Ipotesi di una geometria 'nascosta'della Commedia

di Antonio Montanari




Il primo sostantivo che incontriamo nella Commedia è «mezzo». Esso rimanda al versetto di Isaia «In dimidio dierum meorum...» [XXXVIII, 10].
Non interessa qui il problema a cui il termine è solitamente collegato (la lunghezza della vita: Ps. LXXXIX, 10, «dies annorum nostrorum [...] septuaginta anni»), ma il suo aspetto esclusivamente simbolico.
Per tale aspetto, dobbiamo considerare che Dante compie un percorso dal mezzo [da ciò che non è completo, l'uomo nel peccato, e quindi non perfetto] all'intero [Dio, il Tutto].

Questo percorso consta di due parti. Un viaggio 'terrestre' nell'oltretomba ed uno celeste.
Il viaggio 'terrestre' riguarda la voragine dell'Inferno e la montagna del Purgatorio.
Si è soliti dire che la Divina Commedia è un'opera dominata fondamentalmente dal valore allegorico e dalle esemplificazioni strutturali del numero tre. Ma in essa gioca anche questo 'codice binario' del mezzo e dell'intero, di vita e morte, Dante e Virgilio, Teologia e Filosofia, Fede e Ragione (Beatrice e Virgilio), corpo ed anima, ad esempio.

Dante ai primi due oltramondi dedica i primi 34 canti dell'Inferno ed i successivi 33 del Purgatorio.
Quale è il «mezzo» (sempre nel senso di metà) di queste due cantiche?
Sommando il numero dei canti (67), e dividendolo per due, lo si individua nel XXXIV dell'Inferno, canto nella cui metà (al v. 69) si conclude effettivamente il percorso infernale, per ritornare «a riveder le stelle» (v. 139).
Al v. 69 leggiamo infatti: «è da partir, ché tutto avem veduto».
Dobbiamo partire. Ma allegoricamente (ancora una volta), «partire» ci invita a considerare qui il suo significato di «dividere». E quel verso in effetti divide i primi due mondi ultraterreni ma collocati in un orizzonte 'terrestre'.
In questo primo blocco da Inf. I, 1 ad Inf. XXXIV, 69, troviamo una simmetria perfetta (come in altri luoghi danteschi) tra il secondo verso dell'inizio (Inf. I, 2) e penultimo della fine (Inf. XXXIV, 68); tra la «selva oscura» e «la notte» che «risurge».
A metà di tutta la cantica prima, c'è il c. XVIII (Malebolge, divise in dieci parti concentriche), che dà inizio alla seconda parte della cantica dell'Inferno.
Passo al Purgatorio.
La metà di questa cantica è al c. XVII, 70, da dove inizia la spiegazione virgiliana dell'ordinamento morale del Purgatorio medesimo:

«Già eran sovra noi tanto levati
li ultimi raggi che la notte segue,
che le stelle apparivan da più lati» (vv. 70-72).

La terzina anticipa il passaggio dalla notte del peccato alla luce divina, sancito dal verso finale della cantica: «puro e disposto a salire a le stelle» (XXXIII, 145).
Il viaggio 'terrestre' dalla voragine dell'Inferno alla montagna del Purgatorio, lo si può rappresentare graficamente come la base di un triangolo equilatero, il cui vertice è ovviamente 'presieduto' dal sole (Pd, XXXIII, 145, «l'amor che move il sole e l'altre stelle»). E soltanto 'lassù' che si raggiunge la perfezione come anticipa Pd I, 1: «La gloria di colui che tutto move» (altra simmetria interna alla cantica nel verbo «muovere»).






Cerchiamo di costruire le varie parti di questo triangolo dantesco (ACB):
Il lato base AB è dunque occupato dall'Inferno (AD) e dal Purgatorio (DB).
La salita al Paradiso si rappresenta con il lato BC.
All'interno del triangolo ACB occorre distinguere però le varie parti che lo compongono: sono altri tre triangoli corrispondenti ai tre regni (Inferno, Purgatorio e Paradiso), più un triangolo centrale che rappresenta la Terra centro dell'universo astronomico, punto di partenza del racconto di Dante, e luogo che ospita i due primi regni. Complessivamente sono quattro triangoli (due coppie di due: Terra e Cielo, oltre che Inferno e Purgatorio).

Per delineare questi triangoli minori, si opera nel modo seguente.
1. La perpendicolare dal punto D sul lato CB determina il punto E. (Il punto E, come vedremo, è intermedio alla stessa salita.)
2. La perpendicolare dal punto D sul lato AC determina il punto F.
3. Collegando i punti E ed F otteniamo il triangolo centrale FDE ("Terra")
Il punto E, intermedio del percorso del Paradiso, corrisponde al v. 71 del c. XVII, «la cortesia del gran Lombardo», verso autobiografico, direi quasi terrestre perché parla delle esperienze di Dante uomo-poeta e non di Dante personaggio. E questo punto è sulla base FE del triangolo rovesciato della "Terra", cioè anche della vita stessa di Dante.
[A proposito del «gran Lombardo», una curiosità. A metà del primo canto (quello considerato introduttivo) dell'Inferno, troviamo le parole di Virgilio: «e li parenti miei furon lombardi» (v. 68).]

Desidero infine soffermarmi su una simmetria di non secondaria importanza, che potrebbe confermare l'ipotesi di lettura svolta sinora sulla geometria 'nascosta' della Divina Commedia.
La figura del Veltro appare in Inferno, I, 101-102. Il Purgatorio si chiude con l'immagine del DVX («un cinquecento diece e cinque, messo di Dio», XXXIII, 43-44).
La simmetria è data dal fatto che il DUX si trova, nel Pg XXXIII, rispetto alla fine del canto, alla stessa 'distanza' che intercorre tra il Veltro e l'inizio del c. I dell'Inferno (101-102).
Il XXXIII del Pg ha 145 vv. Se calcoliamo 145 meno 102 e meno 101, otteniamo 43 e 44, appunto i versi in cui appare l'immagine del DVX.



Ipotesi di una geometria 'nascosta' della Commedia
di Antonio Montanari, 7.7.2008
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