Politica. Articoli vari del mese di Luglio 2007, blog de "La Stampa"

31/07/2007
Esclusivo
Ecco la storia della nottata romana dell'onorevole dell'Udc, in tutta la sua trasparenza e verità.
L'on. dell'Udc aveva indetto un incontro di meditazione politica sul tema: «Eccitazione delle masse e pericolosità della candidatura di Veltroni alla guida del Pd».
Vi hanno partecipato due altre persone:
1. un'addetta alle pubbliche relazioni, preventivamente incaricata di indagare sulle opinioni prevalenti al proposito nel corpo delle Guardie svizzere a Roma;
2. una persona di sesso femminile sotto copertura dei servizi segreti per appurare se quanto sostenuto dall'addetta corrispondeva alle informazioni in possesso degli stessi servizi segreti.
Questa terza partecipante ci ha rivelato che cosa è successo di grave nella seduta di lavoro notturno nell'albergo da «dolce vita».
L'on. dell'Udc aveva appena iniziato a leggere un testo in tedesco del suo collega di partito, e ben noto filosofo di professione, in cui si tratta dei fenomeni di estasi provocati in uomini e donne dai discorsi dell'on. Veltroni.
Fu a quel punto che ebbe un mancamento la giovane che aveva svolto indagini sulle opinioni prevalenti nel corpo delle Guardie svizzere circa lo stesso on. Veltroni.
Resta da appurare da parte delle Superiori autorità se il mancamento della giovane sia stato provocato dal testo in tedesco del filosofo-politico, o dal ricordo della visione del corpo delle Guardie svizzere.

30/07/2007
Bricolage della politica
Per farci capire le sue intenzioni, Walter Veltroni ha detto oggi che ha fatto bene tutti i lavori in cui si è impegnato: "Il direttore de L'Unità, il vicepresidente del Consiglio, il segretario dei Ds, il sindaco di Roma. La gente ha percepito che ho lavorato con motivazione e onestà di valori. Questa è la mia Ferrari ma nessuno me l'ha messa a disposizione, né me la potrà mettere. L'ho costruita io pezzo per pezzo".
L'elogio del bricolage da autodidatta, da «uomo che si è fatto da solo», è come l'esaltazione della cipolla quale strumento per prevedere il tempo nell'epoca dei satelliti meteo. (Che non sempre funzionano. Per oggi pomeriggio sopra casa mia avevano sistemato forti piogge e vento di bora. C'è un caldo terribile, sono cadute «due gocce due» un'ora fa, per scherzo.)
Il mondo è complesso non tutti viaggiano soltanto in Ferrari, egregio Veltroni. È sicuro che il suo esempio possa essere compreso? La parola è fresca di sorgente, od è condizionata dal caldo che fa?
Come le frasi di quel segretario di partito il quale ha invocato quale attenuante la solitudine del politici per giustificare il collega che aveva due ragazze in camera, una delle quali leggermente alterata dalla droga tanto da finire in ospedale, se non erro.
E per quella solitudine ben peggiore della gente comune che non ha i mezzi di cui dispongono i parlamentari che frequentano alberghi famosi, da "dolce vita", allora che cosa dovremmo inventare e poi alla fine giustificare?
Signori, a volte soltanto il silenzio può dire qualcosa, non tutto. Invece qui si abusa delle parole senza rendersene conto.
Il deputato che aveva le due ragazze in camera (mi raccomando: in camera, e non in Camera), delle quali una capitata lì per caso, ha spiegato a Guido Ruotolo che i valori cristiani a cui lui si richiama non c'entrano nulla «con l'andare con una prostituta». Trattasi soltanto di «una faccenda personale». E poi lo sfogo rivoluzionario: «Quanti parlamentari vanno a letto con le donnine? E' un reato, per caso?».
Ieri la «Stampa» ha sdoganato il seno nudo sul giornale di carta con un titolo vagamente terroristico: «Allarme in spiaggia». Ed anche sul web, con immagini molto delicate (ne riproduco una qui sotto).
Al signore della camera (e non della Camera), non è stato lasciato il tempo di dire che si trattava di un nuovo passo verso la decadenza dei costumi, complice la grande stampa («Stampa») ed il grande capitale del Nord. Infatti lui e tanti altri parlamentari per combattere la solitudine non scendono in spiaggia, dove si esibiscono vergognosamente alcune parti invereconde del corpo umano (non ho mai compreso dove stia l'oscenità del capezzolo femminile e l'innocenza di quello maschile), ma si chiudono in albergo. Spesso con due ragazze: e se va male, una si sente giù per droga.

