Antonio Montanari
Tam Tama di Febbraio 2003
Sommario
862. Gangster? (23.2)
861. Allegri (16.2)
860. Collega (9.2)
859. Chi resta (2.2)

Indice del Tam Tama 2003

Tama 862. Gangster?
Si è chiesto un ascoltatore di Primapagina (Radio Tre): chi finanzia le manifestazioni per la pace? Qualche Wanna Marchi dell'informazione forse ritiene che le foraggi il terrorismo mediorientale. Su Libero, sotto il titolo «Quanti amici ha Saddam», Feltri definisce «questo pacifismo temibile quanto la guerra». Il solito Luttwak ha chiamato «stupidini» quelli che sono andati ai cortei di sabato 15.
Al TG2 uno stilista italiano ha detto: l'economia mondiale è ferma, le basterebbe una breve guerra per riprendersi. Non è il solo a pensare che bombardando Baghdad si fermerebbe il rincaro del petrolio e si favorirebbe la ripresa industriale.
La Rai ha negato le cronache in diretta delle manifestazioni per la pace. Giustificazione: non vogliamo influenzare il Parlamento. Risposta del presidente della Camera: siamo adulti e vaccinati. Totò avrebbe aggiunto: e abbiamo pure fatto il militare a Cuneo. Alla Rai, Antonio Socci per spiegare la necessità della guerra contro Saddam ha mostrato il pianto di due vedove dell'11 settembre. Per favore, ditegli che l'associazione delle vittime delle Due Torri è contro il conflitto annunciato da Bush. E che le informazioni dell'intelligence inglese contro l'Iraq, riprese dal segretario di Stato Usa Colin Powell nel discorso tenuto all'Onu, si trovavano già su Internet ed in una rivista.
Ci ha ricordato il simpatico Francesco Cossiga che per sant'Agostino la pace dev'essere «tranquillitas in ordine». Ma ai suoi tempi non s'usava ancora la bomba atomica. Per Cossiga quelli di Famiglia Cristiana che hanno inventato il referendum Bush-Papa, sono dei «pericolosi dilettanti» perché sembrano a favore dell'Iraq. Il medico Gino Strada scandalizza i benpensanti quando ricorda che l'anno scorso sono stati uccisi cinquemila afghani civili dai 'nostri' bombardamenti. Lui ha pianto per Ground Zero, ma suscita il voltastomaco a molti se piange anche per quei cinquemila afghani. Provoca Strada: se (stando alla Cia) il terrorismo è «violenza premeditata contro civili indifesi», il mezzo milione di bambini uccisi in Iraq dall'embargo non rientra nella definizione?
In Usa (hanno scritto giornali tedeschi) vogliono la guerra questi petrolieri in politica: Bush, Cheney, Condoleeza Rice, Rumsfeld. Lo ripete Strada, e Casini lo definisce un cattivo maestro che alimenta odio e divisioni. Quei petrolieri, puntualizza Casini, non sono gangster camuffati da politici. Sono gangster, e basta?
Antonio Montanari [Ponte n. 8, 23.2.2003]

Tama 861. Allegri
Piccoli bilanci in attesa della fine del mondo, gioiosamente preannunciata in un conto alla rovescia al quale intellettuali e politici s’entusiasmano intravedendo una guerra che, se all’inizio fu battezzata dei trent’anni, adesso si promette a scadenza più limitata, come un qualsiasi prodotto alimentare da supermarket: soltanto sei settimane al massimo.
Forse ci si è accorti che per mandare tutto in malora, non occorre sprecare tempo e denaro. Una botta e via. Le cose che vanno per le lunghe stufano, e t’immagini se poi la gente si accorge che nell’allestire questa bella apocalisse si poteva risparmiare, invece di sprecare senza coscienza sane energie mentali e fondamentali risorse economiche.
Fino all’altra settimana, ogni volta che qualcuno osava contraddire il capo del governo, questi rispondeva risentito in Parlamento che a lui non risultava essere vero quanto affermato dall’opposizione, in base ai sondaggi dei quali egli era in possesso.
Conflitto d’interessi, ad esempio: interessa solamente al quindici per cento del popolo, sentenziava. Adesso che la stragrande maggioranza degli italiani (elettori e non elettori dei partiti di governo) non gradisce granché l’idea di una terza guerra mondiale, il capo del governo spiega che i pacifisti «nulla capiscono della situazione». Gli stessi pacifisti, secondo la medesima quarta carica dello Stato, «purtroppo la testa poche volte l’hanno avuta».
La sicurezza in cui beatamente si culla il capo del governo gli ha permesso anche il solito siparietto comico, questa volta ai danni del suo ministro della Difesa, definito nostalgico dei tempi in cui il dicastero si chiamava «della Guerra».
Non preoccupa la frase del capo del governo, quanto l’abitudine del ministro della Difesa di dividere i suoi discorsi in due parti distanti l’una dall’altra ben 24 ore: prima c’è un’affermazione, il giorno dopo la smentita da parte dell’interessato.
Uno che non dichiara mai di essere stato frainteso dalla stampa, è invece il ministro padano del Welfare, la cui più recente eleganza espressiva è meritevole di segnalazione, avendo chiamato «nazisti rossi» tutti i componenti dell’opposizione.
Se il panorama delineato sin qui è sconfortante, due buone notizie possono confortarci. A Chi l’ha visto? cercheranno il ministro degli Esteri, Frattini. Infine, Mike Bongiorno è cittadino italiano. Cioè pronto a subentrare ad Agnelli in Senato, ed a gridare il consueto motto: «Allegria!».
Antonio Montanari [Ponte n. 7, 16.2.2003]

