. Alla destra fa comodo il miglioramento economico degli Usa. Per dire: abbiamo ragione ad essere ottimisti. Agli altri (la sinistra?) serve per sostenere che i programmi sociali vanno anteposti a tutto. Ma quali siano in Italia questi programmi sociali, è difficile da capire.
L'unica novità è il ritorno al concetto di scomunica. C'è chi preferisce al farmaco l'eventuale morte della donna per aborto clandestino? Vogliamo chiamarlo progresso sociale, tutto ciò? Avanti pure.
L'Italia di questa estate 2009 non è ferma come il traffico al neonato passante di Mestre, è in movimento come Vittorio Feltri. Che torna a dirigere il giornale di casa Berlusconi, "Il giornale". Che lascia "Libero", dopo l'avviso del rappresentante dell'editore il quale lo aveva invitato a lasciare la redazione entro 15 minuti.
Feltri, che su "Libero" ha difeso Berlusconi Silvio in arte "il cavaliere" per la faccenda delle donnine allegre, definendolo "impotente". In casa Berlusconi, anziché offendersi gli hanno mostrato gratitudine. Non ci sono più i capitalisti di una volta, direbbero le zie di Arbasino.

02.08.2009
Cossiga, cattivo pastore
"Se potessi tornare indietro, me ne stare zitto e buono". Francesco Cossiga si confessa a Marzio Breda ("Corriere della Sera" di oggi): "Ma [allora] ero incazzato come un belva e non potevo tacere".
Oggi fa un bilancio amaro. Lui è risultato "troppo in anticipo" sui tempi. Invece l'Italia ha sprecato tempo, vent'anni tondi tondi. Caduto il muro di Berlino (9.11.1989), dopo la cortina di ferro ci permettiamo di aggiungere (23.8.1989), Cossiga sperava di poter chiudere "la guerra fredda interna" all'Italia. Invece ci fu chi sperò di mandarlo "a casa con la camicia di forza".
Accusa Eugenio Scalfari di aver scelto la via psichiatrica per allontanarlo dal Colle. Scalfari parlò con Visentini. Questi con Altissimo che riferì a Cossiga.
"Facevo il matto per poter dire la verità, come il fool del teatro elisabettiano. Ero incazzato perché non mi capivano né i comunisti né la Dc, per la quale restavo un irregola?re". Incazzato "come il sardo che sono", con "antenati pastori, testardi e durissimi".
Alla fine il pastore della politica con buone intenzioni e cattive maniere, mette anche Berlusconi nell'elenco di chi è stato sordo al suo grido di dolore. Gli aveva chiesto di astenersi su un incarico a D'Alema. Sordo al sardo, direbbe Bartezzaghi.

01.08.2009
Processo a Badoglio
A San Mauro Pascoli il 10 agosto sarà "processato" Pietro Badoglio per la nona edizione della manifestazione che mette sotto accusa personaggi del passato.
Nel 2007 era toccato a Garibaldi. L'anno scorso a La scelta del personaggio Badoglio è stata suggerita da un ex combattente di 94 anni, Pietro Vaenti di Cesena, dove presiede un istituto storico che raccoglie documenti della deportazione dei soldati italiani dopo l'8 settembre.
Il dramma dell'8 settembre e della guerra civile che ci fu sino al 25 aprile 1945, non è un tema molto conosciuto.
Poi, non tutti hanno le idee chiare, anche se ne sono bene informati per via diretta (vicende famigliari).
Mi è capitato di scriverne qui sopra. Il testo fu ripreso dal settimanale locale che aveva pubblicato un'intervista dalla quale spuntavano opinioni strane.
Come quella secondo cui contro i soldati abbandonati a loro stessi l'8 settembre, si sarebbero dovuti celebrare processi nel dopoguerra...
Al mio testo, l'intervistato contrappose una risposta che giudicai volgare. Avevo citato il caso di un mio congiunto che come tanti altri ventenni di allora, aveva gettato le stellette alle ortiche e si era nascosto per non collaborare con i nazi-fascisti.
Uno di loro, Mario Fazio ha scritto ("La cosa giusta", «La Stampa», 14 settembre 2003): «Pur non essendo ancora informati dei campi di sterminio e di altri orrori e barbarie sentivamo l’impossibilità di aderire alla parte fascista, alleata o sottoposta ai "camerati nazisti". Un'alleanza che prometteva altri lutti e dolori, che sbarrava il cammino verso la fine della tragedia e la conquista della libertà, mai vissuta nella nostra giovinezza».
L'intervistato rispose che, se quel mio congiunto si dette alla fuga, invece il proprio padre andò in montagna...
Ecco il particolare volgare. Lo definisco tale perché ogni storia merita rispetto, ogni scelta va considerata nel contesto delle singole situazioni, e davanti a queste condizioni drammatiche nessuno ha diritto di giudicare il proprio bucato più bianco di quello altrui.
Ma sul tema voglio ritornare in futuro, pubblicando integralmente la replica che avevo preparato. E che ho lasciato nel frigo della coscienza, soltanto perché sono rimasto allibito ed avvilito dalla esibizione volgare contenuta in quella risposta alla mia domanda rimasta inevasa: perché quei ragazzi dovevano essere processati, se non lo fu il re che fuggì da Roma con Badoglio?
(Queste le parole esatte che lessi sul settimanale riminese "il Ponte" del 22.2.2009, p. 17: "Tutti i militari fascisti che dopo l'armistizio fuggirono da Istria andarono in Italia per riprendere il loro lavoro senza che si sapesse della loro condizione di fuggitivi. Nessuno fu mai processato".)
Circa il cambio di tipo di verdetto a San Mauro per Badoglio, dalla giuria di "esperti" a quella "popolare", forse ha pesato il fatto che l'anno passato per Togliatti essa fu composta da un "industrial manager" e sei giornalisti tutti di testate locali. Uno di loro è soltanto esperto di questioni economiche, due altre colleghe sono ben ferrate in storia e politica, un altro dichiarava nel suo sito tra i fatti memorabili della sua vita che è stato decorato del titolo di commendatore al merito della Repubblica da Silvio Berlusconi e di essere stato pure cantante-ballerino.

01.08.2009
Fellini nostalgico?
Se la nostalgia prende il posto della memoria, sostiene Emiliano Monreale in un recente volume, s'inventa una realtà che non è esistita. Il suo libro s'intitola appunto "L'invenzione della nostalgia".
Ne parla oggi il "Corriere della Sera" in un'intera pagina per la penna di Paolo Mereghetti. Illustrata anche con la locandina di "Amarcord" di Federico Fellini. Il film è presentato come esempio di "attrazione del passato".
Ma "Amarcord" non ha nulla di "attrazione del passato".
Infatti Tullio Kezich, nella sua monumentale biografia del regista riminese, apre il capitolo su "Amarcord" con una frase dello stesso Fellini: "Noi passiamo la seconda metà della vita a cancellare i guasti che l'educazione ha fatto nella prima".
Poi Kezich scrive: "Non si può dire che il regista sia stato tenero verso la società boccheggiante sotto il tallone della dittatura". Il film "delinea il deprimente perimetro dell'Italietta con rancore non sopito e rigore assoluto".
"Rancore non sopito", altro che "attrazione del passato".


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2756, 17.03.2018

il Rimino 2009