29/07/2007
La felicità secondo Scalfari
Verso le grandi penne che ho frequentato, nutro affetto e simpatia. Tra loro, c'è Eugenio Scalfari, il fondatore di «Repubblica», alle cui letture di mezzo secolo fa, quando egli era all'«Espresso» ed io un ragazzino chiuso nel provinciale umanesimo scolastico del tempo, debbo l'insegnamento di regole e vizi della economia. I suoi scritti mi sono serviti a comprendere meglio i problemi storici e quelli di attualità anche negli anni successivi.
Le sue articolesse domenicali sono una specie di laica «predica» (prendo in prestito il termine dalla celebri «Prediche inutili» di Luigi Einaudi).
Su «Repubblica» di oggi, è apparsa una sua «Breve lezione sulla felicità».
Magister Scalfari da tempo scrive di filosofia, ed il pezzo di oggi s'inserisce su questo filone. La filosofia, diceva molto concretamente mia nonna Lucia, è quella cosa con la quale e senza la quale il mondo resta tale e quale. Scalfari dimostra invece che la "sua" filosofia è quella cosa la quale riduce tutto al tentativo di dar bacchettate sulle mani a chi gli càpita a tiro.
Il fondo di stamani ne è un esempio lampante.
In breve. Scalfari ha fatto un parallelismo tra la ricerca della felicità in Silvio Berlusconi ed in Clementina Forleo. Il cavaliere si sente felice dopo un bagno di folla. Il gip milanese, per essere tale, ha dovuto esagerare: «L'irruenza del giudizio che ha anticipato un'incriminazione [...] non ha altra motivazione che una ricerca maggiore di felicità».
Allora, caro Magister Scalfari, anche lei come autore di fondi e di saggi, ha ieri cercato la sua «ricerca maggiore di felicità» non nell'ovvio richiamo al signore di Arcore, ma nel tirare in ballo un atto giudiziario sul quale dice di non volere entrare nel merito non avendone «né titolo né voglia».
Troppo snob, caro maestro, questo non aver voglia di discutere di un argomento che passa per la finestra e non per la porta principale, quando poi lei conclude appunto che quell'atto non è servito per una ricerca di «maggiore» giustizia (che dovrebbe essere unico scopo di un giudice), ma di una «maggiore felicità».
La quale è uno stato d'animo molto vago, come dimostra il fatto che qualcuno per essere felice prende a schiaffi il prossimo. Mi sembra, scusi l'ardire, proprio il suo caso del fondo di oggi, domenica 29 luglio 2007.

27/07/2007
Università, a chi serve?
Ogni generazione ha le sue storielle da raccontare sull'Università. Ai miei tempi andava di moda una battuta relativa ai medici. Era una domanda da rivolgere al dottore sotto le cui mani fossimo per caso finiti (... per non essere "finiti" del tutto): «Scusi, signor medico, lei si è laureato prima o dopo il '68?».
La sfiducia nell'Università del 18 concesso tutti (il cosiddetto «18 politico»), era talmente profonda che la si reputava un'istituzione ormai inutile. Invece, l'Università vive tuttora e lotta insieme a noi. Forse combatte soltanto per sopravvivere, forse si è già eclissata nella sua funzione fondamentale, e vegeta unicamente per giustificare le spese di bilancio.
Chissà. Certo è che non si resta bene nel leggere quello che ha scritto stamani sulla «Stampa» il prof. Antonio Scurati: «I nostri laureati, in molti casi, sono semi-analfabeti di andata e ritorno». In molti casi...
Bisognerebbe chiedersi in «quali» casi, se cioè quei semi-analfabeti sono destinati soltanto ad inquinare licei o scuole medie come insegnanti, oppure se vivranno nel settore scientifico e scenderanno nelle corsie ospedaliere o negli ambulatori medici... (tanto per tornare alla battuta post-68).
Sapere ed ignoranza non sono mai concetti astratti. Amore, diceva una definizione da linguisti, è parola astratta. Però se una giovane resta incinta...
Scurati non è ottimista per nulla: «Questa rotta porta con sé un corollario terribile: stiamo rinunciando a ogni pedagogia, al tratto magistrale del nostro insegnamento, e con esso stiamo abbandonando qualsiasi idea di paideia. Dopo millenni, stiamo smettendo di credere che l'adulto possa e debba educare il giovane, che il giovane gli sia sottoposto quanto ad autorità e inferiore quanto a conoscenza.»
Lo stesso sentimento di disperazione è in un pezzo che Francesco Merlo ha pubblicato su «Repubblica» di oggi, dove si conclude che in Italia la scuola «da luogo di formazione dell'èlite» è divenuta «luogo di deformazione di massa».
Siamo ancora in tempo per rimediare qualcosa, oppure i buoi sono già usciti dalla stalla, e ce li hanno addirittura fregati?
Da spettatore un poco informato, non darei tutta la colpa ai giovani. I quali molto spesso sono soltanto vittime di un sistema che li rende succubi e li vuole obbedienti ai valori del padrone del vapore o del vaporetto.
Molto spesso, troppo spesso l'università di oggi è soltanto non una fabbrica di diplomi di laurea, come si sente dire in giro, ma è la fabbrica di cattedre per sistemare amici, parenti, colleghi con il grembiulino o la chierica (anche allegorica), insomma tutto un sottobosco di ambizioni arroganti ed ignoranti, nel senso etimologico della parola: perché non sanno nulla di quello di cui parlano.
Basterebbe un pubblico dibattito per metterli a tacere, per mostrare che dietro la loro superbia c'è soltanto aria fritta che enti pubblici poi trasformano in zucchero filato, in quell'eterno giro che passa attraverso le amministrazioni locali e può arrivare persino alle grandi case editrici.
Di recente è uscito un volume di un classico latino non troppo noto, ma pane soltanto degli specialisti. Un amico ha scoperto che la traduzione in italiano è stata condotta non sul testo originale latino (troppo semplice e troppo ovvio), ma sopra una... traduzione in francese. Ovviamente questo traduttore salirà prima o poi su qualche cattedra con tutti gli onori, se non c'è già.

