il Rimino 2009


Il Rimino 161, anno XI
Maggio 2009
Diario italiano

31.05.2009
Contro Veronica
Contro Veronica Lario (all'anagrafe, Miriam Bartolini) per difendere il cavaliere, è scesa oggi in campo Daniela Santanché: la accusa di aver sfasciato la famiglia, di avere un amante (di 47 anni, quindi più giovane giovane di lei, 53enne), di aver violato il patto fatto con il (vecchio) marito (andare avanti in silenzio)...
"La misura è colma, il gioco è truccato" ha dichiarato a "Libero".
La verità interessa soltanto le persone coinvolte. A noi preme di sperare che adesso intellettuali, storici, corsivisti, notisti politici e commentatori autorevoli non tirino in ballo il solito discorso che abbiamo sentito e risentito: è una storia, quella che si combatte fra i villaggi di Arcore e Macherio che ricalca, le storie dei singoli italiani. Uffa, che noia.
Al turno elettorale mancano pochi giorni. Il gran finale dei fuochi d'artificio governativi per non far parlare di cose serie (vedi il caso Sicilia) prosegue. Il cavaliere attacca la magistratura tre volte al giorno. E di riflesso la stampa, tutta devota alla sinistra (illusione ottica, effetto miraggio...).
Da oggi contro la signora Lario sono scese in campo pure le signore "vicine" al capo del governo. Si sa come sono queste signore: "ridono e graffiano" diceva un vecchio titolo di Arnaldo Fraccaroli...
Non contenta di disprezzare gli extracomunitari, l'on. Santanché nutre avversione pure verso un'altra signora, la moglie del suo adorato capo del governo. E ne propone l'espulsione dalla di lui famiglia. Quella di dare i calci nel sedere a qualcuno sta diventando una pericolosa fissazione per la signora del "Movimento per l'Italia". Per l'Italia stia un po' ferma, per favore.

31.05.2009
La nostra privacy
Anche noi, umilissimi cittadini qualsiasi, avremmo diritto a veder protetta la nostra privacy. Intendendo per essa il fatto che non ci si dovrebbe arrecar nocumento mentale (ovvero rottura di balle per dirla con il ministro Maroni), con tante storielle che il Potere illuminante e non illuminato costruisce a proprio conforto e vantaggio.
Il Potere può chiedere ed ottenere immediatamente il sequestro delle foto di una festa. Ne siamo lieti, felici, orgogliosi. E' pericoloso che la legge sia uguale per tutti. Correremmo il rischio di vedere felici anche cittadini non potenti, sui quali i potenti possono esercitare il loro fascino (se non fascismo) pronto a mascherarsi da intimidazione (appunto squadrismo).
Per fortuna c'è gente che si accontenta e gode. Topolonek non è un nome da fumetti. Ma quello di un ex primo ministro ceco, Mirek Topolonek. Non sfoggiava abiti eleganti nel giardino sardo del cavaliere, ma girava 'nature'.
Nudo, dicono i pettegoli come il "Corrierone". Mentre due ragazze sotto la doccia erano semplicemente "in topless", ovvero come i ciclisti nella pista del Vigorelli "in surplace", nell'attesa dello scatto detto anche "colpo di reni".
Ma non è una colpa essere belle, "in topless", nella doccia della villa del cavaliere, in attesa dello scatto detto anche "botta di culo". Felici di aver volato, dicono altri pettegoli, con "voli di Stato". E che sarà mai... Sono voli scomodi per quanto pieni di lusinghe oltre che di spifferi.
Per fortuna c'è gente che il "colpo di reni" dell'intelligenza e la "botta di culo" della notorietà non li spreca, ma li usa per parlare chiaro.
L'ex della fanciulla in fiore ha preso penna e carta (ci sono testimoni che non ha preso carta e penna), per farci sapere che lui chiama il presidente (tutto maiuscolo nella sua testa e nel suo scritto, noi disobbediamo trascrivendo), ovvero Berlusconi, con l'appellativo di "uomo del popolo", di amico di tutti ma soprattutto di "Mendicanti, Poveri" (ai quali lasciamo rispettosamente l'iniziale maiuscola per pregiudizio politico).
L'ex della fanciulla in fiore desta tanta umana simpatia: vorrebbe querelare "Repubblica", ma purtroppo non può permettersi "un avvocato penalista". Il ragazzo non sa che i penalisti del cavaliere sono disposti a lavorare gratis per lui, se soltanto lui facesse loro l'onore...
L'ex della fanciulla in fiore è un pentito dichiarato. Chiede scusa "per il clamore che ha suscitato" la sua storia d'Amore (la maiuscola è nostra, lo ammettiamo). Non sa che l'amico del popolo (Popolo?) è stato definito da un illustre intellettuale (Ernesto Galli Della Loggia, su "Style") quale interprete perfetto di un modello socialmente volgare (usiamo parole nostre nel tentativo di riassumere il lungo discorso di EGDL).
Modello volgare non voluto dal cavaliere ma a lui imposto dai tempi in cui è costretto a vivere in quest'Italia che (sottolinea EGDL) mostra chiappe e mutande "a chiunque voglia sbirciare". Appunto, in attesa del faticoso "colpo di reni" dell'intelligenza può venire in soccorso la "botta di culo". Come volevasi dimostrare.

30.05.2009
Ostellino birichino
Anche Piero Ostellino si mette a fare il birichino... Conclude oggi la sua rubrica settimanale del "Corriere della Sera" con una battuta che un tempo si sarebbe definita grassa, ma che oggi non turba più nessuno. Laddove egli scrive che c'è in molti italiani la speranza nella caduta del tiranno (Berlusconi) «inciampato in un pelo "di quella cosa"», alludendo ovviamente a ciò che tutti comprendono parlandosi di frequentazioni di fanciulle in fiore.
Ma la conclusione di Ostellino va messa da parte, perché ciò che preoccupa è invece l'analisi catastrofica che la precede (la provoca?).
In questa analisi Ostellino scrive che "L'Italia non è ancora entrata nella modernità" perché i suoi intellettuali "non hanno ancora imparato a porsi" quella fondamentale domanda empirica che ruota al "come" stanno le cose.
Ostellino è un pensatore di indubbio valore. Ma lo scarto iniziale del suo ragionamento mette timore. Perché i cittadini dovrebbero delegare agli intellettuali (e non incaricarsene anche loro stessi) la domanda appunto su "come" stanno le cose?
Democrazia vorrebbe che tutti (od almeno molti) si ponessero quella domanda. (Poi Ostellino accusa gli intellettuali di chiedersi il "perché" delle cose, per affidarsi al "dover essere", mentre basterebbe attenersi all'"essere"... Uffa, quante inutili forme filosofiche per sfoggiare sapere...)
Dato che non abbiamo la pretesa di volare alto come Ostellino, noi rivendichiamo soltanto il diritto di interloquire sulle cose del nostro Paese, senza dovere ogni volta chiedere l'autorizzazione ad Ostellino per poter parlare.
L'illustre commentatore infatti liquida il problema italiano con una veloce divisione del popolo in due metà, quella "aggrappata a un imprenditore"... etc., e quella ridicola che dà del "tu dmocratico" al cameriere ma pretende il "lei conservatore" sognando appunto ed infine che il tiranno sia inciampato in quel pelo di "quella cosa" lì.
Va bene, illustre Ostellino, che scrivere ogni settimana un pezzo brillante richiede a volte sforzi sovrumani, ma noi preferiamo al suo articolo approdato al pelo della fanciulla in fiore, la lettera che sulla stessa pagina del "Corriere" si legge a firma di Sergio Caroli, a proposito di un intervento del prof. Vattimo.
Il lettore osserva giustamente che il 19 novembre 2008 una diciassettenne sedeva riverita ospite al tavolo del presidente del Consiglio in un pubblico ricevimento ("cena ufficiale del governo") con le grandi firme della moda...
Belle forme per grandi firme? Osserva il lettore Caroli: "Purtroppo dalla Controriforma in poi impera, nello spirito pubblico del Belpaese, l'inveterata abitudine della doppia verità", riassumibile nella battuta carducciana di un piede in chiesa e l'altro nel casino.
Noi sottoscritti non apparteniamo alla schiera che osanna l'imperatore o a all'Italia che dà del tu al cameriere e pretende il lei in risposta.
Ci crediamo sufficientemente vaccinati per sapere distinguere fra la forza di un pelo ed il peso di una menzogna politica espressa da troppe persone ormai per negare un fatto evidente, e denunciato per prima dalla consorte del capo de governo. Una diciassettenne a tavola. Non a letto, a tavola. Chiaro? Ma che ci stava a fare, in una cena ufficiale?
Il problema è semplice, molto più semplice di quanto non pensi Ostellino per negare ai cittadini "semplici" (come dicevano una volta i cronisti politici) il diritto di sapere le cose, perché Ostellino vuole affidare tutto all'empirismo degli intellettuali.
Ma sinceramente sia gli intellettuali sia il loro empirismo (consistente nel cercare la scorciatoia per il potere e saziarsi a volontà alla sua mensa) ci hanno sempre fatto leggermente nausea, sin dall'ottavo mese della gravidanza di nostra madre.

30.05.2009
Fuori casta
Non soltanto "fuori sede", ma anche "fuori casta": è il nuovo magnifico rettore dell'ateneo di Bologna, il latinista Ivano Dionigi, 61 anni.
Nato a Pesaro, fu avviato dalla famiglia all'unico rifugio culturale per zone geografiche ed ambienti sociali "dove c'erano pochi soldi" (come ricorda su "Repubblica di Bologna" Mauro Alberto Mori), fu avviato cioè al seminario, e poi dirottato da un prete saggio all'Università, "meglio Bologna".
Sì perché allora (ho soltanto sei anni più di lui, apparteniamo quindi alla stessa generazione), allora nelle nostre zone della bassa Romagna o delle Marche vicine, si diceva proprio così "meglio Bologna", facendo il paragone con la famosa Urbino ventosa, facile da raggiungere con una vecchia sgangherata corriera.
Da Urbino alcune mie colleghe "bolognesi", ad esempio, erano scappate perché qualche docente aveva il vizietto di invitarle a casa per discutere di argomenti d'esame, e di riceverle in pigiama...
Un celebrato docente non dirò di dove, vi intraprese la carriera mezzo secolo fa, divenendo famoso per meriti suoi, ma allora non si associava la sua "partenza" in ateneo con la presenza costante in quella città della madre, dai concittadini chiamata (per scherzo ma non troppo) "il corpo accademico".
Tornando a Dionigi: "fuori casta", dunque, uno della gente venuta dal nulla, bella immagine per l'Italia d'oggi, come lo fu per noi ragazzi del Sessanta la figura di Ezio Raimondi, figlio di un calzolaio (vedere "Conversazioni", 1998, p. 11), e già allora personaggio conosciuto a livello mondiale. Ed ancora sulla breccia ad 85 anni.
Auguri, rettore Dionigi, a lei ed ai suoi collaboratori delle "umane lettere" che sono alla base di tutto quanto la vita passa sul tavolo del convento comune, e che sono al centro del lavoro de "La permanenza del classico", un'organizzazione a cui lei ha dato vita.
Auguri per rendere più umana questa cultura, questa società, avvolte nel leghismo barbarico del problema (falso) della difesa dell'identità.
"Bologna dovrà tornare a fare scuola", ha detto Dionigi. Ha ragione. Lo aspettiamo alla prova, tutti quanti abbiamo a cuore la sopravvivenza della nostra civiltà. Che non è minacciata dalle invasioni dei disperati ma dalla disperazione che provocano ignoranti, ingordi e buffoni che ci affliggono come e quando ve lo lascio aggiungere di vostra mano e di vostra mente.

30.05.2009
Veri religiosi
Due giorni fa "Repubblica" ha pubblicato il testo del priore Enzo Bianchi su "La vera ricchezza". Vorrei soffermarmi sul passo evangelico dove si legge: "Tutto tra loro era comune... nessuno era bisognoso".
Enzo Bianchi si chiede: "... perché insistiamo tanto su altri aspetti dell'agire morale, mentre preferiamo essere tiepidi o addirittura tacere sulla necessità della condivisione materiale dei beni, via maestra per eliminare, o almeno attutire, il bisogno e la povertà?".
Domanda retorica si sarebbe detto un tempo, ed il priore di Bose sa bene che è anzitutto una domanda politica, e (dal tempo dei tempi) relativa all'essenza dei rapporti economici che all'interno della polis si creano e si strutturano come base di tutto il resto della vita sociale.
Scendendo dalla storia alla cronaca, v'immaginate che oggi un povero Cristo scenda nelle strade a dire quella cosa? Beh, è tutto molto più comodo per molti anche ecclesiastici parlare di altre questioni. Anche perché la memoria della cronaca rimanda a certe storiacce, tipo Ior, Marcinkus, Roberto Calvi etc.
Nell'ultimo numero del "Messaggero" antoniano, c'è un articolo della principessa Alessandra Borghese misteriosamente elevata da qualche tempo al rango di teologa per "Via della Conciliazione" (titolo della sua rubrica)... La principessa racconta che "complice la crisi, stanno diminuendo tutti i consumi tranne quelli culturali".
Lei non sa che in Italia i consumi culturali sono talmente bassi (vendite di libri, ad esempio) che se scendono anche di poco scompaiono del tutto. Lei invece su un dato inesatto (dirò poi perché è inesatto), ricama la teoria che questa rinascita sia dovuta a "forti ripensamenti" anche religiosi, alla fine del Sessantotto dopo un trionfo di trent'anni (?), etc.
Perché è inesatto il dato citato dalla principessa: tra 2007 e 2008 non è aumentata la spesa per i libri (dati Confercommercio, del 22 gennaio 2009), ma si confidava in un aumento per il 2009 (allora appena iniziato....). Le altre cifre confortanti riguardano il settore ricreativo e tempo libero, nel quale rientra qualcosa di molto lontano dal libro e dal sapere. Cioè una vacanza in riva ad un lago od al mare che fa salire il bilancio turistico, non può interessare anche il consumo di cultura.
La nostra principessa conclude che "in tutti sta crescendo il desiderio di fare meglio", "per far ripartire la nostra società". Lei non lo ha scritto, ma l'ha certamente pensato, un "grazie Silvio".
Principessa la colpa non è sua, ma di chi le affida certe pagine che un tempo erano molto serie, e che adesso sono decadute se hanno potuto ospitare sino a poco tempo fa uno psichiatra massone ("amico" della Massoneria, era detto in pubblico) e definito pomposamente e falsamente pure "teologo". Padre perdona loro... (il "Messaggero" entra in casa mia da un secolo...)

29.05.2009
Che strano tic
Che strano tic, ministra Carfagna, domina nel suo partito. Quello di sostenere che il presidente del Consiglio ("uomo leale, perbene e rispettoso" costretto a vivere in un "mondo popolato di gran cafoni"), ha interpretato "le speranze e i sogni degli Italiani", traducendoli pure "in realtà".
Lei lo scrive in una lunga lettera ospitata dal "Corriere della Sera" di oggi. Forse per rispondere a Dacia Maraini che aveva espresso la sua solidarietà alla divorzianda consorte del capo del governo. La quale ormai ex consorte, come si sa, aveva usato parole forti contro il marito, accusandolo di frequentare minorenni e di non stare bene.
La ministra Carfagna quando parla di "Italiani" logicamente sottintende l'aggettivo "tutti" che le appare un'ovvia ed inutile precisazione, perché Lui è (secondo lei) tutti noi.
No, illustre ministra. Lui è il governo. Chi governa non interpreta speranze e sogni di "tutti", ma agisce (dovrebbe agire) nell'interesse del Paese, non mirando ad avere un consenso universale, perché questo consenso universale in politica ha un nome diverso.
Ce lo conceda, ministra: essere governati non significa essere dominati. Il rispetto verso la carica è cosa diversa dalla condivisione dell'opera di chi la occupa pro tempore.
Lei stessa si contraddice quando, dopo aver sostenuto che il suo idolo interpreta e realizza speranze e sogni degli Italiani, è costretta a volare più basso per ammettere che viviamo "in un mondo popolato di gran cafoni". Alla quale categoria certamente lei non accosterebbe mai il suo capo. E pure su questo protremmo essere in disaccordo citando fonti di stampa estera...
Non è l'unica contraddizione: "tutto il resto", lei sostiene, "sono affari suoi". Eh, no, ministra. Non sono "affari suoi" certe cose che la consorte attribuisce al capo del governo. La consorte ha denunciato: viviamo in un Paese che "per una strana alchimia" permette di tutto al suo capo.
Berlusconi è stato paragonato dalla moglie ad un imperatore che si diverte, ad un "drago" a cui si offrono "vergini".
Forse è giunto il momento per voi politici di governo di smetterla di tediarci con prediche che non rispondono al principio primo della questione, posto appunto dalla signora Miriam Bartolini in Berlusconi. Ma ciò vi fa comodo per far campagna elettorale (dappertutto tranne che in Sicilia, ci par di capire...).
Lei, ministra, invoca un Paese dove "chi governa sia giudicato "per come governa". Appunto. Per questo non può dire, Berlusconi, di avere tutti gli italiani dalla sua parte. Se lui governa pensando così, è fuori della logica democratica.
Lei, per chi ha diverse opinioni rispetto alle sue ed a quelle del suo capo, propone di "sporcarsi le mani" affrontando i veri problemi e "le questioni che interessando alla gente".
Affermazione ridicola in una Paese libero. Mi ricorda quanto piccata ci rispose un'assessora, per una questione urbanistica sollevata due anni fa in una pubblica lettera. Lei è finita in Parlamento, a noi è stato impedito di scrivere oltre su quel foglio, come semplici lettori autori di lettere aperte. Un dettaglio, su come funziona la democrazia in Italia. Per questo non ci stupisce l'arroganza di un ministro la cui cultura di governo la porta ad accusare una "follia collettiva" che guarda la politica dal buco della serratura. Si decida: la "follia collettiva" presuppone tutto l'opposto di quel consenso che lei attribuisce al capo del governo.

