RAFFORZAMENTO DELL’AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO

e Abrogazione dell’ interdizione e dell’ inabilitazione

Bozza Cendon  2007

 

 

 

Parte A – Relazione

 

 

Sez. I – Generalità  1.1. Progetto abrogativo: finalità - 1.2. La categoria dei c.d. deboli non comprende solo i “matti” – 1.3. Continuità con la disciplina sull’ amministrazione di sostegno

 

Sez. II – Linee-guida  2.1. L’ interdizione e l’ inabilitazione vanno abrogate - 2.2. Anche l’interdizione legale va cancellata - 2.3. La categoria dell’incapacità legale riguarda ormai solo i minori - 2.4. Un neo-modello privatistico: l’ “inadeguatezza gestionale” - 2.5. Rapporti fra inadeguatezza gestionale (A.d.S.) e incapacità naturale (annullamento del contratto) - 2.6. Tutto quello che si fa con l’interdizione si può fare anche con l’amministrazione di sostegno - 2.7. Persone da non ‘incapacitare’ mai (quelle del tutto inerti, quelle colpite  da meri  deficit fisico/sensoriali) e persone ‘incapacitabili’ (quelle esposte a rischi di sperpero/autolesionismo) – 2.8. Scelte terminologiche riguardo all’ ‘incapacitazione’: meglio  rimetterle al legislatore - 2.9. Contemperamento tra libertà e protezione - 2.10. Talvolta sarà opportuno che il beneficiario non possa sposarsi, né fare testamento, etc. - 2.11. Il disabile potrà essere ammesso/aiutato a fare testamento e donazioni – 2.12. Il problema è, spesso, la passività dell’interessato, nel qual caso si impone una protezione di tipo “dinamico’ - 2.13. Talune operazioni devono poter essere compiute anche contro la volontà del beneficiario - 2.14. Decide il giudice tutelare - 2.15. Nuove funzioni di ‘tutoraggio’ nell’amministrazione di sostegno - 2.16. Contratto concluso dall’incapace naturale: “pregiudizio” sì, “mala fede” (dell’ altra parte) no - 2.17. Anche l’incapace naturale risponde dei danni - 2.18. Pure al minore va riconosciuta una limitata capacità d’agire - 2.19. Sovranità/autosufficienza processuale dell’interessato (in relazione al procedimento di A.d.S.) - 2.20. L’avvocato occorrerà solo quando sia in gioco la compressione di diritti fondamentali della persona - 2.21. Diritto ‘dal basso’ significa minori ossessioni di completezza  legislativa - 2.22. Soluzioni  nuove per il “dopo-di-noi”: il patrimonio con vincolo di destinazione - 2.23. Uno sguardo all’Europa.

 

Sez. III – Modifiche alle disposizioni contenute nel codice civile, nel codice di procedura civile, nel codice penale, nel codice di procedura penale, e in leggi speciali  3.1. Interdizione e inabilitazione – 3.2. Amministrazione di sostegno – 3.3. Attività negoziale dell’incapace – 3.3.1. Contratto in generale – 3.3.2. Singoli contratti – 3.3.3. Pagamento e indebito – 3.3.4. Titoli di credito – 3.4. Atti ‘personalissimi’ – 3.4.1. Matrimonio – 3.4.1.a. Separazione e divorzio – 3.4.2. Filiazione – 3.4.2.a. Adozione di minore d’età - 3.4.3. Accettazione di eredità - 3.4.4. Testamento - 3.4.5. Legati - 3.4.6. Donazione – 3.5. Un nuovo istituto: il patrimonio con vincolo di destinazione - 3.6. Responsabilità civile dell’incapace – 3.7. Impresa - 3.8. Società – 3.9. Limitata capacità di agire del minore d’età – 3.10. Prescrizione 3.11. Disposizioni di attuazione del codice civile - 3.12. Norme transitorie e di chiusura – 3.13. Disciplina processuale dell’ amministrazione di sostegno - 3.14. Interdizione legale - 3.15. Disposizioni del codice di procedura penale - 3.16. Disposizioni contenute in leggi speciali

 

 

 

 

Parte B – disposizioni legislative

 

 

1. articolato

 

2. Tavole sinottiche

 

3. Appendice – quadro europeo

 

 

 

 

 

Parte c – ADESIONI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Parte A – Relazione

 

Sez. I – Generalità

 

1.1. Progetto abrogativo: finalità

A un triennio dall’entrata in vigore della legge n. 6 del 2004,  sembrano maturi  i tempi per la messa in cantiere del progetto abrogativo dell’interdizione e dell’inabilitazione, da anni invocato/annunciato a vari livelli: non sussiste alcuna seria ragione che giustifichi, in effetti, l’ulteriore conservazione  nel c.c. dei due  vecchi modelli ‘incapacitanti’.

Alla scelta abolizionista si associa  d’altronde,   nella presente proposta (il cui editing è stato coordinato da Rita Rossi; hanno contribuito  Marco Bono, Gloria Carlesso, Antonio Costanzo, Gabriella Folliero, Giancarlo Giusti, Lorenza Morello, Rodolfo Piccin, Paolo Pittaro, Eugenia Serrao, Guido Stanzani, Sergio Trentanovi, Fernanda Vaglio, Angelo Venchiarutti, Francesca Vitulo), un sistema di ulteriore definizione del ‘diritto dei soggetti deboli’ -  ricerca di cui l’avvento dell’ amministrazione di sostegno ha rappresentato, pochi anni fa,  un  primo fondamentale suggello.  

Proprio con l’ introduzione di siffatto  strumento, a ben vedere, il diritto delle fasce meno fortunate (realtà in nuce nell’ ordinamento da qualche decennio) ha ricevuto una prima sistemazione d’insieme; il che non poteva certamente   affermarsi riguardo ai precedenti interventi del nostro legislatore, spesso di carattere settoriale e frastagliato.

Basta pensare alla riforma (e ai  vari provvedimenti regionali) sull’ handicap, alla riformulazione del collocamento obbligatorio, alla disciplina  sulla tutela dell’infanzia e dell’adolescenza, a quella sull’adozione, ai provvedimenti a favore dei non vedenti, alle normative attinenti ad altri tipi di disabilità; e si potrebbero ricordare, ancora,  leggi come la  180,  la 194, la 104, la 328:  interventi  spesso disomogenei l’uno dall’altro, inerenti  a settori  di notevole rilievo politico/sociale, comunque lontani fra loro sotto più  punti  di vista – tanto che riesce arduo  immaginare,  in proposito,  un trait d’union   soddisfacente

In regime di crescente diffusione dell’ amministrazione di sostegno, qual è quello attuale,  è sempre più chiaro come residuino, nel continente della debolezza,  spazi disciplinari non coperti, alla cui ricomposizione occorrerebbe  porre mano,  in vista di una più attenta salvaguardia  da fornire agli interessati – anche sotto il profilo privatistico.

Si potrebbe parlare, è stato detto,   di un diritto parzialmente diverso per la categoria dei ‘diversi’ (un tempo si parlava di ‘devianti’), volto a rendere ciascuno di essi meno disuguale   rispetto agli altri consociati, nella gestione dei  momenti individuali e collettivi che l’esistenza  comporta.

Perciò  non sarebbero immaginabili, formalmente,  destinazioni o logistiche differenti dal codice civile:  un corpo di regole concepito in relazione agli interessi di tipo economico, che sempre più è venuto assumendo, nel corso del tempo, le vesti  di presidio/santuario  per i dritti della persona -  e che non potrebbe   sottrarsi all’imperativo di  divenire,  ai giorni nostri,   la cittadella delle più importanti indicazioni  giuridiche circa l’umana fragilità.  

Il passo ulteriore, nonché l’ aspirazione finale per il ‘debolologo’ (per lo studioso alieno dagli approcci nominalistici, attento alle cronache più minute della sofferenza), dovrebbe essere  la fondazione di un vero e proprio   bill of rights  dei disabili. Si è parlato anzi, a tale proposito, di  un VII° libro del c.c., atto a raccordare unitariamente tutte le disposizioni che sono riportabili alle creature  in esame - con l’approntamento  di congrue soluzioni  in merito ai più importanti  passaggi  che costellano l’esistenza, sotto il profilo del diritto  privato.

I problemi relativi, ad esempio, alle modalità di conclusione del contratto, oppure alla responsabilità contrattuale e precontrattuale, alla buona fede, alla correttezza, alla colpa, all’abusività, agli oneri di informazione, alla vessatorietà;  oancora i nodi inerenti al  significato di errore, di dolo,  di prevedibilità, di stato di bisogno, di sorpresa,  di impossibilità sopravvenuta, e via dicendo.

È tempo di mettere in rete, si è rilevato, le varie indicazioni che il diritto italiano ha visto sbocciare,   quasi sempre  in via  separata, rispetto ai diversi comparti della debolezza(opportunità rimediali, parole d’ordine, valori, modalità difensive, legittimazioni, strumenti trasversali,  etc.) – in particolare per quanto concerne minori, infermi di mente, handicappati, anziani, oppure consumatori, immigrati, lavoratori subordinati,  vittime di dipendenze, diversi, detenuti, e così via.

Nell’ ottica della presente proposta,  le ipotesi di rinnovamento  statutario restano affidate, per intanto, ad una serie di disposizioni  che si collocano lungo i singoli libri del codice civile -  e  che attengono ( come verrà illustrato nella II Sezione)  ai vari settori non toccati esplicitamente dalla riforma del 2004:  matrimonio e istituti connessi alla filiazione,  capacità d’agire del minore,  regime di annullabilità dei contratti,  negozi mortis causa,  donazione,  titoli di credito,  fatti illeciti.

 

1.2. La categoria dei c.d. deboli non comprende solo i “matti”

Quanto sopra rimanda, allora, ad una delle questioni di fondo per l’interprete – ossia  alla ricerca di una nozione (se si vuole, alla messa a punto di standard  antropologico/funzionali)  in grado di orientare  nella individuazione specifica dei “soggetti deboli”.

E’ palese la necessità di  aver ben chiaro, in effetti, a quali specifiche creature si intenda fare riferimento con la proposta  in esame.

Un punto va, allora, sottolineato.

A venir prese in considerazione non saranno qui, esclusivamente, le persone intrinsecamente fragili/svantaggiate -  magari i “diversi” e gli infelici    di sapore lombrosiano: gli individui  versanti   in condizione di disagio per effetto di patologie cliniche,  vere e proprie, oppure  a causa dei problemi di natura fisica o psichica che li affliggano.

Occorre fare riferimento, più ampiamente, alle ‘persone indebolite’,  ovvero agli esseri che figurino poveri di cittadinanza, precari, segregati o isolati, abbandonati a se stessi, manchevoli o eterodipendenti dall’esterno; vale a dire agli individui che, impossibilitati a “farcela” da soli quanto alla gestione dei passaggi della vita quotidiana (in quanto toccati da impedimenti di carattere fisico, o psichico, o sensoriale, o logistico, o anagrafico), continuano a non trovare, all’intorno, da parte della comunità organizzata, supporti idonei a consentire la realizzazione del progetto di vita loro proprio, più o meno complesso o ambizioso.

In tale ottica, finisce per smarrire centralità sul terreno applicativo  (Sez. II, § 2.4),  la tradizionale nozione di ‘capacità d’intendere e di volere’ -  nozione affiancata e  sopravanzata, sul terreno strategico/disciplinare, dalle categorie che s’intonano alla ‘inadeguatezza gestionale’ o alla ‘fragilità negoziale’: ed è palese come si tratti di figure   dai contorni ben più ampi e frastagliati, di stampo pan-basagliano, in grado di abbracciare anche condizioni non patologiche,  sul terreno fisio-psichico,  e tuttavia  caratterizzate  dalla presenza di  intralci organizzativo/funzionali di un certo peso.  

E’ come dire che la categoria dei ‘soggetti deboli’ appare  destinata a  comprendere, di qui in poi,  non soltanto gli svantaggiati psichici o fisici in sensi stretto, ma  più in generale  tutte le persone che stanno “così così” - l’insieme degli esseri che si trovino privi cioè, per ragioni di varia natura, dell’autonomia relazionale e della ‘fragranza burocratica’ necessaria a condurre appropriatamente la vita quotidiana. 

Di qui la necessità di un’interpretazione estensiva per lo  stesso art. 404 c.c., rispetto ai riferimenti testuali all’infermità e alla menomazione, in vista di una lettura idonea ad abbracciare anche tipi di occlusioni “mondane”, apnee contabili, micro-spaesamenti di civiltà, blocchi e  rallentamenti “organizzativo/funzionali” della persona -  con aspetti di marcata gravità o cronicità,  ma non necessariamente originati da fattori di ordine medico/clinico.

A questa vasto insieme di esseri bisognosi di una salvaguardia privatistico si rivolge il sistema di protezione qui delineato; come risulta palese, in particolare, dall’attribuzione di una salvaguardia alla sovranità individuale, sul terreno testamentario e in materia di donazione, a favore del beneficiario di AdS ‘incapacitato’ dal g.t. relativamente a tali atti, e – più in generale – a vantaggio del disabile, ovvero nei confronti della persona che, pur non sottoposta alla misura di protezione, si trovi nelle condizioni contemplate dall’ art. 404 c.c. (artt. 591 bis, 775 bis c.c), e così pure a tener conto del riconoscimento di una limitata capacità d’agire a favore del minore d’età.

 

1.3. Continuità con la disciplina sull’ amministrazione di sostegno.

Si è visto (§ 1.1.) come la messa in cantiere di un progetto abrogativo, e gli ulteriori interventi che si delineano, costituiscano nel loro insieme una tappa non più rinviabile nella creazione di un sistema organico di protezione dei soggetti deboli.

Si è detto, altresì, come la pietra miliare del  percorso sia rappresentata dalla riforma sull’ amministrazione di sostegno, di cui l’odierno progetto rappresenta la naturale prosecuzione.

 

(a) Così, in primo luogo, quanto all’estensione dell’area dei soggetti presidiabili dal diritto privato (come si è detto nel precedente paragrafo).

Sappiamo come la riforma-madre abbia avuto il grande merito di introdurre una nuova prerogativa soggettiva, di rango costituzionale, definibile  quale “diritto al sostegno”: prerogativa individuale complessa, riferibile alla persona non autosufficiente, e tale da interessare tutti quanti i soggetti deboli – comprendente, dunque, non soltanto i disabili gravi (ai quali si rivolgeva il vecchio sistema di ‘protezione’, con le misure incapacitanti dell’interdizione e dell’ inabilitazione).

Ecco allora il superamento di un grave limite nel sistema codicistico del 1942, che si occupava, com’è noto, solamente degli individui più seriamente colpiti dal destino, soprattutto a livello mentale; e si disinteressava, invece, della massa dei c.d. borderline (lasciati a galleggiare ognuno per conto proprio: soggetti ‘non conciati’ abbastanza male, psichicamente, da poter essere interdetti o inabilitati, e privi, peraltro, della possibilità di far ricorso a qualche misure - nell’armamentario del codice – per risolvere i loro problemi). Su questa direttrice si muove il raggio di intervento del nuovo impianto riformatore, oggi proposto.

 

(b) Sotto altro profilo, la continuità (del progetto de iure condendo) rispetto alla riforma dell’AdS si coglie nel rafforzamento del principio di tendenziale capacità d’agire della persona. Tale direttrice viene portata, anzi, alla sua piena e definitiva attuazione, mediante l’ abrogazione delle misure ‘protettive’ di vecchio stampo, nonché attraverso il superamento della concezione su cui queste si reggevano - rappresentata dall’ idea della generale deminutio formale del soggetto “protetto”, del quale veniva sacrificata ogni stilla di sovranità.

Pur non essendosi optato - con la precedente riforma - per l’opzione di tipo schiettamente abrogativo, è opportuno sottolineare come le modifiche apportate dalla legge n. 6 agli artt. 414-432 c.c. abbiano determinato un parziale ammorbidimento dei vecchi istituti, oltre che il ‘contingentamento’ della loro potenzialità applicativa. Quanto poi alle ragioni dell’ opzione ‘conservatrice’, le stesse possono sintetizzarsi, com’è noto, in una scelta di accortezza tattica, che ispirò i redattori del tempo, durante una fase in cui i tempi ancora non apparivano maturi per il cambiamento più radicale. A quell’epoca l’interdizione non poteva che  rimanere presente  (nel progetto e) nel c.c., seppur alleggerita di qualche spina – pena il rischio di una bocciatura per l’intera manovra  riformatrice, ad opera dei settori più retrivi del paese.

E’ giunto il momento, tuttavia, per un ‘no’ più esplicito e irreversibile, in ordine alla figura in esame. E le ragioni di ciò, in estrema sintesi, così indicarsi:

-                                  taglio espropriativo dell’interdizione: un regime che comporta la morte civile della persona, che tradisce valenze cripto-punitive, che dà luogo a  un eccesso di impedimenti anche di natura non patrimoniale;

-                                  mancanza di valore terapeutico: inidoneità a prestarsi ad un progetto personalizzato  di risocializzazione per il  disabile;

-                                  enfasi solo economicistica, impostazione di favore nei riguardi dei  familiari o dei terzi, frequenza statistica per i casi di sciacallaggio;

-                                  costosità, scarsa trasparenza delle procedure, debolezza delle garanzie formali e politiche, complessità delle revoche e delle modifiche.

 

(c) La continuità tra la riforma del 2004 e il presente progetto de iure condendo si coglie, ulteriormente, nei ritocchi che vengono proposti, ora, riguardo alla disciplina dell’amministrazione di sostegno – al fine di superare  i dubbi interpretativi emersi in questi primi anni di vigenza.

A tale scopo - va sottolineato - si è scelto di utilizzare il contenitore delle norme processuali che figurano, attualmente, dedicate alla disciplina del procedimento per interdizione (artt. 712-720 c.p.c.) -  e ciò per meglio disegnare i passaggi  rituali dell’ amministrazione di sostegno.

 


 

Sez. II – Linee-guida

 

Ecco allora le scelte fondamentali da cui è sorretta la presente proposta di riforma – e che trovano riscontro, sul piano disciplinare, nella successiva Sez. III della relazione.

 

2.1. L’ interdizione e l’ inabilitazione vanno abrogate

La scelta centrale, perno del sistema che si propone, è quella – ampiamente preannunciata - dell’ abrogazione definitiva delle anacronistiche misure dell’interdizione e dell’ inabilitazione.

E’ appena il caso di ricordare come già nel 1986 venisse evidenziata, dagli estensori, la necessità di valutare l’interdizione quale “risposta eccessivamente severa, frutto di concezioni ormai superate in sede psichiatrica, funzionale prevalentemente agli interessi dei familiari o dei terzi e che finisce per comprimere o per annullare alcuni tra i diritti fondamentali della persona, risultando sicuramente sproporzionata rispetto alle necessità di salvaguardia della grande maggioranza dei sofferenti psichici” (bozza Cendon 1986).

E va sottolineato ancora come la prima fase applicativa della legge n. 6/2004 sia valsa, sempre più, a far superare i dubbi in proposito; tanto che da parte della stessa Corte di Cassazione, in una decisione recente (Cass., sez. I, 12 giugno 2006 n. 13584), è stato precisato come “l’ordito normativo esclude che si faccia luogo all’interdizione tutte le volte in cui la protezione del soggetto abitualmente infermo di mente, e perciò incapace di provvedere ai propri interessi, sia garantita dallo strumento dell’amministrazione di sostegno”, concludendosi nel senso del carattere affatto residuale dell’ interdizione - misura cui (si è precisato) sarà ammissibile far ricorso soltanto quando si tratti di gestire un’ “attività di una certa complessità”, o quando occorra di contrastare il rischio che il soggetto compia “atti pregiudizievoli per sé”.

Occorre, a tale proposito, rilevare come la sopravvivenza (positiva) dei due istituti codicistici, ormai agonizzanti, non possa - in realtà – trovare serie giustificazioni neppure entro il ristretto e residuale spazio di operatività che la Cassazione sembra loro riconoscere; e ciò in quanto la neo-figura dell’amministrazione di sostegno si atteggia (ecco il punto) quale misura di in grado di far fronte adeguatamente, nelle mani del giudice, pure alle situazioni che appaiono richiamate dalla Suprema Corte.

Vedremo subito come il ruolo della neo-figura risulti ulteriormente valorizzato dal presente progetto. Il punto è che, già nell’attuale fase applicativa,  essa si presenta quale mezzo duttile, modulabile in relazione alle esigenze specifiche dell’interessato (persona priva, in tutto o in parte, di autonomia) - nonché strumento difensivo applicabile, in quanto tale, ad ampio raggio: anche cioè in quelle situazioni in cui si tratti, cioè,  di far fronte ad un rischio di autolesionismo della persona, o ad attività gestorie particolarmente complesse e delicate.

A ciò va aggiunta la considerazione che l’amministrazione di sostegno si atteggia, sulla carta, come una risposta non avvilente - al contrario di quanto non si debba dire delle misure che ci si propone, oggi, di abrogare (e basta rinviare, in proposito, all’ormai amplissima dottrina e giurisprudenza in argomento).

“Non abbandonare” e “non mortificare” sono (è stato scritto) i due principi cardine della riforma del 2004. Di qui la necessità di eliminare dall’ordinamento i vecchi “ordigni incapacitanti”, se si vuole evitare che il principio del ‘non mortificare’ rimanga imbrigliato nelle secche del sistema – con il salvacondotto (assicurato a monte) per una fonte di seri attentati alla dignità personale.

Non si può non prendere atto, a tale riguardo, di un elemento non
troppo incoraggiante: e ci si riferisce alla propensione ancora oggi
riscontrabile presso alcune (per fortuna poche) sedi giudiziarie del
nostro paese, ove, per ragioni che trovano ormai appiglio nel dato
meramente formale, si insiste talora nel far ricorso all’interdizione.

 

2.2. Anche l’ interdizione legale va cancellata

L’interdizione legale, pena accessoria contemplata dagli artt. 19 e 32 c.p., non può neppur essa conservarsi nell’ordinamento penalistico - data la sua indubbia valenza (ecco i doveri della coerenza) di svilimento per la dignità della persona.

La scelta abrogativa a livello di c.c. non può, cioè, non riguardare anche l’ interdizione legale – tenuto conto, oltretutto, che l’eliminazione dell’istituto ha già formato oggetto di vari progetti di riforma, nel corso degli ultimi quindici anni, relativi alla revisione generale del codice penale.

Può ricordarsi, al riguardo, che una prima proposta venne presentata nel 1991, seguita da progetti di riforma del 2000 e del 2001 (http://www.giustizia.it/studierapporti/comm_studio_1999-2001.htm), tutti decaduti.

