1921. Il santo manganello
"il Ponte", n. 13, 28.03.1993.
Dal libro su Don Giovanni Montali, di prossima pubblicazione per le Edizioni Il Ponte, anticipiamo altre pagine relative al periodo che precede l'avvento del fascismo, in particolare al biennio 1920-21, nel Riminese. Nel numero del 17 gennaio 1993, abbiamo parlato delle uccisioni di Secondo Clementoni a San Lorenzino (Riccione), e del dott. Carlo Bosi a San Marino. In quello del 14 marzo, del delitto Platania. Secondo Clementoni era un possidente di 44 anni. Mentre stava recandosi alla fiera di Cattolica, domenica 2 giugno 1920, fu fatto segno ad un colpo d'arma da fuoco sparato a bruciapelo. L'11 maggio 1921, alla vigilia della consultazione elettorale del giorno 15, il dott. Bosi viene ferito nel territorio di San Marino, mentre stava ritornando da una gita in città. Muore il 14, dopo una straziante agonia. Bosi era un semplice simpatizzante del fascio. Luigi Platania, pluridecorato al valor militare, mutilato di guerra il 19 maggio 1921 viene ucciso alla stazione ferroviaria di Rimini, dove lavorava come guardasala: per la sua morte viene prima arrestato Guerrino Amati. Nel '23, del delitto si assume la responsabilità Carlo Ciavatti, che non poteva essere l'autore del fatto. Alcuni testimoni, la sera del 19 maggio, lo avevano visto al cinema Fulgor. Nel '24, Ciavatti viene condannato a 20 anni di carcere: ne sconta 14. In questa terza puntata, si parla di che cosa successe a Rimini dopo l'uccisione di Platania. Nella prossima (quella conclusiva), si ricostruirà l'eccidio di Santa Giustina, avvenuta il 22 maggio '21, dopo i funerali di Platania. Le precedenti puntate sono apparse il 17 gennaio ed il 14 marzo 1993.

4. La violenza
Il delitto Platania incendia gli animi. Sui fogli del tempo, alle cronache si accompagnano le riflessioni politiche. L'Ausa scrive: «Abbiamo sempre deprecato dalla nostra città il sorgere del fascismo, riconoscendo per altro che, ove esso è sorto, è frutto di violenze subìte e di provocazioni continuate». (6)
Prima di quel fattaccio, il giornale cattolico ha commentato: «Oggi i provocatori ed i violenti sono due: questi e quelli per noi… pari sono». Questi sono i fascisti, quelli i socialisti. (7) Contro questi ultimi, la Riscossa (foglio repubblicano), una volta tanto concorda con L'Ausa, spiegando che «dove imperano loro [i socialisti] come a Rimini, non è lecito ad alcuno parlare, sotto pena di esser preso a legnate». (8)
I liberali nel '19, sul loro Corriere riminese hanno visto nella costituzione di un fascio locale «di difesa nazionale», un modo «per schierarsi contro assurde manovre degli eterni disfattisti». (9)
L'Ausa nel novembre del '19 è stata dura: «Le oppressioni selvagge e vigliacche dei socialisti non si contano più. Con questi degenerati bisogna tornare al medio evo ed instaurare la legge del taglione». (10) Non più la legge dello Stato s'invocava, ma la ritorsione, la rappresaglia. Si creava così un clima di tragica giustificazione morale per lo squadrismo.
Il 23 aprile 1921, proprio alla vigilia della costituzione del fascio cittadino, e quasi a tenerne a battesimo la nascita, L'Ausa in un articolo firmato G. (don Domenico Garattoni?), incensa il santo manganello: «La violenza fascista… ha portato realmente un grande bene alla Nazione, purificando l'aria dai pestiferi bacilli rossi». In quel periodo, e fino al 6 ottobre del '23, il giornale si definisce «Periodico popolare», cioè è l'organo del partito sturziano. Dal 1° gennaio '22, non è più direttore don Luigi Del Monte, ma firma come gerente responsabile Silvestro Genestreti. Ufficialmente non appare che don Garattoni diriga il giornale. (11)
Si legge nel numero del 27 maggio '22, sul medesimo foglio: «Il Resto del Carlino, con gran lusso di particolari annuncia le dimissioni del Can. D. Garattoni da Direttore dell'Ausa. Ci teniamo a dichiarare che il soggetto in parola non è mai stato Direttore del nostro periodico, a meno che non lo sia diventato per autogenerazione, forse allo scopo di mostrarsi tale davanti agli occhiali fumosi di qualche compiacente liberale, o di qualche socio del Casino Civico». Il 3 giugno L'Ausa annuncia le dimissioni di don Garattoni da socio del partito e da redattore del giornale. Il quale, dal 13 ottobre '23, torna a definirsi «Settimanale cattolico», come organo della Giunta diocesana. (12)
Un articolo firmato «G. G.» del 1° aprile '22, intitolato «Contro i violenti», viene pubblicato con una «N.d.R.» in cui il giornale precisa che non fa suo «il giudizio sommario» pronunciato in quel pezzo sul fascismo. Che cosa sosteneva di tanto eretico l'articolo? «Non una voce di condanna si è levata da nessuno dei capi del fascismo, e l'autorità stessa, che poteva impedire certe violenze, le ha invece protette».
Nel '22 il giornale cattolico prende le sue distanze dalla violenza squadrista. Riferendo della commemorazione di Platania nel primo anniversario della morte, scrive infatti: «La manifestazione fascista, fatta eccezione di qualche bastonatura senza la quale avrebbe perduto il suo carattere di fascista, è proceduta con una certa calma e con ordine». La cronaca appare nello stesso numero in cui si annunciano le dimissioni di don Garattoni dalla redazione. Durante quella cerimonia l'on. Aldo Oviglio attacca «con parole molto aspre» il Partito popolare ed il papato. Poi, «i fascisti, con le solite arie di eroi in cerca di emozioni, si sparpagliarono per la città».