27.05.2009
Il conte zio di Silvio
Il tono aggressivo dimostrato ieri sera in una trasmissione televisiva da un ministro contro il direttore del quotidiano "la Repubblica" ed il segretario del Pd, ricevendo aiuto convinto ed altrettanto violento dal direttore di un settimanale della sua "area", dimostra soltanto che ormai "in partibus fidelium", tra i devoti seguaci del cavaliere, non esiste più la capacità di articolare ragionamenti ma soltanto di sfoderare offese.
E’ la tecnica estrema di chi avendo torto, e sapendo bene di non poter razionalmente spiegare le cose, ricorre soltanto alla diffamazione. Come dimostra il particolare riguardante il giovane intervistato dal quotidiano romano nella sua qualità di ex fidanzato della fanciulla in fiore. Sul quale giovane si sono aperte le porte del casellario giudiziario con rivelazioni che non toccano la sostanza delle cose da lui narrate, ma la sua figura e quindi la sua ipotetica credibilità.
C’è in giro molta "rabbiosa intolleranza" e non soltanto verso "il genere femminile": come osserva giustamente Dacia Maraini in un’intensa lettera di solidarietà a Veronica Lario, sul "Corriere della Sera" di oggi.
Questa "rabbiosa intolleranza" usata come arma strategica nel dibattito pubblico e come strumento per chiudere la bocca alla stampa non inchinata verso la mecca di Arcore, è molto pericolosa. Potrà sfuggire a molti, oggi, afflitti da problemi personali ed economici più pressanti, ma non va lasciata nel dimenticatoio, facendo finta che non esista.
Questa "rabbiosa intolleranza" è soltanto una nuova tappa di quel modo di fare politica ed informazione che gran parte delle maggioranza di governo usa per nascondere la polvere sotto il tappeto. Recuperando la tecnica ridicola che trionfa nei tg pubblici, dove un esponente dell’opposizione non può dire che il cielo è nuvoloso senza che non si offra agli spettatori il triplice commento del portavoce del governo, del portavoce della maggioranza, del portavoce del principale partito della maggioranza di governo. Per cui si torna a quella informazione ridicola che una sera del 1966 fece dire al tg della Rai che pioveva su Firenze, mentre la città era già tutta alluvionata.
E’ la tecnica del "sopire, troncare […] troncare, sopire" suggerita dal conte zio al padre provinciale, superiore di padre Cristoforo. In un colloquio che culmina con la larvata minaccia del conte zio ("Lei vede; siamo una casa, abbiamo attinenze…"), e la rassegnazione del padre provinciale: "Cospicue" deve ammettere su quelle "attinenze" che l’interlocutore precisa meglio con una piccola aggiunta: "Lei m’intende: tutta gente che ha sangue nelle vene, e che a questo mondo…".
Siamo sempre, come diceva Sciascia, all’Italia dei "Promessi sposi". Con la non piccola e non ovvia differenza che il conte zio aveva potere e sapeva gestirlo senza destare scandalo. Infatti non urla contro padre Cristoforo, insinua un verità assoluta: "..lei sa meglio di me che soggetto fosse al secolo, le cosette che ha fatte in gioventù". Ed il padre provinciale è costretto ad ubbidire, "Mi vien chiesti per l’appunto un predicatore da Rimini…".
Allora quel ministro, quel direttore di giornale, quegli avvocati di casa Berlusconi abbiano l’umiltà di leggersi il vecchio Manzoni come se fosse un trattato di teoria politica uscito oggi (e magari negli Usa), ricordandosi che la parte offesa è prima di tutto quella signora a cui oggi Dacia Maraini ha rivolto le sue parole. E, tra quella parole, leggano bene soprattutto il passo dove Dacia Mariani spiega che "i cittadini hanno il diritto di sapere se un loro governante sia in condizioni gravi di doppiezza e ricattabilità".

26.05.2009
Cossiga sa tutto
Sul caso della fanciulla in fiore, il primo a rivelare certi oscuri retroscena è stato Francesco Cossiga. Ne abbiamo parlato il 16 maggio, citando una sua confidenza al "Corriere della Sera": sulla storia di Casoria, Berlusconi pensa di essere "stato attirato in una trappola". Ma non si riferisce né alla sinistra né ai giornali quando parla di "congiura". "No, lui pensa ad altro". Testuali parole di Cossiga.
Quale trappola? Abbiamo ipotizzato quei servizi che una volta si chiamavano deviati, e dei quali l'ex capo di Stato si vanta di essere un buon conoscitore.
Due giorni fa il ministro Rotondi ha ripreso il sugo del discorso: "Il premier è oggetto di un'operazione di destabilizzazione. Essa avviene con gli strumenti di tutti i casi precedenti [...]. Allora si parlava di servizi deviati, oggi anche in questo settore c'è una proficua privatizzazione".
A parte che non crediamo possibile che Franceschini abbia in cassa i soldi per pagare gli agenti segreti all'Avana, resta il senso del discorso di Rotondi. Qualcuno ha manovrato contro Berlusconi? Oggi il ministro ribadisce: "C'era un piano per indurre Berlusconi a dimettersi ma gli italiani sapranno la verità".
Cossiga nel pomeriggio attraverso l'Adnkronos smentisce Rotondi: in passato non è mai successo nulla di simile, come invece il ministro aveva suggerito parlando dei casi Piccioni, Donat-Cattin, Leone...
Tutto per Cossiga si riduce ad un gioco di malelingue che manovrano per vincere le elezioni. La parola magica che egli usa è gossip. Ma le denunce della signora Miriam Bartolini sono qualcosa di diverso: "La strada del mio matrimonio è segnata, non posso stare con un uomo che frequenta le minorenni".
Cossiga oggi smentisce anche se stesso sul Berlusconi "attirato in una trappola". Perché? Sa tutto, non vuol parlare e fa anzi marcia indietro. Gli italiani sapranno la verità, dice Rotondi. Ma quale verità? La signora Bartolini ha chiesto il divorzio dal cavaliere. Oppure è gossip manovrato dalle sinistre? Perché Rotondi e Cossiga negano l'evidenza che tutto è partito da quanto detto dalla signora Bartolini?

25.05.2009
Per dirla tutta
"Per dirla tutta", ha scritto oggi Piero Ostellino (fondo del "Corriere della Sera"), i giornali sono "prigionieri" di un modo di fare informazione basato "più sui retroscena di Palazzo che sull'analisi politica".
Per dirla tutta, il bello è che per ricevere questa "mala informazione" (definizione di Barbara Spinelli sulla "Stampa" del 17 maggio 2009) il cittadino paga direttamente prima i quotidiani e poi gli effetti negativi che essa riversa sulla vita sociale.
La signora Spinelli aveva spiegato: "La menzogna viene (...) dai governanti, e in genere dalla classe dirigente: che non è fatta solo di politici ma di chiunque influenzi la popolazione, giornalisti in prima linea". Aggiungendo poi: "I fatti sono reali, ma se vengono sistematicamente manipolati (omessi, nascosti, distorti) la realtà ne risente, ed è così che se ne crea una parallela".
La conclusione di Ostellino è anch'essa severa come la pagina della signora Spinelli: questa informazione che non informa e che racconta soltanto i retroscena di Palazzo evitando ogni analisi politica, provoca la "disaffezione della gente per la cosa pubblica". Per dirla tutta, favorisce l'erosione della democrazia.
Le notizie scompaiono. Lo aveva sostenuto tempo fa Marco Travaglio, e fu definito un estremista. Lo hanno scritto la signora Spinelli che non può essere messa nella stessa compagnia di Travaglio, ma qualificata come uno spirito illuminato (o illuminista se non s'offende nessuno), e Piero Ostellino che si chiama "liberale", e quindi è agli antipodi di ogni "estremismo" alla Travaglio.
Ed ai grandi dimenticati, nascosti, odiati da alcune forze di governo al punto da volerli far "scomparire" dal suolo italiano, ovvero agli immigrati, ha dedicato la sua attenzione oggi l'assemblea dei vescovi con il discorso del cardinal Angelo Bagnasco. Che ha citato il "valore incomprimibile di ogni vita umana, la sua dignità, i suoi diritti inalienabili". Ed ha detto, allargando il discorso ad altri aspetti, che occorre un fisco più equo e che bisogna migliorare gli ammortizzatori sociali.
Dunque, i grandi moderati come Ostellino e Bagnasco non amano la maggioranza che governa l'Italia. Per dirla tutta anche loro non ne possono più. Sino ad oggi Berlusconi se l'è presa con "Repubblica". Ma domani?

24.05.2009
Le tre scarpe ci sono
Ho scritto l'8 maggio: "La questione (seria) è quella di molti esponenti del Pd che tengono i loro due piedi (nonostante tutto non possono averne un altro di riserva) in tre scarpe diverse".
Oggi trovo autorevole conferma al mio discorso in un pezzo di Furio Colombo su "l'Unità". Il quale denuncia il "cauto, rispettoso, collaborativo silenzio" del centrosinistra che "non ha intaccato l'immagine del presidente-padrone" Berlusconi.
Dunque le tre scarpe ci sono, eccome. Concita De Gregorio, il direttore del giornale, ne dà conferma nell'editoriale. A proposito delle interviste raccolte fra molti giovani, osserva che il loro smarrimento è calato "dentro una sinistra che - dicono - non mostra il coraggio necessario a voltare pagina rispetto alle vecchie logiche di compromesso e di gestione del potere". Il direttore aggiunge: "E' venuto il tempo, davvero, di smettere di baloccarsi coi reciproci risentimenti fra sessantenni professionisti della politica".
Stefano Folli ha perso la sua proverbiale cautela nell'editoriale odierno del "Sole-24 Ore". Dice già tutto il titolo: "La favola della casta e le riforme negate". Stradice l'inizio: "I grandi statisti si riconoscono da come costruiscono o ricostruiscono un sistema istituzionale". Dove si anticipa la conclusione logica del discorso: Berlusconi non è uno di questi "grandi statisti". Perché, leggiamo nella chiusura del pezzo, i deputati che oggi secondo Berlusconi gli impedirebbero di governare, sono stati scelti dalle segreterie di partiti (e non dal popolo "sovrano"). "Gli statisti capaci di ricostruire le istituzioni non avrebbero compiuto un simile errore". Cioè quello di "accusare questi parlamentari, del tutto ligi a chi li ha scelti, di bloccare l'attività di governo".
Angelo Panebianco nel fondo sul "Corriere della Sera" affronta "Il paradosso del nuovo Fini". Panebianco dichiara di non capire quale convenienza muova Fini. Ribadisco la mia opinione, espressa il 21 maggio: Fini ogni giorni che passa prende sempre più le distanze dalla linea personale di Berlusconi, perché non vuol recitare la parte dell'eterno "giovane di studio" sino alla pensione. Questa è la "strategia" su cui s'interroga Panebianco che dottamente disquisisce della differenza tra convinzione e convenienza. Ma se si stesse più terra terra si arriverebbe a concludere che Fini "il nuovo" ha bisogno di presentarsi come un "usato sicuro" rispetto a chi (Berlusconi) è secondo lui un "usato da rottamare".

24.05.2009
Notizie all'asta
Diego Della Valle ha ragione? Le notizie sul web vanno pagate? "Regalare ciò che costa è insensato", ha detto al dibattito di Bagnaia sul "Quotidiano in classe" (il primo convegno si tenne a Fiuggi nel 1970 circa, e vi partecipai come insegnante "sperimentatore").
Proviamo a rovesciare un po' il discorso da "ciò che costa" a "ciò che vale". Non lo diciamo noi, che siamo dalla parte dei lettori. Lo osserva Lucia Annunziata che sta dall'altro lato della barricata: "Per farci pagare l'accesso al Web avremo dunque bisogno di grandi cose".
Ma quali "grandi cose"? Il timore, sia detto senza offesa per nessuno, è che si troveranno sempre finanziatori pronti a pagare di più le "cose non dette" (da non dirsi mai) che risolveranno il problema. Garantiranno l'accesso gratuito al giornalismo "libero" sul web ("libero", ovvero gratuito, anche se censurato).
Infine: se dovremo pagare, chi stabilirà il prezzo? Ovvero chi deciderà il valore di una notizia? Perché dovremmo pagare per retroscena che non dicono nulla, non hanno mai detto nulla, e sono serviti soltanto alla carriera dei loro autori?
Non cambierà nulla: se è "insensato" regalare le notizie, non lo è mai stato metterle all'asta per pubblicarle o meno.

23.05.2009
Senza vedersi
Non vogliono vedersi, né i dipietristi né i casinisti, con Franceschini che aveva loro proposto una reazione unitaria all'attacco del capo del governo contro il Parlamento.
Sfugge sia ai dipietristi sia ai casinisti che l'unione fa la forza e che la divisione favorisce Berlusconi.
Casini si accontenta e gode del principino ballerino. Un Savoia reduce dai trionfi televisivi porterà forse voti, ma di gente dalla memoria corta o nulla. Sia per quanto riguarda le vecchie colpe di Casa Savoia sia per ciò che concerne la vita politica presente.
Siamo travolti dal trionfo del vuoto televisivo. Dalla cattiva informazione. Dalle smentite di un premier che nega tutto quello che ha detto due o tre giorni prima.
Anche oggi se l'è presa con i giornali. La stampa è stata "sconcia" su Noemi, ha detto. Ma come osserva il "Guardian" di Londra di oggi, è stata sua moglie, la signora Miriam Bartolini, a dire «che non può più stare con un uomo che "frequenta minorenni" e che egli "non sta bene"».
E saremo travolti dall'incapacità di due leader di partito come Di Pietro e Casini di percepire che, aldilà della strategia elettorale (malattia eterna della politica d'Italia, dove ogni anno o quasi si vota), c'è un obiettivo che dovrebbe essere caro a chi si sente veramente legato alla Costituzione: salvare il salvabile, oggi, prima che sia troppo tardi. Perché come ha spiegato oggi Berlusconi, lui può fare qualsiasi riforma con la forza parlamentare che ha.
Tra qualche anno lo schiaffo dato da Di Pietro e Casini a Franceschini sarà ricordato nei libri di storia. Come l'ultimo atto comico di una situazione seria se non drammatica.
Rileggiamo il "Guardian": «... quando un giornalista di Repubblica ha provato a fargli una domanda questa settimana, Mr. Berlusconi ha perso le staffe. "Che diritto ha di fare domande?", ha gridato. La risposta, in una società democratica, deve essere: "Tutti i diritti del mondo". "Repubblica" sta combattendo una battaglia solitaria e merita sostegno».
Queste sono le vere questioni della democrazia italiana, il controllo di un potere abusato. E non i sottili distinguo di Di Pietro e Casini. Da oggi sappiamo chi potrà gloriarsi per non aver capito nulla della politica italiana di questi giorni e dell'immediato futuro che ci attende.