In data 27 luglio 2006 – merita aggiungere - è stata istituita poi una Commissione per lo studio della riforma del codice penale, (http://www.giustizia.it/commissioni_studio/commissioni/xvleg/comm_pisapia.htm), sulla premessa della necessità di procedere ad una riforma del codice penale, volta ad approfondire, tra l’altro, il tema delle sanzioni, in una prospettiva tendente alla loro razionalizzazione (nel quadro del contemperamento delle esigenze di prevenzione generale e di prevenzione speciale).

Nessun dubbio, pertanto, circa l’opportunità di completare il presente progetto abrogativo, inerente al c.c., includendovi anche la misura accessoria interdittiva - la quale (sebbene non pregiudichi la possibilità, per il condannato, di compiere gli atti di natura personale) più non si giustifica oggigiorno, stante il carattere in ogni caso svilente per la dignità della persona.

Collegata all’abrogazione della pena accessoria è, altresì, la modifica di due norme del codice di procedura penale, contemplanti il divieto - per l’interdetto e per l’inabilitato -  di assumere le funzioni di perito e di interprete.

 

2.3. La categoria dell’incapacità legale riguarda ormai solo i minori

Con l’abrogazione dell’ interdizione giudiziale e dell’inabilitazione, quella dell’incapacità legale rimane entro il sistema, abbiamo detto, come una figura dotata di senso solo con riferimento ai minori.

Per quanto riguarda i soggetti maggiorenni, ad un tipo di espropriazione sul piano negoziale,  a tutto campo,  viene a sostituirsi la possibilità di un’incapacitazione funzionale, depersonalizzata; nulla che possa implicare, cioè, un  etichettamento dell’interessato quale incapace di agire, una volta per sempre, bensì (I) una mera e contingente sospensione di poteri, (II) giustificata da specifici pericoli sul terreno gestionale, e  comunque (III) circoscritta, secondo la modulazione che verrà stabilita dal giudice tutelare, nel caso concreto, ad uno o a più (in limitatissimi casi, a tutti quanti gli) atti e operazioni da compiersi.

Vale la pena sottolineare che anche l’eventuale approdo a un’ ‘incapacitazione’ totale, estesa cioè all’insieme degli atti personali e patrimoniali (esclusi quelli della vita quotidiana), avrà natura prettamente funzionale, essendo revocabile o ritoccabile  - oltre tutto in qualsiasi momento.

I casi in cui potrà addivenirsi ad ‘incapacitazione piena’ dovranno essere pur essi contingentati -  circoscritti, rigorosamente, alle situazioni di malessere psichico tali da comportare seri rischi di autolesionismo: e si può pensare, abbiamo detto,  al disabile intenzionato a porre in essere atti  di tipo rovinoso/autodistruttivo, o all’individuo del  tutto inerte/ostile  rispetto al compimento di un negozio necessario per fronteggiare qualche necessità.

 

2.4. Un neo-modello privatistico: l’ “inadeguatezza gestionale”

Ridimensionata, riguardo al soggetto maggiorenne, la categoria dell’ incapacità di agire, il sistema di protezione delle persone deboli viene a imperniarsi sulla neo-figura dell’ ‘inadeguatezza gestionale’.

Tutti coloro i quali  presentino difficoltà più o meno estese, sul piano organizzativo e gestionale, potranno, di qui in poi, beneficiare del ‘nuovo’ assetto   protettivo che offre l’ amministrazione di sostegno - compresi i ‘clienti’ dei tradizionale modelli incapacitanti.

Sarà l’ ‘inadeguatezza gestionale’, come già detto sopra (Sez. I, § 1.2),  a fornire i tratti delle persone aventi titolo all’intervento di protezione,  e ciò mediante il riscontro (non necessariamente di una patologia fisio-psichica, bensì) di una mancanza di autonomia sul versante del “fare”, quand’anche riferibile alle cause più eterogenee - non necessariamente, valga ripeterlo, di rilievo clinico/positivistico. 

In tale contesto, lo stesso art. 404 c.c. finisce per postulare  nuove chiavi  di lettura -  non più riduttivamente letteralistica (con un’ accentuazione dai riferimenti all’infermità e alla menomazione), quanto incardinata sulla nozione di  ‘impossibilità/difficoltà di fare’.

Riferendosi a condizioni personali anche fortemente disomogenee e variegate, l’inadeguatezza gestionale assume una connotazione dai contorni inevitabilmente sfumati;  è dubbio se   essa si  presti ad essere inserita nel codice civile come categoria formale (sostitutiva - in un certo senso- della svuotata incapacità d’agire); diventa, comunque, una nozione-guida per identificare le situazioni in cui si richieda l’ intervento di protezione.

Un esempio indicativo  lo si può ritrovare nella previsione - della presente bozza - relativa al testamento e alla donazione della persona disabile. Come meglio illustrato oltre (cfr. Sez. III), gli artt. 591 bis e 775 bis c.c. rendono possibile alla persona disabile redigere un testamento, o compiere una donazione, mediante forme e modalità atte a salvaguardare l’operazione negoziale contro il rischio di future impugnazioni,  da parte dei parenti.

 

2.5. Rapporti fra inadeguatezza gestionale (AdS) e incapacità naturale (annullamento del contratto)

Accanto alla più ampia figura dell’inadeguatezza gestionale, rimane in vita nel sistema la categoria dell’ incapacità naturale. Figura  - può osservarsi - di stampo giuridico/naturalistico, in quanto facente riferimento alla condizione del soggetto il quale risulti privo in tutto o in parte (in via transitoria o stabile, per ragioni generalmente di ordine clinico) delle attitudini  cognitive e volitive.

Oggi, in una parola, l’infermo di mente non interdetto, e neppure beneficiario dell’amministrazione di sostegno, oppure beneficiario ma incapace naturale solo a sprazzi.

Con riferimento a tale più circoscritta cerchia di ‘soggetti deboli’, si sa come l’ordinamento appresti uno strumento di protezione di natura occasionale e reattiva, costituito dalla disciplina dell’annullabilità degli atti e dei contratti (artt. 120, 428, 1425 c.c.) - disciplina sulla quale la presente proposta interviene con integrazioni e modifiche correttive.

La categoria dell’incapacità d’intendere e di volere continuerà, pertanto, a reggere una parte minore del sistema di protezione dei soggetti deboli, accanto al sistema, di impronta generale e preventiva, che è costituito dall’amministrazione di sostegno.

In definitiva, accanto al modello generale di soluzione dei problemi gestionali della stragrande maggioranza delle persone disabili (da intendere nell’accezione ampia suggerita dalla nozione di inadeguatezza gestionale) si pone uno strumento di natura reattiva, volto cioè a salvaguardare l’incapace di intendere e di volere (il quale non risulti già protetto dall’AdS) rispetto ad un atto o ad un contratto per sé pregiudizievole.

Può di conseguenza concludersi, per quanto concerne il diritto privato, che il sistema di protezione dei ‘soggetti deboli’ si reggerà – essenzialmente - su un doppio binario: quello principale, costituito dal sistema dell’amministrazione di sostegno, e quello secondario, rappresentato dall’annullabilità degli atti e dei contratti compiuti dall’incapace naturale.

 

2.6. Tutto quello che si fa con l’interdizione si può fare anche con l’amministrazione di sostegno

Abrogate le misure di vecchio stampo, l’asse del sistema di protezione verrà definitivamente a incentrarsi sull’amministrazione di sostegno, quale misura di protezione applicabile a 360°.

Non costituisce certo un dato nuovo che l’amministrazione di sostegno – per la duttilità da cui la figura è contrassegnata - è in grado, all’occorrenza, di assicurare un intervento ad amplissimo raggio, e ciò sia sotto il profilo soggettivo (riguardo, cioè, al target di clientela presidiabile), sia sotto il profilo oggettivo (ovvero, con riferimento all’estensione del potere rappresentativo e sostitutivo dell’amministratore di sostegno).

Il dato nuovo, che emerge in modo chiaro dal progetto, è l’estendersi della sfera d’azione dell’ AdS anche all’area residua fin qui conservata all’ interdizione e all’inabilitazione; area residua identificata dalla Corte di Cassazione (con la sentenza n. 13584 del 12 giugno 2006) nelle situazioni in cui debba essere compiuta un’ attività particolarmente complessa, o in cui debba contrastarsi il rischio che il soggetto compia atti per sé pregiudizievoli.

Nella prospettiva riformatrice, dunque, l’ incapacitazione formale (e ghettizzante)  - riconducibile, de iure condito, negli stampi dell’interdizione e dell’inabilitazione -  diverrà mera ‘incapacitazione funzionale’:  relativa cioè non già alla persona, bensì ad uno o a più atti (in limitatissimi casi a tutti gli atti), cui attingere, quando necessario, nel contenitore stesso dell’ amministrazione di sostegno.

Quanto alla possibilità di incapacitazione totale, o comunque, estesa alla maggior parte degli atti, occorre precisare che la stessa dovrà costiuire un tipo di intervento soltanto eventuale, che spetterà al giudice disporre, volta per volta, più o meno ampiamente, a seconda che vi sia o meno il concreto pericolo di un cattivo uso dei propri poteri e diritti, da parte dell’interessato; laddove tale pericolo manchi, come accade in effetti nella maggioranza dei casi, l’ amministrazione sarà al 100% non incapacitante.

Ci troviamo, dunque, di fronte ad una “filosofia” opposta a quella dell’interdizione, dato che l’ incapacitazione (vale ribadire) riguarda solo gli atti specificamente menzionati (magari uno soltanto), mentre, per tutto il resto, il beneficiario conserva intatta la propria sovranità; qualora, poi  – in limitatissimi casi  – l’incapacitazione  dovesse essere  totale, si tratterà di una sospensione disposta non già una volta per sempre, bensì in via revocabile e rimodellabile a seconda dei bisogni della persona, e compatibilmente con gli interessi di questa.

Vedremo, poi – ulteriore aspetto di valorizzazione dell’amministrazione di sostegno – che l’ ‘incapacitazione’ potrà riguardare anche atti di natura personale (v. in questa Sez. il § 2.10).

 

2.7. Persone da non ‘incapacitare’ mai (quelle del tutto inerti, quelle colpite da meri  deficit fisico/sensoriali) e persone ‘incapacitabili’ (quelle esposte a rischi di sperpero/autolesionismo)

Ma in quali casi e a quali condizioni occorrerà fare luogo ad un’ incapacitazione più o meno estesa in sede negoziale ?

Il discrimen va individuato nelle caratteristiche stesse dell’ ‘inadeguatezza gestionale’ dalla quale risulti affetto, volta a volta, l’interessato.

Tre le situazioni che possono affacciarsi.

 

(i) La prima è quella dei soggetti impossibilitati, per motivi di ordine fisico o neurologico, a fare/decidere alcunché da soli: creature bisognose di un pieno soccorso legale, ridotte contingentemente o irriducibilmente al “lumicino” e tenute al riparo- dalla stessa gravità della condizione in cui versano- contro la possibilità di errori contrattuali o di approfittamenti altrui.

Si considerino, per esempio, i soggetti in coma, o colpiti da gravi forme di ictus, i malati terminali, i pazienti ‘attaccati’ ad una macchina, i portatori di sindromi estreme di oligofrenia o di demenza: in tutti questi casi, proprio per l’estrema gravità della condizione fisio-psichica, la persona si trova nell’impossibilità assoluta di fare alcunché, compresi eventuali atti pregiudizievoli per sé o per altri.

Nei loro confronti, pertanto, si impone il ricorso ad un vero e proprio alter ego, dotato di piena rappresentatività negoziale, con l’attivazione di un regime di A.d.S. ad ampio raggio sotto il profilo oggettivo, esteso cioè, fin dall’origine, all’intera fascia della straordinaria ed ordinaria amministrazione.

D’altra parte, la condizione di totale inerzia in cui si trovano tali soggetti rende del tutto inutile il ricorso a qualsivoglia forma di ablazione di poteri: ciò che potrà fare l’amministratore continuerà, dunque, a poter essere fatto anche dal beneficiario. Nessuna forma di incapacitazione, dunque, riguardo a tali soggetti.

 

(ii) Seconda tipologia da considerare – rispetto alla quale (analogamente a quanto sopra) non trova giustificazione un provvedimento di amministrazione di sostegno incapacitante- è quella delle persone che, pur trovandosi in condizioni psichiche rassicuranti, accusino deficit fisico/sensoriali tali da far temere intralci o ristagni di vario genere nella coltivazione di rapporti con i terzi e nel compimento di atti necessari alla cura dei loro interessi: si pensi ad un soggetto non vedente, o sordomuto, o costretto ad una sedia a rotelle, privo, peraltro, di una rete familiare efficiente e affezionata, disponibile a prendersi cura di lui; si consideri, ancora, un adulto non in grado di farsi capire bene poiché affetto da dislessie, balbuzie, tic, o sofferente di epilessia, o affetto da morbo di Parkinson; e, non da ultimo, un neo-immigrato da un paese lontano, spaesato ed incerto sul da farsi, nonché l’anziano della quarta età pur pienamente lucido e consapevole.

Anche qui, benché vengano in considerazione situazioni opposte, per tanti versi, rispetto alle prime considerate, la soluzione andrà cercata in un provvedimento di AdS non incapacitante, conservandosi in capo al beneficiario una sovranità piena in ordine agli atti da compiere, compresi quelli affidati al vicario.

 

(iii) Terza categoria, in ordine alla quale soltanto potrà giustificarsi un intervento ablativo, più o meno esteso sotto il profilo oggettivo, è quella dei soggetti afflitti da malanni psichici abbastanza insidiosi e/o radicati da trovarsi esposti a rischi di sperpero/autolesionismo qualora venisse conservata la loro sovranità gestionale; è il caso degli schizofrenici, dei malati avanzati di Alzheimer, dei paranoici acuti, dei depressi gravi, di coloro che si trovino in stati deliranti, paranoici, o affetti da disturbi profondi della personalità, inclinazioni al suicidio, forme gravi di dipendenza da alcool o droghe: in definitiva, il vecchio target dell’interdizione. In tali casi, l’attivazione della misura di protezione dovrà essere accompagnata da un’incapacitazione negoziale strettamente limitata, peraltro, alla gamma delle operazioni realmente minacciose per l’interessato, a quegli atti, cioè, che risulterebbero rovinosi, se compiuti, per il beneficiario.

Correlativamente, i poteri da attribuirsi all’amministratore potranno, in tali situazioni, venire estesi al ventaglio delle iniziative tali da non sopportare neghittosità o dilazioni temporali, quelle, cioè, che il disabile non assumerebbe e che, pur tuttavia, si rendessero necessarie per la cura della sua persona o dei suoi interessi.

 

2.8. Scelte terminologiche riguardo all’ ‘incapacitazione’: meglio rimetterle al legislatore

Si impone, riguardo all’ ‘incapacitazione’, un motivo di riflessione sul piano terminologico.

In sede di formulazione della presente proposta, si è a lungo discusso circa l’opportunità e possibilità di introdurre nel codice civile i termini incapacitare’, ‘incapacitato’, ‘incapacitazione’.

Farlo semplificherebbe un po’ le cose, dal momento che la perdita o la deminutio della sovranità negoziale avverrà di qui in poi solo ‘dal basso’, per espressa indicazione del giudice tutelare. E non è facile, a ben vedere, riuscire a esprimere un concetto del genere se non ricorrendo a perifrasi tipo “qualora si tratti di atti rientranti nella sfera di rappresentanza esclusiva dell’amministratore di sostegno”, “di atti rispetto ai quali era stato adottato dal giudice tutelare nei confronti del beneficiario un impedimento, o un divieto a contrarre”, e via dicendo; si tratta – come è evidente – di locuzioni non in grado di evocare il concetto in modo snello né immediato.

Al contrario, l’adozione – anche nel testo normativo – dei termini sopra suggeriti, ed ampiamente impiegati in questa relazione, si rivelerebbe soluzione efficace a sfrondare le singole disposizioni dal peso delle perifrasi alle quali si è dovuto fare ricorso.

Ha prevalso, infatti, la scelta rinunciataria rispetto all’ adozione, nell’ambito del codice, dei termini suindicati per la semplice considerazione che tali termini non figurano nei dizionari della lingua italiana, e, dunque, trattandosi di neologismi, non ci si è sentiti autorizzati ad inserirli ex novo nel codice civile.

Si è preferito, in definitiva, rimettere la valutazione di tale scelta al legislatore.

 

2.9. Contemperamento tra libertà e protezione

E’ facile cogliere, nella costruzione così delineata (si vedano i precedenti §§), una chiara linea di continuità con il principio ispiratore della riforma del 2004, quello cioè dell’apprestare protezione alla persona disabile limitandone gli spazi di sovranità nelle sole evenienze in cui ciò sia indispensabile per la cura e salvaguardia del suo interesse.

Come noto, la proclamazione del suddetto principio di contemperamento tra libertà e protezione è contenuta nell’art. 1 della legge n. 6/2004: “finalità di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive, in tutto o in parte, di autonomia”; ed è, correlativamente, rinvenibile nella previsione dell’ art. 409 c.c., per il quale “il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno”.

L’equilibrio tra rispetto della sovranità del beneficiario e intervento di protezione viene perseguito, nel progetto de iure condendo, in vario modo:

 

 (i) attraverso la previsione, all’interno di una varietà di disposizioni del codice civile, dell’ assistenza/affiancamento dell’amministratore di sostegno per il compimento di atti di natura personale.

Si tratta di una forma di assistenza che non si identifica con l’assistenza necessaria contemplata dall’art. 409 c.c., e che rivela invece contorni più morbidi; siamo di fronte, per meglio dire, una sorta di ‘tutoraggio’ che è apprestato dall’amministratore di sostegno – dietro indicazione del g.t. - ai fini del compimento dell’atto stesso da parte dell’interessato, il quale resta l’unico facoltizzato al compimento dello stesso (si rinvia, per l’illustrazione di tali casi, alla Sez. III § 4 e ss.);

 

 (ii) introducendo spazi di capacità d’agire per il minore, seppure limitatamente agli atti necessari a soddisfare le esigenze della vita quotidiana e prevedendo, al contempo, una intensificazione dei doveri del tutore del minore, sulla falsariga dei doveri genitoriali contemplati dall’art. 147 c.c. (si veda il nuovo testo degli artt. 382 e 384 c.c.);

 

(iii) salvaguardando la sovranità testamentaria, e in materia di donazione, del disabile, nonché del beneficiario dell’ads pur ‘incapacitato’ rispetto a tali atti, con l’ introdurre modalità e forme ad hoc, atte a preservarlo dal rischio di impugnazione da parte dei parenti o di terzi (in tal senso gli artt. 591 bis e 775 bis c.c.);

 

 (iv) ancora – sul piano processuale – optando per una soluzione di compromesso tra il motivo della sovranità/autosufficienza dell’interessato, e quello della salvaguardia dei principi costituzionali di difesa e del contraddittorio; si veda, a tal proposito, la nuova disciplina processuale dell’amministrazione di sostegno, e, in particolare, le integrazioni che vengono apportate agli artt. 406 e 407 c.c. e all’ art. 716 c.p.c. (sull’argomento, più diffusamente, in questa Sez., cfr. § 2.20).

 

2.10. Talvolta sarà opportuno che il beneficiario non possa sposarsi, né fare testamento, etc.

Sorretta dalla medesima filosofia è, d’altra parte, la scelta compiuta di formulare specifiche ipotesi di ‘incapacitazione’ riguardo agli atti di natura personale.

Tutto sommato, il problema poteva essere superato mediante il semplice rinvio alla possibilità di ‘incapacitazione’ contemplata dall’art. 409 c.c., senza necessità, cioè, di introdurre ulteriori specifiche previsioni in tal senso.

La motivazione di tale scelta va ricercata nel cambiamento radicale che l’abrogazione dei vecchi istituti determinerà riguardo agli atti personali.                 Scompariranno, infatti, gli impedimenti personali automatici (stabiliti per gli interdetti), come, per esempio, il divieto di sposarsi, di riconoscere un figlio naturale, di fare testamento o donazione, e via dicendo; e, al tempo stesso, non sarà più possibile fare capo allo strumento offerto dall’art. 411 ult. co. c.c., trattandosi di una disposizione che rinvia alle limitazioni oggi vigenti previste per l’interdetto; quelle stesse, dunque, che scompariranno.

Ecco, allora, che, siccome gli atti di natura personale (cd. atti personalissimi) ‘non più proibiti’ sono assai diversi ed eterogenei fra loro, e, pertanto, non ascrivibili ad una categoria dogmatica unitaria collaudata, tale da poterli abbracciare tutti, il giudice tutelare dovrà elencare, di volta in volta, lo specifico atto (o gli specifici atti) impedito/i al beneficiario nel suo stesso interesse.

D’altra parte, la disposizione contenuta nell’art. 411, ult. co., c.c. viene sostituita da una serie di previsioni sparpagliate nelle opportune sedi, ove si prevede la possibilità che il g.t. vieti, via via, al beneficiario di sposarsi, oppure di esercitare impugnative familiari, di fare testamento o donazioni, etc., salvo qua e là la possibilità di farlo con l’aiuto di un amministratore di sostegno.

Soltanto allorché la valutazione dell’interesse del beneficiario conduca a ravvisare la necessità di un divieto al compimento della totalità degli atti personali, il giudice potrà adottare una formula onnicomprensiva facente riferimento, cioè, in via generale, a tutti gli atti di tal natura. Riesce difficile, peraltro, immaginare una situazione che giustifichi l’adozione di tale formula da parte del g.t., dovendo abbandonarsi la logica del ‘tutto in una volta e per sempre’ che caratterizzava il vecchio sistema.

Del tutto sporadiche saranno, infatti, le situazioni in cui il beneficiario si trovi a dover compiere, in un unico momento, tutti gli atti di natura personale, o quelle in cui il rischio di autolesionismo si presenti rispetto alla totalità di tali atti.

Considerata, d’altra parte, la collocazione in ordine sparso delle singole disposizioni incapacitanti, e il venir meno dell’art. 411 u.c., si è ritenuto di dover introdurre un riferimento alla possibilità di ‘incapacitazione’ all’interno della disciplina dell’AdS, collocandola nell’ambito dell’art. 409 c.c. con un comma 2 di nuova formulazione e del seguente tenore: “Egli conserva, altresì, la capacità di compiere i singoli atti di natura personale riguardo ai quali il giudice tutelare non abbia stabilito un impedimento con l’atto istitutivo dell’amministrazione di sostegno o successivamente”.

