I FARABRUTTO E IL T.A.Z.-ZEN

 

Ora, io la mia brava email a Luca gliel’avevo spedita: il 29 gennaio, per la precisione. Chiedevo notizie sul cd e gli dicevo pure che mi sarebbe piaciuto scrivere qualcosa su questo lavoro dei Farabrutto. Ma la storia era iniziata prima, a causa anche del depresso clima economico creato dagli affilati 32 denti dell’Unto, visto che per sopravvivere ai taglieggi di vario tipo in corso sul necessario, come minimo ci vorrebbe un adeguato stipendio tipo delega assessoriale…. Un cd nuovo quanto costa? 40.000 vecchie lire circa? E se si volessero ascoltare quelle –minimo- 10 novità al mese che ci incuriosiscono/interessano tra le –minimo- 500 segnalate dai media? Come fare?

Anche per questi motivi si vagabonda, con benda nera sull’occhio e uncino al posto della mano destra, presso case di amici che, alle altre virtù possedute,  sommano anche il ruolo di spacciatori/informatori di musica all’ultimo grido. Che grazie alla temperanza dell’amicizia e ad un buon masterizzatore, con euro 0,59 circa ti puoi così mettere dentro casa il digrignare di denti di Tom Waits, la jet longue di Nicola Conte o le seghe elettriche di Meira Asher senza troppi sensi di colpa verso il bilancio familiare e non preoccupandoti eccessivamente per l’ormai livido portafogli....

Allora: durante una di queste scorribande da Isola della Tortuga, salta fuori un gentile omaggio di Luca Zevio:  una copia di un cd – mi viene detto- ancora inedito a nome Farabrutto. Bingo!

 

Veloce su ali di vento il pensiero vola ad una serata di due anni fa, per la prima edizione di quella bella e interessante manifestazione che si chiama Integrazioni e che dal 2000 si tiene ogni Settembre a Comiso. Ci eravamo appartati, poco prima che iniziasse il concerto, in un posto da dove non si vedeva il palco per fumarci le sigarettine e goderci la luna piena quando, non vista, irrompe nella quieta aria di fine estate una tonante randellata da strappare le palle. Il concerto è appena iniziato e le prime note che ci arrivano sono quelle potenti di un attacco sonoro in piena regola: batteria percussioni chitarre distorte acustiche basso che pompano a mille. Lasciamo subito perdere le romanticherie e, quale sorpresa quando, avvicinandoci al palco, vediamo gli autori di cotanto robusto spostamento d’aria musicale: i Farabrutto di Verona. Vale a dire Luca Zevio, chitarra acustica e voce, Niccolò Sorgato al mandolino con effetti e un set di percussioni suonato a mò di batteria da Francesco “Sbibu” Sguazzabia, che sta seduto per terra. Le nostre orecchie non credono ai nostri occhi!  Così vanno le cose, fratelli: mai fidarsi delle sere di luna piena.

Insomma, la serata fu calda e interessante e tra le mani ci rimase una demo altrettanto piacevole. Poi a maggio 2002 Luca Zevio si è rivisto da queste parti, forte del gemellaggio politico- musical-sentimentale da tempo in atto tra Ragusa e Verona, e ha tenuto un concerto acustico alla chiesetta di San Bartolomeo, in una serata in cui si erano lette poesie e suonati violoncelli e contrabbassi. Intenso e coinvolgente anche questa volta, giuro: chiedete a chi c’era.

 

Detto fatto: il cd dei Farabutto viene immediatamente risucchiato dallo stereo e alla fine dei  45’ e 30’’ la consapevolezza è quella di non aver perso assolutamente tempo. Anzi di avere guadagnato qualcosa, grazie ai testi di Luca: politici, poetici, interessanti, con parole  da fiaba ma dure e sincere che si stendono su un suono tosto e intelligente; grazie anche ai musicisti (ai quali si è aggiunto nel frattempo Enrico Terragnoli alla chitarra) che fanno godere le orecchie e grazie in definitiva, ad un progetto musicale che sa collegare perfettamente cervello cuore e pancia.

