il Rimino n. 80, anno IV, giugno 2002
a cura di Antonio Montanari Nozzoli


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  SOMMARIO DI QUESTO NUMERO
L'anello di Galileo. La prima storia a stampa dei Lincei romani
 
Ettore Masina, la Lettera del mese:
Perché i giornali dedicano pagine e pagine alla drammatica vicenda dei preti pedofili, e sono così avari nei confronti dei preti che si giocano la vita per difendere la causa dei piccoli?
 
Il nostro doping quotidiano
Come rovinarsi la vita usando male la mente
  
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L'anello di Galileo
E' di Iano Planco la prima storia a stampa dei Lincei

Nel 2003 saranno quattro secoli dalla fondazione dell'Accademia dei Lincei.

La ricorrenza riguarda anche la nostra città perché nel 1745 il medico e scienziato riminese Giovanni Bianchi (Iano Planco, 1693-1775) vi rifondò la celebre istituzione romana, di cui aveva scritto in precedenza una breve storia, intitolata «Lynceorum Notitia», che è la prima apparsa a stampa.

Questa storia esce nel 1744 come premessa al «Fitobasano» di Fabio Colonna, pubblicato a cura dello stesso Bianchi a Firenze: l'opera studia le piante più rare note agli antichi, cercandone il corrispondente nome moderno. Colonna aveva 24 anni quando, a sue spese, la licenziò nel 1594 a Napoli, dove era nato (e morì nel 1640).

Osserva la storica e bibliotecaria Paola Delbianco che «la pubblicazione dell'opera lo portò al dissesto finanziario, anche perché, per la prima volta in un'opera di botanica, volle sostituire le comuni immagini silografiche con incisioni in rame da lui stesso preparate con grande maestria» (cfr. «Le belle forme della Natura», pp. 146-147).

Antonio Montanari

L'articolo prosegue ne il Rimino.


Gente allegra il ciel l'aiuta.
Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in una immagine pubblicata da El Mundo con questo commento:
«Al primer ministro italiano, Silvio Berlusconi, no le gusta pasar inadvertido en ninguna parte. En un mitin en Olbia (Sassari), decidió adornar la cabeza de su candidato y amigo, Settimo Nizzi, con un par de cuernos. (EPA PHOTO)». © Diario EL MUNDO, Madrid (España, UE).
Dopo il presidente operaio, il presidente dentista: l'opinione di Tama.
Lo stesso articolo si legge nel Ponte on Line.


"Non toccatemi Berlusconi"

Il Tam-Tama continua a scandalizzare i lettori del «Ponte»: in particolare l'articolo citato qui sopra.

Riprendo dal «Ponte» n. 23, pagina delle lettere.

"Fuori dai denti"
sulla democrazia
Scusatemi, ma non posso fare a meno di manifestare la mia delusione per il fondo di A. Montanari "Fuori dai denti" (pag. 18 del 2/6). Non mi pare giusto che un settimanale cattolico possa ospitare un pezzo così banalmente di parte; forse il Montanari crederà di essere spiritoso, ma non si accorge che potrebbe offendere la maggioranza che dopo tutto in democrazia vale ancora, e poi prende in giro un settimanale che dovrebbe costruire per la pace e non scendere nelle meschinità della politica. Distinti saluti

Giovanni Corzani


Ecco la risposta firmata dal direttore del settimanale:

Gentile lettore, occorre sempre distinguere fra un articolo di fondo e uno di satira. La satira è pane di democrazia. Non censurerò la penna di Montanari con un governo di centrodestra, come non l'ho fatto con uno di centrosinistra. Forse, allora, lei si era sentito più in sintonia, oggi meno. Del resto l'aver votato una parte non significa identificarsi con tutto ciò che quella parte propugna e dice. Nessuno di noi cattolici concede, a destra o manca, deleghe in bianco. Dunque un po' di ironia e satira può esserci solo salutare.

GvT

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Il nostro doping quotidiano
Come rovinarsi la vita usando male la mente

Nella camminata da vecchio che sono abituato a fare quasi ogni giorno, l'altra sera ho incontrato due signore straniere che passeggiavano parlando nella loro lingua, e spingendo altrettante carrozzine dove placidamente dormivano i loro neonati.

Ho pensato a quelle creature. Tra vent'anni, se non cambieranno patria, saranno i nuovi cittadini d'un Paese che sta discutendo da mattina a sera, talora con calma, altre volte con preoccupazione, in certe occasioni con onestà, spesso con perfidia e malafede, sul rapporto che si instaura in un territorio tra chi lo abita da un pezzo (soltanto personalmente, od anche per via di discendenza), e chi invece vi arriva all'improvviso, insalutato ospite.

