Storie d'amore del mondo contadino
Una società pessimista, talvolta cinica come i suoi proverbi

Ad «Amori, corteggiamenti, matrimoni contadini» hanno dedicato un'interessante ricerca Gino Valeriani, Giancarlo Frisoni e Vincenzo Sanchini (Rimini 2005). Aiutati da un ricco apparato fotografico e dalle intelligenti ed ironiche pitture di Romano Buratti, essi offrono un documentario, sotto la specie letteraria, su come sia cambiato il mondo della campagna negli ultimi cento anni. Valeriani descrive le caratteristiche dell'«antica morale», sottolineando che contemporaneamente si sconvolge «il gioco delle costrizioni» e quello delle solidarietà.
I racconti si alternano alle poesie con le quali Sanchini rievoca sorridendo le costumanze campagnole. Non c'è nulla di lezioso nelle sue brevi costruzioni, bensì un accorto spirito critico che prende corpo attraverso la stessa memoria, per cui non predomina un rimpianto inconsapevole, ma la volontà di restituire con la fantasia un mondo che aveva caratteristiche finite talora nel dimenticatoio, se non travasate in un'amnesia da modernità. Quella di Sanchini è una riproposta che non significa però la giustificazione o accettazione delle regole del passato.
Nelle illustrazioni sono inseriti come gustosi appunti le immagini di vecchie stampe risalenti a momenti diversi: dalle remote «Risoluzioni d'una Donna di non voler prendere marito», ai più recenti fogli volanti del «pianeta della fortuna» che oscillano tra l'ottimismo di chi consiglia di stare «amico con tutti», e l'imperativo di chi invece ordina di scacciare «quella persona che vi è sempre tra i piedi».
Dalla «saggezza contadina» derivano certi proverbi che oggi appaiono appassite memorie di tempi felici, ma che spesso sono soltanto sfoghi biliosi o espressioni zuccherose (quindi irreali). Mettetene a confronto due, e poi traetene le conseguenze personalmente: «Al don a 'l s'assarméja ai serpent, a 'l beca da dù dent», «La dona l'è quela ch'la ten in pì la cà o ch 'la arborta». Condivido l'osservazione di Valeriani: il tono di quei proverbi è «per lo più pessimista, talvolta cinico». L'unico ottimismo era forse quello espresso in qualche mercenario «pianeta della fortuna».

Antonio Montanari


1061/Riministoria-il Rimino/Antonio Montanari Nozzoli/09.5.2005