Antonio Montanari

Galeotto di Pietramala, cardinale "malatestiano"

12. La scomparsa del cardinal Galeotto.

Galeotto Tarlati scompare non nel 1396, come si legge solitamente, ma nel 1398, ed è sepolto a La Verna.
Circa la data della morte dissente infatti Carla Bozzolo, nel saggio introduttivo (pp. 17-179) al volume «Un traducteur et un humaniste de l'époque de Charles VI, Laurent de Premierfait», Sorbona, Parigi 2004. Qui, a p. 20, tale data non è appunto il 1396 ma l'8 febbraio 1398. Essa è ricavata, secondo quanto leggiamo nella nota 16, dal lavoro di R. Brun, «Annales Avignonnaises de 1382 à 1410, extraites des Archives de Datini», Mémoires de l'Institut Historique de Provence, 14 (1937), p. 40. [Gli archivi sono quelli di Francesco di Marco Datini, grande mercante di Prato, che ad Avignone aveva come rappresentante Boninsegna di Matteo: cfr. ib., p. 35. Sul tema si veda pure F. Arlot, «Dans la tourmente du XIV siècle. Marie de Blois, comtesse de Provence et reine de Naples», Provence historique, 56 (2006), p. 79.]
La chiesa principale della Verna è fondata da Tarlato conte di Chiusi e da sua moglie Giovanna di Santa Fiora nel 1348. Per questioni inerenti alla Storia dell'Arte, ovvero al «Busto reliquiario di Sant'Orsola», è stato possibile ad Ilaria Toesca indicare nel Cardinal Galeotto «il possibile intermediario tra Avignone e il santuario della Verna», avendo egli lasciato ad esso tutte le sue oreficerie annota P. Torriti [«Tesori da Castiglion Fiorentino», 2010, p. XIII. Torriti rimanda ad un saggio di Ilaria Toesca, La croce della Verna, «Paragone Arte» n. 265, 1972, pp. 61-69: cfr. sul tema le pp. 65-66. Si può vedere anche sul tema in «Opere» di Giorgio Vasari, I, Audin, Firenze 1822, nel capitolo «Vita di Agostino e Agnolo», p. 108. Sugli oggetti sacri lasciati da Galeotto alla Verna, cfr. il cit. Franceschini, p. 397].
In Italia, Galeotto Tarlati rientrò da vivo o da morto? Sembra soltanto da morto. Sul luogo del decesso, ci sono versioni contrastanti. Ma esso avviene certamente a Vienna («ad Rhodanum fluvium sita» nel Delfinato, come si legge in F. Orlendi, Orbis sacer et profanus illustratus, Paperini, Firenze 1728, p. 425), secondo Stefano Baluzio.
C'è chi parla della stessa Avignone [S. Fantoni Castrucci, Istoria d'Avignone, I, Hertz, Venezia 1678, p. 288]; e chi riporta il nome di Assisi. [Cfr. L. Cardella, «Memorie storiche de' Cardinali della Santa Romana Chiesa», II, Pagliarini, Roma 1793, p. 286. Si veda pure Giorgio V. Buonaccorsi, «Antichità ed eccellenza del Protonotariato Appostolico Partecipante», Benedetti, Faenza 1751, p. 103, dove il luogo di Assisi è messo come notizia principale, con l'aggiunta che Galeotto fosse ritornato all'ubbidienza di Urbano VI, e da lui perdonato. Questa versione dei fatti, come si è visto è smentita dal Baluzio, col. 1364.]
In Baluzio, autore delle «Vitae Paparum Avenoniensium», col. 1364, si legge che il Cardinale Galeotto «obiit Viennae ad Rhodanum ex morbo calcoli; ut docet, qui tum erat apud Avenionem, Nicolaus de Clemangiis epist. 12 in qua illum mirifico laudat». Qui si smentisce ogni altra notizia relativa ad Assisi od Avignone. E si ricorda essere falsa la versione di Gerolamo Garimberti ne «La prima parte delle vite, overo fatti memorabili d'alcuni papi, et di tutti i cardinali passati», [Giolito de' Ferrari, 1517, pp. 446-447]. Dove prima si legge che Galeotto era tra i più confidenti e cari del Papa, e «si trovò a machinar contra della dignità sua, insieme con altri Cardinali», per cui se ne fuggì da Roma in Avignone. E poi troviamo che Galeotto scappa, «facendo un'altra ribellione» per la quale meritava di esser castigato, se la morte «nel Monte dell'Avernia» non l'avesse impedito.
