Diario italiano, "il Rimino"


Il Rimino 157, anno XI




Gennaio 2009


29/01/2009
Bestemmie in Chiesa


Le parole pronunciate dal prete lefebvriano don Floriano Abrahamowicz (nella foto con il leghista Borghezio) sono purtroppo da mandare a memoria, non tanto per dargli gloria mondana, quanto per sottolineare la gravità dell'imprudenza romana nell'agire sul caso della Fraternità San Pio X. (Che poi sia soltanto imprudenza od anche impudenza, sta al nostro libero arbitrio di giudicare.)

L'Abrahamowicz ha detto sulle camere a gas dove erano mandati a morire gli ebrei: "L'unica cosa certa è che sono state usate per disinfettare". Sono oscenità. Bestemmie che pronuncia un uomo di Chiesa in chiesa, qualificandosi come sacerdote.

Ieri scrivevo che i lefebvriani non sono soli. E che certi "tradizionalisti" sono più pericolosi di loro perché, non additati come "eretici", godono di stima e, soprattutto, di potere.
Sull'argomento oggi "Repubblica" ha pubblicato un fondo di Carlo Galli che esamina "il nucleo del pensiero dei tradizionalisti": "Un pensiero di micidiale coerenza".

Osserva Galli: "la Chiesa sembra trattare i tradizionalisti come 'fratelli che sbagliano', come un figliol prodigo esuberante ed estremista ma recuperabile, appunto perché è orientato nel senso giusto"...
Infine, c'è nella Chiesa un clima che la porta "a conciliarsi piuttosto con i tradizionalisti che col mondo d'oggi".

Massimo Franco sul "Corriere della Sera" sottolinea come il caso della riconciliazione con i lefebvriani sia stato "gestito male". E fa due ipotesi: o per sottovalutazione del contesto o per difficoltà nel comunicare.
Credo che sia valido l'approccio di Galli: la Chiesa si concilia con i tradizionalisti ma non con il mondo contemporaneo. E questo perché accade, è facile immaginare. La tradizione è un velo, un paraocchi, un comodo riparo dal quale lanciare tutte le possibili (e venerate) condanne e scomuniche agli altri, i "moderni". Senza "compromettersi" misurandosi con i nuovi problemi che la realtà ogni giorno presenta.

Sulla pericolosità politica di questi tradizionalisti, accertata per esperienza personale, dirò altra volta


29/01/2009
Senza infamia ma con lodo


Ad Antonio Di Pietro. Dalla destra berlusconiana e dalla sinistra di Veltroni (si fa per dire, sinistra) la ringraziano.
Lei ha ragioni da vendere per la questione del "lodo Alfano". Non lo dico io, l'ha spiegato lo scorso agostoAntonio Baldassarre, ex presidente della Corte costituzionale. In parole povere, il "lodo Alfano" ricalca in parte il "lodo Schifani", poi dichiarato illegittimo dalla stessa Corte costituzionale con sentenza del 20 gennaio 2004, n. 24.
In luglio l'avevo scritto in un post, "Sono uguali?". Lo dico senza presunzione, soltanto per documentare i fatti.

Il suo comizio di ieri le ha attirato fulmini e saette. Per l'ex capo di Stato Scalfaro lei ha commesso un reato.
Le sue parole sono state queste: "Stiamo semplicemente dicendo che non siamo d'accordo sul fatto che si lasci passare il lodo Alfano... [...]".
Poi ha aggiunto: "Lo possiamo dire o no? Rispettosamente, ma il rispetto è una cosa, il silenzio è un'altra: il silenzio uccide, il silenzio è mafioso, il silenzio è un comportamento mafioso".

Credo che nelle sue intenzioni, non volesse attribuite il "comportamento mafioso" al presidente Napolitano.

Se c'è stato un equivoco sintattico, i suoi avversari o finti amici hanno preso la palla al balzo in un momento in cui lei sta politicamente declinando.
Qui il 28 dicembre ho scritto che il suo mito è "(s)finito": lei "ha avuto coraggio nel proporre il referendum popolare contro il "lodo Alfano", facilitato dal silenzio ambiguo, se non ricordo male, del Pd".

La cosa non le è stata perdonata. Poi sono venute le ben note faccende famigliari. E' stato lei a parlare di "comportamento sbagliato e inopportuno" a proposito di suo figlio.

Ciò che fa sorridere oggi, leggendo i giornali, è la carica dei 101 contro di lei con argomenti non sempre sostenuti da ferrea logica.
Piero Ostellino ci perdoni se nel suo fondo del "Corriere" ravvisiamo un passo che è contraddetto dai fatti. Ostellino scrive che il capo dello Stato "può rinviare alle Camere le leggi del Parlamento per vizio di costituzionalità". Sulla incostituzionalità di un punto del "lodo Alfano" preso dal "lodo Schifani" la suprema Corte si era già espressa... Dunque?

