Casini

La Margherita ha convocato un «Big Talk». Come hanno scritto su «Repubblica» di domenica 27 novembre Alberto Arbasino e Filippo Ceccarelli, nel parlare inglese «Big Talk» significa «fanfaronata» oppure «vana chiacchiera». Per un convegno sulle prossime elezioni, non c’è male. Più tranquillo sotto il profilo linguistico nella stessa domenica è apparso l’on. Casini sostenendo che «dobbiamo stringere la cinghia».

Sembrava Prodi. Entrambi sono di Bologna, che male c’è se dicono la stessa cosa: basta con gli «illusionisti». Se maggioranza ed opposizione concordano sulla diagnosi, si sta avverando la nostra ipotesi d’un governo a targhe alterne fra Berlusconi e Prodi, nei giorni pari l’uno in quelli dispari l’altro. Tempo fa, non ricordiamo quando, scrivemmo qui che Casini aveva posto il cappello sulla poltrona di Palazzo Chigi. Se gli riuscisse l’impresa, gradiremmo un pubblico riconoscimento, ci accontenteremmo della nomina a cavaliere di gran cordone. Sulla quale ci giochiamo tutto, aggiungendo che però la sua frase «Viviamo sopra le nostre possibilità» è addirittura un reperto archeologico, essendo stata pronunciata da Ugo La Malfa (padre di Giorgio) una trentina d’anni fa, quando Casini portava i calzoni corti ed andava al campeggio.

Parliamo di un’altra parola non troppo elegante che appare a nostro avviso in modo inopportuno ed inappropriato nel sottotitolo («Le stagioni dell’odio») dell’ultimo libro di Bruno Vespa, dedicato a «Vincitori e vinti», e che vuol essere un viaggio nella Storia «dalle leggi razziali a Prodi e Berlusconi».

Per quello che ci risulta né il Cavaliere né il Professore si son fatti promotori di campagne politiche finite con l’eliminazione fisica degli avversari. Pure se sul «Corriere della Sera» di domenica 27 novembre ci è accaduto di leggere quanto ha detto inavvertitamente Berlusconi alla «convention» (poteva non esserci la parolina inglese?) di Forza Italia: non dobbiamo cedere Palazzo Chigi all’opposizione, cioè ai «comunisti». I quali, «anche se si spacciano per socialisti, per liberali», ha precisato, «sono da eliminare, anche se non fisicamente, politicamente». Anche se non, dunque. Forse è colpa di Bruno Vespa e dell’«odio» teorizzato in quel sottotitolo infelice. Se Vespa vuole occuparsi di Storia, lo faccia non tanto per rendere ridicoli i contemporanei (che possono riuscirci da soli con i «Big Talk»), ma per rispettare i morti del 1938 frutto del vero odio antico. [939]

Antonio Montanari


1127/Riministoria-il Rimino/Antonio Montanari Nozzoli/27.11.2005