26/07/2007
No, caro Fassino, no
No, caro Fassino, no, così non va...
Lei ha consigliato al direttore del 'Corriere della Sera' Paolo Mieli, la lettura di un carteggio del 1916 tra Luigi Einaudi e Luigi Albertini, allora alla guida del quotidiano di via Solferino.
Einaudi elogiava il valore del «silenzio» degli organi di informazione, quando l'alternativa era farsi guidare «dagli adulatori delle masse, del popolo e via dicendo».
Indro Montanelli ricordava invece un altro episodio che ha per protagonista Luigi Albertini: «Gli attacchi più micidiali a quello che veniva definito un "ibrido connubio fra malavita e sacrestia" furono condotti dal 'Corriere della Sera' di Albertini, depositario della tradizione laica risorgimentale...» (p. 424, vol, VI della "Storia d'Italia").
Credo personalmente che i giornali siano fatti per realizzare il principio del quarto potere, ovvero del tribunale della pubblica opinione che controlli la vita pubblica e quindi anche la politica.
Adesso, caro Fassino, faccia i conti lei. Se è meglio citare l'invito di Montanelli a ricordare il coraggio di Albertini, oppure rassegnarsi al silenzio della libera opinione. Ricordando però che il silenzio oggi farebbe il gioco degli «adulatori delle masse» che esistono anche se il buon Veltroni non ne vede nessuno in giro. O no?

25/07/2007
Giovani, alcool e motori
Pubblico integralmente la lettera aperta che il sindaco di Rimini, dott. Alberto Ravaioli, medico, ha inviato alla stampa oggi pomeriggio.
Ravaioli affronta un tema come suol dirsi di scottante attualità. Un tema anche strettamente politico. Come salvaguardare delle vite umane dalle conseguenze troppo spesso mortali che gli eccessi nell'uso dell'acool e dei motori provocano soprattutto tra i giovani?
La risposta non può dipendere soltanto dall'azione di una singola città o di una sola provincia.
È importante intanto che qualcuno cominci a muoversi mettendo il problema sul tappeto proprio a livello politico.
Recenti, drammatici episodi ma soprattutto i quotidiani rapporti di chi vigila quotidianamente sulla sicurezza rappresentano quello che è un problema sul quale non si può in alcun modo glissare: il consumo eccessivo di alcool. In tal senso è necessario monitorare attentamente quanto accade in Italia e a Rimini, sia riguardo le conseguenze prodotte sull'ordine pubblico sia rispetto alle cause (sociologiche?) alla base di questo preoccupante fenomeno.
Sono cronaca pressoché giornaliera gli episodi di violazione del Codice della Strada o atti violenti chiaramente dovuti all'abuso di bevande alcoliche. Si badi, qui non c'entra nulla il bicchiere di vino o di birra consumato 'in amicizia'; no, qui siamo dalle parti di un uso stordente e alienante della bottiglia, soprattutto da parte delle generazioni più giovani. Gli ultimi dati nazionali purtroppo confermano questa inquietante piega: aumenta il consumo di alcool senza neanche più la giustificazione culturale (se tale si può definire) della ribellione per una causa. Emerge con brutale ma convincente chiarezza come lo sballo sia fine a se stesso, uno stupido 'rito di passaggio' nel nome di un egoismo che non si preoccupa minimamente dell'altro. C'è allora chi, ubriaco al volante, investe e uccide; c'è chi, ottenebrato nella mente e nel corpo, non esita neanche a far male a se stesso. Non si può rimanere passivi davanti a tutto questo. Interrogarci sulla scala dei valori costruita e comunicata negli ultimi dieci anni da questa società è il primo passo. Prendere provvedimenti di tutela e autotutela è quello successivo.
Rimini non rimane indifferente. Siamo la capitale della vacanza che- per definizione- è ciò che è diverso dal tran tran quotidiano. Ma questa diversità non può essere confusa con il 'tutto è permesso', 'ogni cosa è lecita', 'fate ciò che volete'. Ci abbiamo messo anni- e ancora portiamo con noi alcune scorie- per liberarci da un luogo comune che ci voleva così, patria dello 'sballo' a prezzi modici. Con fatica, e grazie anche alla collaborazione del tessuto economico e sociale cittadino, siamo in parte riusciti a raddrizzare quel modello. Abbiamo anche subito critiche da chi- stringi stringi- sosteneva che in fondo persino lo 'sballo' procurava qualche punto in più al PIL locale.
Abbiamo allora il dovere di combattere questa battaglia, perché nel cosiddetto 'patto tra generazioni' non ci sono solo le pensioni ma anche costruire e difendere un quadro valoriale che sia garanzia degli uni e degli altri.
Ho chiesto dunque all'Assessore alla Polizia Municipale e al Comandante del Corpo di PM di controllare nei prossimi giorni che- specie nelle ore notturne- la vendita di superalcolici nei negozi rispetti rigorosamente i limiti imposti dalle leggi vigenti. Non si possono vendere bottiglie a ragazzi che sono già palesemente in preda ai fumi dell'alcool. Rivolgo cortesemente questa richiesta al Signor Questore, nel nome di quella preziosa collaborazione che sta portando a risultati tangibili su molti fronti della tutela dell'ordine pubblico.
Se questa attività non desse i frutti auspicati, dovrei in coscienza pensare di assumere provvedimenti strutturali che dispongano precisi divieti. Non è mai consolante procedere a colpi di divieto ma, davanti a fenomeni così gravi e compromettenti il futuro collettivo, non si può tentennare. Faccio molto affidamento sulla responsabilità individuale e sulla capacità di chi vende di guardare a quei giovani dall'altra parte del bancone come fossero i propri figli.
Il Sindaco di Rimini
Alberto Ravaioli

