Girolamo Soncino, editore in Rimini nel 1500
"il Ponte" n. 9, Rimini, 1991

Rimini 1518: i Consoli del Comune ed il Consiglio Ecclesiastico concedono al «Magistro Hieronimo Sonzino» il permesso di venire ad esercitare in città l'arte della stampa. Soncino è un grande della tipografia europea, e gli amministratori di Rimini forse lo sanno, se nell'atto pubblico che contiene quel permesso, parlano di lui come di un «egregio stampatore di libri».
A Girolamo Soncino, vengono concessi i consueti privilegi e le esenzioni idonee all'esercizio della professione. Inoltre, gli è assegnata una sovvenzione di dodici ducati affinché egli si provveda di un alloggio decoroso per sé e per la famiglia.

Bottega al Borgo San Giuliano
Dobbiamo queste notizie su Soncino alla cortesia dell'editore Giovanni Luisé che ha «bottega di libri» (con rara specializzazione in opere sulla Romagna), in quel borgo San Giuliano che ha ricordato lo stampatore cinquecentesco nell'ultima edizione della sua «Festa», con una piccola mostra di grande pregio storico.
Ma che cosa c'entra il borgo San Giuliano con Soncino? La spiegazione è molto semplice. L'atto dei Consoli riminesi, permetteva a Soncino anche l'apertura di una bottega di libri (proprio come quella che ha oggi Luisé), sul ponte di San Giuliano, con l'autorizzazione a fare pubblico mercato delle opere prodotte in occasione della festa del Martire.
«Soncino accettò l'ospitalità riminese e venne nella nostra città due anni dopo l'atto», ci dice Luisé: «Nel 1520, infatti, egli arriva a Rimini con tutte le sue preziose attrezzature, ma anche con l'esperienza di tipografi e la relativa fama che appartenevano da quarant'anni alla sua famiglia».

Arriva dalla Lombardia
Soncino deriva il suo nome da quello di un piccolo paese lombardo, equidistante tra Cremona, Brescia e Bergamo, dove Moshesh e Yehoshua Shelomon (rispettivamente padre e zio di Girolamo), avevano stampato, tra il 1483 ed il 1490, ben venticinque edizioni, diventando la più celebre famiglia di tipografi di incunaboli ebraici.
Incunabolo è un termine tecnico usato nel campo dell'editoria per indicare un libro prodotto quando l'arte della stampa era appena nata: la parola incunabolo è voce dotta latina che significa letteralmente 'fasce', e risulta composta da in +cunabula (diminutivo di cunae), cioè nella culla.

Gli antenati sul Reno
Ma torniamo ai nostri Shelomon: «Venuti da Spira sul Reno (Germania), gli antenati di Girolamo Soncino avevano praticato per generazioni l'attività feneratizia, quella cioè dei banchi di prestito su pegno. Ad imprimere una svolta coraggiosa e radicale alla famiglia, fu il grande nonno di Soncino, Israel Natan, che era un rabbino molto colto ed anche medico: sono gli anni in cui è appena nata la stampa con i caratteri mobili di Gutemberg».
La storia di Johann Gutemberg, stampatore di Magonza, ha il suo momento magico nel 1457, quando viene realizzata la celebre «Bibbia» in latino. Da quel 1457, passano pochi anni quando inizia la sua attività la famiglia di Soncino.

Nell'Italia del Rinascimento
Lasciamo la parola ancora a Luisé: «L'Italia dell'Umanesimo e del Rinascimento non poteva certo restare indifferente davanti alla straordinaria rivoluzione culturale a cui si era dato inizio con i "caratteri mobili". Affascinata e curiosa, l'Italia mostrava di accogliere e di guidare i nuovi tempi. Israel Natan capì e decise. La sua famiglia (che allora si chiamava Da Spira, in base al luogo di origine), si gettò con entusiasmo e tenacia nell'impresa tipografico-editoriale, e vi investì ogni sua risorsa: economica, intellettuale ed umana».

Lo Spirito e l'argento
Yehoshua Shelomon fa annotare dal correttore Gabriel Strasburgo nell'ultima carta del primo libro (1483) queste parole ricevute dallo Spirito di Dio: «…e farai libri con la stampa, essendo in essi due giovamenti sommi, l'uno è che prestissimo se ne faranno molti, fino a tanto che la terra sarà piena di sapere; l'altro che il prezzo di essi non salirà al prezzo di quelli scritti con la canna, o con li stilo di ferro, o piombo, e quegli che non avrà mezzi sufficienti per preziosi acquisti li avrà a prezzo vile, e in luogo d'oro metterà fuori argento».
I Soncino abbandonano la cittadina lombarda da cui avevano preso il cognome nel 1491. La causa? Probabilmente per colpa di un processo "ideologico". Proseguendo la loro attività, diventano ben presto celebrati e richiesti. Sono essi che stampano la prima edizione della Bibbia ebraica completa. Sono tra i primi ad introdurre l'illustrazione nel frontespizio del libro, e sono i primi in assoluto nello stampare un libro ebraico interamente illustrato. Anzi, la metà dei libri editi in quegli anni in Italia, escono dai loro torchi.

