Antonio Montanari
Tam Tama di Ottobre 2002
Sommario
846. Mariti (27.10)
845. Pinocchio (20.10)
844. Fantasia (13.10)
843. Gabibbi (6.10)

Indice del Tam Tama 2002
Tama 846. Mariti
Sua Altezza ha smentito: non abbiamo chiesto nulla allo Stato italiano. Ma intanto il nostro governo ha esaminato alcune delle presunte richieste avanzate da Casa Savoia (da non confondere con Casa Vianello di Canale 5, anche se gli esiti talora si rassomigliano, purtroppo). Dunque, chi ha tirato il pacco a Vittorio Emanuele ed a suo figlio Emanuele Filiberto, facendoli passare per postulanti brontoloni che, in cambio dei privilegi perduti, avrebbero voluto un aereo simil-presidenziale, autoblù con autista e scorta, e forse pure una baby-sitter per il principino?
Chi si è inventato rivendicazioni che le menti sovrane mai avrebbero ipotizzato, non per scarsa applicazione o insufficiente comprensione della realtà, ma soltanto per una chiara convinzione: a loro non interessa per nulla fare i regnanti in un Paese in cui l'ultima dinastia vera accettata dagli italiani, quella targata Fiat, sta dichiarando bancarotta senza uno straccio di pudore. I due signori finora esiliati si accontenteranno delle comparsate televisive, consapevoli che per i nostri e loro connazionali apparire è meglio che essere, anche se le numerose e precedenti presenze nei salotti mediatici hanno insinuato nelle folle il dubbio atroce: ma questi «ci sono o ci fanno»?
Non abbiamo bisogno d'importare pretendenti. Ne abbiamo già. Contro ogni protocollo ufficiale, il presidente Berlusconi al «Columbus day» ha passato in rassegna 130 cavalli dei carabinieri, una banda, ministri (quattro), sottosegretari (due), invitati (duemila), stando in piedi sopra un'auto scoperta, come sinora avevano fatto soltanto i capi di Stato. Chi ha cambiato le regole del cerimoniale? Probabilmente la stessa persona che ha inventato le pretese savoiarde, all'insegna del motto: «Diamoci una mossa, facciamo vedere quello che siamo. Nessuno è più regale od (in via subordinata) presidenziale di noi».
Sono convinto che qualcuno dell'entourage di Berlusconi vuol fargli fare brutta figura, come Giuliano Ferrara che la Signora Veronica, come proprietaria del Foglio, continua a stipendiare perché sparli del marito. Ferrara ha scritto peste e corna del premier, rasentando l'eresia con il far intravedere che prima parla e poi pensa. Berlusconi aveva trattato delle eventuali armi chimiche irachene, negandone l'esistenza, poi si era corretto, ricorretto e ricreduto, affermando che la pensava come Bush. Nel frattempo Bush aveva cambiato parere, senza però informarlo.
Antonio Montanari [Ponte n. 38, 27.10.2002]

Tama 845. Pinocchio
Soltanto al burattino di Collodi succede che le bugie diano un segnale fisico. Per il resto dell'umanità, nulla cambia. Il premier Berlusconi ha scritto al tribunale di Palermo di non poter deporre al processo dell'amico Marcello Dell'Utri per «impegni internazionali». Secondo l'agenzia ADN-Kronos, c'era di mezzo soltanto il battesimo a Trieste della figlia di un altro amico. Le bugie, dice un proverbio, hanno le gambe corte. A qualcuno riesce di mettere un alzatacco per mascherarle. (Non è verità assoluta, ma soltanto legittimo sospetto.)
Roberto Benigni si è fatto distribuire il suo film Pinocchio da una società dello stesso Berlusconi. Spiegazione: Mario Cecchi Gori era «un po' in difficoltà», bisognava correre ai ripari. Qualcuno vorrebbe chiamare i carabinieri e fare ammanettare il comico toscano per collaborazionismo con il nemico. Benigni ribatte: cose da matti. A proposito. Piero Fassino si sarebbe sbagliato a premere il pulsante della votazione alla legge Cirami, astenendosi sopra un emendamento per il quale avrebbe dovuto votare a favore. Morale, voto pari per colpa del suo errore. Fassino si è giustificato: non funzionano i cervelli elettronici della Camera. Quelli umani vanno meglio? Ignazio La Russa ha dimenticato: sono con lui molti che hanno militato in quel partito, la Dc, che ha definito coinvolto in Tangentopoli. De Mita contro An ha riesumato il vecchio grido di battaglia del Pci, «Fascisti», mentre il ministro Buttiglione protestava in silenzio uscendo dall'aula.
Commento e ricordo del presidente emerito Francesco Cossiga: Buttiglione, «l'ho cacciato dal mio ufficio a pedate nel culo». Pensiero sottinteso: perché Berlusconi non fa altrettanto? Buon Cossiga non mente. Memoria lunga, peggio di Blob censurato dalla Rai per non trasmettere una biografia cinematografica del premier, dove forse c'era posto anche per il suo antico elogio dei magistrati milanesi, benemeriti per averci tolto dai piedi una «classe dirigente corrotta e mediocre». La via giudiziaria alla politica allora gli andava bene. Ma si sa, i tempi cambiano. Ricordiamo quando Benigni fu accusato di aver sottratto milioni di voti con l'intervista di Biagi alla vigilia delle ultime elezioni politiche. Oggi in casa Berlusconi, Benigni più che un Pinocchio mentitore appare come la Fatina dai capelli turchini che moltiplica gli zecchini riscossi ai botteghini. Il Gatto e la Volpe non appaiono in scena. Sono già al governo.
Antonio Montanari [Ponte n. 37, 20.10.2002]

