Cipriani, il riminese che fotografò Mazzini
Nella celebre immagine «meditativa» scattata a Londra


Giuseppe Mazzini ritratto a Londra da Amilcare Cipriani.

Sotto un'immagine popolare (da "Specchio/La Stampa", 12.03.2005) che riprende il ritratto in diversa ambientazione.

Amilcare Cipriani

Il 22 giugno 1805, duecento anni fa, nasceva a Genova Giuseppe Mazzini. La sua biografia ad un certo punto s’intreccia con la vicenda personale e politica di Amilcare Cipriani, l’internazionalista romagnolo più famoso nel mondo, nato il 18 ottobre 1843 a Porto d’Anzio da una famiglia originaria di Rimini e rimpatriata quando lui era ancora in fasce.
Come scrisse Guido Nozzoli in una biografia giornalistica (1954) leggibile in Gambalunga, Cipriani fu battezzato dal padre «con una manciata di polvere da sparo». Partì volontario nel 1859 nascondendo la vera età, e combatté «come un demone» a San Martino (dove ci furono 27 mila fra morti e feriti). Seguì Garibaldi in Sicilia. Con l’esercito regio partecipò alle operazioni contro i briganti abruzzesi. Nuovamente fra le fila garibaldine al grido di «O Roma o morte!» nel 1862, riuscì a non farsi catturare dopo l’episodio d’Aspromonte, ed a fuggire in Grecia, sopravvivendo (soltanto lui ed il capitano della nave) ad un naufragio. «Sui Campi di Grecia la sua temerarietà non conosce limiti». Non potendo tornare in Italia per non finire in carcere, punta all’Egitto dove s’impiega al Banco Dervieux e lavora all’esplorazione delle fonti del Nilo.

La legione
egiziana
In vista della terza guerra d’indipendenza, costituisce la «legione egiziana» senza assumerne il comando, e parte per Brescia dove si arruola ancora con Garibaldi. Chiusa questa fase, corre in Candia a dar manforte contro i turchi. Nuovamente in Egitto, è coinvolto in una rissa: si difende uccidendo tre persone, un connazionale e due poliziotti. È il 12 settembre 1867. Da clandestino parte alla volta di Londra dove vive facendo il fotografo. Ritrae la regina Vittoria (da lui rimproverata perché non stava ferma durante la posa); ed in segno di amicizia Mazzini nella celebre immagine meditativa. «Proprio per aderire ad un disegno di Mazzini nel 1870 Amilcare lascia Londra», incaricato di «accendere dei focolai di guerriglia in Lucchesia». Torna a Londra dove gli perviene un messaggio dell’amico prof. Gustave Flourens conosciuto in Candia: deve raggiungerlo a Parigi. La Francia il 2 settembre 1870 è battuta a Sedan dalla Prussia. Il giorno dopo il regime imperiale di Parigi è rovesciato. Nasce la terza Repubblica. Il 18 marzo con un’insurrezione popolare si forma la Comune, soffocata nel sangue il 21 maggio. Anche qui Cipriani è sempre in prima fila. Catturato, condannato a morte, commutata la pena per grazia governativa non richiesta, Cipriani è infine deportato in Nuova Caledonia.