22.05.2009
Testimone cercasi
Da Bruxelles il 21 giugno 2008, l'inviato della "Stampa" Augusto Minzolini raccontava questo sfogo di Silvio Berlusconi contro il giudice Nicoletta Gandus, presidente del collegio milanese che ha giudicato l'avvocato inglese di cui si parla tanto in questi giorni: «Un testimone mi ha raccontato che ha detto ad un altro magistrato: ''A Berlusconi gli facciamo un c. così. Gli diamo una condanna di sei anni e poi vedremo come farà il presidente del Consiglio"».
Questa citazione è ripresa oggi (in un articolo intitolato "Frottole e calunnie" su "Repubblica") da Giuseppe D'Avanzo il quale scrive: "Quel testimone non è mai esistito, quella conversazione non c'è mai stata".
Minzolini aveva scritto nel suo pezzo che Berlusconi "ha trattato i giudici di Milano alla stregua di congiurati che complottano contro la volontà popolare".
Aggiungendo: "E visto che il duello con un certo tipo di magistratura è di quelli che si ricorderanno, Berlusconi ha voluto tracciare una linea che divide quelli che stanno con lui da quelli che gli sono contro: non per nulla Casini, l'altra opposizione, si è precipitato a dichiarare di essere d'accordo sul «lodo Schifani». O di qua, o di là, quindi, visto che ormai siamo alla battaglia decisiva. Lo dimostrano le parole estremamente dure del Cavaliere sui magistrati".
Proseguiva Minzolini: "L'accusa del Cavaliere è di quelle pesanti: ci sono dei magistrati che vogliono ribaltare il risultato delle elezioni. «Io - è il j'accuse del Cavaliere - non permetterò che il voto degli italiani sia messo in discussione da alcuni infiltrati nella magistratura. Ho patito 15 anni di persecuzione. Nel '94 ho visto sovvertire il voto popolare per un'accusa insistente. Non succederà ancora. L'accusa nel processo Mills non esiste, è un'invenzione di pm e giudici. Non c'è nulla di vero. Lo giuro sui miei cinque figli. Se dovesse mai emergere anche la più piccola ombra io non solo mi ritirerei dalla vita politica ma andrei all'estero».
Della storia del testimone del "c. così" da fare a Berlusconi, non c'è traccia in altre corrispondenze da Bruxelles su "Corriere della Sera" e "Repubblica" del 21 giugno 2008. Quindi è sicura l'esclusiva di Minzolini.
Come è sicuro, secondo D'Avanzo, che "Quel testimone non è mai esistito, quella conversazione [della signora Gandus] non c'è mai stata". Dunque, altra frottola ed altra calunnia, intitola il giornale romano.
A questo punto deve intervenire la Rai, con "Chi l'ha visto?". E' o no un servizio pubblico? Deve cercare un testimone, quel testimone, e se non lo si trova, qualcuno si offra per quel ruolo. Lo richiede il giuramento del signore di Arcore sui suoi cinque figli.
"Scagliò la prima pietra.
Era senza peccato?
La gente non sapeva,
era uno smemorato".

21.05.2009
Scorciatoie
"Sono un rivoluzionario e penso che sia più facile fare una rivoluzione che le riforme". Così Berlusconi risponde alla presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, che lo ha sollecitato a fare le riforme mettendo a frutto quel consenso conquistato e che costituisce un "patrimonio politico straordinario".
Questa definizione di "rivoluzionario" è stata usata in un contesto particolare. Perché Berlusconi le ha affiancato un attacco al Parlamento: ha tutti i poteri ed è "pletorico". Quindi è "inutile e controproducente". Ovviamente rispetto alla sua idea di un uomo solo al comando. E' una definizione che illustra bene la volontà di Berlusconi di percorrere scorciatoie per realizzare il suo programma. Non tanto un suo nascosto intento di fare scendere in strada i suoi seguaci. Però anche le scorciatoie retoriche diventano pericolose, perché le teste si surriscaldano ascoltando le parole.
Fini ha risposto difendendo in pratica l'attuale Costituzione. Fini ogni giorni che passa prende sempre più le distanze dalla linea personale di Berlusconi. Inevitabile. Se non vuol recitare la parte dell'eterno "giovane di studio" sino alla pensione.
La novità del giorno è però un'altra: Berlusconi è stata smentito da "Repubblica". Con la storia di quella cena a Villa Madama a cui ha partecipato la fanciulla in fiore napoletana, sconosciuta a tutti e senza genitori al fianco, il 19 novembre 2008, in mezzo al fior fiore del Made in Italy.
Così il quotidiano romano ha aggiunto una nuova domanda alle dieci a cui il capo del governo non ha voluto sinora rispondere: "Perché ha mentito agli italiani (e stavolta persino ai francesi)?". Il cavaliere aveva sempre sostenuto di non aver mai incontrato la giovane da sola.
Una risposta potrebbe essere suggerita da due articoli di oggi. Lietta Tornabuoni su "La Stampa" sottolinea come il parlare politico sia "ambiguo, impreciso, senza notizie".
Alexander Stille su "Repubblica" mette sotto accusa "un giornalismo impaurito e fortemente condizionato". Anche per colpa dell'opposizione. Oggi "non contano più i fatti". Ma solo, per ripetere le parole di Lietta Tornabuoni, il parlare "ambiguo, impreciso, senza notizie".
Due esempi di questo tipo di parlare, presi non dalle questioni giudiziarie dibattute in questi giorni (oggi Berlusconi ha rinnovato l'attacco ai pm "estremisti di sinistra"), ma dalla cronaca della cena del novembre scorso e dall' intervento di Berlusconi alla Confindustria.
Cominciamo da quest'ultimo. Salutando Emma Marcegaglia ha inventato questo racconto: «Ieri sera è venuta a trovarmi a Palazzo Chigi e un commesso mi ha detto: "C'è di là una velina". Era la presidente, era in gran forma, elegante, tutta vaporosa perchè aveva una cena: sembrava volasse sui tappeti».
La signora Marcegaglia qualche ora dopo, al congresso della Cisl, ha risposto a Berlusconi, dicendo che, pur non avendo nulla contro le veline, preferisce essere accolta, come è successo con Bonanni, come "una persona seria, libera e concreta".
Secondo esempio. Alla cena di Villa Madama, interrogato su chi fosse quella avvenente fanciulla al suo fianco, ha spiegato che era la figlia di carissimi amici che stava facendo uno stage. Dimenticando che per Clinton la fine cominciò appunto con una stagista, Monica Lewinsky. Era il (lontano?) 1998.
Breve annotazione en passat. Non mi sembra di aver letto nei tre principali quotidiani d'informazione nazionali alcun riferimento all'articolo de "Le Monde" di ieri (apparso su internet il 19), dove si parla di "Berlusconi, une histoire italienne", e si dice che nel suo entourage il cavaliere se appare "un po' mentitore" è giustificato con la scusa che rassomiglia ai connazionali.

20.05.2009
Minzolini. Tutta invidia
Comunicato Ansa (dal Corriere della Sera): al Tg1 va come direttore Augusto Minzolini, a cui "viene attribuita l'invenzione del minzolinismo, neologismo nato a metà degli anni '90, inteso come «forma di giornalismo che si basa sulla raccolta di dichiarazioni anche informali di uomini politici, senza alcuna verifica delle informazioni raccolte» ("Annali del lessico contemporaneo", edizioni Esedra)".
La citazione del minzolinismo c'era già stamani sull'"Unità".

20.05.2009
Accordo
Accordo, è la parola chiave, il punto centrale e lo spunto nuovo, anche se non originale, emerso dalla conferenza-stampa di Berlusconi, ieri a Coppito. Nell'Abruzzo terremotato che ha altre gatte da pelare.
La parola "accordo" è stata indirizzata all'inviato di "Repubblica": se il quotidiano romano "cambiasse atteggiamento", ha detto il premier, "potremmo trovare un accordo, ma adesso non rispondo".
All'origine della "proposta" di Berlusconi stanno le famose dieci domande nate dalle dichiarazione della sua seconda moglie, Miriam Bartolini.
Con l'inviata de "l'Unità" il tono è stato molto più severo: "O me ne vado io o se ne va lei".
"Berlusconi avverte l'accerchiamento", commenta Francesco Verderami sul "Corriere della Sera".
Su "La Stampa" Federico Geremicca osserva che ciò che deve "preoccupare davvero" in questo momento (con "l'informazione nel suo complesso" prigioniera di Berlusconi), è il promesso intervento alle Camere: "Ci pensi bene il premier [...] non dia vita a nuovi scontri".
Scontri che saranno inevitabili, alla luce di quella parolina "accordo" fatto balenare come sintesi del dispotismo poco illuminato della corte di Arcore.
Dove non sono sinora riusciti a convincere il re che, se nulla di male egli ha fatto nel caso che ieri lo ha tanto agitato, non c'è bisogno di andare avanti nelle urla e nelle proteste contro tutti e tutto (dalla magistratura ai giornali).
Ed allora vien da dar ragione a Berlusconi. Si agita perché sa che qualcosa di "diverso" si macchina contro di lui per oscurarlo sulla scena politica.
Il 16 maggio scorso abbiamo citato una confidenza di Francesco Cossiga al "Corriere della Sera", citata da Francesco Verderami: per la vicenda storia di Casoria, Berlusconi pensa di essere "stato attirato in una trappola". Ma non si riferisce né alla sinistra né ai giornali quando parla di "congiura". "No, lui pensa ad altro".
Tutto però è iniziato da una normale lite coniugale. La consorte non si è offerta alla concorrenza per colpire il marito.
I fantasmi da cui il premier si sente minacciato li conosce soltanto lui. Ma di certo non nascono dalle pagine di "Repubblica".
La profferta dell'accordo è al centro dell'editoriale del direttore di "Repubblica", Ezio Mauro. Un accordo è "impossibile", scrive, perché "non tutto in questo Paese è 'arrangiabile', risolvibile con qualche patto oscuro".
Il fatto che un presidente del Consiglio offra un "accordo" ad un giornale dell'opposizione, è di per sé sintomo di una concezione politica "padronale" che parte dal presupposto che, dove non si compera, si contratta.

19.05.2009
Noi no. Non siamo inglesi
Un nuovo capitolo si aggiunge alla questione politica che tocca Berlusconi e la sua vita "privata". E' di oggi la notizia che è stata depositata la sentenza che riguarda un avvocato condannato a quattro anni e sei mesi per corruzione in atti giudiziari. Le motivazioni spiegano come l'avvocato "agì da falso testimone". Il capo del governo ha annunciato che ne riferirà in Parlamento.
Da ricordare che la posizione del cavaliere fu stralciata grazie al "lodo Alfano".
Le motivazioni milanesi escono nel momento in cui, a livello internazionale, la condotta pubblica del premier è attaccata severamente dal "Times" di Londra per essersi egli rifiutato di rispondere alle "dieci domande" di "Repubblica".
Per molto meno a Londra, si è dimesso lo speaker (presidente) della Camera dei Comuni, Michael Martin. La terza carica del Regno Unito. In tre secoli, è la prima volta che succede. Non ha commesso nessun reato. Lo hanno accusato soltanto di aver chiuso un occhio sulla faccenda di rimborsi facili ai deputati.
In Italia, ha scritto il "Times" (http://www.repubblica.it/2009/05/sezioni/politica/berlusconi-divorzio-2/times-editoriale/times-editoriale.html), il capo del governo assume comportamenti intimidatori verso l'informazione: "La sua campagna contro la Repubblica sembra un sinistro tentativo di intimidire il dissenso per proteggere una reputazione privata. E' particolarmente di cattivo gusto che egli abbia usato la propria posizione nei media per criticare la propria moglie, insinuando che ella è mentalmente instabile. Queste sono le azioni di un uomo ricco e potente che tratta la politica e i media come feudi. Il signor Berlusconi ha apparentemente scarsa comprensione delle divisioni tra interesse privato e dovere pubblico. Il giornale che lo critica sta facendo un'opera di pubblico servizio per una popolazione malamente governata".
Sempre a proposito di informazione, citiamo Pierluigi Battista che sul "Corriere della Sera" di oggi, a proposito della stampa negli Usa, osserva: il giornalismo americano è "vivace, aggressivo, privo delle ipocrisie che si nascondono dietro la maschera di una imperturbabile neutralità". E' una presa di posizione evidentemente contro la "mala informazione" denunciata domenica scorsa da Barbara Spinelli sulla "Stampa". Sul quotidiano di via Solferino Dacia Maraini a proposito della vicenda che ha dato origine a tutte la questione, quella della fanciulla in fiore napoletana, scrive (come dice il titolo della rubrica settimanale) che "i panni sporchi si lavano in pubblico". In caso contrario si ha "un incitamento generale alla menzogna e alla falsità. Una doppia morale assolutamente immorale, a cui purtroppo ci stiamo abituando con impudente volgarità".
"Repubblica" invece anticipa un intervento di Nadia Urbinati su "che cosa si rischia senza l'informazione" in un Paese democratico.
L'informazione, spiega, "è un bene pubblico come la libertà e il diritto", e quindi come tale "non è a discrezione della maggioranza". Grazie all'informazione si esercita un controllo sul potere, senza il quale controllo "le democrazie moderne sono a rischio".

18.05.2009
Non lui, ma il Signore
Le interviste alla famiglia della napoletana fanciulla in fiore, stanno diventando un problema serio come la questione del papiro di Artemidoro che vede duellare filologi di fama, divisi tra chi ne afferma l'autenticità e chi invece la nega come il prof. Luciano Canfora.
Dunque, il "Times" è stato costretto a smentirsi. La frase della madre della stessa fanciulla è stata riferita in maniera errata.
Noi l'avevamo qui riassunta così il 16 maggio: "La mamma ha confidato di aspettare da Berlusconi per la figlia quella carriera che Berlusconi stesso non ha potuto offrire a lei dopo che lo aveva conosciuto negli anni Ottanta".
Il "Times" adesso precisa (cito dal "Corriere della Sera"): «La signora non si riferiva a Berlusconi, quando diceva "il signore", ma a "il Signore", intendendo Dio. Il che dunque non implica che lei conoscesse Berlusconi negli anni '80. Chiediamo scusa per l'imbarazzo creato».
Il "Times" nella rettifica precisa che la signora, scrive il "Corriere", "non ha parlato direttamente all'autore dell'articolo, Richard Owen, ma con un giornalista italiano non citato, da cui il corrispondente britannico ha tratto il passaggio".
La differenza tra "il signore" (inteso come anche cavaliere e pure Berlusconi) ed "il Signore" ovvero il Padreterno, non è cosa da poco soprattutto perché si riferisce ad un signore che si è spesso definito l'unto del Signore.
Ma queste sono quisquilie, quasi osservazioni pettegole, rispetto ad una questione molto più seria. Che rimanda al famoso verdetto della Sibilla Cumana che disse, come è noto: "Ibis, redibis non morieris in bello". Verdetto che a secondo della posizione di una seconda virgola ("Ibis, redibis, non morieris in bello", oppure "Ibis, redibis non, morieris in bello") assume opposto significato.
Il caso della signora madre della fanciulla in fiore è uguale. Quando lei parlava con i giornalisti, usava l'iniziale minuscola per la parola "signore", ma nella propria mente aveva consapevolmente azionato il tasto della maiuscola.
Ed è un tasto che non va toccato da chi oltre ad essere devoto del Signore invoca grazie (come la figlia della signora) dal "signore": "Voglio fare l'attrice. Oppure la ballerina. Oppure la parlamentare alla Camera". Segnalando una confidenza con Berlusconi, che la fanciulla in fiore aveva espresso in questi termini: "Mi racconta le barzellette. Mi piace tanto quella dei due ministri del governo Prodi che precipitano con l'aereo e vengono violentati dagli uomini della foresta".

05.05.2009
Velata e non velina
Smentite le voci che la accreditavano quale velina od aspirante tale.
La "Velata" al brindisi con "papi" Silvio, papà e mammà, è una strana figura addobbata per una cerimonia religiosa, mentre si trova soltanto al ristorante per festeggiare allegramente la maggiore età.
Ovvero come le apparenze ingannano. O come ci ingannano le foto, secondo le malelingue che ipotizzano ritocchi o fotomontaggi.
Tutto è vero, invece, sacrosantamente vero in quell'immagine. E' finta soltanto l'Italia che vi si rispecchia e proietta.
Lui il papà si dichiara "vecchio socialista riformista".
Sul vecchio, lasciamo soltanto a lui la responsabilità dell'affermazione.
Ma sul "socialista riformista", non abbiamo dubbi. Come si fa a ritenersi tali e poi danzare voluttuosamente con il capo del Popolo della libertà che può essere considerato tutto, ma "socialista riformista" proprio no?
Perché se si dichiarasse tale, il cavaliere correrebbe il rischio di essere querelato da Bobo Craxi.
Il quale lo ha già smentito, Berlusconi, quando questi aveva detto di aver conosciuto il papà della "Velata" nella solenne funzione di autista di Bettino Craxi.
Adesso sappiamo che il papà della "Velata" mai guidò vetture per il segretario del Psi e capo del governo Bettino Craxi. Lo ha smentito Palazzo Chigi, sede del governo presieduto dal cavaliere.
Adesso sappiamo anche sui socialisti, non di oggi, ma di ieri, un'altra cosa.
La comunica al festante Popolo della libertà un senatore noto studioso che ha dichiarato, senza essere stato sinora smentito da nessuno, che il fascismo di Mussolini Benito da Predappio "era di natura socialista".
Fortunatamente non ha aggiunto il senatore noto studioso che la natura del socialismo della dittatura fascista era di stampo riformista.
Perché altrimenti avremmo trovato arruolato nella schiera dei nostalgici anche chi brindava al ristorante con la "Velata" maggiorenne e mammà e papà della stessa fanciulla in fiore.

