Tormento e passione nella recensione del cd di Nada.

L’AMORE E’ FORTISSIMO, IL CORPO NO

 

Per giorni. Ci avevo pensato per giorni, da quando l’avevo intravisto da lontano: il bisillabo del nome, nonostante i suoi striminziti cm.3x1 bianchi su uno sfondo nero di 12x12, mi era subito apparso circonfuso da aureole di seduzione e desideri. Un pò mi vergognavo, a dire la verità, e le scuse, giuste e sbagliate, erano state inventate tutte. Ma ormai ero talmente incuriosito (anche se la parola giusta è: invaghito) da essere disposto a sacrificare quello che già si ha, per avere quello che si desidera. Non pensando che a volte, forse,  l’idea non corrisponde alla realtà. Ero comunque deciso: volevo l’oggetto, visto che ero stato affascinato dall’idea dell’oggetto, e questo mi bastava. Quei soldi però volevo risparmiarli (immedesimatevi in chi vorrebbe, non avendo) e così avevo portato dei miei cd in cambio, visto che dal negoziante gira anche l’usato. E anche questa era una scusa: togliermi qualche sola che non ascoltavo più. Tu pensa: Nine Inch Nails, Who, Queerboys più una compilation di rap dei primi anni novanta. Tutti immolati in cambio di una illusione ancora da verificare. Vero è che i suddetti discoidi erano ormai cotti e che quei Nine Inch Nails, quando li avevo comperati, non erano esattamente i Nine Inch Nails che mi aspettavo; che nel cd dei Who non si capiva un cazzo, essendo un live registrato come minimo da Fred Flintstone e che i Queerboys me li avevano regalati da galassie lontane e poco familiari. Per non parlare della compilation di rap: faceva cagare, ospitando cazzoni che ora sono bravi padri di famiglia e hanno perso i capelli acquistando in pancia. Mi dicevo anche che ormai i suddetti supporti se ne stavano muti da anni a sniffare polvere d’ambiente tagliata malissimo; ed è ancora  vero che in ogni caso, li avevo preventivamente masterizzati, giusto perché non si sa mai. (Vedete quante giustificazioni, quante scuse, quante parole che nascendo da sensi di colpa, non promettono niente di buono). E per finire, è sicuro che prima o poi i suddetti cd sarebbero stati trasferiti negli scantinati dove nessuno entra più da anni e dove sono custoditi terribili album di metal e compilation di discografici in vena di fottere soldi, ma insomma: tutto questo casino per un cd vecchio di tre anni. E di Nada, poi!

 

Il fatto è che da quando lo avevo intravisto, e saranno state le sigarettine o la luna piena o il profumo dei limoni che mi fa un effetto strano, mi era irrimediabilmente scattata la voglia di ascoltarlo. E ormai era fatta: l’avevo barattato, stavamo salendo in auto ed era finalmente mio. Nell’abitacolo, tornando a casa, i feromoni giravano tipo trottole, aumentando le aspettative. Pensavo: cosa succederà quando inizierà a scoprirsi? Con quali note svelerà quanto porta dentro? Quali parole potranno affascinarmi? E la voce, la voce, come mi farà vibrare? Durante il tragitto sarei stato capace anche di descriverla, la musica, senza neanche averla ancora ascoltata. Ero certo: immaginavo caldi suoni acustici, minimali, che lasciavano spazio alla bellezza della voce di Nada ed alle sue profondità. Ero anche sicuro di trovare suoni  e ritmi essenziali e travolgenti; e immaginavo anche versi pieni di poesia ed emozioni. E poi, chissà perché, pensavo alle sue collaborazioni con Ciampi, al Nada Trio e ad un brano (La luna) con i Têtes de Bois dove lei, Nada, canta con una voce da strappare il cuore. La cosa stava acquistando, a forza di esagerare, i connotati dell’epifania, se non proprio della possessione. Sicuramente tutta colpa dell’ultimo raccolto che faceva il suo dovere, alla faccia di Fini, castigator di piante, e delle sue cazzate da benpensante in malafede. Che si preoccupi delle  sniffate dei suoi colleghi di governo e del lifting del suo padrone, verrebbe da dire.

 

Insomma, come avrete capito, i preliminari mi piacciono e questo cd me lo volevo godere. Dalla prima all’ultima traccia, senza tralasciare il vestito: che era nero e all’interno anche elegantemente seppiato. E poi il titolo: “L’amor è fortissimo e il corpo no”. Perfetto, evocativo. Sulle note di copertina avevo letto della produzione di Pasquale Minieri (Canzoniere del Lazio, Carnascialia) e delle collaborazioni di Fausto Mesolella e Ferruccio Spinetti degli Avion Travel. E al piano c’era Rita Marcotulli, jazzista. E le parole e le musiche erano tutte sue, della bisillabica Malanima. Tutto ok, pensavo. Il mondo come volontà e rappresentazione, avrebbe detto sogghignando quel vecchio trombone di Art Schopenhauer...

“A volte ci casca addosso il mondo e il mare” dice un verso di “Giulia”, il secondo brano del cd. E infatti il primo ascolto, colpa sicuramente dell’ansia da prestazione, non era stato granché. L’elettronica perbene ed invasivamente esibita di Minieri, la chitarra  addomesticata (oppure era diligente wu-wei?) di Mesolella, l’inesistente piano della Marcotulli non erano esattamente quello che  mi aspettavo. Per non parlare poi dei vocalizzi e dei coretti con tanta voglia di pop che infarcivano il prodotto. E tutto questo era quello che saltava subito agli occhi, oscurando il resto. Che pure c’era, nascosto tra le indecisioni di stile. Perché arrivando alla tracce n.6, “Grazie”, qualcosa succedeva. Che facendo intravedere la possibile bellezza, spiegava però i limiti del progetto. E per evitare altre illusioni, invitava a passare ad altro: ad un libro magari, se non proprio ai lenitivi Afterhours di “Hai paura del buio?”. Ma alla fine, proprio alla fine, quando ormai stavo per alzarmi, mi era bastato un brano soltanto per ricredermi, il penultimo: il bellissimo “Suonano alla porta”.

 

In conclusione, è andata così: al primo impatto la storia non è stata complessivamente un granché, e la sigaretta da post me la sono fumata  quasi subito. Non avevo goduto, ma  questo non significava niente. Alla fine ho capito: nei desideri non c’è niente di razionale o prevedibile e l’amore è un’altra cosa. Ora, nonostante la delusione da super aspettative io continuo ad amarla quella voce, e questo cd sono sicuro che lo riascolterò e che magari mi piacerà, perché all’amore, alla poesia, all’utopia bisogna credere, mettendosi in gioco e non aspettandosi in cambio niente. E’ la solita vecchia storia che ci fa sognare e sanguinare, o fratelli che avete ancora cuore. Nasce tutto da lì.

 

Aldo Migliorisi ([email protected])

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