23/07/2007
Politica bollente/2
Avevo parlato di «Politica bollente» nel post di venerdì scorso, in una specie di previsione del tempo sull'attività del governo, partendo dalla vicenda del giudice Forleo e dall'intervento di Rosy Bindi sul futuro del Pd.
Sono contento che anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano abbia fatto ricorso oggi ad una espressione simile, invitando «tutti» a «calmare i bollenti spiriti», nella polemica tra maggioranza ed opposizione.
L'autorevolezza della massima autorità dello Stato, simbolo dell'unità nazionale, dovrebbe servire a qualcosa se noi fossimo in uno Stato di Diritto, cioè in un Paese in cui la Legge vige su tutto.
Ma si può dire che ciò sia vero (cioè che l'Italia sia uno Stato di Diritto), quando leggiamo la spropositata entità delle evasioni fiscali (ricordando le loro passate giustificazioni da parte di chi governava), e constatiamo ogni giorno la pesantezza dei sistemi di protezione da clan che i potenti allargano ai loro amici e parenti, al centro ed in periferia?
Tutto il problema è qui. Nulla si dà al di fuori della Costituzione. Non si può dar da bere alla gente che si sale al Quirinale per far presente che il presidente del Consiglio andrebbe licenziato. Ma da chi? Il presidente della Repubblica in Italia non ha questi poteri. L'opposizione lo ha detto, tra i denti, ma la gente trascinata da polemiche e rumori di fondo, non può distinguere troppo.
Diceva una vecchia canzonetta: «Non è un capello, ma un crine di cavallo», per non far ingelosire l'amata. Quanti in politica sanno distinguere il capello dal cavillo e dal crine di cavallo?
All'opposizione lo stesso Napolitano ha dovuto dire che non potevano tirarlo per la giacchetta in nome dei loro interessi di parte.
Speriamo che l'invito anzi l'auspicio odierno di Napolitano (una pausa estiva «farebbe bene a tutti e calmerebbe i bollenti spiriti») sia compreso in tutta la complessità che si nasconde dietro parole così semplici e bonarie, immaginiamo usate per farsi intendere anche da quelli che fanno sempre finta di non capire.

22/07/2007
Politica e blog
Sulla Stampa di oggi e su Stampa.it si legge di un tema nuovo: possono i blog contribuire a migliorare il dibattito politico con una «grande coalizione del web»?
Ho inviato questo commento:
«Occorre ripristinare le condizioni minime di un dialogo politico fra tutti i cittadini. E quindi fra tutti i politici, seguendo come unica stella la Costituzione repubblicana, come ci indicava 45 anni fa al Magistero di Bologna il nostro docente di Pedagogia, Giovanni Maria Bertin.
Se anche con uno strumento nuovo di democrazia diretta come il blog, si può portare un contributo alla rinascita morale del Paese, allora impegniamoci a non usare linguaggi violenti ed offensivi, a discutere e non a combattere.
Grazie ad Anna Masera, come sempre all'avanguardia, per questa segnalazione».
Antonio Montanari

Post scriptum: su Giovanni Maria Bertin si può leggere questo mio «Ricordo di un maestro» in Riministoria-il Rimino.

20/07/2007
Politica bollente
Due signore promettono un'estate calda al mondo della politica italiana. La prima è un magistrato, il gip di Milano Clementina Forleo.
La notizia è di queste ultime ore. Secondo Clementina Forleo, i politici intercettati nell'ambito dell'inchiesta in corso a Milano sui tentativi di scalata ad Antonveneta, Bnl e Rcs «all'evidenza appaiono non passivi ricettori di informazioni pur penalmente rilevanti, né personaggi animati da sana tifoseria per opposte forze in campo, ma consapevoli complici di un disegno criminoso di ampia portata».
La seconda signora è Rosy Bindi. Lasciamo alla Giustizia di fare il suo corso, non senza il timore che possa essere come al solito una strada in salita, e restiamo soltanto in compagnia della sfidante al sindaco di Roma Walter Veltroni nella corsa a segretario del futuro Partito democratico.
Ieri Rosy Bindi ha surriscaldato il clima con una dichiarazione rivoluzionaria: «C'è bisogno di una gara di idee».
Come a dire che non bastano le belle facce e le buone intenzioni per fare un partito, ma ci vogliono appunto «idee» (possibilmente nuove, e non riciclate).
La gran discussione sul «sogno americano» svoltasi nei giorni scorsi, mettendo a confronto Veltroni con un altro candidato, Furio Colombo, ha dimostrato come i nostri politici siano bravi a menar il can per l'aia, tentando di parlare di tutte altre cose rispetto a quelle che sono necessarie e fondamentali nella vita del nostro Paese.
Anzitutto non è possibile fare il confronto tra le primarie degli Usa (dove esse sono una tradizione) e quelle nostrane, dove appaiono una specie di tradimento: «Ma come, mi candido io, e vuoi candidarti pure tu: ma che ti ho fatto di male?».
Volevo parlare giorni fa del «sogno americano» della mia giovinezza, dopo la trasmissione di Corrado Augias sulla vedova di JFK.
Nella mia scrivania 45 anni fa avevo sottovetro una foto gigantesca della bella famiglia di JFK, ritagliata dall'«Espresso» di Arrigo Benedetti, quello formato lenzuolo. Guardavamo all'America, noi che non tenevamo gli occhi chiusi e rivolti all'Urss od alla Cina. Poi venne il Viet-Nam, poi vennero le rivelazioni sulla famiglia di JFK, sui loro affari, sulle loro storie losche...
La fine del nostro «sogno americano» fu l'uscita da una giovinezza che vide poi sorgere in Italia altri giorni duri, terribili.
La signora Bindi quando invoca «una gara di idee», sottolinea la necessità di scrivere un copione nuovo, non l'imitazione di altre realtà o di altri modelli.
Ha ragione Lucia Annunziata che nella «risposta» di stamani scrive sulla «Stampa»: «Nell'arena sempre crudele della politica italiana si sta avvelenando un atto che dovrebbe essere solo la naturale espressione di una gara».
Ha ragione pure Concita De Gregorio che su «Repubblica» spiega: la candidatura di Rosy Bondi è «anti-apparati, anti-burocrazia, anti-alchimie di potere».
Per questo osservavo all'inizio che Rosy Bindi ha ieri surriscaldato il clima politico nazionale. Da poche ore è intervenuto il fatto nuovo dell'inchiesta milanese che metterà scompiglio nel centro-sinistra: politici non tifosi ma complici.

