Quando il dottore va a Marina
Tra ricordi e nostalgie, sfatati certi riti per la salute
Si parla di mare nel nuovo «Bollettino» dell'Ordine dei Medici della Provincia di Rimini (anno III, n. 1, a cura di Stefano De Carolis). Il titolo della monografia recita graziosamente un più letterario «E' mer», per sottolineare certi legami con la tradizione a cui si richiama lo scritto introduttivo di Alberto De Giovanni ripreso da «Rimini aperta» (1979): «La marina fa parte naturalmente dell'ambiente e del paesaggio cittadino. Anche se molti riminesi non la vedono quasi mai, essa è sempre presente in loro sia come struttura portante socioeconomica della città, sia come potenziale emotivo fruibile per acquietare i conflitti psicologici che l'attività umana continuamente propone».
Giovanni Morolli ricorda il viale Vespucci degli anni Cinquanta, la nostra via Veneto, tra il Sombrero di Marina centro ed il Mocambo di piazza Tripoli, con al centro l'Embassy, tremila lire d'ingresso nel 1959 per ascoltare Fred Buscaglione: «Guarda che luna, guarda che mare / da questa notte senza te dovrò restare».
Emilio Rastelli, a proposito di sabbiature, racconta che cercando questa parola su Internet, non si trova nulla che spieghi quanto in termine medico si chiama invece psammatoterapia: «i bagnini di una volta ricoprivano di sabbia riscaldata dal sole le membra di donne e uomini anziani, spesso obesi, che soffrivano di dolori reumatici». Tanta sofferenza, aggiunge, «era sopportata stoicamente nell'illusione che l'inverno a venire sarebbe stato migliore e i dolori reumatici alleviati». Era ed è sopportata, se è vero che ancor oggi avviene che qualche «donnone» si sottopone al rito, suscitando nel medico la curiosità di chiederle «come era stata convinta a soffrire così tanto per nulla».
Mare vuol dire pure cibo. Con Maurizio Della Marchina ci si rilassa un po', se non vi affliggono problemi di salute vari, nel particolareggiato elenco degli abbinamenti enogastronomici. Mario Marzaloni risponde alla domanda: «Esiste una connessione fra mare, alimentazione e prevenzione delle malattie cardiovascolari?», con questa conclusione: «un'alimentazione ricca di pesce azzurro, adottata costantemente» può far bene a evitare certi rischi atero-trombotici.
Maurizio Pallanti offre preziosi consigli di «igiene della tintarella», utili soprattutto a chi assume farmaci «fotosensibilizzanti» di uso comune, i quali possono aggravare l'effetto del sole. Per l'uomo, «il limite fra effetti positivi e negativi dovuti al sole è molto sottile», per cui occorre andarci piano con un'esposizione eccessiva del nostro corpo che, come minimo, l'invecchia precocemente, e che può provocare gravi danni.
Ancora Giovanni Morolli ricorda che nel 1869 sorgeva a Rimini, all'altezza dei magazzini Standa, l'Ospizio Marino Matteucci, «struttura permanente per la cura dei bambini debilitati o infermi». E che nel 1912 a Marebello inizia l'attività l'Ospizio Marino Bolognese Murri, divenuto poi Colonia Marina del Fascio Bolognese. L'Ospizio Matteucci era detto «degli scrofolosi» (da «scrofula», piccola scrofa, «per la particolare facies assunta in certi casi da chi ne era affetto»). Il professor Mantegazza sostenne la necessità di fare il bagno con dei costumi ridotti per favorire l'azione del sole, anticipando le mode di cent'anni dopo. Anche Morolli torna sui danni che una tintarella troppo pesante può provocare sul nostro corpo, in vari organi. (E se avesse avuto ragione Mina: «tintarella di luna, tintarella color latte»?)
Giancarlo Cerasoli tratta dell'abuso della talassoterapia in ambito pediatrico. Il suo articolo riferisce le critiche alla 'moda' del Ventennio di costringere i fanciulli a lunghe e rituali esposizioni in riva al mare, con le modalità militaresche in vigore nelle colonie: sono ben documentate dai cinegiornali Luce del regime. Nessuna efficacia nella cura di alcune patologie e nella prevenzione della tubercolosi si ricavava da quella pratica che già nel 1937 il presidente della Società Italiana di Pediatria definiva barbara ed inumana, con «masse di fanciulli arrostite senza pietà e buon senso sotto la sferza del sole ardente». Il medico odierno «deve continuare la battaglia iniziata quasi cento anni fa, contro l'abuso della talassoterapia», conclude Cerasoli.
Gli altri articoli sono l'itinerario letterario di Sergio Grassia, con piccola antologia di vari autori; un amarcord pugliese di Francesco Aulizio («La mia prima gita al mare»); una cronaca di Giovanni Cananzi sulla darsena appena inaugurata; ed una nota («Iano Planco: ancora lui!») con la quale Stefano De Carolis apre il «Bollettino»: prendendo spunto dal grosso pesce luna arenatosi il 18 aprile scorso a Riccione, riferisce di studi fatti da Giovanni Bianchi nel XVIII secolo sopra esemplari simili, la cui carne fu mangiata dai suoi cani e gatti senza sentirne «nocumento alcuno», e smentendo così la diffusa teoria che fosse velenosa. Per cui, se ne avesse avuta ancora occasione, Bianchi l'avrebbe provata con somma delizia del suo palato da buongustaio.
Antonio Montanari
Al sommario di questo numero
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