Cose turche del 1461


Al gran parlare che s'è fatto in questi ultimi giorni dei rapporti tra mondo occidentale e Turchia, aggiungiamo un brevissimo ricordo che riguarda il riminese Sigismondo Pandolfo Malatesti.
Dopo la presa di Costantinopoli, Sigismondo tenta un simbolico abbraccio culturale tra Oriente ed Occidente. Nel 1461 aderisce all'invito del sultano dei Turchi ad inviargli uno dei migliori artisti della sua corte, Matteo de' Pasti, con l'incarico di fargli un ritratto.
A lui Sigismondo affida per Maometto II una copia del «De re militari» di Roberto Valturio. In una elegante epistola latina stesa dallo stesso Valturio, Sigismondo dichiara di voler far partecipe il sultano dei propri studi ed interessi. Matteo de' Pasti, arrestato in Candia prima di giungere a destinazione, è trasferito a Venezia dove è processato e liberato il 2 dicembre 1461, dopo esser stato riconosciuto innocente. Il «De re militari» sequestratogli è richiesto dal pontefice che lo vuole esaminare.
Contro Sigismondo i suoi avversari inventano un'altra grave accusa: d'aver invitato Maometto II a combattere il papa. In tal modo lo accreditano in un solo botto come nemico della Religione, dello Stato della Chiesa, delle signorie e dell'Italia tutta. Il 26 aprile 1462 tre fantocci raffiguranti Sigismondo sono bruciati in altrettanti diversi punti di Roma, ed il giorno seguente il papa Pio II emana una bolla per scomunicare ed interdire il signore di Rimini, inaugurando quella leggenda nera su di lui, che ritorna successivamente. Il 2 dicembre 1463 la Chiesa romana lascia a Sigismondo una città privata per lo più dei territori che aveva governato fin dai tempi del Comune.
Il tentativo di dono di Sigismondo a Maometto II avviene in un momento di forte tensione internazionale, anche se la presa di Costantinopoli ha provocato soltanto quello che uno storico ha definito «reazioni sentimentali o retoriche» come la bolla del papa sull'avvento della bestia dell'«Apocalisse», avanguardia dell'Anticristo. Il 18 aprile 1454 Venezia ha stipulato un accordo con il conquistatore di Costantinopoli.
L'unico a rimetterci è il nostro Sigismondo. Al triste declino egli tenta d'opporsi come condottiero al soldo di Venezia nella crociata in Morea dal 1464 sino al 1466, quando il 25 gennaio fa ritorno in patria da uomo sconfitto. Reca però con sé un bottino, le ossa di Giorgio Gemisto Pletone, che gli garantisce un prestigio perenne. Se Pio II non fosse già morto il 15 agosto 1464, Sigismondo gli avrebbe fornito nuovi, forti motivi per un'altra condanna.
02/12/2006

Per altre notizie, sul web:
Sigismondo il «terrorista»
Fu accusato nel 1461 di spingere Maometto II contro Roma [2005]

Antonio Montanari


2490/18.10.2017