17/07/2007
Viva l'Italia
Viva l'Italia!
L'Italia dei furbi che invocano Gustavo Selva di non andarsene dal Senato, di ritirare le dimissioni presentate dopo il finto malore usato per correre in ambulanza in uno studio televisivo, nel giorno della visita di Bush a Roma.
Viva l'Italia!
L'Italia di Gustavo Selva che dice ai colleghi del Senato: «Lo faccio per voi, per non imbarazzarvi. Se mi assolvete, ci danno della casta...».
Meglio vivere nella casta che essere casti, meglio furbi che dimissionati.
Viva l'Italia che trova anche la forza di usare l'ironia applicata alla storia. A Roma 64 anni fa, ha detto Selva, ci fu un'altra ambulanza che divenne famosa: quella con Benito Mussolini, arrestato dopo il voto del Gran consiglio del fascismo del 25 luglio 1943.
Viva quest'Italia, senatore Selva che non sa distinguere il dramma dalla farsa.

15/07/2007
Latinorum/2
«Nessuno sa più il latino. Chi dirà la messa?»: è il titolo del servizio del vaticanista della «Stampa», Giacomo Galeazzi, apparso a pagina 19 del giornale di oggi.
«Nessuno sa più il latino» però neppure in Vaticano, dove si redigono i documenti ufficiali della Chiesa. Sul supplemento culturale odierno del «Sole-24 ore», lo scrive a chiare lettere il prof. Carlo Ossola in un pezzo intitolato «Motu proprio, che delirium!».
Ossola parla del testo di papa Benedetto XVI sulla celebrazione della Messa nella lingua di Cicerone. Un testo «di latino macaronico, pensato - si direbbe -in romanesco». Segue l'elenco degli errori da lui riscontrati. Mi viene in mente l'incontro avuto qualche anno fa con un gesuita che era stato docente di greco nell'università del suo ordine, a Roma. «Oggi lo insegnano persone che non lo sanno», mi disse con tutta calma, scandalizzandomi parecchio.
Dunque, a Roma non soltanto non sanno più il greco, ma neppure il latino, se quello di un testo pontificio può essere definito «macaronico» e addirittura «pensato in romanesco».
Al di là di questa questione, è utile nell'articolo del prof. Ossola la chiusa letteraria che ricorda come il «probo convertito» Alessandro Manzoni riproponesse nella «Pentecoste» («L'Arabo, il Parto, il Siro / In suo sermon l'udì») il passo degli «Atti», II, 5 in cui si diceva che ciascuno intese lo Spirito nella propria lingua.
Se lo Spirito Santo avesse bisogno d'interpreti e di documenti pontifici scritti in (brutto) latino, staremmo freschi.

14/07/2007
Giovinezze
Gad Lerner su «Repubblica» di stamani ha composto un editoriale che, a chi ha 65 anni come il sottoscritto, desta una certa preoccupazione. Detto in breve, ma molto in breve, sembra che tutti i mali della società attuale e futura (per i prossimi due decenni come minimo) dipendano dall'esistenza e circolazione dei «vecchi». Che sono troppi, e costano e costeranno sempre più al resto del popolo italiano.
Tra gli argomenti addotti da Lerner a sostegno della convinzione che sta dietro al ragionamento articolato nel suo pezzo, c'è anche la statistica degli incidenti stradali provocati dagli anziani. Forse a Lerner sfuggono le statistiche delle stragi del sabato sera. Con giovani ubriachi e drogati.
Alla fine Lerner propone di estendere il suffragio universale anche ai neonati. Benissimo. Nulla da obiettare. Una testa, un voto. Regola classica.
Ma in tutto questo gran parlare che si fa per un nuovo patto generazionale, sfugge un particolare che c'è già nella nostra Costituzione, quello della solidarietà sociale.
Se a qualcuno viene in mente di fare i calcoli dei costi delle cure per particolari patologie che affliggono o i giovani o gli anziani, ne potrebbe anche ricavare l'estrema conseguenza di un ritorno al monte Taigeto, quello da cui a Sparta si gettavano i bambini nati deformi.
Senonché, con il progredire della civiltà, da Sparta a Roma, attraverso anche quella Roma dei "fatali colli" su cui splendeva il sole dell'impero al canto di «Giovinezza, primavera di bellezza», qualcuno potrebbe concludere che prima dei neonati da gettare in qualche discarica legale e votata dai signori parlamentari che soffrono se non hanno il gelato a metà pomeriggio, si gettino quelli che hanno una certa età, soffrono di certi disturbi oppure costano troppo al servizio sanitario nazionale.
So che Lerner nel suo "retropensiero" non aveva queste intenzioni forzate che ne deduco maliziosamente. Ma occorre essere consapevoli che le idee del deforme da cacciare o annientare non sono poi tanto strane in una società che fa del 'successo' fisico l'unico metro di valutazione accettato.
Caro Lerner, una confidenza. Conoscevo bene un "32" della Massoneria, a cui è stata anche intestata una loggia: con il massimo candore sosteneva la teoria del monte Taigeto. I suoi confratelli oggi lo venerano come grande mente illuminata. Forse non aveva mai loro confidato quel pensiero che riservava a noi amici.
La mia generazione a vent'anni doveva rispettare i vecchi. Adesso che siamo entrati noi in quella categoria, dobbiamo temere ritorsioni sociali (per usare un eufemismo) solo per il pregiudizio dell'età?
Condivido e sottoscrivo quanto espresso dal prof. Giovanni Sartori nel suo fondo di prima pagina del «Corriere della Sera» di oggi, circa la proposta di Carlo Azeglio Ciampi (eletto a 79 anni presidente della Repubblica), di far chiudere a 55 anni ogni carriera politica.
Sartori sostiene: «Ho conosciuto moltissimi maestosi imbecilli di tutte le età, così come persone che restano intelligenti a 90 anni». Un'aggiunta di carattere generale. Chi ha concluso una onorata carriera ed ottenuto una rispettabile liquidazione in enti privati, non vada ad occupare cattedre universitarie in materie che non ha mai né insegnato né conosciuto, ma lasci il posto ai giovani studiosi competenti in quelle materie.
Questo è il vero scandalo che tutti vedono ma nessun vuol denunciare. Le mafie di ogni tipo e colore esistono, basta guardare alla vicenda delle cattedre bolognesi di cui si parla da qualche mese. Non facciamo però finta che non esistano, queste mafie.
Prima di parlare delle persone anziane che guidano male le auto, raccontiamo queste cronache di ordinaria corruzione che affliggono atenei ed istituzioni culturali nazionali.
Post scriptum. Tanto per esser chiaro, nella mia famiglia siamo in due, ed entra soltanto la mia pensione di insegnante statale. Notoriamente una cifra da nababbo.