Anche Massino Giannini dimentica questo stesso aspetto, accusando Di Pietro di cadere, con le argomentazioni sul "lodo Alfano", "ancora una volta nella furia giustizialista".

Egregi Ostellino e Giannini. Mettiamoci in testa una volta per tutte che la colpa della questione del "lodo Alfano" non è di Di Pietro. Il quale sta sbagliando tutte le sue mosse, è appunto "un mito (s)finito", e quindi alla grande stampa ed alla sotterranea alleanza fra governo e Pd sarà facile bruciare la terra attorno ad Antonio Di Pietro.
Ma fatto (e detto) tutto ciò, la questione del "lodo Alfano" non è scomparsa, perché non è un'invenzione retorica dell'ex pm.


28/01/2009
Chiesa, due problemi


La dichiarazione odierna del papa ("No al negazionismo ed al riduzionismo") giunge tardiva rispetto alla questione della riammissione dei lefebvriani.

A parte che la bestemmia del "vescovo" Williamson (secondo il quale non ci sono prove razionali per le camere a gas), non avrebbe mai potuto essere ripetuta da piazza San Pietro. A parte che la questione di questo "vescovo" era da affrontare prima della riammissione della sua "setta". Resta il problema: possono bastare queste parole odierne del papa per chiudere il discorso sul tema?
Credo di no. Il "vescovo" Williamson avrà tutela perché ormai fa parte della gerarchia romana. Né basta la lettera della Fraternità di San Pio X che chiede perdono per le affermazioni del prelato.

La riammissione dei lefebvriani doveva essere condizionata all'accettazione da parte loro del Concilio Vaticano II. E degli atti successivi del papato. Invece, essi hanno ancora la possibilità di restare ancorati alle loro affermazioni folli come questa sulle camere a gas. Nonostante le lettere di scusa. Williamson insiste. Loro fanno una mossa di pura diplomazia burocratica. La fede è qualcosa di molto diverso.

C'è un altro aspetto. I lefebvriani non sono soli. Certi "tradizionalisti" sono più pericolosi di loro perché, non additati come "eretici", godono di stima e, soprattutto, di potere. Questo è il secondo problema sul tappeto.

Ha ragione Hans Kung: l'attuale pontefice "vive nel suo mondo, si è allontanato dagli uomini, e oltre a grandi processioni e pompose cerimonie, non vede più i problemi dei fedeli". Direi, i problemi del mondo contemporaneo.

Tutto ciò ha stretti legami con la vita politica del nostro Paese, condizionata dall'obbedienza al Vaticano che nega la laicità dello Stato. Lo vediamo ogni giorno.


27/01/2009
Tocca a noi ricordare, come scrive Arrigo Levi


Tocca a noi ricordare, come scrive Arrigo Levi nell'editoriale della "Stampa" di oggi.
Ieri sera ho inserito un post intitolato appunto "Noi ricordiamo".
Nella giornata della memoria non possiamo dimenticare quella tragedia e non dobbiamo chiudere gli occhi sui drammi contemporanei.


26/01/2009
Noi ricordiamo


"Noi ricordiamo: una riflessione sulla Shoah", è il titolo di un documento del Vaticano del 1998, richiamato oggi da Vito Mancuso nel suo fondo di "Repubblica".

Mancuso tratta del vescovo Richard Williamson, "lefebvriano ora pienamente cattolico grazie alla clemenza di Benedetto XVI". Williamson è un negazionista: cioè sostiene che non sono esistite le camere a gas, e riduce "il numero degli ebrei uccisi a un massimo di 300.000".

Mancuso scrive che negare un crimine "significa commetterlo di nuovo".
Ha ragione. Così come ha ragione Gianni Gennari sulla "Stampa" odierna quando osserva che a Williamson occorre chiedere una "ritrattazione", dandone un segno evidente.

Dietro tutta la vicenda del perdono allo scisma lefebvriano, e dell'insostenibile posizione del riammesso vescovo Williamson, c'è la conferma del tragico significato che le discussioni teologiche finiscono sempre per assumere.

Quelle discussioni non trattano mai di questioni astratte. Ma di problemi calati nella realtà. Da essa nascono, in essa ritornano con tutto il doloroso bagaglio che la storia della Chiesa ha accumulato. Quel bagaglio si chiama di volta in volta scomunica, condanna al rogo, offesa alla dignità dell'uomo.