Ritorno
a Rimini
Nel 1881 ritorna in Italia. Arriva in treno a Rimini dove spera di incontrare il padre Felice, gravemente ammalato. Sua madre è morta di crepacuore nei giorni della Comune. Come racconta Vittorio Emiliani (in «Libertari di Romagna», 1995, p. 37), Cipriani «non fa nemmeno a tempo a scendere dal predellino della vettura ferroviaria che lo arrestano», e lo conducono alla Rocca malatestiana dove il giorno dopo la sorella Amalia gli manda un materasso, delle coperte ed alcuni indumenti. Dagli amici, annota lo stesso Cipriani, arrivano le vivande: «Veramente squisite. Sono i soli giorni buoni che ho avuto nella mia prigionia». Al concittadino Caio Renzetti, Cipriani confiderà: «Se Mazzini avesse vissuto, son certo, non mi avrebbe lasciato condannare a 20 anni senza alzar la voce in nome della giustizia italiana sì infamemente calpestata e disonorata».
Sul periodo londinese e circa i rapporti con Mazzini, Emiliani (p. 31) narra che quando Cipriani va a bussare alla porta di Mazzini «questi gli batte la mano ossuta sulla spalla dicendogli semplicemente: ‘So tutto’». Il periodo londinese, aggiunge Emiliani, è forse quello più tranquillo della sua vita. «Si occupa come fotografo apprendista nello studio creato da Leonida e da Vincenzo Caldesi» anche per aiutare i compatrioti esuli. «Intelligente, laborioso, estroso, Cipriani diventa ben presto un ottimo fotografo». Ma il periodo londinese è anche quello che matura in Cipriani il credo rivoluzionario per realizzare la giustizia di cui sente parlare da Marx ed Engels che conosce personalmente. Aumenta così la sua distanza politica rispetto a Mazzini.
«Uomo di poche idee, semplici ma ferme»: così Emiliani definisce Amilcare Cipriani. Invece Indro Montanelli, chiamandolo «pittoresco e pasticcione», ne fa un ritratto impietoso: «Il suo passato, la sua barba da profeta, il suo cappello a larghe falde, la sua scombiccherata ma gladiatoria eloquenza, facevano di lui un mattatore irresistibile. Predicava che non c’era bisogno d’idee, perché in realtà lui non ne aveva nessuna» («Storia d’Italia, VI», 2003, pp. 189-190).

A tu per tu
con la regina
La scena della foto scattata alla regina Vittoria, è al centro di un racconto che lo stesso Cipriani fece al giornalista Luigi Campolonghi, altro suo biografo (1912) citato da Emiliani (p. 32): «Chiacchierava con le persone del seguito, scherzava, s’agitava, ed io consumavo inutilmente tutte le lastre con tanto amore e con tanta fatica preparate». Tenuto a bada dai titolari dello studio, Cipriani «per un bel pezzo» tace, poi «impazientito» sbotta: «Madame, si vous ne restez pas tranquille, je ne ferai pas votre portrait!». Quel ritratto, aggiunge Emiliani, eseguito dall’uomo «più rosso d’Italia», deve certamente trovarsi nelle collezioni regali a Buckingam Palace (p. 32). «Non abbiamo invece una sola immagine della donna che Cipriani amò in quegli anni londinesi, la francese Adolphine Rouet la quale gli diede una bambina».

Riminesi
in Francia
I riminesi che nel 1870 seguirono Garibaldi in Francia alla difesa della Repubblica sono diciotto. Sette muoiono a Digione (Nino Carradori, Germano Ceccarelli, Sante Medici, Fidenzio Parigi, Leonida Rastelli, Bruto Serpieri e Marco Zavoli). A loro quali «esempio ed olocausto di fratellanza internazionale» il 12 novembre 1871 «gl’internazionalisti di Rimini» dedicano un’epigrafe apposta al cimitero alle Celle. Altri due volontari tornano dalla Francia con gravi mutilazioni. Uno è Caio Zavoli, il fratello di Marco morto a Digione. Capitàno della «Legione Egiziana» che aveva operato in Borgogna, Caio è il «regolatore» della sezione internazionalista riminese costituita da una cinquantina di persone (saranno 144 nel 1874). Ne fa parte anche un altro suo fratello, Bruto. A loro due si deve l’avvio del movimento socialista a Rimini. I reduci della Francia sono accolti da un ambiente popolare ostile a causa della critica mossa da Giuseppe Mazzini ai comunardi.
Caio Zavoli, nonostante si adoperi per un’azione rivoluzionaria comune tra mazziniani ed internazionalisti, è aggredito e ferito gravemente dai seguaci di Aurelio Saffi, ex-triumviro della Repubblica romana. Caio, che al liceo riportò sempre ottimi voti, dedicò ad Amilcare Cipriani questi versi: «Alto, diritto, in fronte il maestoso / dei filosofi lampo e dei guerrieri: / dolce negli occhi e nel riso pensoso, / un Garibaldi dai capelli neri». Quando si tenevano elezioni politiche, l’estrema Sinistra locale sceglieva sempre Amilcare Cipriani. Per quattro volte nel biennio 1886-1887, esse furono puntualmente annullate dal governo.
Cipriani scompare nel 1918 a Parigi, nella «sua» Montmartre. Quando passava per strada la gente (operai ed artigiani) guardava con rispetto quell’uomo che aveva sempre gridato «guerra alla guerra» e che soltanto il peso degli anni aveva potuto piegare leggermente.
Nel 1993 la città di Anzio ha collocato «una sobria lapide» sul muro di cinta di Villa Albani dove era nato centocinquanta anni prima. Lo ricorda nel suo libro (p. 49) Vittorio Emiliani che fu presente alla cerimonia non soltanto come storico ma soprattutto quale romagnolo.


