DECIO MERCANTI

24 luglio 1937. Il capo della Polizia Bocchini dirama ai prefetti un telegramma: «È stato riferito che noto sovversivo fuoriuscito Mercanti Decio avrebbe espresso intenzione rientrare Regno per commettere attentato contro S.E. il Capo del Governo…». Spiegava lo stesso Mercanti in un recente volume («Nell'occhio dell'Ovra»), scritto da sua moglie Sara Croce: «A Marsiglia mentre ero in piena attività politica, mi viene comunicata, senza la motivazione che giustificasse il provvedimento la sospensione dal Partito», in seguito ad «un'inchiesta nell'emigrazione in Francia tra i comunisti italiani, per la vigilanza rivoluzionaria», grazie alla quale «decine furono i compagni ingiustamente sospesi». Secondo lo storico Stefano Pivato, la sospensione era conseguenza di un attentato compiuto da Mercanti al Consolato di Ginevra: «Il provvedimento, che intendeva punire il gesto di un'azione individuale, si inseriva in uno dei momenti più difficili e bui della storia del Partito comunista». (Negli stessi giorni in Spagna, dove si trovava Togliatti, avvengono arresti e fucilazioni dei trotskisti e degli anarchici, di quanti insomma si pongono «alla sinistra dei comunisti», come scrive Giorgio Bocca nella ormai classica biografia del Migliore: nel campo repubblicano, «i comunisti hanno esteso la grande purga staliniana»).
«La sospensione dal Partito mi aveva sconvolto», aggiungeva Mercanti: «Allora pensai a un'azione personale che dimostrasse la mia fede con un attentato a Mussolini», al quale poi rinuncerà. L'episodio rappresenta bene il personaggio Mercanti, scomparso il 9 marzo, a quasi 90 anni. La sua vicenda personale si lega alla storia di Rimini al tempo dell'ultima guerra.
Un esempio. Dopo lo scontro a fuoco all'Arco d'Augusto, in cui furono uccisi un brigatista nero ed il gappista Silvio Cenci (10 maggio 1944), venne arrestata la stessa sua moglie Sara Croce con il figlioletto di 16 mesi, assieme a diversi antifascisti. Mercanti, considerato il mandante di quell'azione, era riuscito a scappare.
Capo partigiano durante la Resistenza, dopo la liberazione di Rimini, sarà presidente del locale Comitato di liberazione: in tale veste, venne processato «dagli inglesi», per una lettera inviata al pci di Pesaro. La richiesta di otto giorni di carcere fu commutata, su richiesta del difensore avv. Celestino Giuliani (che nel Cln rappresentava il partito d'azione), in una multa di 25 mila lire pagata dallo stesso Cln tramite il proprio amministratore rag. Armando Gobbi, democristiano.
Nato a Forlì nel 1902, in una famiglia numerosa, a soli nove anni, Mercanti sperimenta il dramma dell'emigrazione, trasferendosi con i genitori a Ventimiglia, dove lavora come 'bocia' accanto ai minatori, guadagnando una lira al giorno.
A 14 anni, si arruola tra i civili del Genio Militare: «Quei cinque mesi al fronte furono per me una dolorosa esperienza che non ho mai dimenticato». Tornato a Forlì, Mercanti s'intrufola fra i socialisti contrari alla guerra. Parte poi per la Valle d'Aosta, come manovale. Ritorna nuovamente a Forlì, dove si perfeziona come barbiere. Ma nel '21, uno scontro con i fascisti, lo consiglia di partire nuovamente, questa volta per Genova e poi per la Francia.
In quegli ambienti di povertà dell'immigrazione e poi di violenza del primo fascismo, come osserva la moglie nel libro citato, «venne formandosi la coscienza sociale e politica del giovane Decio».
Antonio Montanari

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Pagina 2832 Creata 07.12.2018