5. Gli incidenti

Fu dunque ritorsione, nello spirito invocato dall'Ausa nel '19 contro le «oppressioni» dei socialisti, anche l'uccisione di Platania? «Che questa terribile condanna pesasse su di lui non era un mistero per nessuno», scrive il giornale cattolico a botta calda, il 21 maggio 1921, accusando «il completo sfacelo in cui trovasi il nostro ufficio di PS non ostante l'inchiesta cui fu sottoposto alcuni mesi fa».
Spiega Lombardini che diversi giorni prima del delitto, «corre per la città la voce che la prossima vittima sarà lui. I muri delle case sono imbrattati di offese e di minacce di morte al suo indirizzo. (…) Alcuni giorni prima, per l'uccisione del Tenente Amici di Cesena, Platania era stato visto partire con una squadra di fascisti per una spedizione punitiva». (13)
Al processo, la vedova di Platania, Giuseppina Capineri, ed il padre della vittima testimonieranno di continue minacce rivolte al loro congiunto per aver partecipato alla guerra. La Capineri, proprio il 15 maggio, giornata elettorale, è intervenuta per evitare il peggio quando il marito è stato aggredito da quattro anarchici, e ormai l'alterco stava degenerando in uno scontro armato. (14)
Ritorsione dei fascisti, fu anche quanto accadde dopo l'uccisione di Platania. Leggiamo dall'Ausa del 21 maggio: i fascisti a Santarcangelo «hanno terrorizzato i cittadini tutti, girando con le le rivoltelle alla mano, con bastoni, minacciando, entrando nelle case».
Nel numero del sabato successivo, 28 maggio, il foglio cattolico ha un resoconto sugli incidenti avvenuti a Rimini il giorno 20, venerdì, a poche ore dal delitto. In piazza Cavour ci sono scontri fra comunisti e fascisti. Questi ultimi sparano colpi di pistola «per intimidazione». Una spedizione punitiva avviene nel borgo San Giuliano con l'incendio al Circolo anarchico. L'arrivo dei pompieri è ostacolato dalle camicie nere che danno fuoco pure al Circolo dei ferrovieri in via Clodia. Anche qui si cerca di impedire l'opera di spegnimento, con pugnalate alle gomme dell'autopompa. In via Castelfidardo viene presa di mira la casa del sindaco socialista dott. Arturo Clari, che sorge al civico 15.
Sabato 21, i fascisti scorrazzano per Rimini «menando botte da orbi a chiunque volente o nolente non si fosse tolto il cappello al passaggio delle loro bandiere».
Domenica 22, i funerali di Platania sono disertati dalla popolazione, come si lamenta il deputato fascista di Ancona ing. Silvio Gai, citato dal Carlino del 24 maggio: «Nessuno della città ha portato il saluto ad un Eroe così vero e puro». Il settimanale fascista di Bologna, L'Assalto, il 28 definisce Rimini «la città dei rammolliti e dei vili», un «paese di mercanti ed affittacamere», ed assicura «che la vendetta fascista avverrà… nel periodo più movimentato della stagione balneare».
Antonio Montanari
(3. Continua.)


NOTE
(6) Cfr. il numero del 21 maggio 1921.
(7) Cfr. il numero del 7 maggio 1921
(8) Cfr. il numero dell'11 giugno 1921.
(9) Cfr. il numero del 20 aprile 1919.
(10) Cfr. Il numero dell'8 novembre 1919.
(11) È stato scritto che don Domenico Garattoni aveva assunto la direzione de L'Ausa, «cercando di darle un'impronta più decisamente filofascista»: ma della nomina a direttore di don Garattoni, non abbiamo trovato alcuna conferma.
(12) In data 13 ottobre 1923 il presidente della Giunta diocesana don Luigi Maria Magi diventa direttore del giornale. Igino Righetti, in un articolo del 13 dicembre '24, scrive che esso non è l'organo ufficiale della Diocesi, ma «dei cattolici militanti del Riminese». Dal 23 maggio '25, Ferruccio Angelini firma come redattore responsabile; ma in una cronaca del 9 gennaio '26 è definito condirettore. Dall'11 febbraio '26 (anno in cui il giornale cessa le pubblicazioni), appare la qualifica di condirettore responsabile per Angelini, che era farmacista.
(13) Cfr. F. Lombardini, Chi ha ucciso Platania?, p. 14. Enrico Amici, fondatore del fascio cesenate, fu ucciso il 15 maggio '21.
(14) Cfr. il cit. articolo de «La penna fascista» del 30 aprile 1923.
Rimini 1900, articoli de "il Ponte". Indice
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