Tama 844. Fantasia
Tra i capolavori della fantasia non ci sono soltanto i romanzi, le novelle, i film. Ci sono anche le battute infelici pronunciate dagli uomini politici. Piero Fassino, con uno snobismo che viene da lontano (e ricorda qualche fotogramma di togliattiana memoria), tiene a farci sapere che pur essendo contrario all'invio dei mille alpini in Afghanistan, non vuol essere confuso con il pacifismo di Gino Strada. Talora, spiega Fassino, le bombe sono necessarie. A chi?
Ma perbacco, neppure chiederlo: servono alla «politica». Strada, che vede gli effetti delle bombe in quel di Kabul, preferirebbe che la politica avesse l'intelligenza che i militari attribuiscono alle loro armi, ed evitasse tante vittime innocenti. Fassino tira in ballo l'etica della responsabilità, oltre che l'etica della convinzione la quale, considerata forse ad un gradino più basso, è quella a cui si abbeverano le anime semplici, mentre le menti raffinate mirano in alto. Da dove si vedono i grandi princìpi ma si perde per la distanza lo spettacolo dei piccoli drammi che fanno la Storia quotidiana della gente qualsiasi. Ad esempio, dal loro settimo cielo i politici vedono gli oleodotti dell'Afghanistan o dell'Iraq? Sanno a chi fanno gola?
Il presidente del Consiglio Berlusconi, preso atto che la spaccatura nell'Ulivo era ormai insanabile dopo il voto sui mille alpini, e che non era più il caso di insistere su una cosa inesistente, ha cambiato registro. Ha cercato si sfottere qualche politico avversario, ma lo ha fatto con toni ridicoli non tanto nei confronti della minoranza parlamentare, quanto verso se stesso. La scenetta in cui Berlusconi raccontava ad un esterrefatto primo ministro danese che Massimo Cacciari s'era invaghito della propria moglie, Veronica Lario, è stata penosa per i presenti, offensiva per la signora, inedita per i protocolli diplomatici, ed utile soltanto all'on. Previti perché per un giorno non si è parlato sui giornali delle sue pretese evasioni fiscali.
Berlusconi ci aveva abituato a ben altro. Ci siamo divertiti con l'alternanza dei suoi inviti prima a spendere, poi a fare sacrifici (beninteso indirettamente, come ha spiegato). Abbiamo aspettato invano una terza uscita in materia economica, tipo: tirare la cinghia fa bene alla salute ed ai bilanci della Sanità. Ci siamo dovuti arrendere alla pretesa storia d'amore tra il filosofo Cacciari e Veronica Lario in Berlusconi. L'hanno scritta gli autori di Scherzi a parte?
Antonio Montanari [Ponte n. 36, 13.10.2002]

Tama 843. Gabibbi
Occorre accettare i buoni suggerimenti. Pietro Ostellino, autorevole commentatore, consiglia di rispettare l'«etica delle parole», cioè non riferire a proprio piacimento le opinioni altrui, ma riportarle testualmente. La regola è ottima, ma dovrebbe contemplare le consuete eccezioni. Ad esempio, per citare una scenetta muta di Max e Tux (i due comici piazzati al posto di Enzo Biagi), come mi debbo comportare? Interpretando il labiale, possono venir fuori sconcezze indelicate, tipo: «Anvedi sto morto de sonno, ma va a morì ammazzato». Debbo trascriverle, o censurarle per non turbare i lettori?
Altro dubbio: se il presidente del Consiglio in pieno Senato fa un gestaccio al presidente emerito Oscar Luigi Scalfaro, accompagnandolo con un «Ma va a...», anch'esso muto per microfono spento, mi limito ad un vago (e forse indecifrabile) accenno o posso completare la frase?
Nel dubbio, attendo da fonte autorevole un suggerimento. Molto meglio del presidente del Consiglio, si sono comportati alcuni suoi compagni di ventura che, sempre a proposito di Oscar Luigi Scalfaro, hanno espresso chiaramente percepibile il loro delicato pensiero. Per il sen. Schifani, «Scalfaro invecchia male». Il tema dell'età è stato affrontato anche dall'avv. on. Pecorella che ha dichiarato di astenersi dalla polemica con il collega Mancuso «a causa della sua tarda età». E dall'avv. on. Ghedini che ha chiamato Enzo Biagi «il vecchio».
Qualcuno spiritoso come i due predetti, parlerebbe di desiderio di «Giovinezza, giovinezza, primavera di bellezza». Errore. Non si tratta di effetti di nostalgie politiche, è semplicemente l'influsso della tivù. Il Cavaliere con il suo gestaccio anti-Scalfaro ha soltanto imitato i conduttori di Striscia la notizia, interpreti indolore del goliardismo del tempo antico quando la televisione proibiva la frase coscia di pollo, temendo che in qualcuno suscitasse cattivi pensieri sessuali.

Queste paure adesso non ci sono più, soprattutto per merito delle graziose fanciulle che fanno di tutto per esaltare a favore di telecamera quella parte del pollo o della gallina (che fa rima con velina). Adesso dunque, che siamo liberi dai reverenziali pudori della nostra infanzia, possiamo insegnare ai fanciulli un comportamento da Gabibbo introducendolo anche nelle sedute del Senato, che possono finalmente perdere la loro solennità ed essere seguite con divertimento da tutto il popolo. Questa sì che è vera democrazia.
Antonio Montanari [Ponte n. 35, 6.10.2002]


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682. 2002. Revisione grafica, 01.04.2015