Canzone d’autore vestita con abiti elettrici, mandolini, bouzoki, chitarre acidissime e percussioni strabilianti. Bello, credetemi: i brutti farabutti sanno il fatto loro e sono capaci di emozionare come non succedeva da tempo. Cantautori non necessariamente italici, folk, punk, fiabe, grunge, e chissà cos’altro ha ascoltato e letto Luca in questi ultimi anni, per arrivare a questa alchimia..

 

Cos’altro desiderare? Che il cd – l’originale - possa circolare, ad esempio, visto che nella copia in nostro possesso non ci sono neanche i titoli e sembra quasi di rubare qualcosa, solo a parlarne. Per questo avevo scritto a Luca…  Nel frattempo arrivano notizie da altre fonti che fanno capire che pare, si dice, che il cd sia bloccato perché ancora in cerca di un produttore, un discografico, un distributore, un pubblicitario, un Messia mediatore tra prodotto e consumatore. Gatti e Volpi, in due parole. Storia vecchia, fratelli, che prescinde dal fatto specifico (sul quale abbiamo zero notizie) e che anche Luca Zevio, gia batterista degli immaginifici Ratatuja – ennesimo bravissimo gruppo autodivoratosi nell’attesa del Messia suddetto-   dovrebbe conoscere. Ma non mi ha ancora risposto, e non so cosa dirvi…

Già, ma come fare per risolvere il problema promozione/distribuzione? Come nell’ I Ching, la risposta potrebbe magari nascere dai soliti cinque libri che ognuno di noi ha da sempre in casa, e che questa volta – ad esempio – potrebbero essere stati fatti cadere per terra dalla micia in vena di acrobazie a sfondo sessuale.

Con una piccola premessa, però. Una cosa sicuramente è indossare la livrea del musicista ovvero vendersi per poter vendere, un'altra è rispettarsi e saper mandare affanculo servitù ideologiche o artistiche, che alla natura non si comanda. Che se poi invece il vostro vero sogno è fatto di top model/coca/soldi/auto stile Eminem+Aerosmith dei bei tempi, allora vi hanno venduto il giornale sbagliato. Pazienza, ma visto che ci siete, continuate pure a leggere.

 

Ecco quindi, ispirandoci ai libri casualmente caduti per terra,  la sentenza degli ipotetici steli di millefoglie:

-       Hakim Bey: “ T.A.Z.” (Shake Edizioni)

Saltare a piè pari passaggi diventati ormai non indispensabili nell’era delle enclave virtuali per praticare, creare zone di libertà dove potere esercitare il concetto di autogestione. Ritornare a Tortuga, l’isola dei pirati. Che a volte i papponi non servono, a meno che non si abbia l’animo da puttana.

-       Dave Laing: “Il Punk. Storia di una sottocultura rock” (EDT).

 Fare propria la lezione di “Sniffin’ Glue”; storica fanzine punk inglese. Traducendo: il tipo di conoscenza informatica necessaria per muoversi è alla portata di tutti, non solo di sette esoteriche digitali. Impara i fondamentali e mettiti in rete, cioè.

-       Marshall McLuhan “Gli strumenti del comunicare” (Garzanti)

Ricordare con quel vecchio trombone di Mc Luhan  che il mezzo è il messaggio. Riappropriarsi del rapporto artista/pubblico, saltando gli inutili mediatori e individuando così  nel mezzo (autogoverno) il messaggio. Anche il voler autogestire il proprio prodotto artistico (come suonano male queste due parole accanto…) è un modo di sottolineare il proprio pensiero e i propri discernimenti.

-       “101 Storie Zen” (Adelphi)

Meditare sulll’aforisma zen che dice che il cammino è tutto e la meta è niente. Che poi alla fine l’importante è andare, come diceva Jack Kerouac quando ancora non si era completamente rincoglionito dall’alcol, anche se poi la metà non arriverà mai. Sulla pietra che rotola non cresce muschio, come sa ogni ben educato cultore di rock dei 60.

-       Errico Malatesta : “Rivoluzione e lotta quotidiana” (Antistato)

Rileggere Malatesta, laddove parla di anarchismo e anarchia. E questo, a prescindere se suonate, se siete suonati, o se vorreste suonarle a qualche persona, non ha mai fatto male a nessuno. Fidatevi di chi vi vuole bene.

 

Aldo Migliorisi ([email protected])

 

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