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il Rimino - Riministoria

PELLEGRINO BAGLI, UN «RIBELLE» RIMINESE
AMICO GIOVANILE DI GIOVANNI PASCOLI.
DOCUMENTI INEDITI DEL 1871

Giovanni Pascoli giunge a Rimini nel novembre 1871.
Pochi mesi prima, al Ginnasio Gambalunga è accaduto questo episodio.
Sabato 3 giugno due studenti entrano nelle grotte del palazzo, dopo averne forzata la porta. Li vede un «giovane di bottega» del bidello Clemente Vernocchi che chiama immediatamente le Guardie municipali le quali ispezionano le grotte ed i locali superiori, però «senza rinvenire alcuno».
Nel pomeriggio Vernocchi informa il direttore del Ginnasio «come persone si fossero introdotte dalla parte ultima superiore del Palazzo Gambalunga in una delle latrine, che sporge in uno dei cortili, e che ivi facevano pressa e rumore alla porta per uscire».
Il direttore del Ginnasio si reca subito al Palazzo Gambalunga, dove ordina al Vernocchi di «portarsi ad aprire». Dalle scale scendono i due alunni del primo corso liceale Luigi Garzolini e Pellegrino Bagli.
Il direttore del Ginnasio il giorno 5 invia un «rapporto» al sindaco di Rimini, raccontando: «Feci loro il dovuto rimprovero, aggiungendo, che ne avrei data parte alla S. V. Ill.ma».
Il direttore del Ginnasio spiega che dall’ispezione a tutto il palazzo «non fu trovata veruna cosa, che possa dar luogo a sospettare in niun modo sinistri intendimenti nei giovani suddetti».
Il «rapporto» segnala soltanto che «mette veramente raccapriccio il vedere l’immenso pericolo a cui si sono esposti» per la loro sconsideratezza i due giovani.
Essi infatti sono «discesi dai soffitti del Gambalunga mercé una vecchia assicella appoggiata fra muro e muro sopra una leggerissima sporgenza di mattoni nella Latrina, che pende su di una profonda altezza».
Il sindaco decide la sospensione dei sue allievi «fino a nuovo ordine» ed incarica la «Commissione degli Studj» d’esaminare il caso, «per le ulteriori misure che si crederà d’assumere».
La Commissione verbalizza le deposizioni del bidello Vernocchi il quale precisa che, vista la rottura della serratura nella porta della cantina, l’aveva «un quarto d’ora dopo» accomodata. Nel pomeriggio, aggiunge il bidello Vernocchi, notati i giovani «uscire dalla latrina al secondo piano», poté constatare che era stata «sforzata pure la serratura di quella porta». Sul comportamento dei due allievi, Vernocchi dichiara: «I suddetti due scolari sono soliti nell’uscire a far del chiasso».
Il professor Carlo Tonini (che sarà anche insegnante di Pascoli per le Lettere greche e latine), dichiara che i due sono «poco studiosi, poco docili, poco educati», e che «se codesti due scolari se ne andassero, la sua scuola rimarrebbe più quieta».
Il professor Luigi Tonini, docente di Storia e padre di Carlo, sottolinea: «Le ammonizioni fanno con loro poco frutto». Ribadisce che sono «poco educati» e che «quando non vi sono essi, la Scuola va meglio».
Concorda anche il prof. di Matematica Luigi Giacomini: i due «mancano spesso da scuola, e studiano poco».
Il garzone Daniele Nardini, qualificato come «falegname operajo del bidello», precisa che i due ragazzi «hanno corso gravissimo pericolo della vita nel passare dalla scala a chiocciola alla latrina», e che essi hanno rotto con qualche «valido sussidio» la serratura della latrina che era robusta.
Infine il Censore Luigi Fabbri accusa i due giovani di essere «poco educati» e di schiamazzare all’ingresso ed all’uscita di scuola.
Gli imputati confessano. Entrarono nella cantina, ma senza forzare la serratura, perché la porta era aperta. Salirono poi per la scala a chiocciola «per osservare il pluviometro». Tornati indietro e, trovata chiusa la porta da cui erano entrati nella cantina, tentano l’«uscita passando dalla scala a chiocciola nella latrina». A quel punto il bidello Vernocchi li rinchiude nella stessa latrina. I due studenti «per impazienza», si legge nel verbale, rompono la serratura della latrina con una chiave.
Loro stettero nella latrina, ma non videro persona alcuna avvicinarsi.
Vernocchi è messo a confronto con i due ragazzi. Impossibile che non si siano accorti che li stavano cercando. E poi, spiega Vernocchi, dopo averli trovati lui stesso, li ha rinchiusi nella latrina «per riferirne al Direttore».
Il verbale conclude che il contegno dei due fu tale durante l’interrogatorio «da persuadere essere i medesimi compresi della loro sconveniente condotta».
Con questo verbale, la Commissione propone al sindaco di togliere i due giovani dai ruoli scolastici, preso atto che essi sono «recidivi».
Alla Giunta municipale, Pellegrino Bagli rivolge il 6 novembre 1871 un’istanza per poter essere riammesso: «Se fui per lo addietro non molto diligente e studioso d’ora innanzi farò il possibile per esserlo».
Il 15 novembre Pellegrino Bagli invia un’altra domanda di perdono al sindaco: «Che mai, io chiedo, che mai ho io fatto? Perché tanta severità per libero ed onesto cittadino; mentre vediamo il vile sicario girare per le pubbliche vie, e far parte dei pubblici e privati divertimenti. Ella dirà ch’io vado fuori d’argomento, ma con questo ho voluto mostrare che quegli il quale o per educazione o per tema non fa atti violenti, viene trattato da vile schiavo. Abbastanza ho detto. Sono Pellegrino Bagli».
E Pellegrino Bagli, nato nel 1854, sarà amico di Andrea Costa e sarà socialista. Muore nel 1893, dopo un’intensa attività politica.

Pellegrino Bagli è ricordato da Elisabetta Graziosi nel saggio «Pascoli studente e socialista: una carriera difficile», in «Pascoli socialista», a cura di Gianfranco Miro Gori, Pàtron editore, Bologna 2003, p. 79.
(Gli appunti di questa pagina sono stati illustrati a San Mauro, dal sottoscritto, il 6 marzo 2003, alla presentazione del cit. volume «Pascoli socialista».)

Antonio Montanari


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