13/07/2007
Pugnale, anzi baciamano

In un'Italia spaccata in due come uno stadio di calcio, in un'Italia in cui sere fa il leghista avvocato Mario Borghezio (sottosegretario alla Giustizia nel 1994 durante il primo governo Berlusconi) si è calato in tivù nei panni un po' stretti dello storico violando il più classico divieto politico esistente da più di un secolo a questa parte, quello cioè di «parlar male di Garibaldi», in questa Italia perennemente divisa fra ammiratori di Coppi ed estimatori di Bartali, fra diavolo ed acquasanta, guelfi e ghibellini, è arrivata oggi la senatrice Anna Bonfrisco di Forza Italia con il suo grido di battaglia diretto ad un collega della sinistra di governo, non quella di piazza (estremista e rivoluzionaria...).
Al collega ulivista ed ex magistrato di Milano Gerardo D'Ambrosio, che ricordava «l'eroe borghese, avvocato Ambrosoli», assassinato 20 anni, Anna Bonfrisco di Forza Italia ha urlato: «Sei un assassino, assassino. Sei un criminale. Oggi è il tuo giorno».
A questo punto ci saremmo aspettati che la signora sfoderasse un pugnale ed accompagnasse alle severe parole il gesto supremo del proprio sacrificio: colpire l'avversario, così come fece Bruto con Cesare.
La ripresa televisiva invece ha mostrato soltanto un collega di partito della signora che le ha fatto un rassicurante baciamano per tentare (invano) di ridurre la tensione in aula.
Spiace constatare che quel grido fosse diretto verso un galantuomo come Gerardo D'Ambrosio. Il discorso storico-politico sulla cosiddetta fase di «mani pulite» può portare a qualsiasi presa di posizione, favorevole o contraria. Non è però concepibile che quel discorso possa essere avviato o concluso con le parole della signora Bonfrisco. Parole adatte a gesti più arditi, che appunto richiederebbero un pugnale da sfoderare e non un baciamano da ricevere.