Scheda
Rimini nell’Ottocento
Tra socialismo ed anarchia

Nel 1872 dal 4 al 6 agosto, si svolge a Rimini la conferenza italiana dell’Internazionale socialista che compie la scelta di aderire all’anarchismo. Ci sono delegati di ventuno sezioni, in maggioranza romagnole e marchigiane. Presiede i lavori Carlo Cafiero che ha conosciuto di persona Marx e Engels, gli autori del Manifesto del 1848. Le riunioni si tengono nell’attuale piazzetta Agabiti, al tempo detta via dell’Orologio guasto, nella casa Santinelli (ora distrutta), sede del Fascio operaio. Fu scelta Rimini, per quell’incontro, perché in una città balneare non avrebbe destato sospetti l’arrivo massiccio di tanti forestieri in piena stagione. Tra i 144 internazionalisti riminesi schedati dalla prefettura, la massima parte è costituita da ferrovieri. Il «capo occulto» dalla polizia è considerato Raffaele Tosi, uno dei tanti garibaldini presenti in città, come Caio Zavoli, Giobatta Carradori, Augusto Aducci, Silvio Marcaccini, gli organizzatori della manifestazione, tutti socialisti barricadieri.
La «Risoluzione» riminese del 6 agosto respinge la decisione di Londra (settembre 1871) d’adottare «una speciale dottrina autoritaria, ch’è quella propriamente del partito comunista tedesco»: essa è considerata «la negazione del sentimento rivoluzionario del proletariato italiano». Si accettano le successive deliberazioni degli anarchici (novembre 1871): lo scopo dell’Internazionale non è la conquista del potere politico, ma l’emancipazione dei lavoratori per opera di loro stessi attraverso l’abolizione dello Stato per arrivare a quella del capitalismo.
Nel maggio 1889 le associazioni repubblicane romagnole si riuniranno a Rimini votando un ordine del giorno presentato da Caio Renzetti a favore del collettivismo in economia. Caio Renzetti (1847-1932), figlio d’un cospiratore risorgimentale, è stato compagno di classe di Pascoli e di Giovanni Lettimi (1854-1903), il futuro cognato di Francolini. Fratello di Caio Renzetti è Emilio (1844-1931), noto tipografo (stampa nel 1895-96 il «Compendio» di Carlo Tonini) e presidente della locale Società operaia della quale Caio (ex garzone di barbiere) è ispiratore e guida: non può apparire ufficialmente in nessuna carica perché avvocato.
Antonio Montanari

ARCHIVIO GIOVANNI PASCOLI


1066/Riministoria-il Rimino/Antonio Montanari Nozzoli/Date created: 19.05.2005 - Last Update: 29.5.2005//Rev. 04.09.2017/17.05.2018