La Scienza illustrata
Antichi libri di Rimini esposti a Cesena
In primavera, a Cesena presso la Biblioteca Malatestiana si è tenuta una mostra dedicata al pittore Bartolomeo Bimbi (1648-1730), con annessa una selezione di manoscritti e di opere a stampa sul tema delle Scienze naturali. Per loccasione, è apparso un pregevole catalogo, dal quale possiamo rilevare il contributo fondamentale che ha dato alliniziativa la Biblioteca Gambalunghiana di Rimini, grazie alla disponibilità del suo direttore Marcello Di Bella.
Se la Gambalunghiana, oggi, ha potuto fornire tante testimonianze alla mostra cesenate è perché, nei secoli passati, a Rimini lo studio della Scienza ha avuto maestri ed allievi importanti. Non per nulla, nel catalogo curato da Daniela Savoia (direttrice della Malatestiana) e da Maria Letizia Strocchi, le pagine sui «Naturalisti romagnoli» si aprono proprio con un preciso rimando a Rimini, ed alla scuola «del grande medico, naturalista e archeologo Giovanni Bianchi (Ianus Plancus)». A questa scuola appartenne pure labate Giovanni Antonio Battarra, divenuto famoso in Europa per una sua storia dei funghi dellagro riminese.
Di Bianchi, nel catalogo si dice chegli costituisce un esempio del modo in cui «lappartato mondo intellettuale delle Legazioni romagnole [
] entra nellampio circuito della cultura internazionale». Di Battarra, si ricorda la sua «estesa corrispondenza con illustri contemporanei», tra cui «il sommo Linneo». Battarra poi curò a Roma tra 1773 e 1782 una riedizione del celebre «Musaeum Kircherianum» del gesuita padre Filippo Buonanni, 1638-1725.
E unimmagine convenzionale, che il «mondo intellettuale delle Legazioni romagnole» fosse «appartato». Ovviamente, essa ritorna, senza colpa delle autrici del testo, anche in questo catalogo. La definizione è stata accreditata da vari studiosi che ne hanno fatto unetichetta definitiva, quasi per dimostrare che i loro scritti avevano detto tutto quello che cera da dire sul tema. Ma se è vero che ogni ricerca è sempre una proposta limitata ai punti che si sono toccati in essa, bisogna con modestia ed onestà ammettere che qualche altro, dopo di noi, può dire di più e di meglio. Lorgoglio degli eruditi di qualche secolo fa, che credevano di aver conquistato una sapienza universale per loro e per i posteri, ritorna così in tutta la sua malinconica realtà che confessa ambizioni ed arroganze intellettuali le quali, a ben pensarci, fanno mestamente sorridere.
Perché, dunque, è stato sempre detto che Rimini viveva in un «appartato mondo intellettuale»? Perché non si sono studiati tutti i risvolti possibili della cultura locale. La mostra cesenate dimostra una vivacità di iniziative che, ancora a quasi tre secoli di distanza, vanno messe meglio a fuoco, per capire che cosa è stata realmente Rimini in quel periodo. Il fatto stesso, come abbiamo letto nel catalogo, che Bianchi entrò «nellampio circuito della cultura internazionale», dimostra che limmagine della nostra Terra quale periferia sonnolenta ed appunto appartata, ha bisogno di ulteriori precisazioni per essere meglio delineata.
Apro una piccola parentesi. Mi è capitato di leggere in Gambalunghiana varie tesi di laurea, dove si riprendono testi diventati ormai classici, quali le cronache (1773-1829) del notaio MichelAngelo Zanotti. Mai nessun docente universitario ha consigliato ai suoi studenti di porsi il problema di come considerare Zanotti, di capire lideologia che stava dietro alle sue pagine, la posizione politica che lo portava ad assumere certi atteggiamenti.
Tutte le cronache di Zanotti sono state riversate da Carlo Tonini nellaggiornamento della «Storia di Rimini» scritta da suo padre Luigi Tonini, senza sottoporle ad alcun vaglio critico. Anzi, peggiorando la scrittura originale, come denunciò il prof. Luigi Dal Pane, docente dellUniversità di Bologna. Tempo fa, mentre stavo componendo una storia dellAnnona riminese nel 1700, poi pubblicata in «Romagna arte e storia» (n. 56), consultai un testo di Luigi Dal Pane del 1932, dove si dichiarano tre cose: che la controversia sullAnnona era rimasta ignota in campo scientifico; che non si potevano svolgere altre indagini per il «preclaro disordine» dellArchivio comunale; e che gli «scrittori di storia riminese [
] vi accennarono da cronisti, e, come al solito, non cercarono di penetrarne lintimo significato». Prosegue Dal Pane: Carlo Tonini «copiò dal Giornale dello Zanotti non senza cambiare qualche frase e mutare la costruzione del periodo [
] per occultare» il plagio: così, «invece di chiarire le cose [
] le imbrogliò», per cui alla fine «certi passi che erano chiari e significativi nella prosa dello Zanotti, divennero oscuri e senza colore in quella del Tonini».
Tra i protagonisti della vicenda dellAnnona cè un personaggio, Nicola Martinelli, del quale ancor oggi le tesi di laurea ripetono fino alla noia il giudizio negativo di Zanotti-Tonini perché considerato «filofrancese», senza ricordare i suoi studi dEconomia politica, e dimenticando che durante loccupazione francese di Rimini osteggiò a viso aperto le violenze dei napoleonici, come ho documentato in «Studi Romagnoli» («Fame e rivolte», 1998).
Ben vengano dunque opere come questo catalogo cesenate che permettono di allargare le nostre conoscenze sulla cultura riminese, anche grazie alla preparazione tecnica e alla chiarezza stilistica di chi ha curato le schede gambalunghiane, cioè Paola Delbianco la quale lavora alla stessa Biblioteca riminese.
A cui appartiene ad esempio il Teofrasto della «Storia delle piante», apparso nel 1644: un autore antico (IV-III sec. a.C.) al quale gli autori moderni dedicarono molta attenzione, se un suo frammento fu tradotto da Iano Planco, come si vede in un bifoglio allegato allesemplare gambalunghiano. Planco nel 1744 a Firenze, a sue spese, curò la ristampa di uno studio di Fabio Colonna, il «Phytobasanos» del 1592, premettendovi una storia dellAccademia dei Lincei (1603-1630). Lanno appresso, Planco rinnovava nella propria casa, nellattuale via al Tempio Malatestiano, quellAccademia, aprendo una pagina nuova nella storia della cultura riminese. Il fatto strano è che di questAccademia di Bianchi, si sia parlato (dal sottoscritto) non a Rimini, ma a Forlì prima ed a Ravenna poi. Cioè di alcune realtà storiche culturalmente importanti della nostra città, si discute sempre fuori, a meno che non intervengano dallesterno, come accadde per il bicentenario bertoliano, gli esclusivi committenti massonici.
Di particolare pregio, tra il materiale inviato alla Malatestiana, è l«Erbario» del XV sec.: come scrive Paola Delbianco, esso è «di presumibile provenienza toscana», ed «erede di una tradizione iconografica che risale ai codici arabi di Dioscoride, diffusi a partire dal IX secolo e giunti in Italia nel XII».
Antonio Montanari
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