 

2.11. Il disabile potrà essere ammesso/aiutato a fare testamento e donazioni

Abbiamo già detto sopra (al § 2.9) che attraverso la previsione di modalità specificamente dedicate alla redazione del testamento e della donazione, viene salvaguardata la sovranità - sia del disabile sia del beneficiario dell’amministrazione di sostegno ‘incapacitato’ riguardo a tali atti – rispetto agli atti dispositivi dei propri beni, vuoi mortis causa, vuoi tra vivi (v. artt. 591 bis e 775 bis c.c.).

Si tratta di una innovazione di rilievo, chiara espressione di una scelta di contemperamento tra libertà e protezione della persona disabile.

 

2.12. Il problema è, spesso, la passività dell’interessato, nel qual caso si impone una protezione di tipo “dinamico”

Il progetto de iure condendo interviene, poi, sulle situazioni in cui l’ immobilismo dell’interessato si rivela per sé pregiudizievole, tanto da giustificare e, anzi, imporre una protezione attiva, consistente nella previsione del ‘fare sostitutivo’ dell’amministratore.

Si spiegano, così, le disposizioni - contenute negli artt. 471, 650 e 780 c.c. – che prevedono la rappresentanza esclusiva dell’amministratore di sostegno, su disposizione del g.t., nel compimento di un atto necessario alla salvaguardia degli interessi della persona, che, tuttavia, questa trascura o rifiuta di compiere.

Tale situazione di rischio è prospettabile e, conseguentemente, è stata prevista riguardo al rifiuto di accettare un’eredità o una donazione che risultino vantaggiose per il beneficiario, o all’inerzia nell’esprimere il rifiuto del legato di un bene immobile che risulti gravato da ipoteca (inerzia che, come noto, comporta l’accettazione tacita del legato). Ovviamente, anche per tali situazioni l’ intervento ‘impositivo’ del g.t. e il conseguente ‘fare sostitutivo’ dell’amministratore di sostegno dovrà essere contingentato, riservato, cioè, ai soli casi in cui si tratti di evitare al beneficiario il pregiudizio che verrebbe prodotto dalla propria inerzia o rifiuto di fare.

 

2.13. Talune operazioni devono poter essere compiute anche contro la volontà del beneficiario

Si rende opportuna la seguente considerazione, relativamente a quanto esposto nel precedente paragrafo.

Nonostante l’ opzione prescelta nella direzione di una protezione anche attiva/sostitutiva del disabile, riguardo ad atti necessari che egli trascuri o rifiuti di compiere, possa apparire contrastante con il rispetto della libertà della persona, essa trova ragione – come già detto - nella necessità di apprestare una protezione effettiva ed efficace, quando siano in gioco interessi legati al sostentamento, e alla cura del disabile.

La finalità di realizzare un giusto equilibrio tra presa in carico e conservazione, quanto più possibile, di spazi di sovranità e autonomia in capo alla persona protetta deve, dunque, continuare (come, peraltro, già spicca dal testo del 2004) nel segno di una presa di distanza rispetto ad ormai anacronistiche, e al limite nocive, suggestioni antipsichiatriche.

Se, infatti, è pacifica, in generale, la necessità che le aspettative del beneficiario vengano presidiate scrupolosamente (e che egli sia, anzi, incoraggiato a coltivare i propri sogni, piccoli e grandi: art. 410 c.c.); se è indubbio che occorrerà tollerare – quanto a stile di vita- capricci, fughe in avanti e bizzarrie di varia sorta (escludendo, di norma contro-interventi idonei a generare frustrazioni o sconforto); altrettanto netta è la necessità di non oltrepassare certe soglie di normalità/civiltà, nell’accudimento dei disabili.

In nessun caso, dunque, potrebbe giustificarsi la comprensione per filosofie anti-conformiste o selvagge tali da poter compromettere la stessa sopravvivenza alimentare, sanitaria, economica, logistica, o gli standard di un sia pur minimo benessere dell’interessato e delle persone con lui conviventi.

 

2.14. Decide il giudice tutelare

Ulteriore aspetto da sottolineare consiste nel rafforzamento, che la proposta ha di mira,  del ruolo  affidata al giudice tutelare.

Già oggi- può osservarsi -  il g.t. rappresenta uno dei principali protagonisti del sistema di protezione dei disabili, essendo a lui affidato il delicato ruolo di stabilire le direttive di base e di introdurre gli aggiustamenti e le revisioni che, via via, si imporranno a seconda dell’evoluzione concreta della situazione.

                Nello svolgimento del suo ruolo, il giudice tutelare è chiamato a ritagliare soluzioni improntate al principio cardine che è espresso dall’art. 1 della l. n. 6, del “non abbandonare e non mortificare”; e, dunque, ad evitare ogni deminutio, ogni sacrificio dell’ autonomia dell’interessato che non possa dirsi giustificato, effettivamente, dal bisogno di protezione.

In definitiva, il g.t., investito in pieno del compito valutativo in ordine al bisogno di protezione e al corrispondente tasso di salavaguardia da attivare, è chiamato a fare da  riferimento costante ed immancabile, ai fini della decisione, alla stella polare rappresentata dal presidio della massima dignità/sovranità della persona.

La rilevanza del ruolo affidato al g.t. spicca, in modo particolare – nel presente progetto –  per quanto concerne l’ incapacitazione eventuale del beneficiario; questa costituirà, in effetti, un dato da stabilirsi dal giudice tutelare, volta per volta, e più o meno ampiamente, a seconda che vi sia oppure non vi sia il concreto pericolo di un cattivo uso dei propri poteri e diritti, da parte dell’interessato; laddove tale pericolo manchi, come accade nella maggioranza dei casi, il giudice tutelare sarà chiamato ad attivare un’amministrazione al cento per cento “non incapacitante”.

                La valorizzazione del ruolo del g.t. si coglie, poi, sotto un ulteriore profilo; ed esattamente, riguardo alle funzioni che gli vengono affidate (nella presente proposta) ai fini della predisposizione e redazione di un testamento e, altresì, di un atto di donazione, da parte del disabile o del beneficiario al quale sia stato vietato di fare testamento o donazione. Tali norme, infatti, affidano al giudice tutelare una pluralità di funzioni alquanto delicate: e così, la sorveglianza rispetto alla predisposizione e formazione dell’atto; la fissazione delle modalità da adottare; la scelta tra curatore e amministratore di sostegno cui affidare la redazione dell’atto.

                E, ancora, non può sottacersi del potere di attivare una protezione ‘attiva’, consistente, cioè, nell’attribuire all’amministratore di sostegno la rappresentanza esclusiva riguardo all’ accettazione di un’eredità, o di una donazione, o, ancora, alla manifestazione del rifiuto di accettare un legato, di cui si è detto nel § 2.12.

 

2.15. Nuove funzioni di ‘tutoraggio’ nell’amministrazione di sostegno

Specularmente, il ruolo del ‘vicario’ risulta  valorizzato anch’esso dall’ impostazione qui proposta. 

Si  è già parlato sopra - (§ 2.10 -  dei poteri di ‘affiancamento’ che potranno  attribuirsi,  all’amministratore di sostegno, riguardo al compimento di atti di natura personale (del beneficiario): una forma di ‘tutoraggio’che, pure non si sostanziandosi tecnicamente  nell’ “assistenza necessaria”, di cui al’art.  409 co. I c.c., diverrà imprescindibile per la messa in opera dell’atto da parte dell’interessato.

Non va trascurato, ulteriormente, il ruolo attivo di cui l’amministratore di sostegno potrà essere investito - secondo la nuova previsione degli artt. 591 bis e 775 bis - consistente nell’ accompagnare per mano il beneficiario relativamente alla predisposizione e alla redazione del testamento o di un atto di donazione.

Così pure, non va dimenticata la funzione di protezione ‘attiva’ (in via non esclusiva o meno) cui l’amministratore di sostegno potrà essere chiamato dal g.t.,  nei casi di inerzia e di immobilismo del beneficiario, riguardo al compimento di atti necessari alla cura dei propri interessi (si veda, sopra, il § 2.12).

 

2.16. Contratto concluso dall’incapace naturale: “pregiudizio” sì, “mala fede” (dell’ altra parte) no

Nonostante il raggio di copertura, a 360°, che è proprio dell’amministrazione di sostegno, occorreva preoccuparsi della condizione dell’incapace naturale il quale non sia stato protetto mediante l’AdS.

Si è visto, a tal proposito (retro, § 2.5), come la disciplina dell’incapacità naturale attenga a un versante ben preciso  – seppur minoritario    del sistema di protezione dei soggetti deboli.

Orbene, le innovazioni apportate  nel progetto riguardano,  soprattutto, il regime di annullabilità degli atti e dei contratti posti in essere dall’incapace naturale (art. 428 c.c.; v. nella Sez. III, i §§ 3 e ss.):

-  è stato previsto,  in particolare, quale elemento necessario e  sufficiente a legittimare l’azione di annullamento del contratto (come già contemplato nell’art.428 relativamente agli atti unilaterali),  il pregiudizio per l’incapace;

-  si è,  d’altra parte, eliminato l’ulteriore presupposto della ‘mala fede’ dell’altro contraente (da intendere come consapevolezza dello stato di incapacità), che era  contemplato nell’attuale formulazione della norma.

L’innovazione consente di superare il motivo di possibile remora alla contrattazione con l’incapace, rapresentato – nell’assetto vigente- dal rischio di subire un’azione per annullamento del contratto a motivo della propria ‘mala fede’. Soprattutto, diventano  annullabili anche i contratti, pregiudizievoli, che siano stati conclusi in circostanze tali da non consentire al partner il riconoscimento dello stato di incapacità. 

Se il contratto non è stato pregiudizievole,  non basterà invece - ai fini dell’annullamento - la dimostrazione dell’essersi  il partner  avveduto della condizione di incapacità del disabile. Il contraente ‘abile’ sarà, conseguentemente, portato/tranquillizzato  a concludere contratti con un soggetto che egli pur sappia  essere incapace,  senza (paventare di) rischiare l’ annullamento negoziale in ragione di ciò.

Sulla stessa linea appare la proposta di inserire nell’art. 1993 c.c. (riguardante le eccezioni opponili dal debitore al possessore di un titolo di credito) un comma di nuova formulazione, ove si prevede che la possibilità per il  debitore incapace naturale di opporre al possessore del titolo l’eccezione della propria incapacità, sarà  subordinata alla sussistenza e prova del dato del  ‘pregiudizio’ per l’incapace stesso.

 

2.17. Anche l’incapace naturale risponde dei danni.

Viene proposto ulteriormente un riassetto del sistema di responsabilità civile dell’incapace, attraverso il ritocco  degli artt. 2046 e 2047 c.c.

La scelta compiuta – e suggerita fin dalla bozza Cendon del 1986 - è nel senso della tendenziale responsabilizzazione dell’incapace, ossia della salvaguardia del  pieno diritto al risarcimento per la vittima dell’illecito aquiliano. Si tratta, a ben vedere, di un’opzione coerente con la filosofia di fondo dell’ intero disegno, costituita dalla massima (nei limiti della ragionevolezza)  valorizzazione della sovranità del disabile psichico.

Il nucleo fondamentale della nuova ipotesi è rappresentato dalla sostituzione della regola di piena responsabilità, a quella  oggi vigente di irresponsabilità dell’incapace (in linea di principio) per l’illecito commesso.

Le ragion di fondo sono note: da tempo il diritto comparato mostra, quale orientamento crescente negli ordinamenti stranieri, quello della responsabilizzazione dell’infermo di mente (si sa come, in Francia,  una modifica del code civil, approvata nel 1968, abbia introdotto il principio secondo cui anche l’infermo di mente dovrà risarcire per intero i danni extracontrattuali da lui arrecati ad altri);    mancano d’altronde, nella scienza psichiatrica moderna,  indicazioni circa i frequenti riflessi antiterapeutici di qualsiasi forma di deresponsabilizzazione.

 

2.18. Pure al minore  va riconosciuta una limitata capacità d’agire

Per quanto riguarda il minore d’età si è ritenuto di riproporre l’ indicazione, anch’essa già contenuta nella bozza Cendon del 1986, volta a prevedere una limitata capacità di agire, relativamente agli atti della vita quotidiana.

E’ una scelta coerente con il più generale progetto di liberazione degli incapaci dalle strettoie che ancora si frappongono rispetto al percorso di realizzazione personale; e corrisponde anche ad una delle direttrici di fondo del nuovo impianto, ossia all’idea che l’ordinamento non debba, nel tratteggiare lo statuto delle persone,  mostrare  eccessivo ossequio verso le categorie formali della tradizione, per aderire invece ad un concetto di capacità/incapacità di tipo funzionale.

Di qui la neo-regola circa  la  possibilità per il minore d’età di compiere gli atti della vita quotidiana, se ed in quanto egli figuri possedere  capacità di discernimento – da valutarsi in concreto – tali da renderlo consapevole  circa gli effetti dell’atto.

Inutile aggiungere come la scelta di estendere, sia pure in misura limitata, l’area del ‘fare negoziale’ per il soggetto minore d’età trovi conforto nella indiscussa anticipazione  - che ha avuto luogo nell’epoca attuale, grazie anche ai progressi scientifici e culturali e all’evoluzione del costume sociale prodottisi negli ultimi decenni - del processo di maturazione cognitiva del minore,

 

2.19. Sovranità/autosufficienza processuale dell’interessato (in relazione al procedimento di A.d.S.)

Sul piano processuale, si è cercato di assecondare ulteriormente – rispetto a quanto già previsto nell’impianto attuale della legge sull’AdS – l’esigenza di rendere quanto più snello ed immediato l’accesso alla nuova misura di protezione.

Significativa, a tale riguardo, l’espressa indicazione che il ricorso per l’AdS può essere presentato direttamente dall’interessato (art. 406 c.c.);  e non meno eloquente la previsione contenuta nell’ art. 716, comma 1, c.p.c., relativa alla sovranità ed autosufficienza processuale dell’interessato, il quale potrà  stare in giudizio e compiere da solo tutti gli atti del procedimento, comprese le impugnazioni.

Il presidio della sovranità processuale del disabile trova un limite, d’altra parte, nella necessità di prevedere la difesa tecnica, laddove questa appaia imprescindibile per la piena salvaguardia di diritti fondamentali della persona.

Si è optato a tale riguardo per una soluzione di equilibrio (come esposto nel paragrafo successivo).

 

2.20. L’avvocato occorrerà solo quando sia in gioco la compressione di diritti fondamentali della persona

Coerentemente con le indicazioni già tracciate, circa un anno fa, nel “manifesto per l’abrogazione dell’interdizione” (pubblicato su www.personaedanno.it) - e che sono state suggellate dalla Cassazione con la recentissima sentenza n. 25366 del 29 novembre 2006 – ci si è orientati a  prevedere, nel progetto, la necessità di difesa tecnica  limitatamente ai casi in cui il giudice tutelare ritenga di disporre nei confronti del beneficiario (e nel suo esclusivo interesse) divieti, limitazioni o decadenze tali da incidere su diritti fondamentali della persona. 

Tale previsione viene collocata – quanto alle disposizioni processuali –nell’art. 716 c.p.c., mediante l’ aggiunta di un comma 2 e di un comma 3 di nuova formulazione, e – quanto alle disposizioni di natura sostanziale –nell’art. 407 c.c., con una disposizione facente rinvio all’art. 716 c.p.c.

E’ appena il caso di sottolineare come la linea fin dall’inizio suggerita, accreditata ora anche dalla Corte di legittimità, risulti in effetti quella più logica ed armonica: 

 

(i) sia perché (stando alle condivisibili argomentazioni della S.C.) ogniqualvolta un provvedimento del g.t. appaia tale da toccare, comprimendoli, diritti fondamentali della persona, l’ intervento del giudice è destinato a incontrare necessariamente il limite del rispetto dei principi costituzionali di difesa e del contraddittorio;

 

(ii) sia per l’opportunità che venga fornita ulteriore espressione, in tal modo, alla linea del diritto ‘dal basso’: linea tutta presente, come  sappiamo,  entro la disciplina generale dell’AdS,, e che si sostanzia – sul piano processuale – nella scelta di rimettere allo stesso giudice tutelare il compito di valutare, di volta in volta, se sarà  necessario far capo alla difesa tecnica (si rimanda, riguardo a tale aspetto, alle considerazioni svolte nella Sez. III, § 3.13).

 

E’ probabile che l’opzione accolta darà adito, nel futuro, a discussioni e dibattiti:

- su quali siano i diritti fondamentali della persona (ci si chiederà, in particolare,  se vengano in gioco soltanto quelli di natura personale -  come  sembra correttamente adombrare la Cassazione, riferendosi all’ultimo comma del vigente art. 411 c.c. -  o se vi rientrino anche diritti di natura e contenuto patrimoniale);

- su quale potrà essere, dinanzi alla mancata predisposizione della difesa tecnica,  la sanzione cui far luogo nei casi in cui la stessa si presentava necessaria (l’opzione qui accolta prospetta una soluzione per nulla affatto formalistica: si veda, oltre, nella Sezione III);

- sul come andranno, ancora,  affrontate le situazioni in cui il g.t. abbia scelto di non (domandarsi se)  ‘incapacitare’ il beneficiario  proprio per evitare le inevitabili complicazioni indotte dalla nomina del difensore,  oppure  per assecondare la riluttanza di un beneficiario consapevole di  doversi dotare di un avvocato.

 

Si tratta, in effetti, di difficoltà di bilanciamento inevitabili in un sistema di protezione dei soggetti deboli che ha in sé una doppia anima: per metà di tipo eminentemente  giurisdizionale (allorché ci si trovi dinanzi a persone che vanno davvero ‘incapacitate’, più o meno significativamente, per il loro bene, e che magari non vogliono saperne affatto di essere salvaguardate dal diritto); per metà di natura un po’ più amministrativa (quando la clientela sia di tipo leggero, e tutto finisce per assomigliare alle deleghe che ciascuno di noi fa, quotidianamente, per gestire i momenti burocratici/gestionali che ci affannano: banche, posta, condominio etc.).

 

2.21. Diritto ‘dal basso’ significa minori ossessioni di completezza legislativa

E’ noto come la riforma sull’ amministrazione di sostegno abbia congegnato la protezione dei soggetti deboli quale realtà destinata a prendere corpo essenzialmente  ‘dal basso’, secondo le tracce che saranno fornite, di volta in volta, dal giudice.

Ciò risulta ben chiaro sol che si consideri che:

- è rimesso al giudice di confezionare, sul piano concreto, il paradigma di protezione più adeguato, più rispondente cioè alle esigenze e alle aspirazioni che vengano manifestate, anche indirettamente, dalla persona;

- sempre al giudice tutelare spetta  di operare, nel corso della gestione della misura di protezione, le varie colmature ed integrazioni destinate a rendersi via via necessarie;

- per il beneficiario, la disciplina dell’AdS non prevede alcuna diminuzione di sovranità (quale tratto disciplinare già scontato in partenza, come avviene con l’interdizione); ogni limitazione verrà stabilita dal giudice hic et nunc, sulla base di un accertamento concreto, calibrato sul bisogno di sostegno e alla misura di esso;

- la disomogeneità/inconfondibilità rappresenta un tratto dominante nella gestione dell’AdS: per ogni creatura versante in difficoltà il decreto del g.t. appare un quid personalizzato, emesso appositamente sul suo conto, tale da cucire intorno all’interessato un “vestito su misura”.

In tale contesto diviene palese anche la diminuita rilevanza dello ius scriptum, E ciò, va sottolineato, non soltanto nella fase di attivazione della misura di protezione, bensì anche nel corso della gestione di essa – via via che proceda il monitoraggio e il controllo delle ricadute del provvedimento giudiziale (con verifiche periodiche, sotto uno o più profili, a seconda delle nuove combinazioni che emergono). Determinante resta comunque la ricchezza delle variabili in gioco che il g.t. si vede chiamato, via via, a soppesare.

Di qui  la necessità di rifuggire da qualsiasi ossessione di completezza sul piano disciplinare –  dovendosi fare affidamento piuttosto, lungo i diversi contesti, sulle attitudini e sulle doti peculiari di sensibilità e di equilibrio di chi sarà chiamato,  man mano,   a decidere.

E’ quanto emerge, in primo luogo,  da tutta una serie di neo-disposizioni, che rimandano al giudice tutelare la decisione relativa all’ ‘incapacitazione’ del beneficiario, riguardo ad un determinato atto o a più atti (basta pensare alle varie norme sparse nel I libro c.c., in materia di matrimonio, di filiazione, e di successione mortis causa, e nel libro II, in materia di donazione; ma si vedano anche i rimandi contenuti nel libro V agli eventuali impedimenti, stabiliti dal g.t., a prendere parte ad una società di persone, o ad assumere cariche societarie in società di capitali, e così via).

Lo stesso vale per le disposizioni di nuova formulazione in materia testamentaria e di donazione (art,. 591 bis e 775 bis c.c.), che demandano al giudice la scelta circa le modalità da adottare per la redazione del testamento o di un atto di donazione da parte del disabile;  così, ancora,  per quanto concerne la nomina, ai fini della redazione dell’atto, di un curatore piuttosto che dell’amministratore di sostegno.

                Né va dimenticata l’attribuzione al g.t. di compiti strategici,  di puntello o di rilancio, in ordine alla necessità di attivare una protezione ‘dinamica’, consistente, in particolare, nell’attribuire all’amministratore di sostegno la rappresentanza esclusiva riguardo al compimento di determinati atti - che l’interessato trascuri o rifiuti di compiere, ponendo a repentaglio così la propria sussistenza o sicurezza.

 

2.22. Soluzioni  nuove per il “dopo-di-noi”: il patrimonio con vincolo di destinazione

Sulla base di alcune indicazioni, offerte dal diritto straniero,  ci si è orientati a  introdurre  poi nel c.c. - col pensiero rivolto soprattutto ai genitori di un disabile, e alle   preoccupazioni che essi possono nutrire rispetto al domani -  un istituto di tipo nuovo, denominato “Patrimonio con vincolo di destinazione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia”, e preordinato a favorire la sicurezza e l’autosufficienza economica del disabile.

Per la relativa disciplina, è sembrato conveniente utilizzare lo spazio che è dedicato attualmente (all’interno del II° libro del c.c.)  alla sostituzione fedecommissaria; tale figura - in considerazione del  necessario collegamento con lo schema dell’interdizione, e tenendo conto della sua macchinosità e del suo sostanziale fallimento nella prassi degli ultimi decenni -  non poteva che venir abrogata.  