E' ovvio che auguro a quelle creature di trovare un mondo migliore e meno ostile di quello che forse (e anche senza forse) hanno conosciuto i loro genitori. In un campo come quello dell'emigrazione agiscono fattori inconsci che forse si possono spiegare con certe ritualità le cui origini appartengono però non soltanto al genere umano: qualsiasi essere vivente, ovvero anche le bestie, sono abituate a segnare il loro territorio.

Pietro Corsi

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La balena del 1943 a San Giuliano
Debutto narrativo di Anna Rosa Balducci

Anna Rosa Balducci vara «La balena», un libro di racconti (Ponte Vecchio, Cesena, ¤ 8) che hanno ampio riferimento alla storia novecentesca di Rimini, in quell'angolo fra terra e mare di San Giuliano da dove partono ricordi della sua famiglia e pennellate delle sue descrizioni.

Il volume è un debutto editoriale che raccoglie una lunga esperienza ed un tirocinio appassionato di scrittura, un suo «bisogno primario» come confida con la consueta timidezza, aggiungendo: «Barerei con me stessa se cercassi a questa mia attività giustificazioni di varia natura. Non posso fare a meno di scrivere, ora che ho compiuto cinquant'anni, così come quando ero adolescente, e la cosa poteva essere sospettata di intimismo consolatorio».

I racconti che compongono il volume (dedicato alla memoria del padre Guido, scomparso in aprile ad 82 anni), spiega, «sono legati tra di loro dal filo di appartenenza allo stesso territorio, quel tratto di città che va dal Ponte di Tiberio alla spiaggetta di San Giuliano a Mare».

La balena del titolo, è quella che approda alla riva di San Giuliano nell'aprile del 1943, un capodoglio naufragato su cui la gente inizia subito a fantasticare in tempi spaventosi, quelli della guerra che la Balducci sintetizza con efficacia nella trama del racconto il quale, commenta, «vuole essere un inno all'amore, alla storia della mia gente, dei miei vecchi, alla memoria ed alla fantasia che loro mi hanno lasciato».

Alla fine della «Balena», un vecchio ripete la solita cronaca del «quattroaprilequarantatré», raccontando di un piccolo Giannino che vide allora quel grosso corpo lucido che avanzava. Forse Giannino non è mai esistito scrive la Balducci: «anche questo è il bello del raccontare storie: che si può, così senza esagerare, dare qualche piccolo ritocco, per rendere più avvincente la trama, e insieme eleggere noi stessi a personaggi. Altrimenti, chi si ricorderebbe di noi?».

In questa conclusione, la Balducci fa consistere la sua poetica: partire dai fatti, legarsi ad essi per poi costruire l'invenzione letteraria che troviamo nella pagina compiuta. Dove lei dimostra una maturità espressiva ed un controllo dei mezzi narrativi che testimoniano la sua passione ed il suo autocontrollo che in certi momenti può essere anche eccessivo (all'inizio leggiamo: «La sfida che sto accettando è questa: scrivere qualcosa di 'storico'. Difficile, so che è difficile: ho giocato molto con la scrittura, ma questa sfida mi trova più irrigidita. La storia mi mette soggezione.»).

La vicenda della balena è talmente originale nella sua impostazione che potrebbe da sola reggere il peso di un intero romanzo: è una sfida che la Balducci potrebbe vincere con se stessa. Basta sapere aspettare che sulla pagina bianca approdi, in un misterioso momento, qualche altra immagine di luce o di ombra per dare corpo alle parole, ai pensieri. Come appunto quella balena del «quattroaprilequarantatré».

Antonio Montanari

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Quando il potere era temporale
La storia di un soldato dell'800

Secondo un paradosso logico, tra due orologi (uno guasto ed uno eternamente in ritardo), quello fermo va meglio dell'altro perché almeno due volte al giorno segna l'ora esatta. Indro Montanelli, per giustificare orgogliosamente il suo pensare da conservatore, vantava di essere appunto come quell'orologio fermo che tuttavia dice la verità in due occasioni (sulle 1.440 delle ventiquattr'ore).

L'immagine viene in mente leggendo la storia che, per l'editore Pazzini, ha scritto A. M. Sertorio, «Stanislao Freddi, un carabiniere del Papa», biografia d'un uomo che si oppose alle idee risorgimentali in virtù del proprio ruolo militare.

