il Rimino - Riministoria

Maometto II, Rimini e Venezia

A Venezia si svolge una mostra sui rapporti tra la Serenissima e l'Islam (828-1797). Il logo dell'esposizione presenta due ritratti. Dietro quello del sultano Maometto II, eseguito da Gentile Bellini nel 1480, c'è una storia tutta riminese. Maometto II nel 1461 invita Sigismondo Pandolfo Malatesti ad inviargli uno dei migliori artisti della sua corte, Matteo de' Pasti, con l'incarico appunto di fargli un ritratto.

A Matteo, Sigismondo affida per Maometto II una copia del «De re militari» di Roberto Valturio, opera importante per la storia di Sigismondo e del suo tempio. Valturio, nella dedica a Sigismondo, scrive che a costui si debbono i lineamenti delle immagini del tempio, ricavati dai «remoti segreti della filosofia». Immagini che «possono allettare gli osservatori eruditi e quasi del tutto estranei al volgo». Partendo da questo passo, che richiama l'antica distinzione fra le dottrine destinate agli allievi delle scuole (esoteriche) e quelle pubblicate (essoteriche), si è costruito tutto il castello di presunti enigmi del nostro tempio.

Sigismondo accompagna il dono a Maometto II con una epistola latina composta dallo stesso Valturio, in cui dichiara di voler far partecipe il sultano dei propri studi ed interessi.

Matteo de' Pasti non riesce a portare a termine la sua missione. Arrestato in Candia prima di giungere a destinazione, è trasferito a Venezia dove è processato e liberato il 2 dicembre 1461 dopo esser stato riconosciuto innocente. Il «De re militari» sequestratogli è richiesto dal pontefice Pio II che lo vuole esaminare. Contro Sigismondo s'inventa l'accusa d'aver invitato Maometto II a combattere il papa, e di essere in un solo botto nemico della Religione, dello Stato della Chiesa, delle signorie e dell'Italia tutta.

Il tentativo di dono di Sigismondo a Maometto II avviene in un momento di forte tensione internazionale, anche se la presa di Costantinopoli (1453) ha provocato soltanto «reazioni sentimentali o retoriche» (C. Vivanti) come la bolla del papa sull'avvento della bestia dell'Apocalisse, avanguardia dell'Anticristo. Il 18 aprile 1454 Venezia ha stipulato un accordo con il conquistatore di Costantinopoli. L'unico a rimetterci è il nostro Sigismondo. Il 26 aprile 1462 tre fantocci che lo raffigurano sono bruciati a Roma, ed il giorno seguente Pio II emana la bolla «Discipula veritatis» per scomunicare ed interdire il signore di Rimini.

Testo apparso sulla «Pagina aperta» del Corriere Romagna del 31 luglio 2007.

Antonio Montanari



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/Date created: 31.07.2007 - Last Update: 31.07.2007