Elemento caratterizzante del neo-istituto è la finalità, che strutturalmente gli si assegna, di favorire l’autosufficienza economica del beneficiario: risultato che viene raggiunto con il ‘vincolare’, appunto, determinati beni (per volontà del disponente) al mantenimento, alla cura, alla istruzione e – più in generale – alle necessità concrete e quotidiane del beneficiario dell’AdS, in relazione ai bisogni e aspirazioni di questo (tanto che, con la revoca dell’amministrazione di sostegno, il vincolo è destinato a venir automaticamente meno).

Da sottolineare, altresì, che i beni facenti parte del patrimonio vincolato potranno essere alienati – dietro autorizzazione del g.t. – nel caso di utilità evidente del beneficiario.

 

2.23. Uno sguardo all’Europa

Da ultimo, va osservato come uno sguardo ai sistemi stranieri, in ambito europeo, rafforzi il convincimento circa l’attualità delle istanze che sono state qui messe in luce, e confermi la necessità di un’abrogazione per gli istituti incapacitanti del passato.

In effetti, pur nella eterogeneità delle situazioni e delle soluzioni, è indubbio che il quadro normativo europeo evidenzia una diffusa sensazione di inadeguatezza, vetustà e anacronismo  rispetto all’istituto dell’interdizione.

Nel processo di rinnovamento dei sistemi di protezione delle persone deboli, gli ordinamenti austriaco e tedesco – va ricordato - hanno fatto da capofila, avendo introdotto, da tempo, istituti che sono assimilabili alla nostra amministrazione di sostegno, e avendo, altresì, provveduto ad abrogare l’interdizione e l’inabilitazione.

                Altrove, come in Francia e in Lussemburgo, si assiste, proprio in questi tempi, all’avvio di un serio processo di rinnovamento - attestato dall’ avvenuta recente presentazione di progetti di riforma dei vigenti istituti della tutelle, della curatelle, e della sauvegarde de justice. Si rinvia alle più articolate indicazioni che sono contenute nell’appendice della presente relazione.


 

Sezione III – Le modifiche alle singole disposizioni contenute nel codice civile, nel codice di procedura civile, nel codice penale, nel codice di procedura penale, e in leggi speciali.

 

3.1. Interdizione e inabilitazione

La rubrica del capo II, titolo XII, libro I del codice civile “Della interdizione, della inabilitazione e della incapacità naturale” viene sostituito con la seguente: “della incapacità naturale” e comprende il solo art. 428 c.c. modificato, venendo abrogati i restanti articoli da 414 a 432 c.c.

- L’art. 428 c.c. Per le modifiche apportate all’art. 428 c.c. rinviamo al § 3.3, concernente l’attività negoziale dell’incapace.

 

3.2. Amministrazione di sostegno - La presente bozza di riforma incide sulla stessa recente disciplina dell’amministrazione di sostegno.

 

(a) Vanno richiamate, in primo luogo, alcune integrazioni e modifiche rese necessarie dal venir meno delle vecchie misure di protezione.

 

- Gli artt. 405, 406, 411 c.c. A tale riguardo, va menzionata la riformulazione del comma 3 dell’art. 405, nonchè l’abrogazione del comma 2 dell’art. 406, e dell’ultimo comma dell’art. 411, nonché l’ eliminazione dei riferimenti agli istituti abrogandi che si trovano contenuti nel comma 1 dell’ art. 406. Scompare altresì – sempre nel comma 1 dell’art. 406 c.c. – il rinvio alla disposizione abrogata dell’art. 417 c.c., il quale viene rimpiazzato dall’ indicazione analitica – nel testo del medesimo comma 1 - dei soggetti legittimati a presentare il ricorso.

Viene meno, ulteriormente, il riferimento, contenuto nel comma 2 dell’art. 411 c.c., all’applicabilità dell’ art. 596 c.c., dato che tale ultima disposizione viene riformulata, a sua volta, con specifico riferimento all’amministratore di sostegno.

Rilevante è, soprattutto, la soppressione della disposizione contenuta nel comma 4 dell’ art. 411 c.c. motivata dall’ impossibilità di richiamare come applicabili norme facenti parte della disciplina dell’interdizione.

In via sostitutiva, come vedremo, la previsione di un intervento ‘incapacitante’ del giudice tutelare, che risulti motivato dalla salvaguardia dell’interesse del beneficiario, troverà specifica previsione in varie disposizioni del codice civile, come, per esempio, in materia matrimoniale, in materia di filiazione, o a proposito del testamento e della donazione, etc.

 

(b) Ulteriori modifiche alla disciplina dell’amministrazione di sostegno trovano motivo nell’ opportunità di superare alcune questioni interpretative ed applicative emerse in questi primi anni di attuazione della riforma.

 

- l’art. 405, co. III, c.c. Il terzo comma dell’art. 405 c.c. viene integralmente riformulato. La disposizione oggi vigente viene abrogata presupponendo la condizione di interdetto/inabilitato; la stessa viene sostituita dalla previsione della possibilità di nomina di un co-amministratore di sostegno, qualora ciò risponda all’interesse del beneficiario.

 

- L’art. 406, co. 1, c.c. Merita menzione, in primo luogo, l’ avverbio “personalmente” che viene inserito nel comma 1 dell’art. 406 c.c., al fine di superare, in via definitiva, la questione concernente la sovranità/autosufficienza dell’interessato riguardo all’iniziativa di attivazione del procedimento di AdS. Si tratta di un’ opzione coerente con la ratio legis di disegnare un istituto di facile accessibilità, non oneroso e in grado, perciò stesso, di costituire un vero e proprio strumento di protezione per il disabile (v. Sez. II, § 2.19).

 

- L’art. 407, co. 4, c.c. Viene contemplata, d’altra parte, la necessarietà della difesa tecnica del beneficiario, secondo quanto già illustrato sopra (nella Sezione II, § 2.20) per i casi in cui il giudice tutelare ritenga di introdurre divieti, limitazioni o decadenze incidenti su diritti fondamentali della persona. A tal proposito il comma 4 dell’art. 407, di nuova formulazione, rinvia alla disposizione dell’art. 716, comma 2 c.p.c. (anch’essa introdotta ex novo) la quale prevede, appunto, che il g.t. – in tali casi- debba invitare il beneficiario a nominare un difensore.

 

- L’art. 409 co. 2, c.c. Viene introdotta nell’art. 409 una disposizione volta a puntualizzare che il beneficiario dell’Ads conserva la capacità di compiere gli atti di natura personale riguardo ai quali non sia stato incapacitato dal giudice tutelare. Si è ritenuto opportuno inserire tale disposizione (la quale va a formare il comma 2 della norma) poichè il primo comma, con il proclamare la sovranità del beneficiario relativamente agli atti non attribuiti alla rappresentanza esclusiva o all’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno, non è riferitoe agli atti di natura personale, ciò che, al contrario, diviene opportuno precisare, data l’abrogazione dell’ultimo comma dell’art. 411 c.c.

Si è ritenuto utile, in altri termini, puntualizzare che il beneficiario resta il dominus delle scelte attinenti alla sfera de propri interessi più intimi, salvo che intervenga una limitazione o impedimento per disposizione del g.t.

 

L’art. 412, II co. c.c. A completamento della disposizione contenuta nell’art. 412, comma 2, viene aggiunto il riferimento al caso di ‘incapacitazione’ disposta con decreto del giudice tutelare successivo al decreto istitutivo dell’amministrazione di sostegno.

 

3.3. Attività negoziale dell’incapace

- L’art. 428 c.c. - Riguardo all’attività negoziale dell’incapace, si segnalano le modifiche apportate all’art. 428 c.c., che – come noto – costituisce il rimedio azionabile in ordine al compimento, da parte dell’incapace, di atti e di contratti per sé pregiudizievoli.

La norma mantiene la propria collocazione nel capo II del titolo XII, intitolato (nella presente bozza) “Della incapacità naturale”.

Rispetto a quella vigente, la nuova formulazione della norma si differenzia, innanzitutto, per il venir meno, nel comma 1 , dell’inciso “anche se non interdetto”, divenuto pleonastico.

Soprattutto rilevante è la riunione – nel medesimo primo comma - delle due fattispecie di annullamento oggi contemplate distintamente nel I e nel II comma con riguardo rispettivamente agli atti e ai contratti: in entrambi i casi, è necessario e sufficiente che ricorra il grave pregiudizio per l’incapace, mentre non è più richiesto – per i contratti- l’ulteriore presupposto della ‘mala fede’ (da intendere come consapevolezza della condizione di incapacità) dell’altro contraente.

E’ apparsa questa la soluzione maggiormente adeguata a favorire la protezione dell’incapace eliminando, al tempo stesso, il deterrente alla conclusione di contratti con l’ incapace naturale indotta, nel sistema vigente, dalla possibilità di annullamento sul mero presupposto della prova della mala fede.

Quanto alla ‘gravità’ del pregiudizio necessario per l’annullamento dell’atto o del contratto, è utile sottolineare come la valutazione di essa dovrà essere condotta dall’interprete tenendo conto di tutte le particolarità del caso concreto, e, dunque, con un approccio orientato a prendere in considerazione le esigenze e la realtà di vita propria dell’autore dell’atto, oltrechè le motivazioni concrete che l’hanno determinato a compierlo.

Si pensi, per esempio, all’alienazione – da parte dell’incapace- di un immobile ad un prezzo sostanzialmente inferiore rispetto al suo valore di mercato, ove, tuttavia, emerga che egli si era indotto alla vendita per l’assoluta necessità ed urgenza di disporre di somme di denaro ai fini della propria sussistenza.

E’ parsa, pertanto, soluzione adeguata quella di conservare la formula vigente “grave pregiudizio” la quale, proprio in quanto sufficientemente ampia, demanda al giudice la valutazione in concreto dei caratteri del pregiudizio, sulla base di un apprezzamento di fatto a lui riservato (Cass. n. 10577/1990, n. 2499/1984, n. 795/1979).

 

3.3.1. Contratto in generale

- L’art. 1425 c.c.- Le modifiche concernenti l’art. 428 c.c. sopra illustrate (§ 3.3) si riflettono sull’ art. 1425 c.c., norma specificamente dedicata all’annullabilità del contratto per incapacità delle parti, e inserita nel IV libro, titolo II “Dei contratti in generale”.

Conseguentemente, vale la pena di sottolineare come la disposizione del comma 2 dell’ art. 1425, pur rimanendo inalterata nella sua formulazione, sarà applicabile alle medesime condizioni poste dal comma 1 dell’art. 428.

Viene invece modificato il comma 1 dell’art. 1425, laddove fa riferimento alla parte ‘legalmente incapace’, dato che – come già visto- per effetto dell’ abrogazione dell’ interdizione e dell’ inabilitazione, la categoria dell’incapacità legale di agire si riduce alla sola fattispecie della minore età; dunque, il comma 1 viene riformulato sostituendosi alla locuzione “legalmente incapace di contrattare” l’altra di “minore”.

Contemplata così l’annullabilità del contratto concluso dal minore, e di quello concluso dall’incapace naturale, restava da disciplinare l’ipotesi del contratto concluso direttamente dal beneficiario di amministrazione di sostegno nonostante la propria ‘incapacitazione’, ossia nei casi in cui, per disposizione del giudice tutelare, sia a questi impedito il compimento di qualche attività negoziale.

E’ stato così introdotto un comma 2 nell’art. 1425, contemplante l’annullabilità del contratto concluso dal beneficiario dell’AdS nei cui confronti il g.t. abbia stabilito il divieto di compiere attività negoziale.

 

- L’art. 1442 II co. c.c. Anche la disciplina della prescrizione dell’azione di annullamento del contratto subisce alcune variazioni.

Scompare, in primo luogo, il riferimento all’incapace legale di agire, sostituito da quello al minore d’età, mentre viene inserita la previsione concernente l’ipotesi del contratto concluso dal beneficiario di AdS nonostante la propria ‘incapacitazione’. Si prevede, così, relativamente alla fattispecie di nuova previsione, che la prescrizione relativa all’azione di annullamento del contratto decorre dal venir meno dell’impedimento a contrarre stabilito dal g.t.

 

 

                3.3.2. Singoli contratti

Vengono, quindi, introdotte alcune modifiche relative a specifiche figure contrattuali.

               

- L’ art. 1626 c.c. Relativamente alle cause di scioglimento del contratto di affitto, scompaiono dalla norma i riferimenti (contenuti nella rubrica e nel testo) all’interdizione e all’inabilitazione, e rimane contemplata, quale unica causa di scioglimento del contratto, l’ insolvenza dell’affittuario.

 

Occorre precisare che riguardo all’insolvenza si era pensato, inizialmente, di prevedere la possibilità di nomina di un amministratore di sostegno al contraente insolvente trovantesi nelle condizioni previste dall’art. 404 c.c. Ciò in considerazione del fatto che l’insolvenza potrebbe anche dipendere da condizioni di immobilità, reticenza/ostilità della persona, superabili mediante il ricorso alla misura di protezione. Si è scelto, alla fine, di non inserire una disposizione che risulta, tutto sommato, superflua, dato che la possibilità di nomina (anche in tal caso) dell’amministratore di sostegno si ricava dalla disciplina generale dell’istituto.

 

-L’art. 1722 co. 4, c.c. Anche per il mandato, come per il contratto di affitto, vengono meno le cause di scioglimento costituite da interdizione e inabilitazione del mandante o del mandatario; vengono meno, di conseguenza, i riferimenti ai vecchi istituti contenute nella disposizione.

 

- L’art. 1833 c.c. Anche riguardo al rapporto di conto corrente, viene meno la previsione dello scioglimento del rapporto contrattuale per interdizione o inabilitazione di una delle parti e i conseguenti riferimenti testuali agli istituti abrogandi.

 

 

3.3.3. Pagamento e indebito

Si impongono alcuni rilievi per quanto concerne una serie di disposizioni (poche in verità) del codice civile, nelle quali appare il riferimento testuale alle nozioni di ‘incapace’, e ‘incapacità’.

Si tratta di disposizioni che vengano mantenute inalterate nella loro formulazione, nonostante le suddette nozioni di ‘incapace’ e ‘incapacità’, in esse contenute, debbano – nel nuovo assetto- venire intese in un significato diverso,

Per meglio dire, detti termini varranno a identificare, oltre al soggetto minore d’età, anche il beneficiario dell’amministrazione di sostegno che sia stato ‘incapacitato’ dal g.t. riguardo al compimento di uno o più atti.

 

- Gli artt. 1190 e 1191 c.c. – Più specificamente, ‘incapace’ ai sensi dell’art. 1190 ne 1191 c.c, dovrà essere considerato anche il beneficiario riguardo al quale il g.t. abbia posto un divieto di ricevere o di effettuare pagamenti.

 

- L’art. 1993 c.c. - Considerazioni analoghe valgono per quanto concerne l’opponibilità dell’ eccezione fondata sulla propria incapacità, da parte del debitore di un titolo di credito: in altri termini, anche il beneficiario di AdS nei cui confronti il g.t. avesse stabilito il divieto di emettere assegni, potrà opporre al possessore del titolo il difetto di capacità derivante dal predetto intervento incapacitante.

 

- L’ art. 2039 c.c. - Analoghe considerazioni valgono in relazione all’art. 2039 c.c.

 

3.3.4. Titoli di credito

- L’art. 1993 c.c. Coerentemente con la nuova formulazione dell’art. 428 c.c., si prevede che il debitore possa opporre al possessore del titolo di credito l’eccezione fondata sulla propria incapacità soltanto in presenza di un grave pregiudizio che gli derivi dall’emissione del titolo. La previsione viene inserita in un II comma di nuova formulazione.

Si rinvia a quanto esposto al precedente § 3.3.3. per quanto riguarda il significato del termine ‘incapacità’.

 

3.4. Atti ‘personalissimi’

 Ulteriore ambito toccato dalla presente proposta di riforma è quello degli atti denominati ‘personalissimi’ (seppure tale denominazione debba considerarsi impropria, non ravvisandosi tale categoria nell’ ordinamento privatistico). Con tale locuzione la dottrina fa riferimento a quegli atti mediante i quali la persona esercita diritti afferenti la sfera personale/affettiva propria del soggetto che li pone in essere e che, in quanto tali, sono di stretta competenza del titolare dell’interesse che essi tendono a soddisfare. In relazione al compimento di detti atti, di conseguenza, non è ammessa, in via generale, alcuna forma di sostituzione.

Si annoverano tra tali atti il matrimonio, il riconoscimento del figlio naturale, l’azione per dichiarazione giudiziale di paternità e maternità naturale, il disconoscimento del figlio legittimo, il testamento, la donazione.

Tali atti –il cui compimento è impedito alla persona interdetta – potranno, a seguito dell’abrogazione dell’istituto, essere compiuti dalla persona disabile.

Il principio orientatore che viene accolto diviene quello della piena capacità di agire e, dunque, della possibilità di compiere l’atto, salvo che, rispetto ad esso, la persona venga ‘incapacitata’ – nel proprio esclusivo interesse- da parte del giudice tutelare; ipotesi questa verificabile con riguardo al soggetto che sia beneficiario di amministrazione di sostegno e sulla base di una valutazione del giudice tutelare rispondente, in via esclusiva, all’interesse della persona.

Soluzione intermedia, la quale viene contemplata (come vedremo meglio nel seguito) in relazione ad alcuni degli atti di natura personale, e sempre con riferimento al beneficiario di AdS, è la previsione della possibilità di compiere l’atto con l’assistenza/affiancamento (non sostituzione) dell’ amministratore di sostegno (così, nel caso del disconoscimento di paternità, del riconoscimento di figlio naturale, dell’impugnazione di detto riconoscimento, etc.). Va precisato, sul punto, che tale soluzione non pare contrastare con la natura di tali atti, dato che questi vengono posti in essere dal beneficiario, mentre l’assistenza dell’amministratore di sostegno si giustifica come sistema di ‘tutoraggio’ e di accompagnamento al compimento dell’atto. La dottrina ha parlato, a tale riguardo, di “attività di ausilio e aiuto in un processo che rimane essenzialmente di autodeterminazione” (Balestra L. Familia, 2005, 659).

La disciplina concernente il compimento di ogni singolo atto o azione di natura personale, da parte del beneficiario dell’amministrazione di sostegno, è stata inserita – come ora esamineremo- nell’ambito delle specifiche e rispettive disposizioni codicistiche vigenti.

 

3.4.1. Matrimonio

- L’art. 85 c.c. - Riguardo al matrimonio viene meno, con l’abrogazione del comma 1 dell’art. 85 c.c., il divieto – riferito all’interdetto- di sposarsi: il disabile conserva, pertanto, la piena sovranità in ordine alla decisione di contrarre matrimonio.

La norma viene totalmente riformulata, e riferita al divieto di contrarre matrimonio per il beneficiario dell’ amministrazione di sostegno.

Più in particolare, si prevede che il giudice tutelare, nel provvedimento con il quale nomina l’amministratore di sostegno, o successivamente, possa disporre il divieto per il beneficiario di contrarre matrimonio: il criterio orientatore per il giudice è rappresentato dalla considerazione esclusiva dell’interesse del beneficiario.

Ci si è domandati, con riferimento a tale previsione, se fosse ammissibile e legittimo prevedere la possibilità di una limitazione al compimento dell’atto ‘personalissimo’ per eccellenza; la scelta favorevole è stata suggerita dalla considerazione che, in certi casi, peraltro non del tutto sporadici nell’epoca attuale, è doveroso salvaguardare la persona beneficiaria della misura di protezione dal rischio di conseguenze pregiudizievoli che le potrebbero derivare, specie sul piano patrimoniale, da un matrimonio azzardato e un po’ bizzarro (quello, ad esempio, dell’anziano o del disabile con la giovanissima badante, specie in presenza di consistenti patrimoni).

 

- L’art. 102 c.c. Di qui le modifiche alla previsione dell’ art. 102, comma 5 c.c., riguardo all’ opposizione al matrimonio su iniziativa del pubblico ministero: tale iniziativa viene espressamente contemplata come doverosa anche per l’ipotesi di divieto matrimoniale stabilito ai sensi dell’art. 85 c.c.

 

- L’ art. 119 c.c. Relativamente, poi, alla legittimazione ad impugnare il matrimonio contratto in violazione del divieto previsto dall’art. 85 c.c., il nuovo testo dell’art. 119 c.c. contempla, oltre ai soggetti che già figurano nella formulazione vigente, anche il beneficiario dell’amministrazione di sostegno destinatario del divieto, nonché l’amministratore di sostegno.

Il comma 2 dell’articolo viene, conseguentemente, modificato prevedendosi che l’impugnazione del matrimonio non sia più possibile se vi sia stata coabitazione per un anno dopo la revoca del divieto previsto dall’art. 85 c.c.

 

                - L’art. 120 c.c. Si tratta della disposizione invocabile da quello dei coniugi che intenda impugnare il proprio matrimonio poiché contratto in condizioni di incapacità di intendere e di volere. Dalla disposizione scompare la locuzione “quantunque non interdetto” che diviene pleonastica per effetto dell’abrogazione dell’interdizione.

               

- L’art. 126 c.c. La sola modifica relativa a detta norma concerne l’ eliminazione del riferimento all’interdetto.

               

- L’art. 166 c.c. Per quanto riguarda, poi, il compimento – al momento del matrimonio - di atti a contenuto e di rilievo patrimoniale, quali stipulazioni e donazioni, l’art. 166 prevede l’applicabilità dell’art. 409 c.c. e, dunque, la eventuale limitazione della possibilità di agire del beneficiario, riguardo a tali atti, in quanto vengano riservati dal g.t. all’ assistenza necessaria o alla rappresentanza esclusiva dell’ amministratore.

 

                - L’art. 183 c.c. Riguardo all’amministrazione dei beni comuni, l’interdizione (venendo meno) non costituirà più causa di esclusione del coniuge dall’amministrazione. Viene, pertanto, abrogato il comma 3 dell’art. 183.

 

                - L’art. 193 c.c. La separazione giudiziale dei beni tra coniugi non potrà più essere pronunziata in caso di interdizione e di inabilitazione (il cui riferimento scompare dal comma 1 della norma) ma soltanto in caso di cattiva amministrazione.

A tale ipotesi viene aggiunta quella ulteriore, introdotta ex novo nel comma 3, in cui vi sia pericolo per gli interessi dell’altro coniuge o della comunione o della famiglia, tenuto conto degli impedimenti stabiliti dal g.t. con riguardo al coniuge beneficiario di AdS, ai sensi dell’art. 409.