04.05.2009
Riconoscenza
Si è commosso sino alle lacrime, Mike Bongiorno. Fu incarcerato 65 anni fa a San Vittore dai nazisti, ed è stato scacciato da casa Berlusconi lo scorso anno. Senza un saluto da parte del cavaliere con cui aveva iniziato l'avventura della televisione privata.
Si è commosso ieri sera con Fabio Fazio raccontando tutto ciò, e svergogando lo stile manageriale di Mediaset e del suo capo, ora anche capo del governo.
Questa volta, per il mancato gesto di buona educazione, la colpa era tutta dei maschietti di casa Berlusconi. L'unica signora citata è stata una segretaria del capo.
Di fronte alla lamentale di Mike di non essere stato contattato dal cavaliere, gli ha semplicemente detto di esser stato messo in una lunga lista di telefonate da fare.
Lui. In lista. Mike ha avuto ragione a tirare le orecchie alla maleducazione altrui. Perfetta sintesi del Bel Paese di questi giorni. (O di sempre?)

04.05.2009
Dopo il 25 aprile
C'è sempre un'ora della scelta. Un signore di 82 anni ha risposto su "Repubblica" alla lettera di una coetanea in cui si sosteneva che non tutti i repubblichini era stati volontari ma soltanto costretti ad arruolarsi...
Verissimo, risponde quel signore, ma fra 8 settembre 1943 e 25 aprile 1945 "passarono circa 20 mesi, durante i quali ogni italiano [...] aveva tutto il tempo per decidere da che parte stare".
Chi non condivideva gli ideali fascisti, aggiunge il signore, doveva avere "il coraggio di decidere e fare la propria scelta".
Non releghiamo il discorso soltanto alle celebrazioni del 25 aprile. Estendiamolo alla vita di ogni giorno.
C'è sempre un'ora della scelta. Per ognuno di noi. Si può fingere con gli altri, ma non con se stessi.
Rileggere le pagine della storia di quei giorni lontani, dovrebbe essere un esercizio da praticare prima nelle famiglie, poi nelle scuole.
Ma la conoscenza della Storia fa paura al potere politico che troppo spesso è soltanto mistificazione delle verità sulle cose accadute realmente.

04.05.2009
Brutt'Italia
Nelle ultime ore Silvio Berlusconi è diventato il più illuminante simbolo morale di quell'educazione ecclesiastica (per fortuna non sempre prevalente) che insegna più a diffidare del prossimo che a dubitare di se stessi.
La sua vicenda sentimentale ha mosso i direttori di "Stampa" e "Corriere" ad intervistarlo. Come un fiume in piena, il cavaliere ha accusato la consorte, il mondo dell'informazione, e pure quella politica-spettacolo che lui stesso ha creato felicemente dal nulla. E che gli aveva sinora garantito un solido, brillante successo. Soltanto adesso incrinato dalle storielle circa le veline da candidare alle elezioni europee.
Storielle che SB respinge con sdegno addebitandole alla consorte. Ma partorite, con quel genio perfido che anima soltanto i colleghi di partito, dall'amico presidente della Camera. Al quale fa capo la fondazione "Fare Futuro" sul cui sito sono apparse le storielle riprese poi dalla signora Miriam Bartolini.
La signora spera, come oggi riferisce la sua biografa ufficiale Maria Latella sul "Corrierone", di essere presto dimenticata da quanti, in casa e nel partito di casa, usano la "scemenza" di considerarla "manovrata dalla sinistra".
L'accusa che le rivolgono è dovuta non soltanto a quella educazione cattolica che spinge a diffidare del prossimo (anche il più vicino). Ma pure ad una concezione padronale per cui ogni persona in famiglia deve "usare" soltanto le idee di chi comanda. Del marito in questo caso.
Nella società attuale, "chi comanda" è soltanto il portatore inutile e spesso patetico di vecchie concezioni mandate in soffitta dallo "spirito del tempo". Come dimostra questa vicenda, nelle versione patetica che il cavaliere ci offre.
Lui, il marito ripudiato in maniera brusca ed a male parole, si ribella. Accusa la moglie di avergli giocato per la terza volta durante una campagna elettorale, "uno scherzo di questo tipo", cadendo nella trappola di una "criminalità mediatica".
Di cui lei sarebbe più vittima di lui. Ma lei non cede. Scrive Maria Latella: "Alle amiche racconta che l'Italia del momento è uno specchio che riflette brutte cose...". Un Paese "in cui nessuno vuole più fare sacrifici perché tanto la fama, i soldi, la fortuna arrivano con la tv...".
Ma la signora Bartolini in casa non è l'unica a pensarla così. Ricordiamo analoghi concetti espressi tre anni fa da sua figlia Barbara contro la tv di famiglia ("Ai miei figli non farei mai vedere Buona Domenica e i reality show"). Ricevendo da Maurizio Costanzo la qualifica di "giovinetta con la scienza infusa".
Le accuse della signora Bartolini contro questa brutt'Italia sono simili a quelle di Rosy Bindi. La quale sostiene che c'è "la connivenza del Paese che non s'indigna di fronte alla pretesa immunità morale del proprio presidente del Consiglio".
Sgarbi con la dissacrante lucidità da "lettore" di figure d'arte, parla del fallimento del matrimonio di Berlusconi come di "un fallimento politico".
A noi modestissimi "lettori" rinchiusi entro quattro mura provinciali, la vicenda sembra annunciare pericolosamente una terribile campagna d'estate: con il grande capo che triturerà la ex moglie a tal punto che lui stesso sarà oscurato agli occhi dei suoi fedeli.
Che poi poco o molto cambi in politica, è un discorso che non dipende più soltanto da lui o da lei. Il terzo incomodo può chiamarsi Fini, ma può anche essere Casini grazie alle attenzioni vaticane sulle cose d'Italia.

03.05.2009
Strane alchimie

Speciale/
Miriam Bartolini, in arte Veronica Lario
divorzia da Silvio Berlusconi

L'Italia, con angosciante chiarezza ha confidato a qualcuno la moglie del capo del nostro governo, è il Paese che tutto giustifica e tutto concede "per una strana alchimia" che impedisce stupore e scandalo.
Un Paese (aggiungo) che non stupisce, perché ha allevato sempre gli Arlecchini servi di due padroni. Si è retto sulle indulgenze plenarie. Si è giustificato accusando le vittime di non aver anticipato con una mossa furba l'azione dei violenti che le hanno colpite.
E' un Paese in cui il mito ha alimentato l'educazione, a partire dal Balilla mussoliniano sino ai "pioneri" del pci.
Il mito al posto del "dubbio" metodico che avrebbe dovuto suggerire ai potenti di turno di diffidare del loro stesso potere. Non per timore di perdere la poltrona, ma per quello di fare la figura dei fessi davanti allo specchio, la sera prima di andare a letto. Nel silenzio di un esame di coscienza ingrato ma inevitabile.
Oggi certe uscite mentali abusivamente definite pensieri, sono usate negli spettacoli televisivi per riempire i programmi. Sono spacciate per cose originali, piene di significato.
Ahinoi, spesso e volentieri sono soltanto certificati di appartenenza alla banda che gestisce il potere. Si diceva una volta contro certi tipi da sottogoverno, che per mangiare al tavolo di quel potere, bisogna almeno sapere tener in mano le posate.
Oggi siamo non scesi in basso ma saliti al vertice della sincerità estrema. Tanto gratuita da renderla innocua ma persino troppo banale. E quando una verità è banale, è la sua negazione, la sua condanna: diventa la cartina di tornasole che la stupidità si fa regola, perché manca l'intelligenza di saper costruire qualcosa di positivo.
E tutto ciò avviene anche grazie a quella "strana alchimia" che la consorte del nostro capo di governo, denuncia per annunciare che intende divorziare da un marito che accusa con gli intimi di "frequentare le minorenni". Stando alla "vulgata" apparsa stamani su "Repubblica" per firma di Dario Cresto Dina.
Miriam Bartolini spiega che appunto "per una strana alchimia" all'imperatore suo marito tutto è permesso.
Lo dice con un disgusto che avvilisce non per colpa sua, ma per il contesto in cui quell'affermazione cala pesante come la lama di una ghigliottina. Ne vedremo gli effetti. E tra qualche decennio gli storici potranno raccontare qualcosa che rassomiglia a dei drammi per il momento vissuti come commedia. E non soltanto per colpa del marito della signora Bartolini.
Non è squallido mai il peccato, come lo disegnano i moralisti, pronti a tutto poi per giustificare quello personale.
E' squallido il modo di vivere dei potenti, come se dagli altri fosse loro tutto dovuto ("credere, obbedire, combattere").
La signora Bartolini non per nulla usa il termine "imperatore" non tanto per offendere il consorte quanto per deridere la folla di consiglieri che lo circonda.
Folla di moralisti, avvezzi ad alzare il ditino come Capezzone, per ammonire il dissenso altrui a tornare sulla retta via.
Ma che dicono i moralisti di governo adesso che il dissenso si sviluppa pure in famiglia? Non cambiano registro, offendono la signora Bartolini, le dicono che anche lei è stata un'attricetta semisvestita, in arte Veronica Lario. Come se fosse un'esponente dell'opposizione da far arrossire nel salotto di Bruno Vespa.
Quasi fosse una di quelle signore antigovernative che abitano il Parlamento e sono pure malvestite e maleodoranti. Come le ha chiamate il signor Berlusconi, per difendere le colleghe eleganti e profumate del suo partito. Dopo essere stato costretto dalla consorte a cancellare le "veline" vagamente discinte dalle liste per le elezioni europee.
I cortigiani del potere, di ogni potere, non soltanto di quello dell'imperatore di Arcore, sono come quel padre teatino di Modena di cui si legge in un passo del bellissimo libro di Paolo Lombardi ("Streghe, spettri e lupi mannari"), che riprende "le sagaci ricerche di Giovanni Romeo" (p. 101).
Quel teatino, Geminiano Mazzoni, nel 1610 "finì sotto processo per aver tentato di esorcizzare alcune monache attraverso la manipolazione dei loro genitali".
L'operazione è ripetuta oggi, per esorcizzare la Sinistra: la manipolazione avviene, e lo dice a tutti non un avversario del capo del governo, ma la sua (ancora per poco) consorte.
Costretta infine a confidare che inutilmente ha "cercato di aiutare" il marito, implorando "coloro che gli stanno accanto di fare altrettanto, come si farebbe con una persona che non sta bene".
Ma quei consiglieri dell'imperatore di Arcore non hanno potuto far altro che recitare l'eterna parte di suggeritori di consenso, perché le vie dell'inferno si aprono con la porta del dissenso. Mica con le parole di una diciottenne qualsiasi, ma capace di far infuriare la moglie del primo ministro. Umiliata dagli amici di Arcore, a testimonianza che ormai la Politica in Italia è soltanto un abuso mentale. Pericoloso al punto che appunto se ne deve fare a meno, se a far crollare certi muri del Palazzo sono le liti casalinghe, per quanto dignitose ed inevitabili. Ma come diceva qualcuno in passato, le astuzie della Storia non finiscono mai.

In archivio, in questo blog:
31.03.2007, "Dignità è donna. In politica>".
04.10.2007, Veronica, Veltroni e Silvio: e quella lettera a Scalfari del 31 gennaio... («Ora scrivo per esprimere la mia reazione alle affermazioni svolte da mio marito nel corso della cena di gala che ha seguito la consegna dei Telegatti, dove, rivolgendosi ad alcune delle signore presenti, si è lasciato andare a considerazioni per me inaccettabili: " ... se non fossi già sposato la sposerei subito" "con te andrei ovunque"»
09.05.2008, «... la signora Veronica Lario in Berlusconi ha giustificato la sua assenza dalle cerimonie pubbliche con una di quelle frecciate al curaro che prima o poi producono il loro effetto micidiale: le mogli debbono restare "tranquillamente nell'ombra". Aggiungendo: "Mio marito può portare sotto i riflettori della politica la Brambilla".»
09.08.2008, "Col seno di poi": «Sul "Corsera" Maria Latella che bene conosce Veronica Lario (a cui nel 2004 ha dedicato una biografia "autorizzata", "Tendenza Veronica"), attribuisce a quest'ultima una battuta pungente al punto da apparire autoconsolatoria. Il cavaliere ha indispettito varie volte la consorte. Il farsi ritrarre felice assieme a lei può aver rattristato, secondo la signora Lario, quanti speravano in un loro divorzio. Proprio la presenza insolita della signora Lario sulla scena dell'attualità, induce Maria Latella a scrivere che se "la casalinga di Macherio" ha lasciato il suo eremo, "una qualche sostanza ci dev'essere".»
23.01.2009, "Veronica licenzia Veltroni".
05.03.2009, "Sorbona".

12.05.2009
Misteri dal 1969
La celebrazione del "Giorno della Memoria" il 9 maggio è avvenuta con un discorso del presidente della Repubblica in cui sono contenute molte affermazioni importanti per tentare un bilancio degli ultimi quarant'anni di vita politica italiana.
Ricordare la strage di Milano del 1969 "e con essa l’avvio di un'oscura strategia della tensione", ha detto Giorgio Napolitano, "significa ricordare una lunga e tormentatissima vicenda di indagini e di processi, da cui non si è riusciti a far scaturire una esauriente verità giudiziaria".
Le parole ed i concetti sono chiari. C'è stata "un'oscura strategia della tensione, come spesso fu chiamata". Ed è "parte dolorosa della storia italiana della seconda metà del Novecento anche quanto è rimasto incompiuto nel cammino della verità e della giustizia".
Oscar Luigi Scalfaro in un'intervista al "Corriere della Sera" di ieri ha detto, a proposito della storia di questi ultimi 40 anni oggetto dell'intervento di Napolitano: non bisogna lasciare "nulla di nascosto, confuso, ambiguo".
Significa qualcosa che due rappresentanti della massima carica dello Stato, uno in servizio l'altro a riposo, con lunga esperienza e militanza politica (e proprio in formazioni ideologicamente opposte), convergano su di un fatto: "non si è riusciti a far scaturire una esauriente verità giudiziaria", per usare le parole di Napolitano.
Il cenno fatto da Napolitano al fantomatico "doppio Stato" gli è servito per affermare che il nostro Paese, "è sempre rimasto uno Stato democratico".
Da questo passo, PG Battista ha tratto spunto per scrivere un bel saggio sul "Corriere della Sera" di ieri, mettendo molta carne al fuoco. E soprattutto lasciando in ombra il problema che è invece principale nelle parole di Napolitano. Un problema che va dalla cosiddetta strategia della tensione al cammino incompiuto della verità e della giustizia.
Il saggio di Battista, a chi per età o per forza di cose ignora i singoli passaggi di un quarantennio in cui si è sostenuto di tutto, può apparire un accurato elenco di mentecatti che hanno vaneggiato in nome di ideali politici ben precisi. Ma non è così.
La "chiarezza" invocata da Napolitano per la "coesione umana, morale e civile della nazione" va nel senso opposto rispetto a quello di Battista. Il presidente parla di "oscura strategia della tensione". L'aggettivo ed il sostantivo hanno un peso ed un legame che non fanno parte dei vaneggiamenti delle chiacchiere da bar.
Su "Repubblica" di oggi, Andrea Casalegno, figlio di Carlo, il direttore de "La Stampa" ucciso dalle Br, ed ex militante di Lotta continua, dichiara: "La stretta di mano tre le vedove di Giuseppe Pinelli e di Luigi Calabresi di fronte al Presidente Napolitano è un fatto molto importante e positivo ma non può significare che si volta pagina, com'è di moda dire in questi giorni. Semplicemente perché le pagine scritte sono scritte...".
E come ha dichiarato Napolitano, tra le pagine scritte non ci sono soltanto quelle ad opera del terrorismo, ma pure quelle di chi su di esso ha indagato. Come la Commissione stragi del nostro Parlamento che nel 1994 ha approvato una relazione da cui Napolitano ha citato una frase che segnala "l’attività depistatoria di una parte degli apparati dello Stato". Non sarà esistito il "doppio Stato". Ma ci sono angoli oscuri di questo Stato che dovrebbero essere illuminati, se è ancora possibile dopo 40 anni. Perché, come ha detto Scalfaro, non bisogna lasciare "nulla di nascosto, confuso, ambiguo".