Baluzio demolisce questa seconda parte della versione dei fatti: Garimberti erra «dum scribit illum redisse in gratiam com Urbano sexto. Nam id falsum esse manifeste patet ex epistola ejus ad Romanos supra commemorata». Si tratta dell'epistola cit. in cui si legge: «scripsit gravem epistolam ad cives Romanos…». Giuseppe de Novaes (autore di «Elementi della storia de' sommi pontefici», IV, Rossi, Siena 1803, p. 245) parla pure lui di Vienna, ma non cita la fonte, appunto Baluzio.
A proposito di Vienna nel Delfinato, Clemente V nel 1305 aveva scelto la località per esservi incoronato [G. Mollat, Les Papes d'Avignon, II ed., Parigi 1912, p. 32], ma poi decise di far svolgere la cerimonia a Lione dopo le obiezioni ricevute da parte di una delegazione francese, per compiacere il sovrano Filippo IV il Bello. La stessa cerimonia fu funestata dal crollo di una muraglia, per i troppo curiosi appoggiatisi ad essa, con la morte di dodici persone tra cui il duca Giovanni di Bretagna [ibidem, pp. 32-33]. Antica capitale del reame di Borgogna, Vienna godeva di privilegi ed immunità per i suoi abitanti [cfr. T. Mermet, «Histoire de la ville de Vienne de l'an 1040 a 1801», Timon, Vienne 1854, pp. 179, 183.].
Sulla storia personale di Galeotto, Baluzio sintetizza: «Vixit laudabiliter» [col. 1364]. Per poi aprire una parentesi sui diversi, opposti giudizi che, per qualsiasi persona, possono essere pronunciati, come accade per Galeotto. «At si verum amamus», dobbiamo ricordarci che quei giudizi tanto differenti fra loro sulla stessa persona, vanno collocati nel tempo in cui c'erano odii le cui cause sono lontane, perché siamo in tempi di pace portatici dai sacrosanti Concilii di Pisa, Costanza e Basilea. Noi, conclude Baluzio, oggi «debemus abstinere a verbis injuriosis adversum mortuos, nisi si aliquorum injuriosa et facinorosa vita, uti quandoque sit, illa extorquet».
Baluzio scrive che Galeotto non segue l'esempio di Pileo de Prata «qui solita levitate transgressus erat in castra Bonifacii noni». La fonte dichiarata è nelle raccolte del torinese Johannes Michael Daherius. Di contro (leggiamo ancora in Baluzio), Odorico Raynaldo [Rinaldi, 1595-1671] «Pileum laudat quod apostasia resipuerit, et Galeotum, quem vocat hominem vecordem in scelere computruisse ait». Ovvero se Pileo si ravvide dall'apostasia, Galeotto da uomo demente si putrefece nel peccato.
Baluzio, per provare che Galeotto è morto a Vienna, cita l'epistola XII di Nicola de Clemangis «de morte Galeoti de Petra mala Cardinalis». [Cfr. Epistolae, Epistola XII. Ad Gontherum, p. 49, in N. De Clemangiis, Opera omnia, apud Iohannem Balduinum, Lugduni 1613. Si tratta della lettera cit. supra («ut docet, qui tum erat apud Avenionem, Nicolaus de Clemangiis epist. 12 in qua illum mirifico laudat»). Nell'Epistola XII. Ad Gontherum, p. 50, si legge: «Obijt autem Viennae […] qua ex urbe, ad me nuperrime egregiam pulcherrimamque Epistolam transmiserat […]».]
Il testo integrale di Baluzio. [pdf]
12. Continua.
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Antonio Montanari
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Pagina 2011, creata 18.03.2014. Agg. 05.11.2014