 

                3.4.1.a. Separazione e divorzio

Si rende opportuna una precisazione con riferimento agli istituti della separazione e del divorzio, i quali rivestono, a loro volta, alla stessa stregua del matrimonio, natura di atti personali. Anche in relazione a tali atti si pone il problema della disciplina applicabile in caso di disabilità di uno dei coniugi.

Coerentemente alla scelta operata relativamente all’istituto matrimoniale, e tenendo conto della finalità propria della separazione e del divorzio, si è ritenuto di conservare intatta, in via generale, la capacità di agire dell’interessato, senza limitazioni di sorta, e, dunque, senza neppure la possibilità di un impedimento speculare a quello dell’art. 85 c.c.; la scelta separativa e le determinazioni ad essa correlate, infatti, costituiscono oggetto di un diritto assolutamente irrinunciabile.

D’altra parte, non può escludersi, a priori, la possibilità che l’interessato/beneficiario dell’amministrazione di sostegno possa essere utilmente affiancato e coadiuvato dall’amministratore, relativamente all’assunzione delle decisioni che lo riguardano e agli atti, anche processuali, da compiersi.

Pertanto, pur avendo scelto di non introdurre espressamente tale previsione, la quale può ritenersi già contenuta nel sistema delineato dalla riforma della l. n. 6, si evidenzia la possibilità – per il legislatore- di formulare due disposizioni (nella disciplina della separazione personale dei coniugi, che potrebbe essere collocata nell’art. 150 c.c., e nella disciplina del divorzio – ad es. introducendo un nuovo comma nell’ art. 4) contemplanti espressamente la possibilità di affiancamento/assistenza dell’amministratore di sostegno.

 

3.4.2. Filiazione

Anche in materia di filiazione l’ opzione accolta è di conservare la sovranità della persona riguardo al compimento dell’atto o all’ esercizio dell’azione.

Pure qui (come già si è visto sopra, al § 3.4.1 per il matrimonio) viene prevista la possibilità che il giudice tutelare disponga per il beneficiario dell’amministrazione di sostegno il divieto al compimento dell’atto.

Oltre a ciò, e in alternativa al divieto dell’atto, viene prevista la possibilità che il giudice tutelare ne autorizzi il compimento con l’assistenza/affiancamento dell’amministratore di sostegno.

Data la natura personalissima dell’atto/azione non sarà comunque consentita, in nessun caso, l’attribuzione all’amministratore di sostegno di compiti di rappresentanza esclusiva.

L’eventuale incapacitazione all’atto, così come per il matrimonio, significherà, pertanto, impossibilità assoluta di compiere l’atto stesso, non delegabile a terzi soggetti, ciò che, in ogni caso, potrà essere stabilito dal g.t. soltanto nell’esclusivo interesse del beneficiario.

 

-Gli artt. 244, 245 e 247 c.c. Relativamente al disconoscimento di paternità viene aggiunto, nell’ art. 244 c.c., un comma 5, prevedendosi che nel provvedimento con il quale nomina l’amministratore di sostegno o successivamente, il giudice tutelare possa disporre, con riguardo esclusivo all’interesse del beneficiario, il divieto per lo stesso di promuovere azione di disconoscimento. Il giudice tutelare potrà comunque prevedere che l’azione sia esercitatile con l’assistenza dell’amministratore di sostegno.

Viene, quindi, abrogata la disposizione dell’art. 245 c.c. (contemplante la sospensione del termine di decadenza per l’esercizio dell’azione di disconoscimento qualora l’interessato al disconoscimento sia interdetto).

 

Pur prescindendosi, qui, dal proporre una disposizione in tal senso, si segnala al legislatore la possibilità di prevedere che il giudice del procedimento di disconoscimento possa disporre la trasmissione degli atti al giudice tutelare per la nomina di un amministratore di sostegno, qualora gli consti la condizione di incapacità di intendere e di volere di una delle parti. Tale previsione troverebbe fondamento nell’ esigenza di assicurare all’incapace lo strumento di salvaguardia rappresentato, appunto, dall’assistenza dell’amministratore di sostegno

 

- L’art. 247 c.c. Disposizione analoga a quella dell’art. 244, comma 5, viene inserita nell’art. 247, a formare un comma 4, con la sola differenza che qui, venendo in considerazione la posizione della parte convenuta nel giudizio di disconoscimento, non potrebbe ipotizzarsi alcun impedimento da parte del giudice tutelare, ma soltanto l’affiancamento/assistenza dell’amministratore di sostegno.

Viene, pertanto, previsto che con il provvedimento con il quale nomina l’amministratore di sostegno o successivamente, il giudice tutelare possa disporre, con riguardo esclusivo all’interesse del beneficiario, che la partecipazione del medesimo al giudizio si svolga con l’assistenza dell’amministratore di sostegno.

Da segnalare, altresì, la soppressione - nei commi 2 e 3 della norma- dei riferimenti alla condizione di interdetto e di inabilitato e l’accorpamento nel solo comma 1 della condizione di minore e di minore emancipato, assoggettati alla medesima disciplina.

 

 -Gli artt. 264 e 266 c.c. - Riguardo al riconoscimento del figlio naturale, viene meno il divieto di impugnazione del riconoscimento da parte del riconosciuto interdetto. Rimane il solo divieto ad impugnare il riconoscimento da parte del minore, al quale si aggiunge il divieto che il g.t. abbia stabilito per il disabile - beneficiario dell’AdS, secondo la previsione del nuovo comma 3.

E’ poi fatta salva, nella medesima disposizione del comma 3, la possibilità che il giudice tutelare prescriva l’assistenza dell’amministratore di sostegno ai fini dell’esercizio dell’azione.

A seguire, l’art. 266 c.c. che, nel testo vigente disciplina l’impugnazione del riconoscimento fatto dall’interdetto, viene riformulato e riferito al beneficiario ‘incapacitato’. Più esattamente, la nuova disposizione prevede che, nel provvedimento con il quale nomina l’amministratore di sostegno o successivamente, il giudice tutelare possa disporre, con riguardo esclusivo all’interesse del beneficiario, il divieto per lo stesso di riconoscere il figlio naturale; salva, anche qui la possibilità di stabilire, da parte del g.t., che il riconoscimento venga effettuato con l’assistenza dell’amministratore di sostegno.

 

- L’ art. 273 c.c. Relativamente all’esercizio dell’azione per l’accertamento giudiziale della filiazione naturale, viene eliminata la previsione contenuta nell’ultimo comma dell’art. 273 c.c. relativa all’esercizio dell’azione da parte del tutore dell’interdetto.

Il terzo e ultimo comma della norma viene riformulato con riferimento al beneficiario di amministrazione di sostegno, nei confronti del quale viene previsto che il giudice tutelare possa disporre il divieto di esercizio dell’azione o stabilire che la stessa possa essere esercitata con l’assistenza dell’amministratore di sostegno; anche qui, come in tutte le altre fattispecie sopra considerate, il criterio orientatore della scelta del giudice è rappresentato dalla valutazione, in via esclusiva, dell’interesse del beneficiario.

 

3.4.2.a. Adozione di minore d’età

Si rende opportuna, da ultimo, una precisazione relativamente alla disciplina dell’adozione.

La sola norma della legge adozioni facente riferimento ad una condizione di incapacità dell’adottante è quella contenuta nell’art. 25, in base al quale, peraltro, l’incapacità non osta all’adozione. Dispone, infatti, l’art. 25, IV comma l. ad.: “Se uno dei coniugi muore o diviene incapace durante l'affidamento preadottivo, l'adozione, nell'interesse del minore, può essere ugualmente disposta ad istanza dell'altro coniuge nei confronti di entrambi, con effetto, per il coniuge deceduto, dalla data della morte”.

Resta esclusa, pertanto, la necessità di apportare modificazioni alla disposizione vigente.

 

3.4.3. Accettazione di eredità

- L’ art. 471 c.c. La norma viene integrata con la formulazione di un nuovo comma 3, concernente l’accettazione di eredità da parte del beneficiario dell’AdS.

Più esattamente, in base a tale disposizione, il g.t. potrà disporre che l’accettazione dell’eredità venga compiuta dall’amministratore di sostegno quale rappresentante esclusivo. Incontreremo una previsione corrispondente in tema di manifestazione del rifiuto all’accettazione di un legato (v. art.650) e relativamente all’accettazione della donazione (art. 780).

In entrambi i casi, tale forma di ‘incapacitazione’ del beneficiario si traduce, di fatto, in un ‘fare sostitutivo’ dell’amministratore di sostegno imposto dall’inerzia o dal rifiuto dell’interessato, nei casi in cui l’immobilismo di questi risulti per sé pregiudizievole, sulla base di una valutazione del g.t. finalizzata alla esclusiva salvaguardia dell’interesse della persona disabile.

Viene fatta salva, ulteriormente, la possibilità che il g.t. preveda l’assistenza dell’amministratore, così come previsto per gli altri atti di natura personale, ciò che rappresenta espressione della soluzione intermedia riguardo a tale categoria di atti, consistente, appunto, nell’ affiancamento dell’ amministratore di sostegno quale ausilio al compimento dell’atto.

L’art. 471 c.c. viene altresì integrato nel senso che l’ accettazione con beneficio di inventario viene contemplata come obbligatoria oltrechè per i soggetti minori d’età, anche per il beneficiario di AdS; d’altra parte, viene ulteriormente prevista la possibilità che il g.t., con decreto motivato, autorizzi l’accettazione pura e semplice, tenendo conto delle condizioni patrimoniali del beneficiario e delle circostanze del caso concreto. Tale ultima previsione viene formulata mediante l’introduzione di un nuovo comma 2 nell’art. 471 c.c. 

 

- L’art. 472 c.c. Dalla norma scompare il riferimento all’inabilitato.

 

- L’art. 489 c.c. Ulteriore disposizione di salvaguardia, sempre con riferimento all’accettazione dell’eredità da parte del beneficiario dell’amministrazione di sostegno, viene inserita nell’art. 489, prevedendosi che questi non decada dal beneficio d’inventario (allo stesso modo di quanto già stabilito per il minore d’età) se non decorso un anno dalla cessazione della misura di protezione.

 

3.4.4. Testamento

- L’art. 591 c.c. Riguardo alle disposizioni regolanti la capacità di fare testamento, una prima modifica riguarda l’eliminazione del riferimento all’interdetto, contenuta nel testo vigente dell’art. 591, comma 2, n. 2. Detta previsione viene sostituita da quella concernente la figura del beneficiario di amministrazione di sostegno il quale sia stato ‘incapacitato’ a testare.

E’ apparso, poi, opportuno eliminare il comma 1, dato che l’ incapacità a testare può riguardare, come appena visto, anche il beneficiario dell’ amministrazione di sostegno, il quale, quando impedito a fare testamento da parte del giudice tutelare non è inquadrabile, propriamente, tra i soggetti “dichiarati incapaci dalla legge” cui si riferisce testualmente il vigente comma 1.

 

- L’art. 591 bis c.c. Al fine di ridurre al minimo i limiti alla sovranità testamentaria, si prevede, nella successiva disposizione - introdotta ex novo come art. 591 bis- la possibilità che anche il beneficiario di amministrazione di sostegno ‘incapacitato’ relativamente a tale atto, possa ciò nonostante disporre per testamento, secondo alcune modalità e con le garanzie che vengono specificamente indicate.

L’art. 591 bis ha comunque una portata più ampia, consentendo- in via generale- di disporre per testamento alle persone che si trovino nelle condizioni giustificanti l’attivazione della nuova misura di protezione; le modalità contemplate dalla neo-disposizione apprestano, infatti, strumenti di salvaguardia del testatore e dei suoi interessi patrimoniali.

Per tale via - ulteriore aspetto da considerare - anche il soggetto in difficoltà potrà fare testamento evitando il rischio di un’ impugnazione ai sensi dell’art. 591 ult. comma.

Come risulta chiaramente dal tenore della disposizione, viene previsto, in primo luogo, che il testamento debba essere redatto con l’ausilio di un amministratore di sostegno, sulla base di scelta rimessa al giudice tutelare, e sotto la diretta sorveglianza di questo.

Al giudice tutelare è, poi, riservata la determinazione delle opportune modalità di compimento dell’atto, compresa l’ eventuale adozione della forma del testamento pubblico o l’eventuale intervento di un esperto.

- L’art. 596 c.c. La norma, riferentesi, nel testo vigente, al divieto di disposizioni testamentarie della persona sottoposta a tutela in favore del tutore, viene conservata ma riferita al beneficiario dell’amministrazione di sostegno.

 

3.4.5. Legati

- L’art. 650 c.c. Come noto, il legato si acquista, ai sensi dell’art. 649 c.c., senza bisogno di accettazione, salva la facoltà di rinunziare.

Di conseguenza, l’atto che rileva in tale ambito è la volontà di rinunziare al legato, tanto che la norma dell’art. 650 c.c. contempla la fissazione di un termine, in via giudiziale e su richiesta dell’interessato, entro il quale il chiamato esprima l’eventuale proprio rifiuto del legato.

Con riferimento all’AdS, allora, la salvaguardia dell’interesse del beneficiario-legatario potrebbe richiedere, da un lato, l’assistenza dell’amministratore nella scelta e dichiarazione di rifiuto del legato, e, ulteriormente, la sostituzione dell’ amministratore stesso al fine di esprimere la scelta di rifiuto, qualora – nell’inerzia del beneficiario- detto rifiuto si renda necessario per salvaguardare il suo interesse.

Viene, pertanto, introdotta una disposizione speculare a quella dell’art. 471, comma 2, e – come vedremo - a quella dell’art. 780 c.c. relativamente alla donazione, nella quale viene contemplata quella particolare forma di ‘incapacitazione’ da parte del g.t., consistente nell’imposizione del ‘fare sostitutivo’ dell’amministratore di sostegno, per fronteggiare – sempre nell’esclusivo interesse del beneficiario- l’immobilismo di questi a sé pregiudizievole.

 

3.4.6. Donazione

Riguardo alla donazione, valgono le considerazioni svolte sopra (v. § 3.4.4) a proposito del testamento; di conseguenza, le modifiche introdotte sono sovrapponibili a quelle apportate alla disciplina testamentaria, salva – in relazione ad alcune norme- la diversità di formulazione che, già presente nel testo vigente, si è cercato di conservare onde evitare eccessivi stravolgimenti.

 

- L’art. 774 c.c. Quanto sopra vale, così, per l’art. 774, concernente la capacità di donare, norma che riproduce, sostanzialmente, la previsione dell’art. 591 c.c.: l’incapacità di fare donazione investe, così, il minore età e il beneficiario dell’amministrazione di sostegno nei cui confronti il giudice tutelare abbia stabilito il divieto di fare donazione; in entrambi i casi con le rispettive eccezioni contemplate dalla norma.

Tra le eccezioni al divieto di donare, spicca – così come già visto a proposito del testamento (art. 591 bis c.c.) - l’ apertura introdotta dall’art. 775 bis riguardo al beneficiario dell’amministrazione di sostegno ‘incapacitato’ rispetto a tale atto e, più in generale, riguardo al disabile.

 

- L’art. 775 c.c. La medesima apertura, ovvero la possibilità di fare donazione con le garanzie e modalità contemplate nell’art. 775 bis viene altresì prevista dall’art. 775 c.c. relativamente all’ incapace naturale.

 

- L’art. 775 bis c.c. Come già sopra anticipato (in questo §), tale norma – di nuova formulazione - introduce, anche a proposito della donazione, le previsioni dell’art. 591 bis, rendendo possibile la donazione anche al disabile e al beneficiario impedito a tale atto dal g.t.

La ratio di simile disposizione va ravvisata, ancora una volta, nella necessità di limitare il meno possibile la sovranità del disabile riguardo ad atti aventi un indubbio e rilevante valore personale.

Viene così previsto che anche il beneficiario di amministrazione di sostegno ‘incapacitato’ relativamente a tale atto dal giudice tutelare, e, più in generale, le persone che si trovino nelle condizioni legittimanti l’attivazione della nuova misura di protezione, possano donare i propri beni, secondo le modalità e con le garanzia ivi contemplate.

Per tale via - ulteriore aspetto da considerare - anche l’incapace naturale potrà fare donazione evitando conseguentemente il rischio di un’impugnazione ai sensi dell’art. 775 c.c

Come risulta chiaramente dal tenore della disposizione, viene previsto, in primo luogo, che l’ atto di donazione debba essere redatto con l’ausilio di un un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare, e sotto la diretta sorveglianza del giudice tutelare.

Al giudice tutelare è, poi, riservata la determinazione delle opportune modalità di compimento dell’atto, compresa l’ eventuale intervento di un esperto.

 

- Art. 776 c.c. La norma viene abrogata poiché relativa alla donazione dell’inabilitato.

 

- Art. 777 c.c. La norma viene modificata con la sostituzione del termine ‘genitori’ a ‘padre’, e con la sostituzione di ‘minore’ a ‘persona incapace’.

 

-                                  - Art. 779 c.c. Anche tale disposizione è abrogata

 

- Art. 780 c.c. Tale articolo, a suo tempo abrogato ad opera dell’art. 205 l. dir. fam., viene ora dotato di un nuovo contenuto, concernente l’accettazione della donazione da parte del beneficiario dell’AdS. Specularmene a quanto viene previsto nella nuova formulazione dell’art. 471 c.c. (in merito all’accettazione dell’eredità) e nel nuovo testo dell’art. 650 c.c. (riguardo al rifiuto del legato), si prevede la possibilità che l’ accettazione della donazione venga effettuata – per disposizione del g.t.- dall’amministratore di sostegno quale rappresentante esclusivo. Tale soluzione si spiega, ancora una volta, per la necessità di fronteggiare l’inerzia o il rifiuto del beneficiario che risulti contrastante con il proprio interesse.

Soluzione intermedia attivabile, anche qui, come nei casi considerati sopra dell’accettazione di eredità e del rifiuto di accettazione del legato, è poi quella dell’ assistenza dell’ amministratore di sostegno.

 

                3.5. Un nuovo istituto: il patrimonio con vincolo di destinazione

                - Gli artt. 692-699 c.c. Come già illustrato sopra (Sez. II, § 2.22), la sostituzione fedecommissaria viene abrogata, in considerazione del venir meno dell’interdizione, presupposto necessario – nel sistema vigente- a legittimare l’attivazione dell’istituto (specificamente finalizzato ad assicurare assistenza al discendente o coniuge interdetto, per il tempo successivo al venir meno dei propri stretti congiunti).

Correlativamente, viene introdotto – nell’interesse del beneficiario dell’amministrazione di sostegno - il nuovo istituto del ‘patrimonio con vincolo di destinazione’, regolamentato negli artt. 692-699 c.c. alla cui formulazione si rinvia (v. Parte B- Articolato).

Si era posto il dubbio se collocare la disciplina del nuovo istituto al di fuori del II libro del codice civile, in considerazione del fatto che il patrimonio con vincolo di destinazione non ha propriamente natura successoria, potendo essere costituito anche per atto tra vivi, ed essendo finalizzato a favorire l’autosufficienza economica del beneficiario dell’amministrazione di sostegno nell’espletamento degli atti della vita quotidiana.

Considerato, peraltro, che allorché costituito per atto mortis causa, il nuovo istituto assume natura successoria, è apparso utile ed opportuno collocarne la disciplina nello spazio lasciato libero dall’abrogazione del fedecommesso; di conseguenza, nella nuova formulazione, l’ art. 692 c.c. indica la possibilità della costituzione del patrimonio con vincolo di destinazione, a favore del beneficiario dell’amministrazione di sostegno, mentre gli articoli successivi contengono la regolamentazione specifica dell’istituto.

 

3.6. Responsabilità civile dell’incapace

- Gli artt. 2046 e 2047 c.c. Come già anticipato nella Sez. II al § 2.17, la presente bozza di riforma contiene, altresì, una proposta di modifica riguardo alla disciplina della responsabilità civile dell’incapace naturale, proposta già presente nella bozza Cendon del 1986.

Alla regola – nuova – di responsabilità dell’incapace per l’illecito commesso, si associa, peraltro, la previsione della possibilità di un apprezzamento equitativo, da parte del giudice, in ordine al quantum respondeatur.

Al canone della totale irresponsabilità viene, dunque, sostituito quello della responsabilità dell’incapace naturale, con il correttivo della possibile graduazione in considerazione della gravità della sua condizione, dell’ età (parametro quest’ultimo da utilizzarsi essenzialmente con riferimento al danno arrecato da soggetti minori d’età), e delle condizioni economiche delle parti.

Dopo avere così stabilito, nel comma 1 dell’art. 2046 c.c., che “risponde del danno anche la persona che non aveva l’incapacità di intendere o di volere nel momento in cui lo ha cagionato”, il comma 2– di nuova formulazione- aggiunge: “salvo il caso in cui l’incapacità derivi da colpa dell’autore, il giudice può moderare l’ammontare del risarcimento al quale questi è tenuto, in considerazione delle circostanze del caso, con particolare riguardo all’età, alla gravità dello stato di incapacità, e alle condizioni economiche delle parti”.

In definitiva, sul piano pratico, la soluzione proposta non pare discostarsi molto da quella vigente: da un sistema imperniato su un principio generale di irresponsabilità, corretto dalla previsione di un’equa indennità che il giudice può stabilire in favore della vittima (v. attuale comma 2 dell’art. 2047 c.c.), si passa a un sistema incardinato su un principio generale di responsabilità dell’incapace, corretto dalla facoltà del giudice di moderare, in via equitativo l’ammontare del risarcimento dovuto.

Il rilievo della proposta va, in effetti, ravvisato nel mutamento di prospettiva nella considerazione del soggetto incapace.

Per quanto, poi, riguarda la responsabilità del sorvegliante dell’incapace di cui all’art. 2047 c.c., questa da vicaria diviene solidale, e ciò in corrispondenza alla diretta responsabilità alla quale è chiamato l’incapace.

Per il resto, allo stesso modo che nel sistema vigente, il sorvegliante potrà liberarsi da responsabilità provando di non avere potuto impedire il fatto.

 

3.7. Impresa

- L’art. 2198 c.c. Riguardo all’esercizio dell’ impresa, vengono apportate all’art. 2198 c.c. le seguenti due modifiche:

(a) da un lato, la necessità di autorizzazione all’esercizio dell’impresa commerciale rimane contemplata soltanto per il soggetto minore d’ età;

(b) in secondo luogo, l’iscrizione nel registro delle imprese viene previsto anche per i provvedimenti del giudice tutelare concernenti l’esercizio dell’impresa commerciale da parte o nell’interesse del beneficiario di amministrazione di sostegno.