Tama 860. Collega
Quando il buon Emilio Fede ha letto la notizia del sondaggio organizzato da Famiglia Cristiana (Guerra all'Iraq. Tu da che parte stai? Col Papa? Con Bush?) deve aver sùbito pensato (con ovvio riflesso pavloviano) che i bolscevichi si erano impadroniti anche della direzione del noto settimanale cattolico. Di questi pensieri di Fede non possediamo alcuna documentazione certa, li possiamo soltanto immaginare, ma siamo egualmente sicuri di non andare lontani dal vero se li riassumiamo in questa probabile citazione: perché chiedono se si è con Bush o con il Papa? Questi vogliono soltanto sapere se quegli sprovveduti degli italiani stanno con Bertinotti oppure con il presidente degli Usa. Nessuno, ne siamo convinti, riuscirà mai a portare Fede a distinguere tra Vangelo e Capitale di Carlo Marx, tra Giovanni Paolo II ed il leader di Rifondazione comunista.
La colpa non è sua, ma di quella cultura che lui stesso contribuisce a nutrire con i suoi isterici editoriali quotidiani. Come Fede ce ne sono tanti, nel nostro Paese, che considerano ogni critica alla politica statunitense un reato di lesa maestà compiuto con cuore estremista. Personalmente ne portiamo diretta testimonianza. Il 14 novembre 2001, in un'associazione cattolica cittadina di insegnanti, dopo aver parlato di letteratura e spiritualità nel nostro Novecento con una conferenza che nel titolo riprendeva una nota frase di Renato Serra (La guerra non cambia nulla), ci siamo sentiti rimproverare di ragionare come Bertinotti. E da quella volta non siamo più stati chiamati a trattare altri argomenti nel solito appuntamento annuale che avevamo con quella associazione.
Se alla Rai, davanti al referendum, è prevalsa sotto sotto la linea di stare a vedere chi vincerà (non il sondaggio ma la guerra), in altre reti si è stati turbati da un progetto che potesse soddisfare gli ascolti, glorificare il giornalismo e mettere la coscienza a posto: non pronunciamoci né in bene né in male, proponiamo un Grande Fratello tra Bush e Saddam. Poniamoli per due settimane sotto gli occhi delle telecamere, per vedere chi le spara più grosse. L'ostacolo maggiore è stato quello delle interruzioni pubblicitarie: chi paga per gli spot sul petrolio, l'Iraq o la Casa Bianca?
Ovviamente, non se ne è fatto nulla. Berlusconi ha temuto (non senza fondate ragioni) di essere spiazzato da Maurizio Costanzo, suo antico collega di P2 ed ora dipendente della televisione di famiglia.
Antonio Montanari [Ponte n. 6, 9.2.2003]

Tama 859. Chi resta
La mattina del 24 gennaio quando Gianni Agnelli se n'è andato, i giornali parlavano del disco postumo di Giorgio Gaber e del futuro conflitto con l'Iraq. Gaber sfotteva Berlusconi («C'è qualcuno che pensa / di affrontare qualsiasi male / con la forza innovatrice / di uno Stato liberale...»), e s'indirizzava a Ciampi: «E' ancora troppo chiaro / agli occhi della gente / che tutto è calcolato / e non funziona niente».
Da Washington il portavoce della Casa Bianca Ari Fleischer ha inserito anche l'Italia nella «coalizione multilaterale piuttosto robusta di nazioni volonterose che ci appoggiano». Pallore di Berlusconi: siamo in guerra, e non lo sappiamo? Un lapsus gli fa dire: stiamo alle risoluzioni degli Stati Uniti. Qualcuno lo corregge. Pardon, delle Nazioni Unite.
Berlusconi dopo l'incontro con Bush aveva dichiarato: siamo a loro disposizione. Loro hanno compreso bene, e ce lo ripetono con la gentilezza del portavoce o la brutalità di Edward Luttwak (punizioni per chi non riga dritto con gli alleati).
Berlusconi in serata spiega: il portavoce della Casa Bianca ha detto cose diverse da quelle riportate per colpa delle solite forzature della Sinistra. Potrebbe essere l'ultima barzelletta del Cavaliere sulle congiure comuniste, se non fossimo alla vigilia di eventi drammatici e dolorosi. Fleischer ha soltanto posto l'Italia tra i Paesi amici contro gli Stati canaglia. Dove siano equivoci o forzature è difficile capirlo.
La notizia della scomparsa di Gianni Agnelli fa passare il tema nella penombra. Si parla soltanto di lui, in radio, giornali, tivù, Internet.
La mattina dopo a Radiotre un operaio meridionale salito a Torino nel 1968, ricorda: erano anni duri, di scontro tra padronato e sindacati, ma noi dicevamo papà Agnelli e mamma Fiat. Lui è stato un grande avversario. L'onore delle armi, come si dice. Inimitabile nel suo squallore, Bossi: muore quando finisce il tempo degli agganci con lo Stato.
Berlusconi racconta la sua prima gaffe con Agnelli: lo andò a trovare a bordo di una Mercedes. Ma fece di meglio quando Susanna Agnelli divenne ministro degli Esteri: «Come si fa a far rappresentare il Paese dalla sorella del padrone dell'Italia?».
Dopo aver detto che anche Agnelli era con lui (glielo aveva rivelato ad una cena), si beccò questa risposta dall'interessato: «Quel che si capisce in queste cene dipende sempre dal tasso alcolico dei partecipanti».
Morto l'Avvocato, restano gli Imputati.
Antonio Montanari [Ponte n. 5, 2.2.2003]
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749, 2003. Revisione grafica, 02.04.2015