il rotTAMAto. 10

Ponte di Tiberio e dintorni.
6. Un pannolone per Tiberio imperatore.


Rileggiamo alcuni "Tama" apparsi nel "Ponte" di Rimini.

Tama 1052, 04.09.2011
Si fa presto a dire Tiberio

Un noto gruppo di studiosi locali, al termine della tradizionale cena d'agosto sull'Appennino organizzata per svelare nuovi segreti della nostra cultura, è giunto in possesso di una lettera riservata dell'imperatore Tiberio, anche grazie all'alta gradazione alcolica dei ripetuti brindisi finali. Una fonte riservata ce n'invia una copia. Essa comincia con una drammatica domanda: "Per quanto tempo ancora, o cittadini di Rimini, abuserete della mia pazienza, e recherete disonore al mio illustre ricordo, continuando a far transitare automobili sull'antico ponte che porta il mio nome e sopporta la vergogna di non aver voi trovato una soluzione alternativa?".
La lettera prosegue ricordando per filo e per segno quanto avvenuto in città a proposito del ponte di Tiberio sin dagli anni del dopoguerra, quando sopra di esso passavano pure i camion con rimorchio, prima che venissero realizzate l'autostrada e la nuova circonvallazione. Seguirono i progetti di abbattimento del Borgo di San Giuliano, sul quale Tiberio rivendica un diritto di controllo per l'ovvio motivo che senza il suo ponte per il quartiere ci sarebbe un isolamento totale.
Tiberio conosce i progetti che volevano trasformare la zona a monte del ponte in una piscina olimpica, i lavori del porto canale con le banchine inondate regolarmente, il ripetuto intervento per salvare il salvabile con l'immenso pannolone posto ai suoi piedi verso il mare , l'idea di creare una strada alternativa, ed infine (ai nostri giorni) il fatto che, dove doveva passare quella strada, sorgerà una casa con regolare licenza comunale.
Noi non abbiamo nulla da obiettare ai pensieri di Tiberio anche perché, come ha scritto il prof. Luciano Canfora sul CorSera del 27 agosto, era un imperatore maledetto il cui cadavere fu trascinato con gli uncini fino al Tevere e scaraventato nel fiume. Quindi il nostro Tiberio di fiumi se ne intende e non vorremmo che, per colpa di questa sua lettera riservata, a qualcuno di casa nostra venisse in mente di ripetere l'operazione con l'effigie di chi scrive. I tempi non sono dei migliori. Lo dimostra il fatto di cronaca che ha visto per protagonista un assessore della nostra Provincia. Per aver ricordato che, mentre si pensa al metrò di costa tra Rimini e Riccione, è un'impresa garibaldina quella di raggiungere Bologna sulla strada ferrata, è stato querelato dalle Ferrovie. Perché l'Alta Velocità snobba la nostra Riviera? Un mistero degno di Tiberio, verrebbe quasi da dire. [XXX, 1052]

Archivio di Tama sul Ponte di Tiberio.

2010
Città posta sull'acqua, Rimini non ha però chiara intelligenza dei problemi che ne derivano. La più limpida dimostrazione di un modo allegro di concepire le soluzioni per quei problemi, è nella storia del ponte di Tiberio. Alla fine degli anni 1960, assieme alla monorotaia, fu progettata la piscina olimpica nell'invaso a monte del manufatto romano. Erano i tempi in cui si doveva demolire mezza città per costruirne una tutta nuova. I sognatori non sono soltanto patetiche figurine stilizzate nei film di Fellini, ma realtà drammaticamente politiche. Il canale del porto quante beghe ha dato? Quanti miliardi di lire sono stati buttati a mare (è proprio il caso di dirlo) tra riforme e controriforme? Comprendendovi le banchine portuali sommerse dall'acqua nei giorni di forte tramontana, quando il mare non riceve (come dicevano i vecchi riminesi); quella diga che non serviva a nulla e che è stata rimossa; e quel pannolone un tempo sistemato fra la diga e il ponte.
Spero che la rimozione dell'isolotto da cui sono partito, non provochi guai nei prossimi autunni o inverni. Intanto il ponte di Tiberio resiste alle beffe dei pubblici amministratori che non sanno dove deviare il traffico. [995]

Quel pavone del ponte
Sul ponte di Tiberio tempo fa c'era un simpatico pavone. Si esibiva con grazia in una scena felliniana. Ad un forestiere che mi chiedeva il perché fosse presente proprio alla porta antica della città, risposi che era un ardito simbolo di Rimini, che ama appunto pavoneggiarsi soprattutto quando non ne ha il più pallido motivo. [996]

1998
Al Museo della Città è stata allestita un’interessante mostra sull’arco di Augusto. Una serie di conferenze stanno illustrando storia e significati di quel monumento. L’arco è propaganda politica già nei progetti del suo ideatore latino, e tale resta nei tempi successivi. Sigismondo Pandolfo Malatesti, nel XV secolo, ha visto proiettate le fattezze dell’arco nella facciata albertiana del suo tempio, per significare la grandezza della propria signoria. In giorni più vicini a noi, un signore di nome Benito il 15 agosto 1936 dette il famoso colpo di piccone per avviare la demolizione delle case che circondavano l’arco, e lasciarlo tutto solo in mezzo alla piazza, dove la guerra, voluta dal medesimo signore, ha impedito che sorgessero i grandi edifici progettati. Quindi, dal primo secolo sino a quello che sta declinando, il monumento è stato simbolicamente a rappresentare con Augusto, a suggerire con Sigismondo ed a subire con Mussolini, il senso di un’«opera di regime».
La nostra personale curiosità ci spinge a navigare ‘virtualmente’ negli ultimi decenni per scoprire se ci sono «opere di regime» che resteranno nella memoria collettiva, allo scopo di farci ricordare dai posteri, e suscitare tra i nostri pronipoti qualche curiosità al nostro riguardo. Non abbiamo molta fantasia, al contrario dei politici che stanno progettando grandi cose per la Rimini del Duemila: dal teatro Galli alla Metropolitana costiera (la quale costringerà a molti colpi di piccone, stando ai piani ipotizzati). Quelle idee, se un giorno troveranno pratica attuazione, potranno servire allo scopo. Ce lo auguriamo. Per il momento, andiamo con i piedi di piombo, e senza sforzarci troppo troviamo quanto fa per noi in qualcosa che ci rimanda alla storia romana.
L’enorme piscina olimpica progettata trent’anni fa per il bacino del ponte di Tiberio, mai giunta a compimento, passata attraverso la fase selvaggia delle erbe lacustri, poi del ’pannolone’ di plastica adagiato sul fondo, infine delle pompe idrovore che debbono respingere le acque che scendono dal porto canale («fu vero errore di calcolo?»), ebbene tutto ciò riassume in sé uno dei più favolosi progetti mai avanzati in Italia e miseramente conclusosi con una sistemazione che più provvisoria di così non si può.
Quante tesi di laurea potranno essere sfornate nel prossimo secolo per indagare sulle cause del misfatto? Ci sarà mai nessuno che scriverà una comica onde riassumerne le caratteristiche nell’unico modo che esiste per prendere sul serio ciò che dovrebbe coprirci di eterno ridicolo? [Tama 699, "il Ponte", Rimini, n. 42, 22.11.1998]



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