 

3.8. Società

- Gli artt. 2286, I co. e 2294 c.c. Nella disciplina dell’esclusione del socio dalla società di persone, contenuta nell’art. 2286, viene abolita la causa di esclusione costituita dallo stato di interdetto o inabilitato; viene, d’altra parte, introdotta la causa di esclusione rappresentata dall’impedimento che il giudice tutelare abbia stabilito a carico del beneficiario dell’amministrazione di sostegno a prendere parte, come socio, alla società.

Dall’art. 2294 c.c., relativo alle disposizioni da osservarsi per la partecipazione dell’incapace ad una società in nome collettivo, viene soppresso il riferimento alle norme abrogate degli artt. 424 e 425.

 

- L’art. 2382 c.c. Modifiche corrispondenti a quelle appena sopra considerate a proposito della società in nome collettivo, vengono introdotte relativamente alle funzioni di amministratore in una società di capitali. Più in particolare, lo stato di interdizione non costituisce più causa di ineleggibilità o decadenza dalle funzioni di amministratore, mentre viene espressamente introdotta l’ipotesi di ineleggibilità del beneficiario di amministrazione di sostegno che sia stato ‘incapacitato’ dal giudice tutelare riguardo a cariche societarie.

 

3.9. Limitata capacità di agire del minore d’età

Il nuovo quadro normativo che viene a prospettarsi per effetto della presente bozza di riforma è caratterizzato - come visto sopra - dal consistente assottigliarsi della categoria della incapacità legale di agire, con il restringersi di essa ai soli soggetti minori d’età, relativamente ai quali la disciplina codicistica della potestà genitoriale e della tutela rimane pressoché invariata.

Ciò nonostante, il mutamento di prospettiva qui delineato a proposito dei soggetti incapaci di intendere e di volere, con l’ estensione dell’area del fare negoziale loro consentito rispetto all’assetto vigente, impone una riflessione riguardo alla disciplina concernente l’esercizio della potestà genitoriale e l’estensione della possibilità di agire degli stessi soggetti minori d’età.

Si tratta – va precisato - di correttivi suggeriti e, anzi, resi ormai indifferibili dalla indiscussa anticipazione del processo di maturazione cognitiva del minore, nell’epoca attuale, grazie anche ai progressi scientifici e culturali e all’evoluzione del costume sociale prodottisi negli ultimi decenni.

 

Gli artt. 316 u.c. e 359 c.c. Viene introdotto, così, un ultimo comma nell’art. 316 c.c., espressamente richiamato dall’art. 359 c.c. per il minore sottoposto a tutela, contemplante la possibilità che il minore capace di discernimento, possa compiere, in ogni caso, gli atti necessari a soddisfare le esigenze della vita quotidiana.

L’espresso riferimento a detta disposizione compiuto, quindi, dall’art. 359 c.c., norma collocata nell’ambito della disciplina propria della tutela, si spiega con la finalità di chiarire, senza possibilità di equivoci, che tale facoltà del minore viene comunque assicurata, sia che egli si trovi soggetto alla potestà genitoriale, sia che il medesimo sia sottoposto a tutela.

La precisazione contenuta nell’ultima parte del nuovo comma, secondo cui “si tiene conto a tal fine dell’ età, del grado di maturità del minore,e della natura dell’atto da compiere” vale ad additare il criterio valutativo utilizzabile dall’interprete che si trovi a dover giudicare se l’atto posto in essere dal minore rientri o meno tra quelli consentiti.

Data, peraltro, la ineliminabile varietà delle situazioni di vita quotidiana prospettabili, non era certamente possibile ancorare la possibilità di agire del minore a criteri di valutazione oggettivi e predeterminati.

Non va trascurato, d’altra parte, che la nuova disposizione potrebbe sortire effetti di ingessamento delle contrattazioni con soggetti minori d’età, dato il rischio di annullamento del contratto, nell’ipotesi di accertamento successivo della insussistenza delle condizioni legittimanti la conclusione del negozio, da parte del minore. Soccorre, comunque, a tal proposito, la nuova formulazione degli artt. 428 c.c. e 1425 c.c. in base ai quali l’annullamento dell’atto e del contratto prescinde dalla mala fede dell’altro contraente, ed è consentito soltanto se risulti e venga accertato che dall’atto è derivato grave pregiudizio per il minore.

 

- Gli artt. 382 e 384 c.c. Nella disciplina della tutela, poi, viene introdotta una disposizione - speculare a quella dell’art. 147 c.c. - che estende al tutore del minore i compiti e le responsabilità genitoriali sul piano dell’educazione, ed istruzione; e ciò al fine ultimo di offrire al minore assoggettato a tutela le medesime opportunità e possibilità di crescita e sviluppo della personalità assicurate dall’art. 147 c.c. al minore assoggettato alla potestà genitoriale.

Conseguentemente, le due previsioni dell’art. 382 e 384 c.c concernenti la responsabilità per danni e la rimozione dall’ufficio, a carico del tutore che abbia violato i propri doveri, vengono arricchite e completate con il riferimento al dovere di assecondare le aspirazioni, richieste e desideri del minore.

 

3.10. Prescrizione

- Gli artt. 2941 e 2942 c.c. Si segnalano, relativamente alla disciplina della prescrizione, le integrazioni e modifiche apportate agli artt. 2941 e 2942.

Nella prima di dette disposizioni viene stabilito che la prescrizione rimane sospesa tra l’amministratore di sostegno e il beneficiario, finchè non sia stato reso o approvato il conto finale.

L’art. 2942 c.c., dedicato alla sospensione della prescrizione per la condizione del titolare, stabilisce che la sospensione ha luogo rispetto al beneficiario riguardo agli atti riservati alla rappresentanza esclusiva dell’amministratore e per il tempo in cui si protrae la rappresentanza esclusiva.

 

3.11. Disposizioni di attuazione del codice civile

- Gli artt. 40 e 42 disp. att. c.c. Sono abrogate le due disposizioni di attuazione dedicate agli istituti abrogandi.

 

- Gli artt. 47, 48 e 49 disp. att. c.c. Queste disposizioni vengono modificate mediante l’eliminazione dei riferimenti agli istituti abrogandi

 

3.12. Norme transitorie e di chiusura

Viene introdotta una norma di chiusura a sancire l’abrogazione di tutte le disposizioni incompatibili con la ‘legge di riforma’.

Il passaggio delle consegne dall’ ancien régime al nuovo sistema viene, quindi, affidato a due disposizioni transitorie, contenute negli artt. 88 e 89 della presente bozza, onde consentire una sollecita attivazione della procedura per la nomina dell’ amministratore di sostegno, relativamente ai giudizi di interdizione pendenti alla data dell’entrata in vigore della riforma: prevede, così, la prima delle due norme transitorie che il giudice del procedimento di interdizione o di inabilitazione pendente dispone, d’ufficio, la trasmissione degli atti al giudice tutelare; è data facoltà al medesimo giudice istruttore del giudizio pendente di adottare i provvedimenti urgenti di cui al quarto comma dell’art. 405.

Per il caso di interdizione o inabilitazione già pronunciate, alla data di entrata in vigore della riforma, si prevede la revoca automatica del relativo status, con contestuale attivazione dell’amministrazione di sostegno, da parte del pubblico ministero (salva, comunque, la legittimazione attiva dell’interessato e dei soggetti legittimati ex art. 406 c.c.).

Viene, altresì previsto che il tutore e il curatore assumano automaticamente la funzione di amministratore di sostegno provvisorio, relativamente al compimento degli atti di ordinaria amministrazione, fino all’istituzione della misura di protezione, da parte de giudice tutelare.

Viene specificato, da ultimo (per quanto, forse, in via ultronea), che il giudice tutelare provvede ai sensi degli artt. 404 e ss. e adotta i provvedimenti urgenti ai sensi dell’art. 405 c.c.

 

3.13. Disciplina processuale dell’ amministrazione di sostegno

La presente bozza contiene, poi, una serie di modifiche alle norme processuali (artt. 712 e segg.) alcune delle quali vengono abrogate in considerazione del venir meno degli istituti dell’interdizione e inabilitazione, e le restanti riformulate e riferite al procedimento di amministrazione di sostegno.

Si rinvia al testo delle singole disposizioni, non senza sottolineare come l’intervento di maggior rilievo concerna la previsione della difesa tecnica del beneficiario, secondo quanto già illustrato sopra (nella Sezione II, § 2.20) per i casi in cui il giudice tutelare ritenga di introdurre divieti, limitazioni o decadenze incidenti su diritti fondamentali della persona.

 

- L’art. 407, co. 4, c.c. Nella disposizione che viene introdotta ex novo nell’art. 407, con un comma 4 di nuova formulazione, si contempla la necessarietà della difesa tecnica del beneficiario, secondo quanto già illustrato sopra (nella Sezione II, § 2.20) per i casi in cui il giudice tutelare ritenga di introdurre divieti, limitazioni o decadenze incidenti su diritti fondamentali della persona.

La disposizione del comma 4 dell’art. 407 rinvia alla disposizione dell’art. 716, comma 2 c.p.c. (anch’essa introdotta ex novo) la quale prevede, appunto, che il g.t. – in tali casi- debba invitare il beneficiario a nominare un difensore.

 

- L’ art. 716, co. 2 e 3 c.p.c. Vengono, poi, inseriti, nell’ 716 c.p.c. due commi di nuova formulazione, i quali prevedono che (in ogni fase del procedimento) il giudice tutelare, qualora, con riferimento esclusivo all’interesse del beneficiario, ritenga di stabilire divieti, limitazioni o decadenze incidenti su diritti fondamentali della persona, debba invitare il beneficiario e l’amministratore di sostegno anche provvisorio a nominare un difensore.

Si è ritenuto opportuno precisare, poi, che, qualora l’interessato non provveda alla nomina di un difensore in un termine assegnatogli dal g.t., quest’ultimo potrà procedere, ciò nonostante, all’assunzione del provvedimento per il quale era contemplata la difesa tecnica.

Tale opzione è parsa la più idonea ad evitare blocchi ed ingessature dell’ iter procedimentale, poiché si correrebbe altrimenti il rischio di vedere snaturata l’essenza stessa del nuovo sistema di protezione, improntato alla maggiore speditezza e snellezza possibile.

Per gli stessi motivi, si è scelto di non prevedere alcuna sanzione di nullità del provvedimento adottato o, addirittura, del procedimento, per l’eventualità in cui il g.t. non abbia provveduto secondo i dettami dell’art. 716, comma 2. Una simile soluzione, infatti, comporterebbe seri rischi di ingessamento (e, infatti, quale sarebbe, in tal caso, la sorte del procedimento di AdS?) e, indurrebbe, con verosimile probabilità, un giudice tutelare, ‘eccessivamente’ scrupoloso nel rispetto delle regole processuali, ad ordinare la difesa tecnica anche in relazione a casi ‘dubbi’ o per i quali, in realtà, non vengano propriamente in gioco interessi fondamentali della persona.

E la medesima riflessione vale per l’opposta ipotesi, in cui il g.t. potrebbe scegliere di non ‘incapacitare’ proprio al fine di evitare le complicazioni della nomina del difensore (e per scongiurare gli inevitabili rallentamenti che questa comporta, nello svolgimento dell’ iter procedimentale) e/o per andare incontro alle ‘rimostranze’ dell’interessato il quale non ne voglia sapere di rivolgersi ad un avvocato. In definitiva, la direzione prescelta è quella di consentire e, anzi, istituzionalizzare’ la difesa tecnica, rimettendo, tuttavia, al giudice tutelare la valutazione, discrezionale ed equitativa (di buon senso) circa la necessità o meno di farvi ricorso.

 

3.14. Interdizione legale

Il mettere mano alla scelta abrogativa riguardo all’interdizione giudiziale costituisce occasione propizia per l’abrogazione anche dell’ interdizione legale, nonostante la sostanziale differenza di natura e funzione dei due istituti.

Vale, forse, rammentare che l’’ interdizione legale, contemplata dall’ art. 19 c.p. costituisce una pena accessoria, discendente automaticamente (di diritto) dalla sentenza di condanna, e che viene a coinvolgere (art. 32) i soggetti condannati all’ergastolo ovvero alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni: una sanzione criminale, pertanto, che si presenta ex se, contra reum, ovvero afflittiva per il soggetto condannato.

La scelta abrogativa, anche riguardo a tale istituto penalistico si impone, peraltro, per il doveroso rispetto dei principi costituzionali posti a salvaguardia della dignità della persona umana: ne fa solenne affermazione l’art. 2 Cost. laddove proclama che “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo (compreso il condannato), sia come singolo, sia nelle formazioni sociali (quindi anche il carcere) ove si svolge la sua personalità”.

Né potrebbe sostenersi la diversa opinione in base alla quale l’interdizione legale andrebbe in ogni caso pronunciata automaticamente per i condannati alla pena detentiva perpetua ovvero a quella di lunga durata, essendo essi in vinculis, e perciò incapaci di provvedere ai propri interessi economici e personali.

Tale opinione non è plausibile, in primo luogo, relativamente alla pena dell’ergastolo, in quanto la Corte costituzionale stessa ne ha sottolineato il carattere di non più assoluta perennità, per effetto della applicabilità della liberazione condizionale e delle pene alternative, con conseguente parificazione dell’ergastolo, in un certo qual modo, alla pena detentiva temporanea.

Ma neppure con riferimento alla pena detentiva di lunga durata potrebbe valere l’argomento della incapacità del detenuto a provvedere ai propri interessi: ciò in quanto la condizione giuridica e di esistenza materiale del detenuto non sono più quelle del 1930 del codice Rocco, essendo stato profondamente innovato il trattamento carcerario, sia con il nuovo Ordinamento penitenziario (legge 26 luglio 1074 n. 354, e successive integrazioni), sia con il nuovo Regolamento penitenziario (D.P.R. 30 giugno 2000 n. 230), comprese le c.d. misure alternative alla detenzione ivi previste.

Queste, allora, le modifiche apportate al codice penale:

 

- L’art. 19 c.p. Viene modificata la disposizione dell’art. 19 c.p. con l’eliminazione del n. 3 contemplante, appunto, l’interdizione legale quale pena accessoria per i delitti.

 

- L’art. 32 c.p. Corrispondentemente, sono abrogati i commi 1 e 4 dell’art. 32 con l’effetto che l’interdizione legale non risulta più contemplata quale pena accessoria per il condannato all’ergastolo, così come per il condannato alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni.

               

3.15. Disposizioni del codice di procedura penale

- Gli artt. 144 e 222 c.p.p. L’abrogazione dell’interdizione legale comporta il venir meno della stessa quale causa di incapacità rispetto all’ufficio di interprete e di perito, con conseguente modifica in tal senso degli artt. 144, comma 1, lett. a) e art. 222, comma 1, lett. a) c.p.p.

 

- L’art. 166 c.p.p. Viene altresì modificato l’art. 166 c.p.p., con l’eliminazione della parte della norma regolante la notifica all’imputato interdetto.

 

- L’art. 571 c.p.p. Modifica ulteriore riguarda l’art. 571 c.p.p. dal quale scompare la previsione dell’impugnabilità da parte del tutore dell’imputato interdetto

 

3.16. Disposizioni contenute in leggi speciali

L’ abrogazione di interdizione e inabilitazione si riflette, ulteriormente, su alcune norme contenute in leggi speciali, facenti riferimento agli istituti soppressi.

 

- L’art. 13 della l. n. 194/1978. La norma, disciplinante la fattispecie della interruzione della gravidanza da parte della donna interdetta, viene ora riferita alla beneficiaria di amministrazione di sostegno, conservandone intatta la legittimazione alla scelta abortiva, così come avviene, nel sistema vigente, per la donna interdetta.

Viene prevista, altresì, la possibilità che la richiesta di interruzione della gravidanza possa essere formulata dalla donna beneficiaria di AdS per il tramite dell’amministratore di sostegno, che sia a ciò autorizzato dal giudice tutelare.

Per il caso in cui la richiesta venga presentata personalmente dalla donna beneficiaria di amministrazione di sostegno, viene altresì previsto che debba essere sentito il parere dell’ amministratore di sostegno, mentre la richiesta presentata dall’amministratore di sostegno o dal marito dovrà essere confermata dalla donna.

 

-    L’art. 19 della l. n. 194/1978. L’altra modifica concernente la legge n. 194/1978 riguarda il comma 5 della norma contemplante le sanzioni penali a carico di chi cagioni l’interruzione della gravidanza alla donna interdetta. La modifica è nel senso che la disposizione viene ora riferita alla donna incapace di intendere e di volere, e ciò al fine di dotare di salvaguardia la donna che si trovi in condizioni di assenza totale o parziale di capacità cognitive.

 

L’art. 145 del Dpr 30.05.2002, n. 115 (T.U. sulle spese di giustizia). Tale disposizione disciplina il carico delle spese relativamente al procedimento di interdizione e di inabilitazione. Essa, pertanto, viene riformulata e riferita in via esclusiva all’ amministrazione di sostegno.


 

 

 

 

 

Parte B – disposizioni legislative

 

 

1. articolato

 

 

Art. 1

 

La rubrica dell’art. 45 c.c. è così sostituita:

“Domicilio dei coniugi e del minore”

 

Il comma 3 dell’art. 45 c.c. è abrogato.

 

art. 2

La rubrica dell’ art. 85 c.c. è così sostituita:

“divieto di contrarre matrimonio per il beneficiario di amministrazione di sostegno”

Il comma 1 dell’art. 85 c.c. è così sostituito:

“Nel provvedimento con il quale nomina l’amministratore di sostegno o successivamente, il giudice tutelare può disporre, con riguardo esclusivo all’interesse del beneficiario, il divieto per lo stesso di contrarre matrimonio”

Il comma 2 dell’art. 85 c.c. è abrogato.

Art. 3

 

Il comma 5 dell’art. 102 c.c. è così sostituito:

 

Persone che possono fare opposizione.

Il pubblico ministero deve sempre fare opposizione al matrimonio, se sa che vi osta un impedimento o il divieto stabilito ai sensi dell’art. 85”

 

Art. 4

 

La rubrica e il comma 1 dell’art. 119 c.c. sono così sostituiti:

matrimonio in violazione dell’art. 85 - Il matrimonio contratto in violazione del divieto previsto dall’ art. 85 può essere impugnato dal beneficiario dell’amministrazione di sostegno, dall’amministratore di sostegno, dal pubblico ministero e da tutti coloro che abbiano un interesse legittimo.

Il comma 2 dell’art. 119 c.c. è così sostituito:

“L’azione non può essere proposta se, dopo la revoca del divieto previsto dall’art. 85, vi è stata coabitazione per un anno”.

Art. 5

 

Il comma 1 dell’ art. 120 c.c. rimane nella formulazione originaria, salvo che per il riferimento alla interdizione (“quantunque non interdetto”) che viene eliminato:

 

incapacita’ di intendere e di volere”- Il matrimonio può essere impugnato da quello dei coniugi che provi di essere stato incapace di intendere o di volere, per qualunque causa, anche transitoria, al momento della celebrazione del matrimonio”

Art. 6

L’art. 126 c.c. rimane nella formulazione originaria, salvo che per il riferimento alla interdizione (“o interdetti”) che viene eliminato:

separazione dei coniugi in pendenza del giudizio - Quando è proposta domanda di nullità del matrimonio, il tribunale può, su istanza di uno dei coniugi, ordinare la loro separazione temporanea durante il giudizio; può ordinarla anche d'ufficio, se ambedue i coniugi o uno di essi sono minori”.

Art. 7

L’art. 166 c.c. è modificato come segue:

 

Capacità’ del beneficiario di amministrazione di sostegno. - Per la validità delle stipulazioni e delle donazioni, fatte nel contratto di matrimonio, dal beneficiario di amministrazione di sostegno si applicano le disposizioni stabilite nell’art. 409”.

 

Art. 8

 

Il comma 3 dell’art. 183 c.c. è abrogato.

 

Art. 9

Il comma 1 dell’ art. 193 c.c. rimane nella formulazione originaria salvo che per il riferimento all’interdizione e inabilitazione (“in caso di interdizione o di inabilitazione”) che viene eliminato:

Separazione giudiziale dei beni – La separazione giudiziale dei beni può essere pronunziata in caso di cattiva amministrazione della comunione”.

Viene inserito un comma 3 di nuova formulazione, mentre i commi 3, 4, e 5 vigenti diventano, rispettivamente, commi 4, 5, 6:

“Può, altresì, essere pronunziata quando, tenuto conto degli impedimenti stabiliti dal giudice tutelare con riguardo al beneficiario dell’amministrazione di sostegno ai sensi dell’art. 409, sussiste un pericolo per gli interessi dell’altro coniuge o della comunione o della famiglia”

Art. 10

Nell’ art. 244 c.c. viene inserito un comma 5, così formulato:

Termini dell’azione di disconoscimento - Nel provvedimento con il quale nomina l’amministratore di sostegno o successivamente, il giudice tutelare può disporre, con riguardo esclusivo all’interesse del beneficiario, il divieto per lo stesso di promuovere azione di disconoscimento. Può comunque disporre che l’azione venga esercitata con l’assistenza dell’amministratore di sostegno”

Art. 11

L’art. 245 c.c. è abrogato.

Art. 12

Il comma 2 dell’ art. 247 c.c. viene sostituito come segue:

Legittimazione passiva – Se una delle parti è minore, anche emancipato, l’azione è proposta in contraddittorio con un curatore nominato dal giudice davanti al quale il giudizio deve essere promosso”

Il comma 3 dell’art. 247 c.c. è abrogato, mentre la disposizione in esso contenuta relativa al minore emancipato viene accorpata al comma 2.

Dopo il comma 3 viene introdotto un comma 4 di nuova formulazione:

“Nel provvedimento con il quale nomina l’amministratore di sostegno o successivamente, il giudice tutelare può disporre, con riguardo esclusivo all’interesse del beneficiario, che la partecipazione del medesimo al giudizio si svolga con l’assistenza dell’amministratore di sostegno”

Art. 13

Il comma 1 dell’art. 264 c.c. rimane nella formulazione originaria, salvo che per il riferimento all’interdizione (“o lo stato di interdizione per infermità di mente”) che viene eliminato:

Impugnazione da parte del riconosciuto- Colui che è stato riconosciuto non può, durante la minore età, impugnare il riconoscimento.

