Che tempo fa.
Mare mosso sotto il Ponte



Sull'ultimo numero del settimanale il Ponte uscito con la data del 13 febbraio 2005, l'articolo di fondo firmato dal direttore Giovanni Tonelli è dedicato a «L'informazione», prendendo spunto da un fatto di cronaca accaduto a Lecco: due zingare accusate del rapimento di una bimba patteggiano la pena e sono sùbito scarcerate.
Le reazioni politiche (dai ministri leghisti Castelli e Calderoli al presidente della Camera Pierferdy Casini detto «il Bello»), sono state di scandalo. Poi, osserva Tonelli, ci si è resi conto che le cose erano leggermente meno gravi di come erano state raccontate in un primo momento, ed il caso si è «fortemente ridimensionato».
Le conclusioni di don Tonelli sono, giustamente, che («sempre») in prima battuta si danno informazioni che sono se non parziali «addirittura» scorrette.
E che i lettori debbono essere sempre più «"scafati"». Di ciò, aggiunge, possiamo parlare «se i lettori de il Ponte lo vogliono».
Ebbene sì, come lettore del giornale e cittadino italiano nonché antico redattore (o collaboratore od ospite) delle colonne de il Ponte medesimo, io lo desidero.
Ecco perché, caro Giovanni, ti scrivo questa lettera aperta che indubbiamente qualcuno ti suggerirà di leggere (e che non ti invio direttamente per i motivi che dirò in una [seconda] postilla, tanto sono sicuro che gli informatori funzionano 24 ore su 24).
Il problema dell'informazione mi è sempre stato a cuore per tre motivi.
Come cittadino, credo che la stampa sia il Quarto potere, il tribunale dell'Opinione pubblica di cui si parla dal 1700.
Come insegnante e (se la parola non fa schifo) come educatore, mi sono sempre preoccupato che i miei allievi sapessero decifrare i messaggi dei mezzi di comunicazione di massa, e si cimentassero in analisi di quanto passa il convento dell'informazione.
Avendo avuto purtroppo nel sangue qualche milligrammo del dna dell'informazione (faccio una veloce botta di conti: mio padre Valfredo e due miei zii del ramo paterno Illide e Pietro Montanari, oltre allo zio del ramo materno Guido Nozzoli), mi son sin da ragazzo (1960...) interessato a cose di carta igienica per la mente.
Quindi con un poco di cognizione di causa, ne parlo, e dico immediatamente che per ventidue anni la mia rubrica di satira («Tam Tama») su il Ponte diretto prima da don Piergiorgio Terenzi e poi da don Tonelli, ha voluto essere appunto quello che tra le righe chiede o propone adesso il settimanale diocesano: uno strumento per abituarsi a demistificare «certe» notizie e le balle che nei commenti girano attorno ad esse.
Se vogliamo aggiungere una (prima) postilla «dedicata» allo stesso settimanale come foglio cattolico, ovverosia religioso, possiamo precisare che l'idea secondo cui è la Verità (assoluta) a renderci liberi, dovrebbe essere presa come modello non per censurare gli articoli (come è accaduto nei miei confronti per non infastidire la Fondazione Carim), ma per spronare i cronisti, "istigandoli" alla ricerca appunto di quella verità (relativa, e quindi con l'iniziale minuscola), che può aiutarci a vivere degnamente (anche in senso laico) la nostra esistenza («fatti non foste a viver come bruti...»).
Per la festa del patrono dei giornalisti, la Diocesi riminese ha organizzato un incontro (causa neve, forse, poco affollato), dove si doveva commentare la frase del presidente della repubblica Carlo Azeglio Ciampi che invita i giornalisti a tenere la spina dorsale diritta.
Sorridendo ho malignato che qualcuno nella redazione de il Ponte può aver inteso il tenere diritta la schiena come lo stare sull'attenti, ad esempio davanti alla Fondazione Carim. Ma a parte gli scherzi, se poi si viene a sapere (come ho già scritto in precedente occasione) che «alli Superiori» non riusciva gradita la mia rubrica di satira (per farmela cessare bastava chiedermelo, non importava ricorrere a sotterfugi che sono stati impossibili fino a che è rimasto redattore capo Marco Forcellini, sino cioè a tutto gennaio 2004), se poi si viene a sapere, dicevo, che la satira non è concepita come strumento di comunicazione e d'informazione, allora è del tutto inutile chiedere ai lettori di discutere sul còmpito che debbono avere i mezzi d'informazione, etc. come fa il fondo del direttore Tonelli nell'ultimo «Ponte».
Anch'io caro Giovanni faccio una proposta: il dibattito sia aperto, pubblico e corale, nel senso fisico del termine, in una sala, davanti alle persone che possano intervenire e che siano all'uopo invitate anzi precettate. E soprattutto senza che ci sia qualcuno che cerchi di portare il dibattito dove vuole lui, per dimostrare la tesi che Rimini è una città piena d'informazione, che l'Italia è il paradiso della libertà d'opinione, che viviamo nel migliore dei mondi possibili.
Ecco la seconda postilla. Caro Giovanni, non ti invio direttamente questa lettera per questo motivo: quando a fine gennaio hai pubblicato in un altro fondo un ricordo di RiminiLibri, ti ho telefonato (lunedì 31 gennaio, ore 10.30) per ringraziarti. Tu mi hai preannunciato una telefonata («tra due o tre giorni») per sentire la mia risposta sulla tua proposta di rifare RiminiLibri e per un libro sul 25 aprile. Il giorno dopo (ore 11 circa) ti ho anche incontrato per strada (Corso d'Augusto), e mi hai detto: «...ti telefono poi» (c'è anche un testimone).
Dal primo febbraio sono passate due settimane, non ti ho più visto né sentito. Scommettiamo che... [a. m.]


1026/Riministoria-il Rimino/Antonio Montanari Nozzoli/Date created: 14.02.2005