Invenzione interessante quella di ripercorre, attraverso la vicenda di un singolo, tutta quella collettiva che riguarda da vicino anche la Romagna e Rimini, con una messe molto ricca di documenti, continuamente esposti a sostegno del filo conduttore che guida il racconto.

Si va dai briganti del Ferrarese ai contestatori di Sogliano (che accusavano i preti di spargere dottrine «contro l'umanità»), passando attraverso episodi più o meno clamorosi. E quasi sempre salta fuori Freddi, «uomo in Romagna odiatissimo» secondo una calzante definizione di Massimo d'Azeglio, in quanto sempre impegnato a dar la caccia ai patrioti.

Le quasi trecento pagine del libro sono un continuo duello fra legalità e rivolta, fra popolo affamato (anche di libertà) e Stato incapace di risolvere i suoi problemi se non attraverso la repressione. L'autore mostra le sue preferenze di cui si diceva all'inizio quando, parlando di prelati liberi da responsabilità politiche (pp. 122-123), accusa ad esempio il vescovo riminese Gentilini di «interferire nella cosa pubblica applicando i dettami del Vangelo» o l'arcivescovo di Ravenna Falconieri di elaborare una lettera pastorale «nella quale esaminava i problemi del presente alla luce della religione». In tal modo, Falconieri «tentava di conciliare le nascenti teorie sociali con la secolare posizione della Chiesa in materia di proprietà e lavoro, non accorgendosi che così facendo di fatto ne riconosceva la validità e le nobilitava, mettendosi sullo stesso piano anziché confutarle». (La «Rerum Novarum» non tarda molto: 1891.)

A pag. 212 si legge che Pio IX il 16 novembre 1848 «formò un nuovo ministero, affidandolo all'abate Antonio Rosmini», prima di fuggire («secondo suo costume») a Gaeta: manca, se non andiamo errati, la seconda parte della notizia, cioè quella relativa al fatto che si trattava solamente d'una proposta fatta a Rosmini il quale rifiutò l'incarico. E saranno guai per lui: gli avversari denunceranno la pericolosità delle sue idee, portandolo verso la condanna all'Indice di due scritti, «La costituzione secondo la giustizia sociale» e «Le cinque piaghe della Santa Chiesa».

Per tornare a Freddi, l'autore ben lo rappresenta nell'ultima pagina come campione di «una visione della vita legata alla tradizione cattolica e al rispetto di canoni sanciti da usanze plurisecolari». Ma come dimostra il Concilio Vaticano II, per affrontare il mondo non basta restare rabbiosamente aggrappati al passato quale salvagente per (non) affrontare i problemi presenti.

[l. v.]

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Leonardo torna a Rimini cinque secoli dopo

Mostra itinerante nel mondo
ed esposizione al Castello nel 2003

Leonardo in Romagna. E' questo l'argomento di un'esposizione programmata per il febbraio 2003 nel nostro Castel Sismondo, e propagandata da una mostra itinerante di trenta pannelli fotografici, dedicata a Leonardo da Vinci, Niccolò Machiavelli e Cesare Borgia, che, da questo mese fino al gennaio 2003, toccherà tredici città sparse nel mondo: Bucarest, Lubiana, Sydney, Montreal, Lisbona, Washington, Philadelphia, Baltimora, Monaco di Baviera, Ankara, Stoccarda, L'Avana, Boise (Idaho).

Il progetto è dell'Associazione Culturale Erasmo di Imola, l'amministrazione curata da una società di Bologna, la promozione dell'Apt regionale, del Comune e della Provincia di Rimini, con la collaborazione del Ministero degli Esteri e con una convenzione dell'Assessorato al Turismo della nostra Regione.

Come si vede è una bella iniziativa che, alla presentazione avvenuta giovedì 30 presso il Museo di Rimini da parte del sindaco Alberto Ravaioli, un funzionario degli Esteri ha sintetizzato con lo slogan «esportare cultura per importare turismo». Ed a Rimini come «città della cultura» ha accennato Ravaioli per sottolineare l'impegno della sua amministrazione in questa esposizione che ricorderà il 550° anniversario della nascita di Leonardo (1452) ed il quinto secolo dal viaggio compiuto (1502) dallo stesso genio di Vinci nelle Marche e in Romagna al seguito dell'esercito di Cesare Borgia.

Machiavelli c'entra indirettamente (con Rimini...) perché nello stesso 1502 compie una missione ad Imola presso Cesare Borgia.