Viene introdotto un comma 3 così formulato:

“Nel provvedimento con il quale nomina l’amministratore di sostegno o successivamente, il giudice tutelare può disporre, con riguardo esclusivo all’interesse del beneficiario, il divieto per lo stesso di impugnare il riconoscimento. Può comunque disporre che l’azione venga esercitata con l’assistenza dell’amministratore di sostegno”

Art. 14

L’art. 266 c.c. è così sostituito:

“divieto di riconoscimento per il beneficiario di amministrazione di sostegno

Nel provvedimento con il quale nomina l’amministratore di sostegno o successivamente, il giudice tutelare può disporre, con riguardo esclusivo all’interesse del beneficiario, il divieto per lo stesso di riconoscere il figlio naturale. Può comunque disporre che il riconoscimento venga effettuato con l’assistenza dell’amministratore di sostegno”

Art. 15

La rubrica ed il comma 3 dell’art. 273 c.c. sono così sostituiti:

“Azione nell'interesse del minore o del beneficiario di amministrazione di sostegno –

Nel provvedimento con il quale nomina l’amministratore di sostegno o successivamente, il giudice tutelare può disporre, con riguardo esclusivo all’interesse del beneficiario, il divieto per lo stesso di promuovere l’ azione di dichiarazione giudiziale di paternità e maternità naturale. Può comunque disporre che l’azione venga esercitata con l’assistenza dell’amministratore di sostegno”

Art. 16

Viene introdotto un ultimo comma all’art. 316 c.c. così formulato:

Esercizio della potestà dei genitori - Il minore capace di discernimento può compiere personalmente gli atti necessari a soddisfare le esigenze della vita quotidiana. Si tiene conto a tale fine dell’ età, del grado di maturità del minore e della natura dell’atto da compiere”

Art. 17

Viene introdotto l’art. 359 c.c. così formulato:

“Atti della vita quotidiana – Si applica al minore sottoposto a tutela la disposizione dell’art. 316 ultimo comma”

Art. 18

Il comma 1 dell’art. 382 c.c. è modificato come segue:

Responsabilità del tutore e del protutore Nello svolgimento del suo ufficio il tutore deve tenere conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni del minore e deve amministrare il patrimonio di questi con la diligenza del buon padre di famiglia. Egli risponde verso il minore di ogni danno a lui cagionato violando i propri doveri.”

Art. 19

Il I comma dell’art. 384 c.c. è così sostituito:

Rimozione e sospensione del tutore – Il giudice tutelare può rimuovere dall’ufficio il tutore che si sia reso colpevole di negligenza o abbia abusato dei suoi poteri, o si sia dimostrato inetto all’adempimento di essi, o abbia ingiustificatamente trascurato i bisogni, le aspirazioni o le richieste del minore, o sia divenuto immeritevole dell’ufficio per atti anche estranei alla tutela, ovvero sia divenuto insolvente”

Art. 20

Il comma 3 dell’art. 405 c.c. è riformulato come segue:

Il giudice tutelare può nominare un co-amministratore di sostegno nell’ interesse del beneficiario.

Art. 21

Il comma 1 dell’art. 406 c.c. è così sostituito:

Soggetti – Il ricorso per l'istituzione dell'amministrazione di sostegno può essere proposto personalmente dall’ interessato, anche se minore, dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dai parenti entro il quarto grado, dagli affini entro il secondo, dal pubblico ministero.

Il comma 2 dell’art. 406 c.c. è abrogato.

Art. 22

Nell’art. 407 c.c. viene inserito un comma 4 di nuova formulazione, come segue:

Procedimento - Il giudice tutelare dispone secondo le indicazioni dell’art. 716, comma 2 c.p.c., nel caso in cui intenda adottare provvedimenti che incidano su diritti fondamentali della persona.”

Art. 23

Viene introdotto nell’ art. 409 un comma 2 di nuova formulazione:

“Egli conserva, altresì, la capacità di compiere i singoli atti di natura personale riguardo ai quali il giudice tutelare non abbia stabilito un impedimento con l’atto istitutivo dell’amministrazione di sostegno o successivamente”.

 

Il vigente comma 2 diventa comma 3.

Art. 24

Il comma 2 dell’art. 411 c.c. rimane nella formulazione originaria salva l’eliminazione del riferimento all’art. 596:

“Norme applicabili all'amministrazione di sostegno.

All'amministratore di sostegno si applicano altresì, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 599 e 779”.

Il comma 4 dell’art. 411 c.c. è abrogato.

Art. 25

Il comma 2 dell’art. 412 c.c. è modificato come segue:

Atti compiuti dal beneficiario o dall'amministratore di sostegno in violazione di norme di legge o delle disposizioni del giudice.

Possono essere parimenti annullati su istanza dell'amministratore di sostegno, del beneficiario, o dei suoi eredi ed aventi causa, gli atti compiuti personalmente dal beneficiario in violazione delle disposizioni di legge, o di quelle contenute nel decreto che istituisce l'amministrazione di sostegno, o in successivo decreto del giudice tutelare”

Art. 26

Il comma 4 dell’art. 413 c.c. è abrogato.

Art. 27

Il capo II del titolo XII del primo libro del codice civile “Della interdizione, della inabilitazione e della incapacità naturale” viene rinominato come segue:

 

“della incapacità naturale”

 

Art. 28

L’ art. 414 c.c. è abrogato.

Art. 29

L’art. 415 c.c. è abrogato.

Art. 30

L’ art. 416 c.c. è abrogato.

Art. 31

 

L’art. 417 c.c. è abrogato.

Art. 32

 

L’art. 418 c.c. è abrogato.

Art. 33

 

L’art. 419 c.c. è abrogato.

Art. 34

L’art. 421 c.c. è abrogato.

Art. 35

L’art. 422 c.c. è abrogato.

Art. 36

L’art. 423 c.c. è abrogato.

Art. 37

L’art. 424 c.c. è abrogato.

Art. 38

L’art. 425 c.c. è abrogato.

Art. 39

L’art. 426 c.c. è abrogato.

Art. 40

L’art. 427 c.c. è abrogato.

Art. 41

Il comma 1 dell’ art. 428 c.c. è così sostituito:

Atti compiuti da persona incapace d’ intendere e di volere

Gli atti e i contratti compiuti da persona che si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace d’ intendere o di volere al momento del compimento, possono essere annullati su istanza della persona medesima, o dei suoi eredi o aventi causa se ne risulta un grave pregiudizio all'autore”.

Il comma 2 dell’art. 428 c.c. è abrogato.

Art. 42

L’art. 429 c.c. è abrogato

Art. 43

L’art. 430 c.c. è abrogato.

Art. 44

L’art. 431 c.c. è abrogato.

Art. 45

L’art. 432 c.c. è abrogato.

Art. 46

L’art. 471 c.c. è così sostituito:

“Eredità devolute a minori e a beneficiari di amministrazione di sostegno. - Non si possono accettare le eredità devolute ai minori e ai beneficiari di amministrazione di sostegno, se non col beneficio d'inventario, osservate le disposizioni degli articoli 321 e 374”

Viene introdotto un comma 2 di nuova formulazione, come segue:

Tuttavia, il giudice tutelare, valutate le condizioni patrimoniali del beneficiario e le circostanze del caso concreto, può autorizzare, con decreto motivato, l'accettazione pura e semplice dell'eredità devoluta al beneficiario”.

 

Viene introdotto un comma 3 di nuova formulazione, come segue:

 “Il giudice tutelare può disporre, con riferimento esclusivo all’interesse del beneficiario, che l’accettazione dell’eredità venga compiuta dall’amministratore di sostegno quale rappresentante esclusivo. Può altresì disporre che tale atto venga effettuato dal beneficiario con l’assistenza dell’amministratore di sostegno”.

Art. 47

L’art. 472 c.c. rimane nella formulazione originaria salvo che per il riferimento all’ inabilitato (“e gli inabilitati”) che viene eliminato:

“Eredità devolute a minori emancipati - I minori emancipati non possono accettare le eredità, se non col beneficio d'inventario, osservate le disposizioni dell'articolo 394”.

Art. 48

L’art. 489 c.c. è così sostituito:

“Incapaci - I minori e le persone beneficiarie dell’ amministrazione di sostegno non s'intendono decaduti dal beneficio d'inventario, se non al compimento di un anno dalla maggiore età o dalla cessazione dell’amministrazione di sostegno, qualora entro tale termine non si siano conformati alle norme della presente sezione”.

art. 49

Il comma 1 dell’ art. 591 c.c. è abrogato

Il comma 2 dell’art. 591 c.c. diventa comma 1 ed è sostituito come segue:

“Sono incapaci di testare:

1) coloro che non hanno compiuto la maggiore età;

2) i beneficiari di amministrazione di sostegno nei cui confronti sia stato stabilito dal giudice tutelare il divieto di testare. E’ fatta salva la disposizione dell’art. 591 bis, III comma;

3) coloro che si provi essere stati, per qualsiasi causa, anche transitoria, incapaci di intendere e di volere nel momento in cui fecero testamento”.

Art. 50

Viene introdotto l’art. 591 bis c.c. così formulato:

“testamento della persona disabile - I. Alla persona che, trovandosi nelle condizioni indicate dal 1° comma dell’art. 404, intenda fare testamento, può essere nominato, dal giudice tutelare, ai fini della redazione del testamento, un amministratore di sostegno, il quale agisce sotto la diretta sorveglianza del giudice tutelare.

II. Il giudice tutelare fissa le opportune modalità di redazione dell’atto. Può stabilire che l’atto debba compiersi nella forma del testamento pubblico o con l’ intervento di un esperto.

III. Con le stesse modalità può essere ammesso a fare testamento il beneficiario dell’amministrazione di sostegno nei cui confronti sia stato stabilito dal giudice tutelare un divieto di testare ai sensi dell’ art. 591, comma I n. 2)”

Art. 51

L’art. 596 c.c. è sostituito come segue:

“Incapacità dell’ amministratore di sostegno

Sono nulle le disposizioni testamentarie del beneficiario dell’ amministrazione di sostegno in favore dell’amministratore, se fatte dopo la nomina di questo e prima che sia approvato il conto o sia estinta l'azione per il rendimento del conto medesimo, quantunque il testatore sia morto dopo l'approvazione. Questa norma si applica anche all’ amministratore di sostegno provvisorio, se il testamento è fatto nel tempo in cui egli svolgeva le funzioni.

Sono però valide le disposizioni fatte in favore dell’ amministratore di sostegno che è ascendente, discendente, fratello, sorella, coniuge o stabile convivente del testatore.”

Art. 52

Viene inserito nell’art. 650 c.c. un comma 2 di nuova formulazione come segue:

“Il giudice tutelare può disporre, con riferimento esclusivo all’interesse del beneficiario, che il rifiuto del legato venga espresso dall’amministratore di sostegno quale rappresentante esclusivo. Può altresì disporre che tale atto venga effettuato con l’assistenza dell’amministratore di sostegno”.

Art. 53

L’art. 692 c.c. è riformulato come segue:

“Patrimonio con vincolo di destinazione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia. - I. Per favorire l’autosufficienza economica nell’espletamento della vita quotidiana può essere costituito un patrimonio con vincolo di destinazione a favore del beneficiario di un’amministrazione di sostegno.

II. La costituzione di un patrimonio con vincolo di destinazione a favore del beneficiario di un’amministrazione di sostegno deve essere effettuata da parte del disponente con atto scritto tra vivi, o mortis causa.

III. La proprietà dei beni costituenti il patrimonio con vincolo di destinazione spetta al beneficiario, salvo che non sia diversamente stabilito nell’atto di costituzione”.

 

Art. 54

 

L’art. 693 c.c. viene riformulato come segue:

 

Costituzione del patrimonio con vincolo di destinazione. - I. Possono costituire un patrimonio con vincolo di destinazione:

a) i genitori e gli ascendenti del beneficiario dell’amministrazione di sostegno;

b) il beneficiario dell’amministrazione di sostegno, se ne ha la facoltà;

2. Il giudice tutelare può autorizzare con decreto motivato l’amministratore di sostegno alla costituzione di un patrimonio vincolato a favore del beneficiario sui beni appartenenti allo stesso beneficiario.

3. L’atto costitutivo deve contenere, in ogni caso:

a) l’inventario dei beni e dei diritti che costituiscono inizialmente il patrimonio vincolato;

b) l’indicazione delle regole di amministrazione del patrimonio vincolato;

c) la durata del vincolo, che non potrà essere superiore alla durata della vita del beneficiario.

4. L’atto potrà essere trascritto ai sensi dell’art. 2643-ter”.

 

Art. 55

 

L’ art. 694 c.c. viene riformulato come segue:

 

Apporto di beni al patrimonio vincolato- I. Qualunque persona, con il consenso del beneficiario, o del suo amministratore di sostegno, e previa autorizzazione del giudice tutelare potrà apportare beni e diritti al patrimonio vincolato.

II. L’apporto di beni e di diritti, anche da parte di terzi, al patrimonio vincolato è soggetto alle stesse formalità previste per la costituzione del patrimonio vincolato”.

 

Art. 56

 

L’ art. 695 c.c. viene riformulato come segue:

 

Vincolo di destinazione- I. I beni e ogni frutto del patrimonio con vincolo di destinazione devono essere destinati al mantenimento, alla cura, all’istruzione al sostegno del beneficiario tenendo conto dei suoi bisogni e delle sue aspirazioni.

II. L’esecuzione sui beni del patrimonio vincolato e i frutti su di esso non può aver luogo per debiti che sono stati contratti per scopi estranei ai bisogni del beneficiario”.

 

Art. 57

 

L’ art. 696 c.c. viene riformulato come segue:

 

Alienazione dei beni - I. Se espressamente previsto nell’atto costitutivo, il giudice tutelare può autorizzare, nei casi di evidente utilità per il beneficiario, l’alienazione dei beni e dei diritti che fanno parte del patrimonio vincolato, disponendo il reimpiego delle somme ricavate dall’alienazione. L’autorizzazione del giudice all’alienazione fa venir meno ogni vincolo di destinazione.

II. Il giudice tutelare può anche autorizzare, con le opportune cautele, la costituzione di ipoteche su beni immobili che fanno parte del patrimonio vincolato a garanzia di crediti destinati a miglioramenti o trasformazioni delle stesse proprietà immobiliari”.

 

Art. 58

 

L’ art. 697 c.c. viene riformulato come segue:

 

Cessazione del vincolo- I. Il vincolo termina, oltre che alla scadenza del termine indicato nell’atto costituivo, con la revoca dell’amministrazione di sostegno o con la morte del beneficiario.

II. Il giudice tutelare può autorizzare con decreto la cessazione del vincolo su istanza motivata di uno dei disponenti o dell’amministratore di sostegno”.

Art. 59

Il comma 1 dell’ art. 705 c.c. conserva la formulazione originaria salvo che per il riferimento all’interdetto (“interdetti”) che viene eliminato:

“Apposizione di sigilli e inventario. L'esecutore testamentario fa apporre i sigilli quando tra i chiamati all'eredità vi sono minori, assenti, o persone giuridiche”.

Art. 60

Il comma 1 dell’art. 774 c.c. è così sostituito:

Capacità di donare- Non possono fare donazione i soggetti minori d’età e i beneficiari di amministrazione di sostegno, nei cui confronti sia stato stabilito dal giudice tutelare un divieto di donare. È tuttavia valida la donazione fatta dal minore nel contratto di matrimonio a norma dell’ art. 165, nonché quella compiuta dal beneficiario dell’amministrazione di sostegno ai sensi dell’art. 775 bis, terzo comma”.

Art. 61

Il comma 1 dell’ art. 775 c.c. viene così sostituito:

“Donazione fatta da persona incapace di intendere d i volere - Salvo quanto previsto nell’art. 775 bis c.c., la donazione fatta da persona che si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace d'intendere o di volere al momento in cui la donazione è stata fatta, può essere annullata su istanza del donante, dei suoi eredi o aventi causa”.

Art. 62

Viene introdotto l’art. 775 bis c.c. così formulato:

“donazione della persona disabile

Alla persona che, trovandosi nelle condizioni indicate dal 1° comma dell’art. 404, intenda fare una donazione, può essere nominato dal giudice tutelare, ai fini della redazione dell’atto, un amministratore di sostegno, il quale agisce sotto la diretta sorveglianza del giudice tutelare.

Il giudice tutelare fissa le opportune modalità di redazione, eventualmente stabilendo l’ intervento di un esperto.

Con le stesse modalità può essere ammesso a fare donazione il beneficiario dell’amministrazione di sostegno nei cui confronti sia stato stabilito dal giudice tutelare un divieto di donare ai sensi dell’art. 774 primo comma”

Art. 63

L’art. 776 c.c. è abrogato.

Art. 64

La rubrica e il comma 1 dell’art. 777 c.c. sono così sostituiti:

Donazioni fatte da rappresentanti di minori - I genitori e il tutore non possono fare donazioni per il minore da essi rappresentato”.

Il comma 2 dell’art. 777 c.c. è abrogato.

Art. 65

L’art. 779 c.c. è abrogato.

Art. 66

Nell’ art. 780 c.c., le cui disposizioni sono state precedentemente abrogate, viene inserito ex novo il testo seguente:

Accettazione della donazione da parte del beneficiario dell’amministrazione di sostegno.

Il giudice tutelare può disporre, con riferimento esclusivo all’interesse del beneficiario, che l’accettazione della donazione venga compiuta dall’amministratore di sostegno quale rappresentante esclusivo. Può altresì disporre che tale atto venga effettuato dal beneficiario con l’assistenza dell’amministratore di sostegno”.

Art. 67

Il comma 1 dell’art. 1425 c.c. è così sostituito:

“Incapacità delle parti - Il contratto è annullabile se una delle parti era minore d’età”

Viene introdotto un comma 2 così formulato:

“E’ altresì annullabile, ove concluso dal beneficiario dell’ amministrazione di sostegno, il contratto rientrante tra quelli riservati dal giudice tutelare, ai sensi dell’art. 409, primo comma, alla rappresentanza esclusiva o all’ assistenza necessaria dell’ amministratore”.

Il vigente comma 2 diviene comma 3.

Art. 68

Il comma 2 dell’ art. 1442 c.c. è sostituito come segue:

“Prescrizione - Quando l'annullabilità dipende da vizio del consenso o da minore età, o da un impedimento a contrarre stabilito dal giudice tutelare nei confronti del beneficiario dell’amministrazione di sostegno, la prescrizione decorre dal giorno in cui è cessata la violenza, è stato scoperto l'errore o il dolo, il minore ha raggiunto la maggiore età, o è cessato l’impedimento a contrarre del beneficiario”.

Art. 69

L’art. 1626 c.c. rimane nella sua formulazione originaria salvo che per i riferimenti alla incapacità, all’interdizione e all’inabilitazione (“Incapacità”, “per l’interdizione, l’inabilitazione”) che vengono eliminati:

Insolvenza dell'affittuario. - L'affitto si scioglie per l' insolvenza dell'affittuario salvo che al locatore sia prestata idonea garanzia per l'esatto adempimento degli obblighi dell'affittuario”.

Art. 70

Il comma 1 n. 4 dell’art. 1722 c.c. rimane nella formulazione originaria salvo che per il riferimento all’interdizione e all’inabilitazione (“l’interdizione o l’inabilitazione”) che viene eliminato:

“Cause di estinzione - Il mandato si estingue:

4)                             per la morte del mandante o del mandatario. Tuttavia il mandato che ha per oggetto il compimento di atti relativi all'esercizio di un'impresa non si estingue, se l'esercizio dell'impresa è continuato, salvo il diritto di recesso delle parti o degli eredi.

Art. 71

Il comma 2 dell’art. 1833 c.c. rimane nella formulazione originaria salvo che per il riferimento all’ interdizione e all’inabilitazione (“In caso d’interdizione, d’inabilitazione”) che viene eliminato:

“Recesso dal contratto - In caso d'insolvenza o di morte di una delle parti, ciascuna di queste o gli eredi hanno diritto di recedere dal contratto.

Art. 72

Nell’ art. 1993 c.c. viene inserito un nuovo comma 2, così formulato:

Eccezioni opponibili- L’eccezione fondata sul difetto di capacità non può essere opposta se il debitore non prova che dall’emissione del titolo gli sia derivato o possa derivargli un grave pregiudizio”

Il comma 2 vigente diviene comma 3.

Art. 73

Il comma 1 dsell’art. 2046 c.c. è così sostituito:4

“danno cagionato dall’incapace – I. Risponde del danno anche la persona che non aveva la capacità d’ intendere o di volere al momento in cui lo ha cagionato”.

Viene aggiunto un comma 2 di nuova formulazione, come segue:

“Salvo il caso in cui l’incapacità derivi da colpa dell’autore, il giudice può moderare l’ammontare del risarcimento al quale questi è tenuto, in considerazione delle circostanze del caso, con particolare riguardo all’ età, alla gravità dello stato d’incapacità e alle condizioni economiche delle parti”.

Art. 74

La rubrica e il comma 1 dell’art. 2047 c.c. sono così sostituiti:

responsabilità del sorvegliante dell’incapaceIn caso di danno cagionato da persona incapace di intendere e di volere, il risarcimento può essere chiesto in via solidale a colui che era tenuto alla sorveglianza dell’incapace, salvo che il sorvegliante provi di non avere potuto impedire il fatto.”

Il comma 2 dell’art. 2047 c.c. è abrogato.

Art. 75

L’art. 2198 c.c. è così sostituito:

Minori e beneficiari di amministrazione di sostegno- I provvedimenti di autorizzazione all'esercizio di una impresa commerciale da parte di un minore emancipato o nell’interesse di un minore non emancipato, i provvedimenti del giudice tutelare concernenti l’esercizio di un’ impresa commerciale da parte o nell’interesse del beneficiario di amministrazione di sostegno, e i provvedimenti con i quali l' autorizzazione viene revocata devono essere comunicati senza indugio a cura del cancelliere all' ufficio del registro delle imprese per l' iscrizione.”

Art. 76

Il comma 1 dell’ art. 2286 c.c. è così sostituito:

 Esclusione - [I]. L'esclusione di un socio può avere luogo per gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano dalla legge o dal contratto sociale, per impedimento stabilito dal giudice tutelare nel provvedimento istitutivo dell’amministrazione di sostegno o successivamente, nonché per la condanna del socio ad una pena che importa l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici”.

Art. 77

L’art. 2294 c.c. è così sostituito:

Incapace- La partecipazione di un incapace alla società in nome collettivo è subordinata in ogni caso all' osservanza delle disposizioni degli articoli 320, 371, e 397”.

Art. 78

L’ art. 2382 c.c. viene sostituito come segue:

Cause di ineleggibilità e di decadenza - Non può essere nominato amministratore, e se nominato decade dal suo ufficio, il beneficiario di amministrazione di sostegno nei cui confronti il giudice tutelare abbia stabilito un impedimento all’assunzione di cariche societarie, il fallito, o chi è stato condannato ad una pena che importa l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o l'incapacità ad esercitare uffici direttivi”.