Quella dignità che dovrebbe essere l'interesse primo di ogni analisi teologica. Per rispettare il divino che c'è in ogni creatura.
La stessa Chiesa ponendosi sul piano della Storia, finisce per essere un concentrato di interessi che riguardando la vita terrena e pertanto sono soltanto "politici".

Scrive Mancuso: "Il Papa ha ritenuto il bene della struttura ecclesiastica superiore al rispetto della verità e della memoria dei morti. È il tipico peccato degli uomini di potere, che per dare forza al proprio stato o partito o azienda sono disposti a calpestare la verità".

Quel "potere" è, come dicevo, simbolo e sintesi della "politica". Altra cosa, tutta all'opposto, è lo spirito evangelico della "rivoluzione" cristiana.
Per questo fatto, politicamente e cristianamente, "Noi ricordiamo".


25/01/2009
Nessuno rispose ad Epifani


A futura memoria, perché non si possa accusare Epifani e la Cgil di aver incendiato il clima sociale, leggiamo quanto scrive Eugenio Scalfari nella sua "predica" (in senso einaudiano) della domenica.
Argomento, l'incontro fra forze sociali e governo.

Partiamo dalla conclusione. Spiega Scalfari: ""Mi spiace di non aver letto questo racconto sui giornali di ieri, eppure esso fa parte integrante dello "storico" incontro sulla riforma dei contratti ed è - diciamolo - abbastanza stupefacente"".

Ecco dunque il racconto che non è stato reso noto da nessun altro: ""... Epifani si è alzato ritenendo che la riunione fosse terminata ma ha constatato con stupore che tutti gli altri rappresentanti delle parti sociali (sindacati, commercianti, banchieri, cooperative, Confindustria) restavano seduti. Ha chiesto se c'erano altre questioni da esaminare. "Visto che siamo qui tutti" ha risposto Gianni Letta "utilizziamo l'incontro per discutere la riforma contrattuale".
La signora Marcegaglia a quel punto ha distribuito un documento sulla contrattazione privata e il ministro Brunetta ha distribuito un altro documento sulla contrattazione del pubblico impiego. Epifani ha chiesto 24 ore di tempo per l'esame dei due testi, preliminare alla discussione che ne sarebbe seguita.
Silenzio assoluto. "Debbo dedurre che i testi non sono emendabili?", ha domandato il segretario della Cgil. Ancora silenzio. A questo punto Epifani ha preso la via dell'uscio senza che alcuno lo trattenesse.""


25/01/2009
Personale, "sognatori" a Rimini


Ricevo e pubblico.
"In passato avevo visto la sua firma in calce al manifesto dei "sognatori" per una Rimini non invasa da nuovo cemento.
Nel nuovo appello, non ritrovo più il suo nome. Ha cambiato pensiero?. Comunque le sarei grato se potesse render noto il commento "Sognatori e svagati" che pubblico nel mio blog ed in quello di un gruppo politico cittadino. Alberto Cristofano"

Rispondo.
Nessuno mi ha chiesto di firmare il testo pubblicato dal "Corriere di Rimini. Si vede che non davo sufficiente affidamento di serietà intellettuale a chi ha curato la raccolta delle adesioni e la pubblicazione del nuovo "proclama".
Non ho nessun motivo per non render noto il suo testo. Eccolo qui.

""Giustamente, vi siete chiesti: "I quattro sognatori federati, hanno un programma, un documento, uno straccio di proposta per fare capire chi sono e cosa vogliono?"
Una confidenza: ho la massima stima per le persone che hanno firmato la lettera al "Corriere di Rimini". Alcuni sono personaggi di chiara fama, locale o nazionale.
Niente di personale contro nessuno, ma alcuni di loro sono molto vicini o all'ombra dei poteri cittadini, sono quasi sempre presenti "nel dibattito" o nelle pubbliche manifestazioni.
Mugugnano un po' come Bartali, "tutto sbagliato, tutto da rifare". Ma si sono chiesti se sinora hanno mai sbagliato una mossa, non so, un piccolo passo falso, che almeno dia loro la possibilità di dire un "mea culpa, mea minima culpa"?
Uno ha fatto la campagna elettorale per la candidata del Pd all'insegna del motto "basta all'influenza della Chiesa sul governo italiano", non sapendo che la gentile signora proveniva dalle istituzioni ecclesiastiche cittadine come direttrice di una radio della Curia....Un altro appartiene ad istituzioni culturali che sono emanazione della stessa Curia.
Diamo loro il credito della buona fede, altrimenti dovremmo sospettare che la loro finta ingenuità nasconda il desiderio di stare a galla, sempre e comunque.""