10.05.2009
Socialismo regale
Quel ciondolo d'oro... era una vecchia canzonetta. Che torna in mente leggendo i lanci di agenzia odierni che parlano del regalo (circa seimila euro il suo valore: ecco la novità del giorno) recapitato manu propria alla fanciulla in fiore napoletana dall'imperatore di Arcore (tale lo vede la futura ex consorte), con l'unico scopo di attestare una vecchia amicizia con il di lei padre, nata chissà come e perché, ma comunque grazie alle frequentazioni socialiste dello stesso di lei padre e del medesimo imperatore longobardo.
Tutto è bene quello che finisce bene, il che in Italia vuol dire nel porto delle nebbie. Lui, il padre, è un personaggio se può invitare l'imperatore a festeggiare la figlia per i 18 anni, e se la figlia ammette che va a far compagnia sovente al "papi".
Tutto è cominciato con un episodio che il di lei padre, "antico socialista riformista" (da sua autoclassificazione), non vuole rivelare, per "non tradire un segreto". Un segreto che riguarda tutta la famiglia. Forse il cavaliere è apparso a quella famiglia in una notte buia e tempestosa travestito da Madonna di Pompei, ed ha fatto la grazia.
Dal socialismo riformista siamo passati a quello "regale" dell'imperatore che fa doni da seimila euro ad una perfetta sconosciuta.
E' una storia normalissima, succede tutti i giorni d'incontrare tizi distintamente vestiti che fermano vecchiette ed offrono regali. Molte sono diffidenti, altre accettano. E se va bene intervengono polizia o carabinieri, per cui talvolta il tizio distintamente vestito finisce in galera con l'accusa di truffa.
Quel ciondolo d'oro è invece una innocente storia italiana. Avvolta dalla nebbia. Ma innocente al punto che dà fastidio a molti giornali laici parlarne per non discutere del soprannaturale a cui essa è strettamente legata. Insomma una specie di miracolo avvenuto non per nulla a Napoli, patria del culto di San Gennaro. Di questo miracolo, statene certi, troveranno subito non i colpevoli ma le prove per fare santo l'imperatore longobardo in missione salvifica nel regno delle Due Sicilie.

09.05.2009
Padrone ma non padre
Tranquilli, italiani, tranquilli. Lui non è il padre di lei. La signorina smentisce direttamente al "Times". Questione di classe. Snobba la stampa italiana. Volgare. Figuratevi che il "Corriere della Sera" le ha dedicato oggi un'intera pagina, con le "frasi" su cui i posteri dovranno esercitare tutta la loro pazienza per non mandarla a quel paese, la fanciulla in fiore.
Tra le sue parole destinate alla storia (una volta bastava ed avanzava "Grand Hotel"), ci sono quelle che abbiamo citato pure noi ieri: "Voglio fare l'attrice. Oppure la ballerina. Oppure la parlamentare alla Camera".
Poi ci sono queste che, lo dobbiamo ammettere, non conoscevamo: "Mi racconta le barzellette. Mi piace tanto quella dei due ministri del governo Prodi che precipitano con l'aereo e vengono violentati dagli uomini della foresta". Esprit de finesse, dicono i francesi.
Comunque, italiani, state tranquilli appunto perché la signorina ha smentito al "Times" che "Papi" sia suo papà. Il cavaliere sarà il padrone dell'Italia, ma non è suo padre. Forse sarebbe stato meglio il contrario. Pazienza.
A noi sinceramente la cosa non interessa granché. Siamo ammirati verso il "Papi" che ci ha messo dodici mesi, ma è riuscito a ministerizzare la Brambilla, quella che faceva ingelosire Miriam Bartolini, la futura ex moglie del premier. La quale aveva giustificato la sua assenza dalle cerimonie pubbliche dicendo che le mogli debbono restare "tranquillamente nell'ombra" ed aggiungendo: "Mio marito può portare sotto i riflettori della politica la Brambilla".
La signora Brambilla ha ricevuto la nomina a ministro del Turismo. Quel dicastero era stato cancellato da un referendum nel 1993. Con il che si dimostra che anche un referendum è soggetto a scadenza, come la carne in scatola. Che ne dice il Quirinale?

08.05.2009
Aspirazioni
"Voglio fare l'attrice. Oppure la ballerina. Oppure la parlamentare alla Camera". La fanciulla in fiore ha idee chiare. Ma forse la confusione del suo progetto esistenziale nasce da un equivoco, frutto di una scuola statale imperfetta. La Camera a cui molte ragazze pensano è fortunatamente soltanto quella da letto. E la fanciulla in fiore dev'essere stata informata male.
C'è tempo perché grazie alle alte protezioni di cui gode, riesca a distinguere la Camera dal Senato e persino dalle volgari alcove con musica da camera.

08.05.2009
Militante ignoto
Lasciamo perdere la fanciulla in fiore, "donata" del gioiello presidenziale. Rovesciamo il discorso. Pensiamo al problema politico.
Il mistero è il militante ignoto a tutti, che avanza candidature elettorali al leader maximo del partito che governa l'Italia, e nel quale partito il militante ignoto appunto è un signor Nessuno. Ovvero del tutto sconosciuto.
E' normale tutto ciò? Ci diranno di sì, anzi ce lo hanno già detto in casa Santoro: il premier ascolta tutti, risponde a tutti al telefono, basta chiamarlo a casa, e ve lo passano al cellulare.
Altri tempi erano quelli in cui ai politici la parola "cellulare" faceva paura. Era il triste camioncino usato dalla polizia per gli arresti. Adesso, stando alle leggende metropolitane, è il più semplice sistema per contattare anche il più elevato in grado degli uomini politici.
Ci dovranno spiegare se nel caso specifico del militante ignoto, può telefonare lo stesso personaggio di sesso maschile o deve arrivare prima sua figlia, per colloquiare con il capo del governo che la fanciulla in fiore chiama "papi". A dimostrazione che la democrazia mica è roba difficile da conquistare. Basta essere belle e giovani, ed è subito "papi".

08.05.2009
Tre scarpe, due piedi
Il problema non è quello (divertente) delle due scarpe spaiate che un candidato del Pd ha pubblicamente indossato in un confronto televisivo.
La questione (seria) è quella di molti esponenti del Pd che tengono i loro due piedi (nonostante tutto non possono averne un altro di riserva) in tre scarpe diverse. Perché la vita insegna che non si sa mai, può succedere di tutto ed è meglio premunirsi, può esserci un'occasione buona per saltare il fosso, può succedere che una scarpa si riveli sfonda ed è meglio sostituirla durante la camminata...
Il rovescio della medaglia è che l'errore delle due scarpe spaiate non è un dramma, ma il salto del fosso lasciando come testimonianza la terza scarpa abbandonata dopo il cambio, è una prova di quanto poco si consideri la politica come servizio per restare gloriosamente a galla a proprio esclusivo personale vantaggio.

07.05.2009
Pagelle
La signora Miriam Bartolini, in arte Veronica Lario, divorzianda da Silvio Berlusconi, è diventata l'oggetto del desiderio dell'informazione. Oggi il "Corriere della Sera" pubblica due interventi in stile Coppi-Bartali, ovvero tu per chi tieni?
Una avvocata tifa per lui, una scrittrice per lei. L'avvocata Bongiorno motiva razionalmente la scelta: il cavaliere non poteva non rispondere alla moglie. E poi confida di condividere molte delle affermazioni della signora Bartolini.
La scrittrice Isabella Bossi Fedrigotti tiene per lei, vittima di una violazione di "par condicio".
A tagliare la testa al toro, a fianco dei due interventi, un'intervista a don Luigi Maria Verzé. Che dichiara: Silvio è un generoso, Veronica una intransigente.
Intransigente? Una colpa, ma proprio per un sacerdote? Una volta sarebbe stata considerata una virtù da additare alla pubblica ammirazione. Come cambiano i tempi. Anche perché è molto facile essere "generosi" donando un collier in oro e brillanti alle diciottenni con tutto quel capitale che ci si ritrova. Magari la spesa la si porta pure in detrazione fiscale per spese di rappresentanza.

07.05.2009
Lo smoderato
Il "Corrierone" cerca di educare l'imperatore di Arcore. Il 5 maggio, PG Battista lo invita ad avere "un più forte senso del limite". Non soltanto per avvantaggiare la sua parte politica, ma anche il "comune senso del decoro".
Una volta si parlava di "comune senso del pudore". L'espressione ha perso per strada gran parte del suo valore. Pudore è parola tramontata. Oggi diremmo quasi azzardata. Da salotto gozzaniano, mentre trionfano quelli televisivi. In cui la parola è sconosciuta o violata con consapevole volontà di offrire nuovi codici di comportamento collettivo.
PG Battista ha compilato un lungo elenco di cose che non vanno nei pubblici comportamenti del cavaliere.
Dall'indifferenza "nei confronti del dissenso interno" nel suo partito, al "troppo frenetico andirivieni tra Palazzo Chigi e Palazzo Grazioli", l'abitazione privata romana.
Ma casa e bottega sono un lusso padronale che è fenomeno politico. Le cui "colpe" vanno attribuite anche a chi, prima di Franceschini, ha fatto un'opposizione puramente teorica.
6 maggio. Massimo Franco ha introdotto tra moglie e marito, la signora e l'imperatore, il terzo incomodo, il Vaticano. Che è troppo comodo tirare in ballo per tirare le orecchie a Berlusconi.
Il "Corriere" mescola così motivazioni psicologiche di massa, interessi politici particolari ed un uso politico della religione che dovrebbe essere rifiutato dagli spiriti laici.
Franco ha scritto che le polemiche dell'opposizione potrebbero "accentuare la distanza fra centrosinistra e Vaticano". Il Vaticano, si sa, fa il tifo per Casini non per colpa di Franceschini, bensì per "vendicarsi" di Prodi, una persona seria umiliata dalla gerarchia romana.
"Avvenire" ha chiesto "sobrietà" al cavaliere, ma la Curia romana ha inviato all'imperatore quelli che Ugo Magri sulla "Stampa" chiama "messaggi rassicuranti". Forse le "prediche" del "Corrierone" resteranno un segnale significativo più del prevedibile.
Cossiga ha citato sant'Agostino, "Ecclesia casta et meretrix" forse per dire che l'Italia (non la Chiesa) di questi giorni è quello che nel linguaggio meno forbito si definisce un casino? Pensieri troppo alti per il sottoscritto.

07.05.2009
Fausto come Silvio
Quel Bertinotti che scrive di Prodi esser "diventato uno spregiudicato uomo di potere", dimostra un contagio ideologico per opera del verbo berlusconiano. Fausto come Silvio, dunque.
A questo punto si potrebbe aggiungere, Fausto peggio del Romano che lui s'inventa e racconta.
Mettetela come volete, ma la faccenda è seria. Un cero a san Fausto, san Silvio lo ha portato sicuramente. Su questo non ci piove, anche se mancano le prove. Fotografiche.

06.05.2009
Ferrara il leggero
"Senza prenderci troppo sul serio". Giuliano Ferrara, come sempre (lì sta il suo lato "bello") vuol dare lezione, far la morale. Questa volta sulla tavola coniugale (ormai il talamo è antica memoria) di casa Berlusconi.
Ma non s'accorge (o meglio, finge di non accorgersi) che in queste storie l'intromettersi "senza prendersi sul serio", è un dimettersi. Perché semmai sono gli "altri" a non dover essere presi troppo sul serio.
Ma quali altri? Qui sta la chiave del ritirare il capino entro il guscio. Far finta di nulla o quasi. Per non cadere in imbarazzo. Ma già una scelta così è imbarazzante.
Perché bisogna chiedersi: chi non va preso "troppo sul serio"? La "signora" che possiede il 38 per cento del "Foglio" diretto da Ferrara? O il marito della "signora" che, ahimé o alleluja brava gente, è pure il capo del governo italiano?
Ma illustre Ferrara, non scopra anche lei assieme al fido e lirico Bondi il lato retrò del carattere, quello graniticamente marxista- leninista. Il passato non si dimentica e non si cancella nelle trame dei più reconditi pensieri.
Credere che il capo abbia sempre ragione non fa torto all'intelligenza di nessun capo. Così come non sgrava il ventre di nessun frutto della colpa.
Semplicemente significa far torto alla propria intelligenza (di Ferrara, Bondi e quant'altri della compagnia...) perché ci si ritiene padri della Storia, perché la si reputa generata dai nostri accoppiamenti più o meno geniali. Mentre la Storia è spesso tragica nel senso più oscuro: perché non fa leggere i propri delitti come succede con rivoluzioni e guerre, ma inganna le nostre menti con il più terribile degli strumenti di tortura, la comicità.
Sostenere che di cose serie e pesanti bisognerà (bisognerebbe?) scrivere "senza prendersi sul serio" ('leggermente'?) nel giornale della "signora" e sotto gli occhi del signore ("imperatore" lo chiama lei), è solo una pagina degna del gran pezzo dell'Ubalda tutta nuda e tutta calda, ovvero un film comico. Una specie di trucco di quella Storia che il grande Giovanni Brera chiamava "la gran baldracca". Un trucco per sbeffeggiare i più raffinati interpreti di un mondo astratto che si chiama populismo. E che nella Storia non porta mai fortuna a chi lo pratica o costruisce.
Con la pretesa di "non prendersi sul serio" Ferrara il "leggero" smentisce la propria natura, come un disegno che nasce cancellando se stesso.

17.05.2009
Restare svegli.
Un duro editoriale di Barbara Spinelli
contro la mala informazione
"Il cittadino è molto male informato, e la mala informazione è una delle principali sciagure italiane". Lo sostiene (a ragione) Barbara Spinelli in un durissimo editoriale apparso su "La Stampa" di oggi. Dove il discorso sull'immigrazione è l'occasione per esaminare il desolante quadro politico italiano e quello del giornalismo nazionale.
La signora Spinelli spiega: "La menzogna viene (...) dai governanti, e in genere dalla classe dirigente: che non è fatta solo di politici ma di chiunque influenzi la popolazione, giornalisti in prima linea".
Per aggiungere: "I fatti sono reali, ma se vengono sistematicamente manipolati (omessi, nascosti, distorti) la realtà ne risente, ed è così che se ne crea una parallela".
Questa realtà parallela (o "iperrealtà"), precisa l'editorialista, non è il solo pericolo esistente, ci sono anche quelli derivanti da altri due fattori: "la manipolazione e la mala informazione".
In questo negativo quadro nazionale, "ogni articolo che viene da fuori erode la mala informazione". Perché offre "domande e moniti che tengono svegli".
Succede di rado di leggere un impietoso atto d'accusa contro "la manipolazione e la mala informazione" del giornalismo italiano. Che è importante per il pulpito da cui proviene. Non si tratta di persona abituata a vaneggiare come certi direttori che sono inchinati ed oranti alla loro Mecca politica. E' una intellettuale che per arrivare a queste conclusioni fa un confronto severo ma sereno tra la realtà italiana e quella delle democrazie occidentali dove il concetto di informazione ha una dignità sconosciuta da noi.
Vale in questo contesto la vecchia battuta di Mario Missiroli, mitico direttore del "Corriere della Sera", il quale rispondeva a chi gli suggeriva di trattare certi argomenti, che sarebbe stato necessario avere a disposizione "un giornale".
Il discorso si potrebbe chiudere qui, se non avessimo un'annotazione che riguarda qualcosa che al tempo di Missiroli non c'era, il mondo dei blog. Da tanto tempo questi miei post non sono più segnalati in home dalla "Stampa", e non credo per un rimbecillimento del sottoscritto che li compone. Forse un contenuto dissonante rispetto alle opinioni governative li ha giustamente tenuti nascosti.
Non ne traggo considerazioni pessimistiche. Perché mi si consente egualmente di esprimere quelle opinioni. E sono intimamente convinto che posso farlo perché in molti l'hanno pagata di persona in giorni lontani, negli anni attorno alla mia nascita durante la guerra e dopo. Grazie al loro sacrificio possiamo pensare di essere liberi nell'esprimere i nostri pensieri. Non dobbiamo avere paura di esprimerle soltanto per onorare la loro memoria.
Potremmo incontrare begli spiriti capaci magari di meditare scherzetti simili a quelli già subìti in passato, come quando quattro anni fa qualcuno tentò di mandarmi in tribunale se non in galera, con una manovra che poi sono riuscito a smascherare. Ma la loro etichetta di spie prezzolate al soldo di idioti (potenti sono ma idioti restano), basta ed avanza per squalificali e per convincermi che sarebbe da vigliacchi cedere loro il passo e ritirarsi a vita privata, rinunciando a scrivere nel blog.
Lo scrivere è per metà terapia e per metà servizio. Restare svegli (come suggerisce la signora Spinelli), per un blogger significa non soltanto leggere articoli come il suo, ma anche tentare di recare un contributo informativo. Ho cercato di farlo, proprio in questi ultimi giorni. Mettendo a confronto certe situazioni nazionali con i fatti "omessi, nascosti, distorti", e un evento d'oltre Manica. Quello dello scandalo dei rimborsi gonfiati. Oppure ricordando Montanelli (20 aprile). Quando ad esempio scrivevo che il grande di Fucecchio, attaccato da Emilio Fede, fu difeso da Paolo Bonaiuti, allora vicedirettore vicario del "Messaggero" (e poi portavoce di Berlusconi). Bonaiuti disse: si tratta di "una lezione di intolleranza" che, per le sue "lontane tentazioni da Minculpop", lascia "sbigottiti".
L'ultima segnalazione in home page del mio blog è del 27 aprile. Di acqua sotto i ponti ne è passata. Forse l'alluvione ancora no. E come suggerisce Barbara Spinelli, cerchiamo di restare svegli per non farci fregare la democrazia sotto gli occhi dalla "mala informazione".