12/07/2007
Chiesa, dissenso e politica
Papa Nella sua «Amaca» di oggi 12 luglio, su «Repubblica», Michele Serra parla del «maglio dogmatico» che si è abbattuto sul mondo cattolico apostolico romano, eliminando ogni voce dissonante.
Serra ha perfettamente ragione. Non esiste più quel «ricco dibattito intellettuale, in grado di coinvolgere e appassionare anche i non credenti».
Ogni fenomeno ha le sue cause più vicine o lontane, secondo l'ampiezza dell'analisi che tenti di descriverle.
Per esperienza personale, posso dire che nella Chiesa italiana ha preso piede da oltre un decennio un'idea di apertura multiculturale fra le varie correnti intellettuali esistenti sul territorio come semplice ma inavvertito (e subdolo) cavallo di Troia delle posizioni più retrive che lentamente si sono fatte strada, ed hanno guadagnato posizioni di prestigio con la pretesa di essere le uniche in grado di difendere la Tradizione e la Verità della Chiesa di Roma.
L'operazione è nata gettando fumo negli occhi con l'illusione del dialogo. Invece ha mirato unicamente ad imporre il monologo di certe realtà legate politicamente alla destra anche più estrema.
A me è bastato scrivere che certi documenti presentati come presunta conferma delle insorgenze di fine Settecento, erano stati falsificati da storici improvvisati (e qualificati soltanto dal loro operare politico all'interno di taluni ambienti religiosi), per attirarmi l'attenzione quale persona pericolosa. Sino al punto che tempo fa qualcuno ha tentato nottetempo d'inserirsi sulla mia linea telefonica dalla centralina stradale, con l'unico risultato (per imperizia o per sopraggiunto, inatteso evento) di renderla inutilizzabile.
Caro Serra, di queste cose ha parlato anche Umberto Eco nell'ultima «Bustina di Minerva» sull'«Espresso» di venerdì scorso 6 luglio, nel pezzo intitolato «Guerre di religione».
Eco, trattando proprio di un argomento (che è strettamente legato alla mia esperienza personale descritta), osserva fra le altre cose: «... non è chiaro se siano i sanfedisti che hanno messo in movimento gli anticlericali o viceversa». E conclude che, come unica certezza, c'è «l'uso politico della religione fatto da fondamentalisti di segno diverso».
La cosa che maggiormente impressiona e meraviglia in questa situazione, è la mancanza della proverbiale accortezza da parte delle Curie nel rendere potenti personaggi politicamente pericolosi non rispetto a linee di centro o centro-sinistra o addirittura di un moderatismo di centro-destra o persino di destra, ma proprio per la loro non nascosta simpatia verso istanze che contrastano direttamente con la Costituzione repubblicana.
Queste istanze non sono offerte soltanto a livello locale, ma bene organizzate anche nel sistema 'politico' europeo, come si può constatare facilmente attraverso certi siti presenti su Internet.
Le mie pagine sulla presunta insorgenza di fine 1700, dicevo sopra, dimostrano la falsità prodotta su alcuni documenti. Ebbene di quelle mie pagine (dove espongo i racconti che poi contesto nella interpretazione che è stata loro data), sono state riprese alcune parti da blog di estrema destra anche fuori d'Italia, senza ovviamente preoccuparsi che poi il mio discorso porta a conclusione opposte a quelle che si vorrebbero far credere ai lettori con le citazioni iniziali, completamente private del contesto logico e letterario con cui le presento.
Questa è la cultura dell'inganno che ha preso piede con l'appoggio delle autorità ecclesiastiche, e che porta a demonizzare chi cerca soltanto di ragionare sui documenti, distinguendo bene dalle (presunte) verità dei fatti dalle Verità di fede che ogni religione ha diritto di proclamare (non violando la Costituzione).
Ma l'aspetto che impressiona sul piano generale (ed addolora sul piano personale), è che tanti sacerdoti che un tempo parlavano di dialogo, adesso si sono ammutoliti forse soltanto in nome di un opportunismo che garantisce carriera e potere anche a livello politico locale, promuovendo iniziative che vedono impegnati loro pupilli o addirittura riuscendo ad imporre persino assessori 'vescovili' nelle giunte comunali.

09/07/2007
Compagni di scuola
Due notizie sul giornale locale relative ad altrettanti compagni di scuola.
Uno è stato ritrovato cadavere in casa. I medici del servizio psichiatrico lo attendevano per un controllo di routine. Dopo qualche giorno lo hanno fatto ricercare dagli agenti. Di qui la macabra scoperta, come si dice in gergo giornalistico.
Sinceramente, la notizia dell'appuntamento al servizio psichiatrico non mi ha stupito. Da molti anni non c'era più con la testa. Aveva cominciato con esperimenti di radioestesia (il classico pendolino) sull'elenco telefonico, cercando di diagnosticare i malanni di noi suoi ex compagni di scuola. Poi addirittura ci prescriveva farmaci via telefono. E girava in città a fornire le cure agli immigrati di colore. Una sera l'anno scorso mi telefonò tra il sarcastico e l'allegro, annunciandomi la gravidanza di mia moglie, abbondantemente fuori età, essendo del 1944.
L'altro compagno di scuola, molto più anziano di me, festeggia 50 anni di sacerdozio. È anche l'esorcista ufficiale della nostra diocesi. Sopra il giornale locale ho letto che una volta il diavolo lo ha minacciato.
Auguri carissimi, don Silvano. E beato te che, avendo a che fare con il diavolo, sei stato minacciato una volta soltanto. Noi che non siamo esorcisti e che dobbiamo trattare sempre con i «buoni cristiani», di situazioni minacciose ne incontriamo di frequente e fin troppe, nella vita ordinaria d'ogni giorno. E se con il diavolo basta un segno di Croce (ci hanno insegnato così) per allontanarlo, per questi «buoni cristiani» che cosa ci vuole?