24/10/2009
Amletico Tremonti


Nell'elogio fatto da Giulio Tremonti a Romano Prodi ("Ha ragione quando dice che non esistono soluzioni nazionali a una crisi globale"), si trova la conferma (ho scritto qui il 19 scorso) del contrasto esistente tra la sua linea e quella del capo del governo.

Su quest'ultimo aspetto torna oggi Giovanni Sartori con l'editoriale del "Corrierone". Dove leggiamo:
1. davanti alla "gravissima crisi economica", Berlusconi "gronda ottimismo";
2. "Tremonti si divincola tra dire il vero e esternare assurdità", e soprattutto "pasticcia tra previsioni e ipotesi".

Sartori per farci sorridere riporta una frase del ministro, secondo cui oggi il prevedere è "un mestiere da astrologi".
C'è poco da sorridere se il responsabile dell'economia nazionale se ne esce con una simile battuta.

C'è da osservare forse che Tremonti è stato contagiato dal morbus arcorianus delle frasi da attore d'avanspettacolo che affligge, ahinoi, il presidente del Consiglio.

Invece tremendamente seria è la battuta di Sartori, che alla fine si rivela una spiazzante spiegazione del comportamento degli economisti. Non è vero, come sostiene Tremonti, che non capirebbero un tubo della loro materia, non avendo previsto la crisi. Sostiene Sartori: "semmai l'hanno avallata partecipando alla pappatoria".

E poi dicono che sono "antipolitici" i comici... Chi scrive così è uno studioso illustre, non un divo di quella televisione tanto odiata dal cavaliere.

I dubbi "di" Tremonti su cui scrive Sartori, diventano alla fine i dubbi "su" Tremonti.

Quest'amletico ministro finisce per rassomigliare troppo alla caricatura che del "pallido prence danese" faceva Ettore Petrolini.

Dal cui monologo prendiamo la sempre attuale conclusione: "Si ha da succedere, succederà".


23/01/2009
Veronica licenzia Veltroni


Veronica Lario in Berlusconi ci ha spiegato dolcemente oggi dalle colonne della "Stampa" che dovremo sorbirci suo marito al governo per altri dieci anni.
"Una battuta", spiega Luca Ubaldeschi. Forse è qualcosa di più, una prognosi politica. Dove in quel "governerà" pronunciato dalla signora e riferito al cavaliere, non sai se leggere soltanto il restare sulla poltrona di palazzo Chigi oppure anche un'ascesa al colle del Quirinale...

Nell'ottobre del 2007, alla signora era giunto il galante invito di Walter Veltroni di aderire al Pd. Lei rispose: buon segno, "Citare il cognome che porto significa anche superare quindici anni di conflitti".


Adesso la consorte di Berlusconi tira le orecchie al segretario del maggior partito d'opposizione, con una sincerità che non è nuova: le era piaciuto il discorso di Torino, ma Veltroni è poi "scomparso dalla scena".
E gli altri? "Non vedo qualcun altro capace di prenderne il posto e di impugnare saldamente il timone del Pd".

La signora non risparmia però le critiche al governo: invischiato al pari dell'opposizione "nel gioco dell’uno contro l’altro, senza pensare all’interesse comune, generale, superiore". Come invece accade negli Usa con Obama".

Forse in questo richiamo ad un'esperienza straniera, sta la chiave di volta della crisi italiana, non della spiegazione che ne dà la signora Lario (all'anagrafe Miriam Bartolini).
Noi abbiamo bisogno sempre di invocare modelli che non ci appartengono, e che sono storicamente diversi da quelli che si trovano nella nostra vicenda politica non soltanto di oggi.

Ieri Veltroni ha portato il Pd ad astenersi sulla riforma del federalismo. Non certo per attirarsi simpatie da parte del cavaliere. Ma per poter fare un giro di valzer con la Lega, sperando che, in un futuro non lontano, i seguaci di Bossi possano alzare il capo e defenestrare il cavaliere. Per aprire una pagina nuova a palazzo Chigi.

Ma Veltroni oggi è stato gelato dalla signora Lario che lui definì nel 2007 persona "con la mente aperta e con una grande autonomia intellettuale". Il re di Arcore "governerà" l'Italia ancora per dieci anni. E per il Pd, ha aggiunto la moglie del cavaliere, occorre "una figura nuova, giovane, capace di diventare leader".
Un benservito in piena regola per chi l'aveva invitata a seguirlo nel nuovo partito. Almeno la signora Lario è stata sincera ed ha detto cose di immediata comprensione. Anche se poi per definire fallita la conduzione di Veltroni non occorre tutta quella "mente aperta" che l'ex sindaco di Roma le riconosceva.


I post precedenti di questo mese.


Anno XI, n. 157, Gennaio 2009
Date created: 23.01.2009 - Last Update: 28.01.2009, 18:20/
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