In una celebre annotazione, Leonardo lasciò scritto sulla fontana di piazza Cavour (attualmente in restauro): «Fassi un'armonia colle diverse cadute d'acqua, come vedesti alla fonte di Rimini, come vedesti addì 8 agosto 1502». Ma nella lapide che fu apposta nel secolo scorso, si scrisse invece «5 agosto», ha precisato Learco Andalò, curatore delle manifestazioni in programma.

[l.v.]

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Non basta la parola
L'extra non serve

Alberto Arbasino ha l'abitudine di scrivere quasi quotidianamente una lettera ai principali giornali, trattando del più o del meno, talora del nulla (e sono le cose migliori, perché il nulla intellettualmente è la parte più consistente della nostra società: pensate a quanti milioni di telespettatori raccolga il nulla televisivo di Cucuzza e dei suoi catodici fratelli/sorelle di latte).

Orbene, commentando un articolo del prof. Giovanni Sartori che invitava a considerare non pericolosa la xenofobia perché non è odio verso lo straniero, ma soltanto paura, Arbasino ha tirato uno di quei colpi di fioretto da vero Maestro, con una battuta fulminante. Oggi si usa parlare di «extra»(comunitari), scrive Arbasino sul Corsera (17 maggio): ci dimentichiamo che «extra» era una volta garanzia di alta qualità, mentre per noi è soltanto una connotazione negativa; e che «extra»(comunitari) lo sono anche americani, giapponesi e svizzeri.

Forse abbiamo bisogno di parole nuove per esprimere vecchi concetti. E' successo, a proposito di donne «extra»(comunitarie), come le badanti. Termine che non è risultato gradito troppo (aggiungerei non tanto per chi bada quanto per chi è badato in quanto malandato: certe finezze sfuggono al nostro degrado mentale). L'on. Bossi non parla di colf, ma di serve (che non servono a casa sua, perché ha molti figli che aiutano la moglie).

Più sfumato come al solito l'on. Pierferdinando Casini: la sua è una «tata di fiducia». Come si addice al presidente della Camera. La «tata di sfiducia» l'hanno quelli dell'opposizione.

[Pietro Corsi]

Indice di Non basta la parola
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La beata Chiara da Rimini:
lo studio di De Carolis

Negli ultimi tempi, due pubblicazioni a stampa («Arte e storia della chiesa riminese» di Pier Giorgio Pasini; «Santa e ribelle. Vita di Chiara da Rimini» di Jacques Dalarun), ed una sezione di una mostra («Le Donne dei Malatesta. Amore Sangue Santità», tenutasi a Verucchio), hanno riportato l'attenzione su una beata riminese quasi dimenticata, Chiara da Rimini.

Come storico della medicina, il dottor Stefano De Carolis si è occupato una prima volta di questa beata con una comunicazione presentata assieme ad Elisa Tosi Brandi al Convegno annuale della Società di Studi Romagnoli di San Marino (ottobre 2000), ed intitolata «Quando l'allievo supera il maestro: Iano Planco, il Cardinal Garampi ed un miracolo della Beata Chiara da Rimini».

Questo studio esaminava dal punto di vista storico-medico il più importante miracolo operato dalla Beata nel 1751, grazie al quale fu elevata all'onore degli altari trentatré anni dopo.

Una nuova comunicazione sullo stesso personaggio, intitolata «Un pittore seicentesco ed una beata medievale: Angelo Sarzetti (1656-1700 c.) ed il "corpo" della Beata Chiara da Rimini», il dottor Stefano De Carolis ha presentato lo scorso anno a Fermo (AP), in occasione della XXXV Tornata dello "Studio Firmano dall'Antica Università". Ora questo studio è appena venuto alla luce nel volume degli Atti dello stesso "Studio Firmano".

Qui il dottor Stefano De Carolis riesamina i miracoli che nel Seicento portarono alla ribalta il culto della Beata Chiara. Egli ricorda pure le numerose ricognizioni delle sue reliquie fatte nello stesso torno di tempo e culminate nella costruzione, operata dal pittore riminese Angelo Sarzetti (1656-1700 circa) utilizzando lo scheletro della beata, di un simulacro accomodato "in buona forma" per la pubblica venerazione.

Una scheda completa degli scritti del dottor Stefano De Carolis si legge su Internet in Riministoria, all'indirizzo: http://digilander.iol.it/monari/stefanodecarolis.html
oppure nel sito dedicato ad Iano Planco all'indirizzo: http://digilander.iol.it/monari/stefanodecarolis.html.

[il Rimino]

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