Le opere pubbliche costituiscono una parte
essenziale del paesaggio che ci circonda. Nelle città e
in genere in tutti gli agglomerati urbani esse assumono una notevole
rilevanza ma anche nei territori agricoli ed industriali sono
tali opere che, oltre a svolgere un'importante ruolo legato alla
funzionalità dei servizi, caratterizzano con la loro vistosa
presenza e spesso in negativo, l'ambiente. E' questo uno dei motivi
che dovrebbe indurre gli enti responsabili della progettazione
ed esecuzione delle opere pubbliche a curarne in maniera perfino
ossessiva la qualità. Tra gli ostacoli che si frappongono
al raggiungimento di tale obbiettivo primeggiano quelli di tipo
economico in quanto opere belle e funzionali richiedono senza
dubbio maggiori investimenti delle altre e può accadere
quindi che la modesta qualità di un'opera trovi giustificazione
nella esiguità dei fondi messi a disposizione per realizzarla.
Invece si registra spesso che esse siano rovinate da un difetto
grave cui in fase esecutiva si sarebbe potuto ovviare senza alcun
aggravio economico per la comunità ma semplicemente con
una direzione lavori oculata. Intendo riferirmi alle operazioni
topografiche di tracciamento in cantiere che, se condotte con
grave noncuranza, provocano danni notevolissimi e, per quanto
detto, assolutamente non giustificabili.
E' a tutti noto che l'onere e la
cura di ogni operazione topografica di definizione in cantiere
del tracciato dei vari manufatti rientrano pienamente tra gli
obblighi dell'appaltatore, e che devono essere da questi condotti
secondo le migliori tecniche in modo da conferire all'opera finita
caratteristiche ottimali. A questo punto è necessario ricordare
come un qualsiasi manufatto, soprattutto se di tipo nastriforme
come sono, ad esempio le strade ed i marciapiedi, se rettilineo
deve esserlo nel vero senso della parola il ché significa
che da vertice a vertice non deve sussistere deviazione alcuna,
nè planimetrica nè altimetrica, rispetto alla linea
retta che li congiunge. Quando i rettifili , ed è questa
la regola comunemente adottata, devono essere raccordati ai vertici
mediante curve circolari, ciò sta ad indicare che la struttura
arcuata deve essere a raggio unico e tangente dei rettifili. Infine
la sua costruzione deve essere tassativamente preceduta dalla
posa di picchetti ad intervalli brevi e comunque sufficienti perché
la curvatura sia perfettamente definita in tutto il suo sviluppo.
La realtà è molto spesso totalmente diversa. I rettifili,
iniziati senza un accurato tracciato preventivo, contengono dei
vertici intermedi causati dalla presenza di ostacoli vari, i raccordi
"circolari", essendo eseguiti "a occhio" non
sono per niente circolari e presentano invece delle forme curve
irregolari niente affatto tangenti ai rettifili da cui si dipartono;
i punti di tangenza, scelti a caso, non sono equidistanti dal
vertice, d'altra parte il vertice stesso che costituisce il punto
di incontro di due rettifili successivi, non viene mai materializzato
sul terreno in quanto, viste le premesse, è considerato
inutile. Alcune opere nastriformi hanno lungo un bordo i raccordi
al vertice che non sono concentrici con i corrispondenti raccordi
dell'altro bordo e quindi la larghezza del nastro varia irregolarmente
da una progressiva all'altra.
Questo modo di realizzare le opere pubbliche è tipico di
Mestre dove sembra nessuno conosca alcuna delle regole sopra enunciate
e si assiste perciò ad uno scempio pressoché totale.
Alcuni significativi esempi sono quelli delle foto allegate.
Le prime si riferiscono ad una pista ciclopedonale recentemente
costruita che lungo il suo tortuoso sviluppo comprende ben 70
curve. Ebbene nessuna di esse è stata tracciata utilizzando
qualcuno dei metodi che la pratica topografica mette a disposizione.
Al contrario si tratta di manufatti costruiti con la regola del
"tanto peggio tanto meglio". Il colmo lo si è
raggiunto quando si sono realizzate curve, non rappresentate nelle
foto allegate, ma che annoverano lungo il loro sviluppo dei brevissimi
rettifili ( due o tre metri). Il risultato è, dal punto
di vista estetico, pessimo.
Lo conferma la fig. N. 4 nella quale è rappresentata
in pianta la reale situazione della curva di cui alla foto n.
3, e, per farne risaltare i difetti, una possibile soluzione con
i raccordi ad andamento normalizzato. Il contrasto è evidente.
Nemmeno nella sistemazione di una importante via come quella rappresentata
nella foto n. 8, e che di curve ne aveva soltanto una, ci si è
preoccupati di darle un tracciato decoroso ma si è costruito
quella specie di arco rampante che si vede in foto.Si potrebbe
arrivare a concludere che l'impiego dei vari metodi, come quello
per ordinate alla corda, quello per ordinate alla tangente, quello
detto del quarto o uno qualsiasi degli altri oggi disponibili,
nella costruzione di tutte le curve sopra citate, possa anche
presentare, visto il loro numero così elevato, delle difficoltà
obbiettive ma così ovviamente non è quando in gioco
sono i rettifili. Per questi è sufficiente tirare uno spago
e l'operazione di tracciamento è presto fatta! Evidentemente
le cause vanno ricercate altrove. Per convincercene basta osservare
le due ultime foto di due rettifili relativi ad opere importanti
recentemente realizzate a Mestre. Lungo il loro percorso non seguono
affatto la linea retta, segno evidente che ciò che manca
sono i concetti di base e che, nella realtà, si è
convinti che le opere debbano per forza essere orrende.
Ben diversa sarebbe la situazione qualora,
senza spendere una lira in più, si prendesse semplicemente
l'abitudine di richiedere alle ditte costruttrici di assolvere
un loro preciso dovere qual'è quello del regolare tracciamento
preventivo dei lavori loro assegnati.
E' questa la conclusione cui si vuole arrivare con la presente
nota: far capire a tutti l'importanza basilare che rappresenta
un accurato tracciamento sul terreno di tutte le opere, sia pubbliche
che private, e quindi la necessità della sua sistematica
adozione.