16.05.2009
Ancora noi
Non siamo inglesi, annotavamo ieri non certo per vantarcene. Stamani sul "Corriere della Sera", Paola De Carolis ha spiegato come nel Regno Unito è nato lo scandalo dei rimborsi spese. Che il corrisponde da Londra dello stesso quotidiano, Fabio Cavalera, definisce così: "Un campionario di furbizie per mettere sul conto delle casse pubbliche i vizi, i capricci e le quotidiane necessità personali dei rappresentanti del popolo".
Paola De Carolis osserva che lo scandalo non sarebbe forse venuto mai alla luce senza l'intervento di una giornalista, Heather Brooke, messasi in moto cinque anni fa, quando cominciò a scrivere un libro, "Il vostro diritto a sapere".
"Heather è stata l'eroina della vicenda dall'inizio", ma lo scandalo è scoppiato quando al "Daily Telegraph" è "stato offerto un dischetto, un dossier completo per il quale il giornale ha pagato profumatamente". Sullo sfondo, c'è la Camera dei Comuni che "ha fatto di tutto per celare le informazioni che dovrebbero essere alla portata di tutti", spiega la stessa Heather Brooke.
Da Londra arrivano le ultimissime sull'Italia. Il "Times" ieri ha pubblicato le dieci domande di "Repubblica" al capo del governo, che il quotidiano inglese ha definito "furioso" per gli interrogativi "posti sulle teenager". Il "Times" oggi pubblica un servizio da Napoli in cui si parla della fanciulla in fiore e della sua famiglia.
Il padre ha detto di non essere stato l'autista di Craxi, e che l'incarico è stato indicato con parole attribuite a Berlusconi, ma non pronunciate da Berlusconi.
La mamma ha confidato di aspettare da Berlusconi per la figlia quella carriera che Berlusconi stesso non ha potuto offrire a lei dopo che lo aveva conosciuto negli anni Ottanta.
Se vale la teoria delle "vite parallele" anche tra nazioni lontane nei costumi, dopo il dischetto che ha fatto scoppiare lo scandalo londinese dei rimborsi spese, c'è da temere l'arrivo di un analogo aggeggio per le vicende napoletane del nostro premier.
Intanto (a proposito...) va registrata una confidenza di Francesco Cossiga al "Corriere della Sera", citata da Francesco Verderami: sulla storia di Casoria, quella della fanciulla in fiore (e di sua madre in attesa di una carriera per lei...), Berlusconi pensa di essere "stato attirato in una trappola". Ma non si riferisce né alla sinistra né ai giornali quando parla di "congiura". "No, lui pensa ad altro".
Il sorriso sornione che immaginiamo stampato sul volto di Cossiga mentre pronuncia queste parole, può far pensare "ad altro", nel senso di quei servizi che una volta si chiamavano deviati, e dei quali l'ex capo di Stato si vanta di essere un buon conoscitore?
Comunque, sullo stesso foglio milanese, Angela Frenda da Emilio Fede ha appreso che la fanciulla in fiore era stata bocciata nella selezione delle "meteorine" per il TG4 non a causa di insufficienza toracica ma linguistica: non sapeva parlare come invece si richiede alla ragazze che Fede assume per il pregevole ruolo.
Da Mosca il premier oggi definisce colpevole l'atteggiamento dei media e del Pd per la questione della crisi economica. Il suo momento peggiore è stato superato già.
Quando? Putin non lo dice ma lo pensa: nel giorno in cui alla fanciulla in fiore il caro compagno Silvio ha regalato il gioiello da seimila euro. Peccato che quel reazionario di Ghedini abbia detto in tv che "seimila euro per Berlusconi non equivalgono certo a seimila euro per un comune mortale". Con ciò l'on. avv. Ghedini ha negato uno dei capisaldi della politica del re di Arcore: tutti i sudditi sono uguali davanti alla legge. Dietro ad essa, un po' meno.

15.05.2009
Noi no. Non siamo inglesi
Noi no. Non siamo inglesi, purtroppo: non abbiamo una concezione seria della vita pubblica, siamo sempre pronti a giustificare tutto ed a fingere che nulla sia successo.
Non amo l'autodenigrazione perché anche le società prese a modello hanno le loro colpe.
Ma in certi aspetti della vita pubblica noi italiani siamo un popolo che mescola furbizia e truffa con la stessa eleganza con cui i ballerini eseguono una complessa piroetta. Per cui cerchiamo sempre di sfuggire all'esame serio delle responsabilità nostre ed altrui.
Bill Emmont, direttore dell'Economist dal 1993 al 2006, ha dichiarato oggi a "Repubblica" che un capo di governo è indifendibile se mente. Uno straniero come lui fatica a comprendere "il modo in cui Berlusconi può dire quello che vuole e nessuno si scandalizza".
Una falsa notizia fornita dal capo del governo (e poi smentita ufficialmente dal suo gabinetto), riguardava il padre della fanciulla in fiore napoletana, definito autista di Craxi. Altrove "basterebbe questo a suscitare una riprovazione generale. Da voi no. Non lo capisco".
Da noi no, perché siamo la patria del diritto e del rovescio, siamo da secoli abituati non a considerarci cittadini, ma dei sudditi che si vantano di poter ottenere per via traverse anche ciò che spetta di diritto, come una visita medica in ospedale. Non parliamo poi delle cose "speciali" che la gente ottiene perché intrallazzata, favorita o spinta avanti a calci nel sedere.
La nostra società è quella che oggi assiste ad un programma televisivo simbolicamente intitolato "Raccomandati". Quella che ride, ride, ride alle battute sfiatate di un premier che se non parla di veline parla di miglioramenti economici, mentre il Pil su base annua segna un -5,9%.
Ma anche Berlusconi ha cambiato linea se oggi è costretto ad ammettere: "La crisi esiste". Per aggiungere subito che esistono segnali di ripresa. Ma intanto "la crisi esiste". Quanti mesi ha impiegato per arrivare a questa affermazione?
Ma lui non è solo al comando nella corsa alle parole in libertà. Claudio Magris era stato accreditato quale candidato dell'IdV. Oggi con una lettera a "Repubblica" smentisce: non ha alcun rapporto con il partito di Di Pietro.
A questa italica vocazione a giostrare con le parole, non si sottraggono neppure le questioni più serie. Lo testimonia un'intervista al "Corriere della Sera" di Giampiero Mughini.
Ad Aldo Cazzullo ha parlato del suo ultimo libro dedicato all'omicidio del commissario Calabresi.
Non è colpa di Mughini se oggi può accusare altri di sapere tutto sulla vicenda, o se gli altri in precedenza hanno mescolato i ricordi con ipotesi che servivano per uscire da quella vicenda senza colpe.
Restano soltanto certi drammatici momenti, come la "scena terribile" della vedova del commissario "che esce dall'obitorio dove ha riconosciuto il cadavere del marito, e viene accolta da estremisti di sinistra che la scherniscono". Era il 1972. Come e quanto è cambiato il nostro Paese?
Nel 1997, il giorno di Pasqua, Berlusconi piangeva a Brindisi gli "albanesi morti sulla nave speronata da una corvetta della Marina italiana", scrive oggi G. A. Stella sul "Corriere della Sera".
Aggiungendo la dichiarazione che lo stesso Berlusconi rilasciò all'Ansa: «Credo che l’Italia non possa accettare di dare al mondo l’immagine di chi butta a mare qualcuno che fugge da un Paese vicino, temendo per la sua vita, cercando salvezza e scampo in un paese che ritiene amico. Il nostro dovere è quello di dare temporaneo accoglimento a chi si trova in queste condizioni».
Dodici anni dopo, Berlusconi dice tutto l'opposto. Sui barconi viaggiano non disperati da salvare come nel 1997, ma "gente reclutata dalla criminalità" da cacciare. Per non essere infettati noi.

14.05.2009
Di Pietro sa o non sa?
Di Pietro sa non sa che la sua rappresentanza politica in Consiglio comunale a Rimini è dipesa soltanto dal fatto che sulle lista del sindaco eletto sono confluiti voti del centro-destra che lei giustamente combatte?
Per cortesia risponda: sa o non sa? Sa che Forza Italia nel 2006 alle comunali perse il 52,13% dei voti, mentre AN salì del 16,26 a tutto vantaggio anche della partecipazione del suo partito, on. Di Pietro, alla giunta comunale di Rimini?
Abbiamo già scritto qui che una sua candidata, Karen Visani, è finita assessore comunale soltanto con ben 95 preferenze raccolte su 142 seggi dove Idv ha registrato 2.910 voti. Ovvero la signorina era sconosciuta persino al suo elettorato.
Oggi aggiungiamo una perla "domestica" appena scoperta sul web, nel blog regionale del suo partito. Dove la Visani è accusata di aver detto cose non gradite.
Riproduco da un pezzo di Diego Sapigna: "Sono rimasto sorpreso e deluso dalle affermazioni del nostro assessore del Comune di Rimini Karen Visani, la quale crede che le donne non facciano figli perché affette dalla “Sindrome di Peter Pan” (affermazione rilasciata in un’intervista unitamente all’assessore Stefano Vitali, al quotidiano Il Resto del Carlino). Da tempo noi iscritti dell’Italia dei Valori chiediamo un incontro con i nostri eletti del comune di Rimini ma ciò non ci è mai stato concesso. Non sono venuti neppure ad aiutarci a sostenere il partito durante la campagna elettorale per le elezioni nazionali della primavera 2008 e non ci informano in alcun modo del loro operato. Abbiamo contatti con i nostri rappresentanti regionali e nazionali ma non con i nostri rappresentanti locali".
Ecco, anche su questo aspetto sarebbe utile conoscere il suo parere, on. Di Pietro. Però, dato che siamo in Italia, non restiamo in fiduciosa attesa. Anche lei potrebbe accusarci di essere mossi da invidia ed odio, come Palazzo Chigi ha fatto oggi con "Repubblica"? Ci auguriamo di no.

14.05.2009
Non risponde
"Invidia e odio nei confronti di un presidente del Consiglio che ha raggiunto il massimo storico della fiducia dei cittadini: sono palesi i motivi della campagna denigratoria che la Repubblica e il suo editore stanno conducendo da giorni contro il presidente Berlusconi".
Così Palazzo Chigi risponde alle dieci domande dieci poste stamani al presidente del consiglio da un articolo di Giuseppe D'Avanzo, che non contiene nessuna rivelazione particolare, ma è solo un esame logico che ogni persona di buon senso ha fatto in questi giorni, se non è accecata dalla fede nel soprannaturale Silvio-Madonna di Pompei che appare in sogno a Napoli prima di recare in dono preziosi ornamenti, e domina l'Italia tranne che a casa della ormai ex moglie.
Ma il comunicato di Palazzo Chigi non è una risposta, è una pernacchia (non troppo delicata), perché personalizza questioni strettamente pubbliche. Invidia ed odio sono due sentimenti che Palazzo Chigi può attribuire a tutti gli italiani che ragionano con la loro testa? Oppure pretende, il medesimo Palazzo, che si presti fede a quanto si tenta di spacciare come verità dogmatiche?
Dobbiamo essere grati all'on. avv. Niccolò Ghedini che ci ha rivelato una di quelle verità teologiche su cui gente in malafede e senza arte né parte si arrovella da mane a sera: "Dobbiamo intenderci: seimila euro (ovvero aggiungiamo noi, il valore del regalo alla signorina in fiore di Napoli) per Berlusconi non equivalgono certo a seimila euro per un comune mortale".
Se l'on. avv. ha così parlato, speriamo che non lo abbia fatto nella segreta speranza di suscitare invidia nei confronti del soggetto del discorso.
Al leader, che viaggia sempre con tanti regali da seimila euro in tasca da distribuire a destra ed a centro-destra, ha dedicato oggi un commento Piero Ottone, sempre sul foglio che nutre odio ed invidia per il cavaliere-imperatore.
Ottone ha scritto che Berlusconi "non è la persona adatta" per migliorare l'Italia: glielo impedisce la sua "arroganza del potere". Che gli fa proiettare sul Paese l'immagine di un padrone, ovvero se stesso.
In un passo precedente Ottone ha scritto che Berlusconi era entrato in politica per "ragioni contingenti, e poco edificanti": "proteggere le sue attività commerciali, tenere a bada le banche che scalpitavano per i suoi troppi debiti, intimorire i giudici che lo volevano in galera". Forse il comunicato di Palazzo Chigi era più adatto a condannare la prosa di Ottone che le domande di D'Avanzo.
Se Berlusconi non risponde alle domande di D'Avanzo, cioè di una grossa fetta dell'opinione pubblica italiana ed internazionale, si assume la responsabilità di apparire ancora una volta non adatto a governare l'Italia: come ha scritto Ottone prima di leggere il pezzo di D'Avanzo.
Sul "Corriere della Sera" di stamani è raccolto lo sfogo indiretto di Miriam Bartolini: l'ormai ex consorte dice alle amiche che Berlusconi cerca di farla passare come inaffidabile in vista dell'iter per il divorzio.
Sinceramente saranno gatte da pelare per l'esimio on. avv. che non potrà dire alla signora quello che ha dichiarato ieri sui seimila euro di Berlusconi che "non equivalgono certo a seimila euro per un comune mortale". Per sganciare il meno possibile alla signora, dovrà dimostrare che i seimila euro di un comune mortale valgono molto di più di quelli di un industriale messo in ginocchio dalla crisi di cui tutti parlano. E che soltanto Lui (l'imperatore) considera dovuta a fattori psicologici.

14.05.2009
Valore svalutato
Umberto Ambrosoli, figlio di Giorgio Ambrosoli ucciso l'11 luglio, "l'uomo che sfidò Sindona e la mafia" come recita il titolo di un articolo di Giorgio Bocca (2005), ha detto: la società italiana ancora oggi "non vede nella legalità e in chi la preserva un valore".
Lo ha dichiarato al "Corriere della Sera" di ieri, intervistato da Sergio Bocconi per presentare "Qualunque cosa succeda. Giorgio Ambrosoli oggi nelle parole del figlio", un libro in uscita mercoledì 20 maggio, con prefazione di Carlo Azeglio Ciampi.
L'intervista comincia con questa risposta: "Mio padre oggi a Milano? Proverebbe lo stesso disagio di allora. Rappresentato da una consapevolezza: il lavoro chiamato a fare solo nell'interesse del Paese, non gli porterebbe la solidarietà della collettività".
Dunque, oggi a Giorgio Ambrosoli, a Milano (come altrove, s'è appena visto) il lavoro fatto "nell'interesse del Paese" non riscuoterebbe "la solidarietà della collettività".
Ciampi chiude il suo testo scrivendo che nel libro c'è la volontà di testimoniare la "necessità di non tradire mai la propria coscienza". Viviamo purtroppo in tempi tristi in cui la parola "coscienza" è stata dimenticata e cancellata dal "lessico famigliare" della politica (intesa soltanto come partecipazione cosciente e non parassitaria alla vita collettiva).