08/07/2007
Latinorum
Messa in latino. Forse sarebbe il caso di dire che si torna al "latinorum" temuto da Lorenzo Tramaglino, detto Renzo, nel secondo capitolo dei «Promessi sposi» di Alessandro Manzoni. «Che vuol ch'io faccia del suo latinorum?» dice il povero Renzo a don Abbondio il quale risponde: «Dunque, se non sapete le cose, abbiate pazienza, e rimettetevi a chi le sa».
C'è un altro celebre passo del romanzo manzoniano in cui il latino non serve a comunicare ma a tappare la bocca.
C'è padre Cristoforo che lo usa per mettere a tacere fra Fazio. Siamo al capitolo ottavo.
Fra Fazio obietta sull'arrivo di Lucia in convento: «...ma padre, padre! di notte... in chiesa... con donne... chiudere... la regola... ma padre!». E fra Cristoforo chiude il discorso con quell' «Omnia munda mundis» («Tutto è puro per i puri»), «dimenticando che questo [fra Fazio, appunto] non intendeva il latino. Ma una tale dimenticanza fu appunto quella che fece l'effetto», ironizza Manzoni...
Ecco davanti alla ripristinata messa in latino, vengono tutti questi dubbi suggeriti da un'onesta coscienza cattolica come quella di Manzoni.
Forse siamo soltanto davanti ad una messinscena che accontenterà pochi dotti, e rovinerà decenni di ecumenismo.
Dato che un novello don Abbondio potrebbe obiettarmi (a ragione) «Dunque, se non sapete le cose, abbiate pazienza, e rimettetevi a chi le sa», mi rifaccio con una citazione dello scritto di uno che se ne intende, padre Enzo Bianchi che su «la repubblica» di oggi 8 luglio 2007 fa acute osservazioni.
Al papa che sostiene «un uso duplice dell'unico e medesimo rito», Bianchi obietta: che «non si possono tacere le differenze». Con il messale di Pio V, si pregherà per «eretici e scismatici perché il Signore li strappi da tutti i loro errori» mentre per gli ebrei si userà l'espressione «popolo accecato».
Da sempre la forma è sostanza. Questo doppio messale, con un Dio invocato in latino contro gli errori degli scismatici e gli accecamenti degli ebrei, è una messinscena che fa paura a chi come me, soltanto per l'età, ha visto i mille, faticosi sforzi per creare una concezione ecumenica che dimenticasse gli odi fraterni. Non per nulla Giovanni Paolo II chiese scusa per gli errori compiuti dalla Chiesa di Roma, fra i quali ci sono appunti i roghi contro eretici e scismatici e gli odi contro i «fratelli maggiori» ovvero gli ebrei.
Tutto questo sembra essere dimenticato nella «gioia» del ritorno del messale latino che vediamo proclamata sia a Roma sia nelle 'parrocchie' lefevriane.
07/07/2007
Due volti, una faccia
Isabelle Dinoire, la prima persona al mondo con il viso trapiantato, dichiara: «Non sono più io, parte di me se n'è andata per sempre».
Non è soltanto nel nome il nostro destino, ma anche nella nostra faccia? Sembrerebbe di sì.
La storia di Isabelle Dinoire riguarda la chirurgia, la psicologia e forse tante altre discipline dello scibile umano.
Essa ci offre anche lo spunto per una divagazione. Isabelle Dinoire è passata alla storia come «la donna che ha avuto due volti».
Ma quante sono le persone che ci circondano, con le quali abbiamo contatti ogni giorno, che non «hanno avuto» ma «hanno» sempre «due volti»?
La catena è lunga: si va dagli ipocriti di professione agli spioni per diletto. E si passa per i doppiogiochisti a tempo perso e senza alcuno scopo, soltanto perché così è la loro natura, e non sai mai, quando ti parlano, che cosa vogliano dire veramente. Se le parole pronunciate od il loro contrario.
La realtà, ahinoi, è più simile all'ipotesi pirandelliana del non sapere chi siamo, che alle certezze dogmatiche della teologia.
Auguri alla signora Isabelle Dinoire, che possa ritrovare se stessa, cercando di recuperare nella memoria quella parte di sé annullata dalla chirurgia.
Ed auguri a noi tutti di poter incontrare soltanto persone sane, non bisognose di chirurgo estetico per gravi motivi, e capaci di mostrarci sempre e soltanto una faccia, quella vera. Insomma delle persone oneste. Lasciate a noi ingenui, come direbbe il grande Gram(ellini), questa debole speranza. Di avere davanti delle facce sempre uguali e non dei voltafaccia.

04/07/2007
Non è una bulla
Se le agenzie di stampa fossero un po' più attente alle notizie buone che riguardano i giovani, piuttosto che alle solite storie fritte e rifritte del bullismo su Internet, i giornali nazionali avrebbero parlato (magari in due righe) di Mia Causevic, 20 anni, pallavolista della Teodora di Ravenna.
Mia ha bloccato nella città dove abita, il pirata della strada che ha ucciso un giovane di 29 anni.

03/07/2007
Rossella lascia e benedice
Due minuti e 51 secondi di saluto per Carlo Rossella direttore del Tg5 che lascia il posto a Clemente Minum. Ed alla fine di una lunga, interminabile serie di saluti, compresi quelli all'editore «molto libero» anzi «liberale» come ha poi precisato (leggendo un appunto), una particolare invocazione: «Che Dio vi benedica, che Dio ci benedica».
Non so se usi nei Paesi anglosassoni (che Rossella conosce meglio delle sue tasche), ma questa invocazione conclusiva sembra una inutile invasione di campo: vuole rubare il mestiere ai sacerdoti ufficiali, dimenticando il precetto di non nominare il nome di Dio invano?
Comunque, una cosa è l'informazione, ed un'altra cosa è la preghiera. Il Padreterno ha già tanti guai in giro per il mondo, che non ha tempo di stare ad ascoltare il Tg5 e l'invocazione del suo direttore uscente. Andata in onda dopo un lungo servizio riservato ad un libro intitolato «Stronzate», usato per giustificare il 'padrone' della rete «molto libero» anzi «liberale» che aveva usato quel termine per definire i discorsi del presidente del Consiglio Romano Prodi.
Ovviamente i buoni elettori di grande fede e timorati di Dio, i quali sentono invocare la benedizione celeste dopo che il capo dell'opposizione ha dichiarato che il capo del governo dice «stronzate», possono soltanto ringraziare i novelli uomini della Provvidenza come Rossella e Berlusconi destinati a salvare l'Italia dai cattivi odori emanati dalla sinistra estrema impersonata dal professore di Bologna.

Antonio Montanari


2598/08.02.2018