Periferie

Non per nulla ci crediamo, ognuno di noi, al centro dell'universo. Millenni di vicende belle o brutte sembrano darci ragione, se pensiamo di essere i padroni di tutto. Il bello degli errori logici è che sono così virtuosamente affascinanti da mostrarsi come perle di saggezza. Insomma quel «fatti più in là che passo io», non è una fesseria qualsiasi uscita di bocca, vergognosamente e per caso. L'idea della superiorità razziale ad esempio è nata, cresciuta ed è stata convalidata in ovattate ed eleganti stanze, dove il minimo disordine era evitato perché avrebbe potuto sconvolgere le sicurezze mentali anche più folli di chi stava seduto a tavolino ad emettere sentenze, disegnare mappe ideologiche, sacrificare il meglio per migliorarsi non attraverso un tirocinio personale, e quindi fatica propria, ma scacciando una fetta del proprio prossimo, considerandola composta di individui spregevoli da cancellare in maniera indelebile dalla faccia della terra.

Adesso che si parla tanto di periferie, delle esplosioni sociali avvenute in altri Paesi europei, e delle minacce che immaginiamo anche per il nostro, dovremmo fare attenzione a guardare dentro noi stessi per poter osservare meglio chi ci sta vicino e che tentiamo di allontanare da noi. Siamo tutti periferici. Nella vita, nel mondo, nella geografia. Nella storia. Siamo spesso e volentieri anche periferici a noi stessi. Siamo pure meticci. L'importante è saperlo per non disprezzare gli altri.

Le certezze filosofiche cedono facilmente il passo alla più rabbiosa reazione. Nel 1764 Voltaire scriveva sugli Ebrei: «Insomma non troverete in essi che un popolo ignorante e barbaro, che unisce da molto tempo la più sordida avarizia alla più detestabile superstizione e al più tenace odio per tutti i popoli che li tollerano e li arricchiscono. Tuttavia non bisogna bruciarli». Grazie per quel filosofico «tuttavia». Anche questo è Illuminismo, una sua parte soltanto, ma comunque una parte. Basta ricordarsene al bisogno.

Il male del vivere sociale è sottile. Marco Valsania su «Il Sole 24 ore» di domenica 20 novembre ha raccontato «la città fantasma di New Orleans» dopo il disastro dell’uragano Katrina di agosto: «Congresso e Casa Bianca cercano di frenare sulla spesa, adducendo il timore di sprechi e piani inadeguati». La città può ospitare 250 mila persone, ne sono tornate soltanto 100 mila delle 500 mila residenti: «quasi tutti bianchi e benestanti». Però sta per riaprire lo zoo. [938]

Antonio Montanari


1124/Riministoria-il Rimino/Antonio Montanari Nozzoli/21.11.2005