Il libro di Lutero
Girolamo, nel 1494, stampa a Brescia la prima Bibbia tascabile, una cui copia sarà utilizzata da Martin Lutero per la sua versione tedesca dell'«Antico Testamento».
Quale immagine storica è rimasta di Girolamo Soncino? Ci spiega Luisé: «Il nome ebraico di Girolamo era Ghershom, e significa pellegrino. Esso incarna tipicamente la figura dell'"errante". Girolamo percorre un itinerario lungo e a volte ossessivo, per i continui ritorni in luoghi già frequentati. Dovunque vada, mette in funzione i suoi torchi, e così vedono la luce pregevoli opere in ebraico, greco, latino ed in volgare. Unico fra gli stampatori ebraici, stampa di continuo negli ultimi due decenni del Quattrocento e nei primi quattro del Cinquecento. Di lui, si conoscono 150 edizioni».

Il sogno di Venezia
Dopo un vasto giro in Lombardia, Girolamo Soncino approda sulla costa adriatica, «attratto dalla mitica potenza di Venezia: vi soggiornerà a lungo in più riprese, cercando di impiantarvi la sua officina. Per anni tenta inutilmente, ma la sua 'diversità' di ebreo non lo favorisce. Aldo Manuzio ha la palma degli stampatori veneziani, ed è il cristiano Daniele Bomberg (originario di Anversa) ad ottenere il privilegio esclusivo di stampare libri ebraici nella Serenissima, investendo nell'impresa ingenti capitali. Girolamo Soncino non si arrende: Bomberg stampa testi ebraici, e lui allora stampa testi anche cristiani».
Soncino stampa ad Ortona, a Pesaro, a Fano, ad Ancona ed infine a Rimini: «Qui da noi sembra vivere un periodo di quiete. Il suo soggiorno sembra avere i connotati di una sistemazione definitiva e soddisfacente. Qui stampa di tutto, libri di culto ebraico e classici latini, volumi di edificazione cristiana e Statuti della città, persino commedie. E' del 1526 l'edizione dei "Suppositi", una commedia dell'Ariosto».

Nella terra del Solimano
Il suo errare da una città all'altra, non gli concede soste troppo prolungate. Dopo Rimini, c'è un breve soggiorno a Cesena, e quindi avviene il grande balzo: «Si trasferisce a Salonicco, nella Grecia turca, dove nel '21 lo aveva già preceduto il figlio Moshesh, lo stesso nome del nonno del ragazzo. A Salonicco, accorrevano ebrei di tutto il mondo, attirati dalla politica di tolleranza religiosa di Solimano il Magnifico». In Europa erano, invece, gli anni inquieti del dopo-Lutero.
«A Salonicco, oltretutto, era più facile reperire manoscritti inediti della cultura orientale», conclude Luisé: «Girolamo, i suoi figli ed i suoi nipoti continuano a stampare libri, ed assurgono a grande fama. Girolamo muore a Costantinopoli, nel 1534. Un suo figlio, Yheshua, stamperà in Egitto fino al '57, ed un nipote Ghershom (un altro 'pellegrino') sarà attivo, sempre in Egitto, fino al 1562».

Ars artificialiter scribendi, l'arte di scrivere artificialmente, veniva definita un tempo la stampa a caratteri mobili.
Nel 1488, Bettino da Trizzo pubblica a Milano un poemetto in cui si legge: «Li stampitori… merton per tutt'el mondo nominancia et gloria».
Lo scrittore François Rabelais (1494-1553) fa dire al suo Gargantua che, grazie alla stampa, «tutto il mondo è pieno di persone sapienti».
Il filosofo Francesco Bacone (1561-1626) considera la stampa, assieme alla polvere da sparo e alla bussola, una delle tre invenzioni che rivoluzionarono il mondo.
In Italia, tra 1465 e 1600, secondo uno studio della British Library di Londra, ci furono oltre 20 mila edizioni di libri stampati. Per Amedeo Quondam, tale cifra rappresenterebbe soltanto il 40 per cento della cifra reale.
In quegli anni, Rimini è, con molte altre città dell'Emilia-Romagna, sede di attività tipografiche.
Lo studio inglese attribuisce a Rimini cinque tipografi, due dei quali provenienti da altro luogo. Uno di loro è, appunto, Soncino.
La capitale tipografica d'Italia è in quel periodo, Venezia, con il 52% del totale nazionale di libri stampati, seguìta a molta distanza da Roma (11,48%).
In regione, il primato tocca a Bologna, quinta in ambito nazionale con il 3,55% e ben 79 tipografie, mentre Venezia ne aveva 784 e Roma 186. A Ferrara, ottava in Italia con l'1,65%, c'erano 35 tipografie.
Tra i libri più stampati in tutt'Italia, figurano quelli devozionali e della Patristica. La prosa batte la poesia.
Il principe dei tipografi italiani, è quell'Aldo Manuzio (1450-1515) che, uomo di lettere, a Venezia volle diventare editore raffinato di testi greci e latini, prodotti con grande cura per la scelta di caratteri e carta.
I tipografi riminesi più ricordati sono Simbeni, Dandi (XVII) ed Albertini (XVIII sec.). Luigi Tonini indica ben 22 imprese, tra 1511 (Nicolò Brenta) e 1854 (Malvolti Ercolani). Presso la Orfanelli e Grandi, lo stesso Luigi Tonini stampò nel 1848 il primo di una serie di volumi che costituiscono la storia di Rimini.
Antonio Montanari


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