14.05.2009
Intolleranti
Cari lettori del blog, cari recensori e censori, cari ammiratori del vostro ombelico mentale, non siamo noi a sostenere che in Italia c'è una pericolosa deriva verso l'intolleranza e la xenofobia. Ma è il capo dello Stato, Giorgio Napolitano: «Si diffonde una retorica pubblica che non esita, anche in Italia, ad incorporare accenti di intolleranza e xenofobia».
Dal punto di vista politico, sottolineiamo l'espressione "retorica pubblica". Attendiamo i pareri illuminati di saggisti e commentatori. Ma se vogliamo essere onesti, non sino in fondo ma almeno sul principio, non possiamo negare l'importanza (la gravità, direbbero i cronisti autorizzati) di questa espressione: "retorica pubblica".
Retorica vuol dire tante cose. In questo caso la parola non è intesa, ci sembra, nella sua accezione positiva, ma in quella negativa: si tratta di opinioni senza impegno intellettuale, come suggerisce lo Zingarelli. (Ammesso che il nome dell'autore del vocabolario, riproposto ancor oggi dall'editore Zanichelli, non provochi pruriti razzistici nei lettori xenofobi...)

12.05.2009
Misteri dal 1969
La celebrazione del "Giorno della Memoria" il 9 maggio è avvenuta con un discorso del presidente della Repubblica in cui sono contenute molte affermazioni importanti per tentare un bilancio degli ultimi quarant'anni di vita politica italiana.
Ricordare la strage di Milano del 1969 "e con essa l’avvio di un'oscura strategia della tensione", ha detto Giorgio Napolitano, "significa ricordare una lunga e tormentatissima vicenda di indagini e di processi, da cui non si è riusciti a far scaturire una esauriente verità giudiziaria".
Le parole ed i concetti sono chiari. C'è stata "un'oscura strategia della tensione, come spesso fu chiamata". Ed è "parte dolorosa della storia italiana della seconda metà del Novecento anche quanto è rimasto incompiuto nel cammino della verità e della giustizia".
Oscar Luigi Scalfaro in un'intervista al "Corriere della Sera" di ieri ha detto, a proposito della storia di questi ultimi 40 anni oggetto dell'intervento di Napolitano: non bisogna lasciare "nulla di nascosto, confuso, ambiguo".
Significa qualcosa che due rappresentanti della massima carica dello Stato, uno in servizio l'altro a riposo, con lunga esperienza e militanza politica (e proprio in formazioni ideologicamente opposte), convergano su di un fatto: "non si è riusciti a far scaturire una esauriente verità giudiziaria", per usare le parole di Napolitano.
Il cenno fatto da Napolitano al fantomatico "doppio Stato" gli è servito per affermare che il nostro Paese, "è sempre rimasto uno Stato democratico".
Da questo passo, PG Battista ha tratto spunto per scrivere un bel saggio sul "Corriere della Sera" di ieri, mettendo molta carne al fuoco. E soprattutto lasciando in ombra il problema che è invece principale nelle parole di Napolitano. Un problema che va dalla cosiddetta strategia della tensione al cammino incompiuto della verità e della giustizia.
Il saggio di Battista, a chi per età o per forza di cose ignora i singoli passaggi di un quarantennio in cui si è sostenuto di tutto, può apparire un accurato elenco di mentecatti che hanno vaneggiato in nome di ideali politici ben precisi. Ma non è così.
La "chiarezza" invocata da Napolitano per la "coesione umana, morale e civile della nazione" va nel senso opposto rispetto a quello di Battista. Il presidente parla di "oscura strategia della tensione". L'aggettivo ed il sostantivo hanno un peso ed un legame che non fanno parte dei vaneggiamenti delle chiacchiere da bar.
Su "Repubblica" di oggi, Andrea Casalegno, figlio di Carlo, il direttore de "La Stampa" ucciso dalle Br, ed ex militante di Lotta continua, dichiara: "La stretta di mano tre le vedove di Giuseppe Pinelli e di Luigi Calabresi di fronte al Presidente Napolitano è un fatto molto importante e positivo ma non può significare che si volta pagina, com'è di moda dire in questi giorni. Semplicemente perché le pagine scritte sono scritte...".
E come ha dichiarato Napolitano, tra le pagine scritte non ci sono soltanto quelle ad opera del terrorismo, ma pure quelle di chi su di esso ha indagato. Come la Commissione stragi del nostro Parlamento che nel 1994 ha approvato una relazione da cui Napolitano ha citato una frase che segnala "l’attività depistatoria di una parte degli apparati dello Stato". Non sarà esistito il "doppio Stato". Ma ci sono angoli oscuri di questo Stato che dovrebbero essere illuminati, se è ancora possibile dopo 40 anni. Perché, come ha detto Scalfaro, non bisogna lasciare "nulla di nascosto, confuso, ambiguo".

10.05.2009
Socialismo regale
Quel ciondolo d'oro... era una vecchia canzonetta. Che torna in mente leggendo i lanci di agenzia odierni che parlano del regalo (circa seimila euro il suo valore: ecco la novità del giorno) recapitato manu propria alla fanciulla in fiore napoletana dall'imperatore di Arcore (tale lo vede la futura ex consorte), con l'unico scopo di attestare una vecchia amicizia con il di lei padre, nata chissà come e perché, ma comunque grazie alle frequentazioni socialiste dello stesso di lei padre e del medesimo imperatore longobardo.
Tutto è bene quello che finisce bene, il che in Italia vuol dire nel porto delle nebbie. Lui, il padre, è un personaggio se può invitare l'imperatore a festeggiare la figlia per i 18 anni, e se la figlia ammette che va a far compagnia sovente al "papi".
Tutto è cominciato con un episodio che il di lei padre, "antico socialista riformista" (da sua autoclassificazione), non vuole rivelare, per "non tradire un segreto". Un segreto che riguarda tutta la famiglia. Forse il cavaliere è apparso a quella famiglia in una notte buia e tempestosa travestito da Madonna di Pompei, ed ha fatto la grazia.
Dal socialismo riformista siamo passati a quello "regale" dell'imperatore che fa doni da seimila euro ad una perfetta sconosciuta.
E' una storia normalissima, succede tutti i giorni d'incontrare tizi distintamente vestiti che fermano vecchiette ed offrono regali. Molte sono diffidenti, altre accettano. E se va bene intervengono polizia o carabinieri, per cui talvolta il tizio distintamente vestito finisce in galera con l'accusa di truffa.
Quel ciondolo d'oro è invece una innocente storia italiana. Avvolta dalla nebbia. Ma innocente al punto che dà fastidio a molti giornali laici parlarne per non discutere del soprannaturale a cui essa è strettamente legata. Insomma una specie di miracolo avvenuto non per nulla a Napoli, patria del culto di San Gennaro. Di questo miracolo, statene certi, troveranno subito non i colpevoli ma le prove per fare santo l'imperatore longobardo in missione salvifica nel regno delle Due Sicilie.

09.05.2009
Padrone ma non padre
Tranquilli, italiani, tranquilli. Lui non è il padre di lei. La signorina smentisce direttamente al "Times". Questione di classe. Snobba la stampa italiana. Volgare. Figuratevi che il "Corriere della Sera" le ha dedicato oggi un'intera pagina, con le "frasi" su cui i posteri dovranno esercitare tutta la loro pazienza per non mandarla a quel paese, la fanciulla in fiore.
Tra le sue parole destinate alla storia (una volta bastava ed avanzava "Grand Hotel"), ci sono quelle che abbiamo citato pure noi ieri: "Voglio fare l'attrice. Oppure la ballerina. Oppure la parlamentare alla Camera".
Poi ci sono queste che, lo dobbiamo ammettere, non conoscevamo: "Mi racconta le barzellette. Mi piace tanto quella dei due ministri del governo Prodi che precipitano con l'aereo e vengono violentati dagli uomini della foresta". Esprit de finesse, dicono i francesi.
Comunque, italiani, state tranquilli appunto perché la signorina ha smentito al "Times" che "Papi" sia suo papà. Il cavaliere sarà il padrone dell'Italia, ma non è suo padre. Forse sarebbe stato meglio il contrario. Pazienza.
A noi sinceramente la cosa non interessa granché. Siamo ammirati verso il "Papi" che ci ha messo dodici mesi, ma è riuscito a ministerizzare la Brambilla, quella che faceva ingelosire Miriam Bartolini, la futura ex moglie del premier. La quale aveva giustificato la sua assenza dalle cerimonie pubbliche dicendo che le mogli debbono restare "tranquillamente nell'ombra" ed aggiungendo: "Mio marito può portare sotto i riflettori della politica la Brambilla".
La signora Brambilla ha ricevuto la nomina a ministro del Turismo. Quel dicastero era stato cancellato da un referendum nel 1993. Con il che si dimostra che anche un referendum è soggetto a scadenza, come la carne in scatola. Che ne dice il Quirinale?

08.05.2009
Aspirazioni
"Voglio fare l'attrice. Oppure la ballerina. Oppure la parlamentare alla Camera". La fanciulla in fiore ha idee chiare. Ma forse la confusione del suo progetto esistenziale nasce da un equivoco, frutto di una scuola statale imperfetta. La Camera a cui molte ragazze pensano è fortunatamente soltanto quella da letto. E la fanciulla in fiore dev'essere stata informata male.
C'è tempo perché grazie alle alte protezioni di cui gode, riesca a distinguere la Camera dal Senato e persino dalle volgari alcove con musica da camera.

08.05.2009
Militante ignoto
Lasciamo perdere la fanciulla in fiore, "donata" del gioiello presidenziale. Rovesciamo il discorso. Pensiamo al problema politico.
Il mistero è il militante ignoto a tutti, che avanza candidature elettorali al leader maximo del partito che governa l'Italia, e nel quale partito il militante ignoto appunto è un signor Nessuno. Ovvero del tutto sconosciuto.
E' normale tutto ciò? Ci diranno di sì, anzi ce lo hanno già detto in casa Santoro: il premier ascolta tutti, risponde a tutti al telefono, basta chiamarlo a casa, e ve lo passano al cellulare.
Altri tempi erano quelli in cui ai politici la parola "cellulare" faceva paura. Era il triste camioncino usato dalla polizia per gli arresti. Adesso, stando alle leggende metropolitane, è il più semplice sistema per contattare anche il più elevato in grado degli uomini politici.
Ci dovranno spiegare se nel caso specifico del militante ignoto, può telefonare lo stesso personaggio di sesso maschile o deve arrivare prima sua figlia, per colloquiare con il capo del governo che la fanciulla in fiore chiama "papi". A dimostrazione che la democrazia mica è roba difficile da conquistare. Basta essere belle e giovani, ed è subito "papi".

08.05.2009
Tre scarpe, due piedi
Il problema non è quello (divertente) delle due scarpe spaiate che un candidato del Pd ha pubblicamente indossato in un confronto televisivo.
La questione (seria) è quella di molti esponenti del Pd che tengono i loro due piedi (nonostante tutto non possono averne un altro di riserva) in tre scarpe diverse. Perché la vita insegna che non si sa mai, può succedere di tutto ed è meglio premunirsi, può esserci un'occasione buona per saltare il fosso, può succedere che una scarpa si riveli sfonda ed è meglio sostituirla durante la camminata...
Il rovescio della medaglia è che l'errore delle due scarpe spaiate non è un dramma, ma il salto del fosso lasciando come testimonianza la terza scarpa abbandonata dopo il cambio, è una prova di quanto poco si consideri la politica come servizio per restare gloriosamente a galla a proprio esclusivo personale vantaggio.

07.05.2009
Pagelle
La signora Miriam Bartolini, in arte Veronica Lario, divorzianda da Silvio Berlusconi, è diventata l'oggetto del desiderio dell'informazione. Oggi il "Corriere della Sera" pubblica due interventi in stile Coppi-Bartali, ovvero tu per chi tieni?
Una avvocata tifa per lui, una scrittrice per lei. L'avvocata Bongiorno motiva razionalmente la scelta: il cavaliere non poteva non rispondere alla moglie. E poi confida di condividere molte delle affermazioni della signora Bartolini.
La scrittrice Isabella Bossi Fedrigotti tiene per lei, vittima di una violazione di "par condicio".
A tagliare la testa al toro, a fianco dei due interventi, un'intervista a don Luigi Maria Verzé. Che dichiara: Silvio è un generoso, Veronica una intransigente.
Intransigente? Una colpa, ma proprio per un sacerdote? Una volta sarebbe stata considerata una virtù da additare alla pubblica ammirazione. Come cambiano i tempi. Anche perché è molto facile essere "generosi" donando un collier in oro e brillanti alle diciottenni con tutto quel capitale che ci si ritrova. Magari la spesa la si porta pure in detrazione fiscale per spese di rappresentanza.

07.05.2009
Lo smoderato
Il "Corrierone" cerca di educare l'imperatore di Arcore. Il 5 maggio, PG Battista lo invita ad avere "un più forte senso del limite". Non soltanto per avvantaggiare la sua parte politica, ma anche il "comune senso del decoro".
Una volta si parlava di "comune senso del pudore". L'espressione ha perso per strada gran parte del suo valore. Pudore è parola tramontata. Oggi diremmo quasi azzardata. Da salotto gozzaniano, mentre trionfano quelli televisivi. In cui la parola è sconosciuta o violata con consapevole volontà di offrire nuovi codici di comportamento collettivo.
PG Battista ha compilato un lungo elenco di cose che non vanno nei pubblici comportamenti del cavaliere.
Dall'indifferenza "nei confronti del dissenso interno" nel suo partito, al "troppo frenetico andirivieni tra Palazzo Chigi e Palazzo Grazioli", l'abitazione privata romana.
Ma casa e bottega sono un lusso padronale che è fenomeno politico. Le cui "colpe" vanno attribuite anche a chi, prima di Franceschini, ha fatto un'opposizione puramente teorica.
6 maggio. Massimo Franco ha introdotto tra moglie e marito, la signora e l'imperatore, il terzo incomodo, il Vaticano. Che è troppo comodo tirare in ballo per tirare le orecchie a Berlusconi.
Il "Corriere" mescola così motivazioni psicologiche di massa, interessi politici particolari ed un uso politico della religione che dovrebbe essere rifiutato dagli spiriti laici.
Franco ha scritto che le polemiche dell'opposizione potrebbero "accentuare la distanza fra centrosinistra e Vaticano". Il Vaticano, si sa, fa il tifo per Casini non per colpa di Franceschini, bensì per "vendicarsi" di Prodi, una persona seria umiliata dalla gerarchia romana.
"Avvenire" ha chiesto "sobrietà" al cavaliere, ma la Curia romana ha inviato all'imperatore quelli che Ugo Magri sulla "Stampa" chiama "messaggi rassicuranti". Forse le "prediche" del "Corrierone" resteranno un segnale significativo più del prevedibile.
Cossiga ha citato sant'Agostino, "Ecclesia casta et meretrix" forse per dire che l'Italia (non la Chiesa) di questi giorni è quello che nel linguaggio meno forbito si definisce un casino? Pensieri troppo alti per il sottoscritto.

07.05.2009
Fausto come Silvio
Quel Bertinotti che scrive di Prodi esser "diventato uno spregiudicato uomo di potere", dimostra un contagio ideologico per opera del verbo berlusconiano. Fausto come Silvio, dunque.
A questo punto si potrebbe aggiungere, Fausto peggio del Romano che lui s'inventa e racconta.
Mettetela come volete, ma la faccenda è seria. Un cero a san Fausto, san Silvio lo ha portato sicuramente. Su questo non ci piove, anche se mancano le prove. Fotografiche.

