Cultura a Rimini: affari tra massoni e bancari
6 Marzo 2007

Proviamo ad allargare il discorso dal «motoraccio» immobiliare (che sta mettendo in crisi antichi, consueti e quindi consolidati equilibri), ad altri aspetti della vita cittadina di Rimini, prendendo spunto dalle parole (apparse su «Ariminol») di Sergio Gambini. Il quale sostiene che è venuto il momento di compilare un «codice di regolamentazione» per il rapporto tra Pubblico e Privato. Esco dal tema urbanistico e trasferisco brutalmente l’autorevole opinione dell’on. Gambini al settore della cultura che, al pari di quello edilizio, è di fondamentale importanza nella vita di una città.
Di passaggio, ricordo che la questione della gestione culturale non è legata soltanto ai pochi «soliti noti» che la curano, ma coinvolge anche il popolo dei cosiddetti «fruitori». La lettrice di un settimanale riminese, ad esempio, nel novembre 2005 scriveva a quel periodico proprio sui modi della gestione della cultura (cittadina e non soltanto cittadina). A quella lettrice risposi con una lettera ospitata dallo stesso periodico (al quale collaboravo dal 1982), auspicando che si potesse discutere della situazione riminese se non pubblicamente almeno in un tavolino di caffé. Ma si sa come vanno a finire certi buoni propositi, restano appunto tali, mentre gli affari e gli intrallazzi altrui vanno avanti impavidamente.
Spero che, come per l’edilizia e l’urbanistica, anche per la cultura giunga un momento in cui (come ha fatto il «Corriere» per il «motoraccio» immobiliare) si possa dire che il «re è nudo».
Se in generale (l’ho già scritto sul «Corriere») la popolazione di Rimini si può dividere in tre parti (silenti, mugugnanti e parlanti), nel settore specifico della cultura non esistono che due gruppi, i quali si ritagliano la torta e spartiscono cariche ed incarichi, compilando classifiche di “buoni” e “cattivi”.
Questi due gruppi sono la massoneria ed una fondazione bancaria. Punto e basta. Ed è veramente giunto il momento di dire «basta» a questo sistema che danneggia tanti ottimi giovani che sono presenti sulla piazza del mercato culturale e non ottengono il «pass» per accedere ai piani alti della gestione di quel mercato.
Il sottoscritto non avendo più l’età per poter rientrare nella categoria degli esordienti, parla disinteressatamente del problema, con l’unico intento di restare fedele ad un principio morale che ha ispirato i vari rami della famiglia da cui proviene: deve sempre prevalere l’interesse della collettività su quelli delle singole persone.
Il discorso richiederebbe l’elencazione di molti aspetti negativi della pubblica gestione della cultura. Per questa elencazione riproporrei ingenuamente il ricorso ad un pubblico dibattito, come già fatto in quel settimanale nel 2005. Mi limito qui a citare due fatti, uno macroscopico e l’altro più piccolo ma non per questo trascurabile.
Dunque, Rimini ha ceduto all’Università tutti i suoi antichi gioielli, si vedano l’ex convento di San Francesco (sede della prima biblioteca pubblica italiana nel 1430), ed il palazzo Lettimi che, per ignavia del Comune non ricostruito nel dopoguerra con i danni di guerra previsti dalle leggi, è vincolato per volontà testamentaria alla «Scuola musicale».
Dico che «è vincolato» perché nessun atto amministrativo può annullare la decisione del testatore se non con l’arroganza del potere politico che così cancella con ignominia una fetta di storia collettiva.
Chiudo con l’evento microscopico. Un vecchio amico avrebbe voluto donare al Comune di Rimini una raccolta fotografica che racconta cento anni di vita. A suo nome ne ho parlato con gli addetti, aggiungendo che sarebbe desiderio dell’amico di avere come “contropartita” una mostra di alcune di quelle foto alla Galleria comunale dell’immagine in palazzo Gambalunga. Mi è stato fatto rispondere che una mostra costa ventimila euro. L’amico non rientra nelle categorie protette e protagoniste (liberi muratori e fondatori bancari) per cui non dispone di sponsor per la mostra. E per cui ha deciso di non donare al Comune di Rimini la raccolta delle foto e dei documenti annessi. Da parte mia aggiungo soltanto che il Comune finanziò tempo fa con quarantamila euro la pubblicazione sul web da parte di privati, di foto già uscite a stampa.


Questa nota è stata pubblicata oggi 6 marzo 2007 sul "Corriere Romagna".

Antonio Montanari


2573/05.02.2018