Antonio Montanari

BIBLIOTECA MALATESTIANA
DI SAN FRANCESCO A RIMINI
Notizie e documenti, nuova edizione (2012)


Il Novello di Augusto Campana.

Tanto di cappello ad Augusto Campana che nel 1932 scriveva: “Il Signore di Rimini, largamente sollecito, e cultore egli stesso, di lettere e d'arti, fu tuttavia prima di tutto un soldato e un uomo di governo; quello di Cesena, al contrario, fu tratto dalla non ferma salute e dall'indole a essere prima un mecenate e uno studioso che un uomo di stato e d'armi. Così anche la storia delle due città: mossa e commossa, tragica a volte, quella di Rimini, tranquilla per lo più quella di Cesena. A Rimini le opere della guerra, a Cesena quelle della pace. [...] Anche a Rimini le arti rinascenti e le lettere protette e onorate condussero al culto del libro, ma là il Signore è tutto preso dall'alterno gioco della politica, dalle opere militari, e dal sogno di eternare sé e la sua donna nel gran Tempio. A Cesena invece, cui manca lo splendore dei grandi nomi di umanisti, l'amore per il libro trova condizioni felici per tradursi in un'opera duratura di intelligente attività e di serena bellezza. [...] Anche quella di S. Francesco a Rimini (1490) è lecito credere che ripetesse lo schema cesenate; e aggiungerei quattro biblioteche claustrali bolognesi e tre romagnole (Imola, Forlì, Ravenna), se il fatto che erano disposte in due file di banchi, come sappiamo dagli inventari del cod. Barb. lat. 3185, bastasse ad asserire anche l'identità architettonica” [Biblioteche della provincia di Forlì, in Tesori delle biblioteche d'Italia. Emilia e Romagna, a cura di Domenico Fava, Milano, Hoepli, 1932, pp. 83-111, passim].

Ci permettiamo di osservare:
1. La data del 1490 non indica la nascita della stessa Malatestiana riminese, ma il suo trasferimento al piano superiore, richiesto dal testamento di Valturio (clausola che i frati facciano edificare «unan aliam liberariam in solario desuper actam ad dictum usum liberarie»).
2. Ad indirizzare il povero Novello cesenate verso i libri non c'è soltanto la “non ferma salute” che ricorda Campana. C'è pure una dolorosa vicenda d'amore, verrebbe da dire. Ne riferiamo a parte. Ma c'è soprattutto quell'educazione umanistica che egli ha ricevuto alla corte di Rimini.
Elisabetta Gonzaga, donna colta e coraggiosa, moglie di Carlo Malatesti, si prende cura dopo il 1421 dell'educazione di Sigismondo e Novello, lasciati a Rimini dal padre Pandolfo III.
Elisabetta Gonzaga riversa su Galeotto Roberto, Sigismondo e Novello i frutti di una formazione intellettuale e politica di stampo umanistico, maturata nella famiglia d'origine e presso la corte riminese. Sa che la vita non è frutto del caso, ma dell'operare individuale, secondo il pensiero di Leonardo Bruni: il perfezionamento delle persone avviene «ex civili societate», sotto la guida della filosofia. Nella parte che tratta della politica e del bene comune, la filosofia «è quasi uguale nei filosofi pagani e nei nostri», scriverà Bruni a papa Eugenio IV. Bruni nel 1409 era giunto presso Carlo Malatesti, quale segretario pontificio per incontrare papa Gregorio ospite del signore di Rimini. Nel De studiis et litteris (1422-25), Bruni progetta l'incontro fra la tradizione cristiana e la filosofia greco-romana, offrendo un modello per la linea seguìta da Sigismondo nell'ideare il suo tempio [1]. Nel 1436 Bruni dedica la propria Vita dell'Alighieri a Battista di Montefeltro, moglie di Galeazzo di Pesaro.
Di Antonia da Barignano possiamo ipotizzare una silenziosa presenza accanto ai figli sino alla scomparsa di Elisabetta Gonzaga (1432). Se tollerata ed accettata, oppure soltanto ignorata, le cronache tacciono. Forse Elisabetta non volle privare Sigismondo e Novello della vicinanza della madre, che non considerava in contrasto con il proprio ruolo. Ad Antonia la cura degli affetti più intimi, a lei quella degli affari pubblici. Non un compromesso, ma un equilibrato progetto politico. Alle due dame non dovettero far velo né gelosie né egoismi. Lo scopo era eguale per entrambe, far grandi i due fanciulli sbalestrati da Brescia a Rimini in quella corte che si offriva quale «magistra vitae», con le disavventure presenti ed i successi passati. In essa i due giovani eredi maturano tramite le conversazioni con i dotti di passaggio, ed i libri letti e commentati assieme ai famigliari. Con una naturalezza nata dal desiderio di affinare gli intelletti alle prove future.
Questa parte sulla formazione umanistica è ripresa da un mio pezzo che si conclude con questa pagina:
Tra Novello (+1465) e Sigismondo (+1468) c'è un continuo scambio di idee e di materiali, così come fra Rimini e Cesena. Nel 1446 Jacopo della Pergola completa a Rimini un'edizione della Naturalis Historia di Plinio su ordinazione di Sigismondo che poi la dona a Novello (Malatestiana, S. XI. I). Nel 1451 Francesco da Figline prepara a Rimini un'altra edizione dello stesso testo per Giovanni Di Marco che nel 1474 la lascerà con tutta la sua biblioteca alla Malatestiana (S. XXIV. 5), dopo esser stato medico personale di Novello. Francesco da Figline passerà infine da Rimini a Cesena, come primo bibliotecario di quella «libraria».
Altre notizie biografiche sul Signore di Cesena si leggono nella pagina Mal d'amore per Novello.

Pagine di Riministoria su Novello Malatesti:
Novello, scolaro a corte. Educazione umanistica e progetto della Malatestiana
Novello Malatesti, un principe per la cultura. Dominato dalla madre e non amato dalla sposa


Indice Biblioteca Malatestiana di Rimini.
Mappa Biblioteca Malatestiana di Rimini.

Antonio Montanari
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1731, 25.08.2012.
Agg. 25.08.2012, 10:50