06.05.2009
Ferrara il leggero
"Senza prenderci troppo sul serio". Giuliano Ferrara, come sempre (lì sta il suo lato "bello") vuol dare lezione, far la morale. Questa volta sulla tavola coniugale (ormai il talamo è antica memoria) di casa Berlusconi.
Ma non s'accorge (o meglio, finge di non accorgersi) che in queste storie l'intromettersi "senza prendersi sul serio", è un dimettersi. Perché semmai sono gli "altri" a non dover essere presi troppo sul serio.
Ma quali altri? Qui sta la chiave del ritirare il capino entro il guscio. Far finta di nulla o quasi. Per non cadere in imbarazzo. Ma già una scelta così è imbarazzante.
Perché bisogna chiedersi: chi non va preso "troppo sul serio"? La "signora" che possiede il 38 per cento del "Foglio" diretto da Ferrara? O il marito della "signora" che, ahimé o alleluja brava gente, è pure il capo del governo italiano?
Ma illustre Ferrara, non scopra anche lei assieme al fido e lirico Bondi il lato retrò del carattere, quello graniticamente marxista- leninista. Il passato non si dimentica e non si cancella nelle trame dei più reconditi pensieri.
Credere che il capo abbia sempre ragione non fa torto all'intelligenza di nessun capo. Così come non sgrava il ventre di nessun frutto della colpa.
Semplicemente significa far torto alla propria intelligenza (di Ferrara, Bondi e quant'altri della compagnia...) perché ci si ritiene padri della Storia, perché la si reputa generata dai nostri accoppiamenti più o meno geniali. Mentre la Storia è spesso tragica nel senso più oscuro: perché non fa leggere i propri delitti come succede con rivoluzioni e guerre, ma inganna le nostre menti con il più terribile degli strumenti di tortura, la comicità.
Sostenere che di cose serie e pesanti bisognerà (bisognerebbe?) scrivere "senza prendersi sul serio" ('leggermente'?) nel giornale della "signora" e sotto gli occhi del signore ("imperatore" lo chiama lei), è solo una pagina degna del gran pezzo dell'Ubalda tutta nuda e tutta calda, ovvero un film comico. Una specie di trucco di quella Storia che il grande Giovanni Brera chiamava "la gran baldracca". Un trucco per sbeffeggiare i più raffinati interpreti di un mondo astratto che si chiama populismo. E che nella Storia non porta mai fortuna a chi lo pratica o costruisce.
Con la pretesa di "non prendersi sul serio" Ferrara il "leggero" smentisce la propria natura, come un disegno che nasce cancellando se stesso.

05.05.2009
Velata e non velina
Smentite le voci che la accreditavano quale velina od aspirante tale.
La "Velata" al brindisi con "papi" Silvio, papà e mammà, è una strana figura addobbata per una cerimonia religiosa, mentre si trova soltanto al ristorante per festeggiare allegramente la maggiore età.
Ovvero come le apparenze ingannano. O come ci ingannano le foto, secondo le malelingue che ipotizzano ritocchi o fotomontaggi.
Tutto è vero, invece, sacrosantamente vero in quell'immagine. E' finta soltanto l'Italia che vi si rispecchia e proietta.
Lui il papà si dichiara "vecchio socialista riformista".
Sul vecchio, lasciamo soltanto a lui la responsabilità dell'affermazione.
Ma sul "socialista riformista", non abbiamo dubbi. Come si fa a ritenersi tali e poi danzare voluttuosamente con il capo del Popolo della libertà che può essere considerato tutto, ma "socialista riformista" proprio no?
Perché se si dichiarasse tale, il cavaliere correrebbe il rischio di essere querelato da Bobo Craxi.
Il quale lo ha già smentito, Berlusconi, quando questi aveva detto di aver conosciuto il papà della "Velata" nella solenne funzione di autista di Bettino Craxi.
Adesso sappiamo che il papà della "Velata" mai guidò vetture per il segretario del Psi e capo del governo Bettino Craxi. Lo ha smentito Palazzo Chigi, sede del governo presieduto dal cavaliere.
Adesso sappiamo anche sui socialisti, non di oggi, ma di ieri, un'altra cosa.
La comunica al festante Popolo della libertà un senatore noto studioso che ha dichiarato, senza essere stato sinora smentito da nessuno, che il fascismo di Mussolini Benito da Predappio "era di natura socialista".
Fortunatamente non ha aggiunto il senatore noto studioso che la natura del socialismo della dittatura fascista era di stampo riformista.
Perché altrimenti avremmo trovato arruolato nella schiera dei nostalgici anche chi brindava al ristorante con la "Velata" maggiorenne e mammà e papà della stessa fanciulla in fiore.

04.05.2009
Riconoscenza
Si è commosso sino alle lacrime, Mike Bongiorno. Fu incarcerato 65 anni fa a San Vittore dai nazisti, ed è stato scacciato da casa Berlusconi lo scorso anno. Senza un saluto da parte del cavaliere con cui aveva iniziato l'avventura della televisione privata.
Si è commosso ieri sera con Fabio Fazio raccontando tutto ciò, e svergogando lo stile manageriale di Mediaset e del suo capo, ora anche capo del governo.
Questa volta, per il mancato gesto di buona educazione, la colpa era tutta dei maschietti di casa Berlusconi. L'unica signora citata è stata una segretaria del capo.
Di fronte alla lamentale di Mike di non essere stato contattato dal cavaliere, gli ha semplicemente detto di esser stato messo in una lunga lista di telefonate da fare.
Lui. In lista. Mike ha avuto ragione a tirare le orecchie alla maleducazione altrui. Perfetta sintesi del Bel Paese di questi giorni. (O di sempre?)

04.05.2009
Dopo il 25 aprile
C'è sempre un'ora della scelta. Un signore di 82 anni ha risposto su "Repubblica" alla lettera di una coetanea in cui si sosteneva che non tutti i repubblichini era stati volontari ma soltanto costretti ad arruolarsi...
Verissimo, risponde quel signore, ma fra 8 settembre 1943 e 25 aprile 1945 "passarono circa 20 mesi, durante i quali ogni italiano [...] aveva tutto il tempo per decidere da che parte stare".
Chi non condivideva gli ideali fascisti, aggiunge il signore, doveva avere "il coraggio di decidere e fare la propria scelta".
Non releghiamo il discorso soltanto alle celebrazioni del 25 aprile. Estendiamolo alla vita di ogni giorno.
C'è sempre un'ora della scelta. Per ognuno di noi. Si può fingere con gli altri, ma non con se stessi.
Rileggere le pagine della storia di quei giorni lontani, dovrebbe essere un esercizio da praticare prima nelle famiglie, poi nelle scuole.
Ma la conoscenza della Storia fa paura al potere politico che troppo spesso è soltanto mistificazione delle verità sulle cose accadute realmente.

04.05.2009
Brutt'Italia
Nelle ultime ore Silvio Berlusconi è diventato il più illuminante simbolo morale di quell'educazione ecclesiastica (per fortuna non sempre prevalente) che insegna più a diffidare del prossimo che a dubitare di se stessi.
La sua vicenda sentimentale ha mosso i direttori di "Stampa" e "Corriere" ad intervistarlo. Come un fiume in piena, il cavaliere ha accusato la consorte, il mondo dell'informazione, e pure quella politica-spettacolo che lui stesso ha creato felicemente dal nulla. E che gli aveva sinora garantito un solido, brillante successo. Soltanto adesso incrinato dalle storielle circa le veline da candidare alle elezioni europee.
Storielle che SB respinge con sdegno addebitandole alla consorte. Ma partorite, con quel genio perfido che anima soltanto i colleghi di partito, dall'amico presidente della Camera. Al quale fa capo la fondazione "Fare Futuro" sul cui sito sono apparse le storielle riprese poi dalla signora Miriam Bartolini.
La signora spera, come oggi riferisce la sua biografa ufficiale Maria Latella sul "Corrierone", di essere presto dimenticata da quanti, in casa e nel partito di casa, usano la "scemenza" di considerarla "manovrata dalla sinistra".
L'accusa che le rivolgono è dovuta non soltanto a quella educazione cattolica che spinge a diffidare del prossimo (anche il più vicino). Ma pure ad una concezione padronale per cui ogni persona in famiglia deve "usare" soltanto le idee di chi comanda. Del marito in questo caso.
Nella società attuale, "chi comanda" è soltanto il portatore inutile e spesso patetico di vecchie concezioni mandate in soffitta dallo "spirito del tempo". Come dimostra questa vicenda, nelle versione patetica che il cavaliere ci offre.
Lui, il marito ripudiato in maniera brusca ed a male parole, si ribella. Accusa la moglie di avergli giocato per la terza volta durante una campagna elettorale, "uno scherzo di questo tipo", cadendo nella trappola di una "criminalità mediatica".
Di cui lei sarebbe più vittima di lui. Ma lei non cede. Scrive Maria Latella: "Alle amiche racconta che l'Italia del momento è uno specchio che riflette brutte cose...". Un Paese "in cui nessuno vuole più fare sacrifici perché tanto la fama, i soldi, la fortuna arrivano con la tv...".
Ma la signora Bartolini in casa non è l'unica a pensarla così. Ricordiamo analoghi concetti espressi tre anni fa da sua figlia Barbara contro la tv di famiglia ("Ai miei figli non farei mai vedere Buona Domenica e i reality show"). Ricevendo da Maurizio Costanzo la qualifica di "giovinetta con la scienza infusa".
Le accuse della signora Bartolini contro questa brutt'Italia sono simili a quelle di Rosy Bindi. La quale sostiene che c'è "la connivenza del Paese che non s'indigna di fronte alla pretesa immunità morale del proprio presidente del Consiglio".
Sgarbi con la dissacrante lucidità da "lettore" di figure d'arte, parla del fallimento del matrimonio di Berlusconi come di "un fallimento politico".
A noi modestissimi "lettori" rinchiusi entro quattro mura provinciali, la vicenda sembra annunciare pericolosamente una terribile campagna d'estate: con il grande capo che triturerà la ex moglie a tal punto che lui stesso sarà oscurato agli occhi dei suoi fedeli.
Che poi poco o molto cambi in politica, è un discorso che non dipende più soltanto da lui o da lei. Il terzo incomodo può chiamarsi Fini, ma può anche essere Casini grazie alle attenzioni vaticane sulle cose d'Italia.

03.05.2009
Strane alchimie

Speciale/
Miriam Bartolini, in arte Veronica Lario
divorzia da Silvio Berlusconi

L'Italia, con angosciante chiarezza ha confidato a qualcuno la moglie del capo del nostro governo, è il Paese che tutto giustifica e tutto concede "per una strana alchimia" che impedisce stupore e scandalo.
Un Paese (aggiungo) che non stupisce, perché ha allevato sempre gli Arlecchini servi di due padroni. Si è retto sulle indulgenze plenarie. Si è giustificato accusando le vittime di non aver anticipato con una mossa furba l'azione dei violenti che le hanno colpite.
E' un Paese in cui il mito ha alimentato l'educazione, a partire dal Balilla mussoliniano sino ai "pioneri" del pci.
Il mito al posto del "dubbio" metodico che avrebbe dovuto suggerire ai potenti di turno di diffidare del loro stesso potere. Non per timore di perdere la poltrona, ma per quello di fare la figura dei fessi davanti allo specchio, la sera prima di andare a letto. Nel silenzio di un esame di coscienza ingrato ma inevitabile.
Oggi certe uscite mentali abusivamente definite pensieri, sono usate negli spettacoli televisivi per riempire i programmi. Sono spacciate per cose originali, piene di significato.
Ahinoi, spesso e volentieri sono soltanto certificati di appartenenza alla banda che gestisce il potere. Si diceva una volta contro certi tipi da sottogoverno, che per mangiare al tavolo di quel potere, bisogna almeno sapere tener in mano le posate.
Oggi siamo non scesi in basso ma saliti al vertice della sincerità estrema. Tanto gratuita da renderla innocua ma persino troppo banale. E quando una verità è banale, è la sua negazione, la sua condanna: diventa la cartina di tornasole che la stupidità si fa regola, perché manca l'intelligenza di saper costruire qualcosa di positivo.
E tutto ciò avviene anche grazie a quella "strana alchimia" che la consorte del nostro capo di governo, denuncia per annunciare che intende divorziare da un marito che accusa con gli intimi di "frequentare le minorenni". Stando alla "vulgata" apparsa stamani su "Repubblica" per firma di Dario Cresto Dina.
Miriam Bartolini spiega che appunto "per una strana alchimia" all'imperatore suo marito tutto è permesso.
Lo dice con un disgusto che avvilisce non per colpa sua, ma per il contesto in cui quell'affermazione cala pesante come la lama di una ghigliottina. Ne vedremo gli effetti. E tra qualche decennio gli storici potranno raccontare qualcosa che rassomiglia a dei drammi per il momento vissuti come commedia. E non soltanto per colpa del marito della signora Bartolini.
Non è squallido mai il peccato, come lo disegnano i moralisti, pronti a tutto poi per giustificare quello personale.
E' squallido il modo di vivere dei potenti, come se dagli altri fosse loro tutto dovuto ("credere, obbedire, combattere").
La signora Bartolini non per nulla usa il termine "imperatore" non tanto per offendere il consorte quanto per deridere la folla di consiglieri che lo circonda.
Folla di moralisti, avvezzi ad alzare il ditino come Capezzone, per ammonire il dissenso altrui a tornare sulla retta via.
Ma che dicono i moralisti di governo adesso che il dissenso si sviluppa pure in famiglia? Non cambiano registro, offendono la signora Bartolini, le dicono che anche lei è stata un'attricetta semisvestita, in arte Veronica Lario. Come se fosse un'esponente dell'opposizione da far arrossire nel salotto di Bruno Vespa.
Quasi fosse una di quelle signore antigovernative che abitano il Parlamento e sono pure malvestite e maleodoranti. Come le ha chiamate il signor Berlusconi, per difendere le colleghe eleganti e profumate del suo partito. Dopo essere stato costretto dalla consorte a cancellare le "veline" vagamente discinte dalle liste per le elezioni europee.
I cortigiani del potere, di ogni potere, non soltanto di quello dell'imperatore di Arcore, sono come quel padre teatino di Modena di cui si legge in un passo del bellissimo libro di Paolo Lombardi ("Streghe, spettri e lupi mannari"), che riprende "le sagaci ricerche di Giovanni Romeo" (p. 101).
Quel teatino, Geminiano Mazzoni, nel 1610 "finì sotto processo per aver tentato di esorcizzare alcune monache attraverso la manipolazione dei loro genitali".
L'operazione è ripetuta oggi, per esorcizzare la Sinistra: la manipolazione avviene, e lo dice a tutti non un avversario del capo del governo, ma la sua (ancora per poco) consorte.
Costretta infine a confidare che inutilmente ha "cercato di aiutare" il marito, implorando "coloro che gli stanno accanto di fare altrettanto, come si farebbe con una persona che non sta bene".
Ma quei consiglieri dell'imperatore di Arcore non hanno potuto far altro che recitare l'eterna parte di suggeritori di consenso, perché le vie dell'inferno si aprono con la porta del dissenso. Mica con le parole di una diciottenne qualsiasi, ma capace di far infuriare la moglie del primo ministro. Umiliata dagli amici di Arcore, a testimonianza che ormai la Politica in Italia è soltanto un abuso mentale. Pericoloso al punto che appunto se ne deve fare a meno, se a far crollare certi muri del Palazzo sono le liti casalinghe, per quanto dignitose ed inevitabili. Ma come diceva qualcuno in passato, le astuzie della Storia non finiscono mai.

In archivio, in questo blog:
31.03.2007, "Dignità è donna. In politica".
04.10.2007, Veronica, Veltroni e Silvio: e quella lettera a Scalfari del 31 gennaio... («Ora scrivo per esprimere la mia reazione alle affermazioni svolte da mio marito nel corso della cena di gala che ha seguito la consegna dei Telegatti, dove, rivolgendosi ad alcune delle signore presenti, si è lasciato andare a considerazioni per me inaccettabili: " ... se non fossi già sposato la sposerei subito" "con te andrei ovunque"»
09.05.2008, «... la signora Veronica Lario in Berlusconi ha giustificato la sua assenza dalle cerimonie pubbliche con una di quelle frecciate al curaro che prima o poi producono il loro effetto micidiale: le mogli debbono restare "tranquillamente nell'ombra". Aggiungendo: "Mio marito può portare sotto i riflettori della politica la Brambilla".»
09.08.2008, "Col seno di poi": «Sul "Corsera" Maria Latella che bene conosce Veronica Lario (a cui nel 2004 ha dedicato una biografia "autorizzata", "Tendenza Veronica"), attribuisce a quest'ultima una battuta pungente al punto da apparire autoconsolatoria. Il cavaliere ha indispettito varie volte la consorte. Il farsi ritrarre felice assieme a lei può aver rattristato, secondo la signora Lario, quanti speravano in un loro divorzio. Proprio la presenza insolita della signora Lario sulla scena dell'attualità, induce Maria Latella a scrivere che se "la casalinga di Macherio" ha lasciato il suo eremo, "una qualche sostanza ci dev'essere".»
23.01.2009, "Veronica licenzia Veltroni".
05.03.2009, "Sorbona".


Antonio Montanari - 47921 Rimini. - Via Emilia 23 (Celle). Tel. 0541.740173
RIMINISTORIA è un sito amatoriale, non un prodotto editoriale. Tutto il materiale in esso contenuto, compreso "il Rimino", è da intendersi quale "copia pro manuscripto". Quindi esso non rientra nella legge 7.3.2001, n. 62, "Nuove norme sull'editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge 5 agosto 1981, n. 416", pubblicata nellaGazzetta Ufficiale n. 67 del 21 marzo 2001.
2751, 16.03.2018

il Rimino 2009