Art. 79

I commi 1 e 2 dell’art. 2667 c.c. sono così sostituiti:

“Atti compiuti per persona incapace - I rappresentanti di soggetti minori d’età e l’amministratore di sostegno, in relazione agli atti per i quali gli sia stata conferita rappresentanza esclusiva, devono curare che si esegua la trascrizione degli atti, delle sentenze o delle domande giudiziali che sono soggetti a trascrizione e rispetto ai quali essi hanno esercitato il loro ufficio”.

La mancanza della trascrizione può anche essere opposta al minore, e al beneficiario di amministrazione di sostegno, salvo ai medesimi il regresso contro il tutore, e l’ amministratore di sostegno che avevano l'obbligo della trascrizione”

Art.80

I nn. 3 e 4 dell’art. 2941 c.c. sono così sostituiti:

“Sospensione per rapporti tra le parti - La prescrizione rimane sospesa:

3) tra il tutore e il minore soggetto alla tutela, nonché tra l’amministratore di sostegno e il beneficiario finchè non sia stato reso e approvato il conto finale, salvo quanto è disposto dall'articolo 387 per le azioni relative alla tutela;

4) tra il curatore e il minore emancipato”

Art. 81

L’art. 2942 c.c. è così sostituito:

“Sospensione per la condizione del titolare - La prescrizione rimane sospesa:

1)                               contro i minori non emancipati, per il tempo in cui non hanno rappresentante legale e per sei mesi successivi alla nomina del medesimo o alla cessazione dell’incapacità

2)                              rispetto al beneficiario dell’ amministrazione di sostegno riguardo agli atti riservati alla rappresentanza esclusiva dell’amministratore, e per il tempo in cui si protrae la rappresentanza esclsuiva.”

Art. 82

L’art. 40 disp. att. c.c. è abrogato.

Art. 83

L’art. 42 disp. att. c.c. è abrogato.

Art. 84

L’art. 46 bis disp. att. c.c. è modificato come segue.

“Gli atti e i provvedimenti relativi al procedimento previsto dal titolo XII del libro primo del codice non è soggetto  all’obbligo di registrazione, ed è esente da ogni tassa, imposta e diritto, nonché dal contributo unificato previsto dall’art. 9 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115”

Art. 85

L’art. 47 disp. att. c.c. è così sostituito:

“Presso l’ufficio del giudice tutelare sono tenuti un registro della tutela dei minori, un altro della curatela dei minori emancipati ed un registro delle amministrazioni di sostegno”.

Art. 86

L’art. 48 disp. att. c.c. è così sostituito:

“Nel registro della tutela, in un capitolo speciale per ciascuna di esse, si devono annotare a cura del cancelliere:

il giorno in cui si è aperta la tutela;

il nome, il cognome, la condizione e il domicilio del tutore e del protutore, la data della loro nomina e della prestazione del giuramento da parte del tutore;

le risultanze dell'inventario e del conto annuale;

l'esonero e la rimozione del tutore o del protutore e in generale tutti i provvedimenti che portano modificazioni allo stato personale e patrimoniale della persona sottoposta a tutela;

la chiusura della tutela e la menzione del provvedimento che ne ha provocato la chiusura;

le risultanze del rendiconto definitivo”.

Art. 87

L’art. 49 disp. att. c.c. è così sostituito:

“Nel registro della curatela, in un capitolo speciale per ciascuna di esse, si devono annotare a cura del cancelliere:

la data e gli estremi essenziali del provvedimento che concede l’emancipazione;

il nome, il cognome, la condizione, l’ età e il domicilio della persona emancipata;

il nome, il cognome, la condizione e il domicilio del curatore nominato all’emancipato;

la data del provvedimento che revoca l’emancipazione”.

Art. 88

“Norma di chiusura - Sono abrogate tutte le disposizioni di legge incompatibili con la presente legge”

Art. 89

Viene formulata una norma transitoria del seguente tenore:

“Trasmissione degli atti al giudice tutelare. - Nei giudizi di interdizione e di inabilitazione pendenti alla data di abrogazione dei predetti istituti, il giudice dispone, d’ufficio, la trasmissione degli atti del procedimento al giudice tutelare, ai fini della nomina di un amministratore di sostegno. In tal caso il giudice già competente per l'interdizione o per l'inabilitazione può adottare i provvedimenti urgenti di cui al quarto comma dell'articolo 405. Il tutore o il curatore provvisorio assume automaticamente la funzione di amministratore di sostegno provvisorio relativamente al compimento degli atti di ordinaria amministrazione fino a successivo provvedimento del giudice tutelare”.

Art. 90

Viene formulata una ulteriore norma transitoria del seguente tenore:

“Revoca dell’interdizione e dell’inabilitazione già pronunciate – L’interdizione e l’inabilitazione già pronunciate alla data di abrogazione dei predetti istituti si intendono automaticamente revocate, mentre il tutore e il curatore assumono automaticamente la funzione di amministratore di sostegno provvisorio relativamente al compimento degli atti di ordinaria amministrazione, fino a successivo provvedimento del giudice tutelare.

In tali casi, il pubblico ministero chiede la nomina dell’amministratore di sostegno con riguardo alla persona precedentemente interdetta o inabilitata. L’ interessato e i soggetti legittimati ai sensi dell’art. 406, primo comma, possono a loro volta presentare ricorso per l’istituzione dell’amministrazione di sostegno”.

Art. 91

L’art. 712 c.p.c. è sostituito come segue:

“Forma della domanda.

Il ricorso per l’istituzione dell’amministrazione di sostegno, ai sensi dell’art. 404 e ss. c.c. si propone con ricorso al giudice tutelare del luogo dove la persona ha la residenza o il domicilio.

Nel ricorso debbono essere contenute le indicazioni previste dall’art. 407, primo comma c.c.

 

Art. 92

 

L’art. 713 c.p.c. è sostituito come segue:

“Provvedimenti del giudice tutelare. Il giudice tutelare ordina la comunicazione del ricorso al pubblico ministero e fissa l'udienza di comparizione davanti a sè del ricorrente e dell’ interessato; dispone, altresì, la comparizione  delle altre persone indicate nel ricorso, nonché dei soggetti indicati nell’art. 407, terzo comma c.c. le cui informazioni ritenga utili ai fini della decisione

Il ricorso e il decreto sono comunicati alle persone convocate e al pubblico ministero”

 

Art. 93

L’art. 714 c.p.c. è sostituito come segue:

“Istruzione preliminare. - All'udienza, il giudice tutelare, con l'intervento del pubblico ministero, procede all'esame dell' interessato secondo quanto dispone l’art. 407, secondo comma c.c., sente le altre persone citate, interrogandole sulle circostanze che ritiene rilevanti ai fini della decisione e può disporre anche d'ufficio l'assunzione di ulteriori informazioni ai sensi dell’art. 407, terzo comma c.c.”

Art. 94

L’art. 715 c.p.c. è sostituito come segue:

“Impedimento a comparire dell' interessato – Se per legittimo impedimento l' interessato non può presentarsi davanti al giudice tutelare, questi, con l'intervento del pubblico ministero, si reca per sentirlo nel luogo dove si trova, ai sensi dell’art. 407, secondo comma, c.c.”.

 

Art. 95

 

Il comma 1 dell’art. 716 c.p.c. è modificato come segue:

 

Capacità processuale dell' interessato.

 

La persona cui il procedimento si riferisce può stare in giudizio e compiere da sola tutti gli atti del procedimento, comprese le impugnazioni, salvo quanto previsto nel successivo comma.

In ogni fase del procedimento, il giudice tutelare qualora, con riferimento esclusivo all’interesse del beneficiario, ritenga di stabilire divieti, limitazioni o decadenze incidenti su diritti fondamentali della persona, invita il beneficiario e l’amministratore di sostegno, anche provvisorio, a nominare un difensore.

 

A tal fine, il giudice tutelare fissa un termine per la nomina del difensore, rinviando ad una udienza successiva l’assunzione dei provvedimenti in relazione ai quali è disposta la difesa tecnica.

 

La mancata nomina del difensore, da parte del beneficiario o dell’amministratore di sostegno anche provvisorio, nel termine assegnato, legittima il giudice tutelare a stabilire i divieti, le limitazioni o le decadenze in relazione ai quali egli aveva disposto la nomina del difensore”.

 

Art. 96

 

Il comma 1 dell’art. 717 c.p.c. è così sostituito:

“Nomina dell’ amministratore di sostegno provvisorio.

L’ amministratore di sostegno provvisorio è nominato, anche d'ufficio, con decreto del giudice tutelare”.

Il secondo comma dell’art. 717 c.p.c. è abrogato.

 

Art. 97

 

L’art. 718 c.p.c. è modificato come segue:

“Legittimazione all' impugnazione.

Il decreto che provvede sul ricorso per l’ amministrazione di sostegno può essere impugnato da tutti coloro che avrebbero avuto diritto a ricorrere, anche se non parteciparono al procedimento, e dall’ amministratore di sostegno nominato con lo stesso provvedimento”.

Art. 98

 

L’art. 719 c.p.c. è modificato come segue:

“Impugnazioni - Contro il decreto del giudice tutelare è ammesso reclamo alla corte d'appello a norma dell'articolo 739.

Contro il decreto della corte d'appello pronunciato ai sensi del primo comma può essere proposto ricorso per cassazione.

Il termine per la impugnazione decorre per tutte le persone indicate nell'articolo precedente dalla comunicazione del provvedimento a tutti coloro che parteciparono al giudizio

Se è stato nominato un amministratore provvisorio, l'atto di impugnazione deve essere notificato anche a lui”

Art. 99

L’art. 720 c.p.c. è modificato come segue:

“Revoca dell' amministrazione di sostegno.

Per la revoca dell' amministrazione di sostegno si osservano le norme stabilite per la pronuncia di essa.

Coloro che avevano diritto di promuovere il procedimento di amministrazione di sostegno possono intervenire nel giudizio di revoca per opporsi alla domanda, e possono altresì impugnare il provvedimento pronunciato nel giudizio di revoca, anche se non parteciparono al giudizio.

 

Art. 100

 

L’art. 720 bis c.p.c. è abrogato.

I commi 2 e 3 divengono, rispettivamente, comma 1 e 2 dell’art. 719 c.p.c.

 

Art. 101

 

L’ art. 19 c.p. viene modificato come segue:

“Le pene accessorie per i delitti sono:

1) l'interdizione dai pubblici uffici;

2) l'interdizione da una professione o da un'arte ;

3) l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese;

4) l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione;

5) l'estinzione del rapporto di impiego o di lavoro;

6) la decadenza o la sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori”

 

Art. 102

 

La rubrica dell’ art. 32 c.p. viene modificata come segue:

 

“Decadenza e sospensione dalla potestà genitoriale

 

I commi 1 e 4 dell’ art. 32 c.p. sono abrogati.

I commi 2 e 3comma diventano, rispettivamente, 1 e 2

 

“La condanna all'ergastolo importa anche la decadenza dalla potestà dei genitori.

 

La condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni produce, durante la pena, la sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori, salvo che il giudice disponga altrimenti.”

 

Art. 103

 

L’art. 144, comma 1, lett. a) c.p.p. è modificato come segue:

“Incapacità e incompatibilità dell'interprete. - 1. Non può prestare ufficio di interprete, a pena di nullità: a) il minorenne e chi è affetto da infermità di mente”

Art. 104

Il comma 1 dell’ art. 166 c.p.p. è modificato come segue:

“Notificazioni all'imputato infermo di mente. - Se l'imputato si trova nelle condizioni previste dall'articolo 71 comma 1, le notificazioni si eseguono a norma degli articoli precedenti e presso il curatore speciale

Art. 105

L’art. 222, comma 1, lett. a) c.p.p. è modificato come segue:

“Incapacità e incompatibilità del perito.- Non può prestare ufficio di perito, a pena di nullità: a) il minorenne e chi è affetto da infermità di mente.”

Art. 106

I commi 2 e 4 dell’art. 571 c.p.p. sono modificati come segue:

Impugnazione dell'imputato - Il curatore speciale per l'imputato incapace di intendere o di volere può proporre l'impugnazione che spetta all'imputato.

L'imputato, nei modi previsti per la rinuncia, può togliere effetto all'impugnazione proposta dal suo difensore. Per l'efficacia della dichiarazione nel caso previsto dal comma 2, è necessario il consenso del curatore speciale.”

Art. 107

L’art. 13 della L. n. 194/1978 è così modificato:

Se la donna si trova nelle condizioni legittimanti il ricorso previsto dall’art. 404 c.c. per l’istituzione dell’ amministrazione di sostegno, la richiesta di cui agli artt. 4 e 6 può essere presentata, oltre che da lei personalmente, anche dal marito che non sia legalmente separato.

Se la donna è beneficiaria di amministrazione di sostegno, la richiesta di cui agli artt. 4 e 6 può essere presentata oltre che da lei personalmente, anche dall’ amministratore di sostegno, a ciò autorizzato dal giudice tutelare.

Nel caso in cui la richiesta venga presentata personalmente dalla donna beneficiaria di amministrazione di sostegno, deve essere sentito il parere dell’ amministratore di sostegno. La richiesta presentata dall’amministratore di sostegno o dal marito deve essere confermata dalla donna.

Il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, trasmette al giudice tutelare, entro il termine di sette giorni dalla presentazione della richiesta, una relazione contenente ragguagli sulla domanda e sulla sua provenienza, sull’atteggiamento comunque assunto dalla donna e sulle sue condizioni fisio-psichiche”.

Art. 108

Il comma 5 dell’ art. 19 della L. n. 194/1978 viene modificato come segue:

“Quando l'interruzione volontaria della gravidanza avviene su donna minore degli anni diciotto, o incapace di intendere e di volere, fuori dei casi o senza l'osservanza delle modalità previste dagli artt. 12 e 13, chi la cagiona è punito con le pene rispettivamente previste dai commi precedenti aumentate fino alla metà. La donna non è punibile”.

Art. 109

L’art. 145 del Dpr n. 115/2002 (T.U. sulle spese di giustizia) viene modificato come segue:

“Procedimento per l’istituzione dell’amministrazione di sostegno

Nel procedimento per l’istituzione dell’amministrazione di sostegno le spese sono regolate dall'articolo 131, eccetto per gli onorari dovuti al consulente tecnico dell' interessato, e all'ausiliario del magistrato, i quali sono anticipati dall'erario.
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Da “Volontari Insieme” 14 maggio 2005 Centro di servizio per il volontariato Treviso

 

 

 

Aitsam e Etica 2001

 

Nasce un gruppo di lavoro per tutelare i disabili

 

 

A poco più di un anno dall’entrata in vigore (il 19 marzo 2004) della legge sull’amministratore di sostegno, l’interesse sull’argomento è ancora vivo.

Non sono stati ancora sciolti infatti i nodi relativi alla sua attuazione e le associazioni della provincia di Treviso, che fin dalla battaglia per l’approvazione della normativa si sono levate in difesa di questa nuova figura giuridica, si stanno impegnando attivamente con varie iniziative per informare ed offrire consulenza alle famiglie e agli operatori e sanitari.

Etica 2001 e il Coordinamento regionale veneto dell’Aitsam, dopo aver promosso corsi di formazione a Treviso e a Castelfranco la seconda metà del 2004 e a Conegliano nei mesi di febbraio e marzo 2005, si stanno attivando per mettere in rete amministratori si sostegno, tecnici ed esperti.

Un passo indispensabile per fornire un aiuto ai neoamministratori, alle famiglie e ai professionisti che si trovano a gestire nel quotidiano i problemi applicativi della nuova legge.

In questa direzione si sono mosse ad esempio l’associazione Etica 2001 e l’Aitsam di Castelfranco, costituendo un Coordinamento degli amministratori di sostegno dei Comuni dell’Ulss 8.

Un progetto, finanziato dal Centro di Servizio, che darà vita ad un gruppo di lavoro composto da un pool di tecnici che forniranno consulenza gratuita in campo medico, psichiatrico, bancario, assicurativo, fiscale, psicologico.

Altri obiettivi riguardano la collaborazione con il giudice tutelare, con banche ed assicurazioni al fine di individuare le migliori formule contrattuali per tutelare gli amministrati, nonché la realizzazione di un monitoraggio informatico, che documenti le tipologie dei beneficiari da un lato (anziani, psicotici, alcolisti, persone disabili, ecc.) e il numero di pratiche avviate, dall’altro.

E’ stato inoltre creato un sito – www.amministratoredisostegno.com – che, oltre alla pubblicazione, consentirà la formazione di una banca dati relativa alla legislazione e alla giurisprudenza.       “ Miriamo a tenere un faro di luce su tali questioni – spiega la presidente di Etica 2001, Gabriella Folliero – in particolare su quelle ancora non risolte. Penso innanzitutto alla necessità di stabilire che il ricorso possa essere presentato dal cittadino privato e non necessariamente da un avvocato, fra l’altro molto costoso, come sostengono alcuni tribunali”.

Altro aspetto da affrontare è la necessità di dare un supporto al giudice tutelare: “se i Comuni, ad esempio - continua Folliero – contribuissero con proprio personale o risorse finanziarie ad aiutare il giudice nel disbrigo delle numerose pratiche, si eviterebbero rallentamenti inutili e dannosi”.          Tali discussioni sugli aspetti tecnico – giuridici, non distraggono comunque dall’obiettivo primario della formazione: il gruppo di lavoro infatti – che si riunirà una volta al mese – si occuperà anche dell’organizzazione di nuovi corsi di aggiornamento e di approfondimento.

 

Le Associazioni Etica 2001 e A.I.T.Sa.M. segnalano inoltre una pubblicazione curata da Luana Calabrese, presidente della sezione A.I.T.Sa.M. di Castelfranco Veneto, “L’AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO. DALLA TEORIA ALLA PRATICA” che raccoglie le lezioni teorico pratiche del primo corso di formazione tenuto nel novembre del 2004 da insigni giuristi, medici, tutori, educatori, tecnici della riabilitazione. Edizioni Maripa, via Vecellio 199 – 35100 Padova tel/fax 0498643262 € 15,00 pagg. 196.(Spese di spedizione a carico della casa editrice)

Alla stessa editrice potrà essere richiesto, sempre con spese a suo carico, un altro utile libretto “MIGLIORIAMO LA PENSIONE DI REVERSIBILITA’ PER I FIGLI INABILI” che presenta recenti proposte di riforma della reversibilità a tutela del diritto al lavoro della persona disabile. Proposte da divulgare e sostenere nelle sedi competenti. Curato da Luana Calabrese, edito in luglio 2005 pagg.100, € 12,00

Entrambi fanno parte della collana TEMI SPECIALI che si occupa in modo semplice ed immediato di temi importanti a favore del soggetto debole. L’autrice è a disposizione per raccogliere idee, suggerimenti, problematiche proposte dai lettori. E mail [email protected]

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AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO:

una nuova cultura di promozione dei diritti

Legge 9 gennaio 2004, n° 6

SABATO 1 MAGGIO 2004 Padova Fiere- Sala dei Carraresi

Ruolo della famiglia.

Come varia il sentire della componente genitoriale rispetto agli strumenti di tutela legale

(Intervento del dr Giovanni Gelmuzzi-direttore della Associazione “Oltre noi…la vita)

 

La famiglia e la destituzionalizzazione

Negli ultimi trent’anni, la famiglia è stata direttamente interessata da tutte le fasi del processo culturale e strutturale della destituzionalizzazione, ossia le varie fasi del passaggio dalla logica del ricovero della persona con disabilità, alla sua integrazione nella comunità di appartenenza attraverso l’attività di un’idonea rete di servizi sul territorio.

Spesso di questo processo la famiglia è stata promotrice e per favorirlo, si è essa stessa posta come servizio, per garantire la risposta al bisogno di residenzialità, di assistenza ai bisogni primari, di risposta ai bisogni relazionali ed affettivi ecc.

Spesso chi si occupa del sociale e della rete di servizi, trascura quel ruolo che la famiglia offre nel garantire con la testa e col cuore, il servizio prioritario per la qualità della vita del figlio ossia il servizio di protezione e rappresentanza del figlio che, per i suoi più o meno marcati deficit intellettivi e comunque per la sua ridotta capacità di “intendere e di volere” come richiesto per una vita socialmente autonoma, esige che il genitore si faccia carico di lui anche nella maggiore età, nello stesso modo con cui viene assicurata giuridicamente la podestà genitoriale indistintamente per tutti i minori.

Questo servizio viene drammaticamente in evidenza nella prospettiva del “dopo di noi”.

Il genitore si preoccupa delle risposte residenziali, patrimoniali, lavorative e sociali in genere, ma non esplicita un’altrettanto angosciosa domanda: "chi si occuperà di mio figlio quando non ci sarò più?"

Il “durante noi” di milioni di gravi disabili adulti che vivono in famiglia, trova infatti la garanzia di qualità di vita (soddisfazione dei bisogni del disabile con accesso ai servizi più idonei: residenzialità, riabilitazione, socializzazione, attività, affettività, risorse economiche, ecc.), perché ci sono i genitori che esercitano la tutela con la testa e col cuore.

Questa forma di tutela è però indispensabile per tutta la vita, per tutti gli incapaci. Oggi milioni di incapaci adulti, benché affiancati da genitori premurosi, sono privi di servizio di tutela giuridicamente riconosciuto nel “durante noi”e ancor più ne saranno privi, se non si provvede in tempo, anche nel “dopo di noi”, ossia quando la loro vita si svolgerà presso comunità o altri modelli residenziali, non esclusa la casa ove sono cresciuti. Chi sarà legittimato ad interloquire con i servizi del territorio rappresentando giuridicamente chl è incapace di autorappresentarsi?

"Oltre noi…la vita” ha sperimentato un modello organizzativo per un servizio che aiuta i genitori a pianificare e possibilmente sperimentare il “dopo…noi” nel “durante noi”. Al problema angoscioso di milioni di famiglie deve essere prospettata una soluzione normale.

L’esperienza decennale di questa associazione fondata nel 1992 all’AIAS Milano assieme ad Anffas Milano e alle Fondazioni di Don Gnocchi e Istituto Sacra Famiglia, si presenta come modello operativo efficace ed esportabile sul territorio per essere vicino alle situazioni di bisogno.

 

1. I genitori e la costruzione del “dopo di noi” nel “durante noi”.

L’associazione “Oltre noi…la vita" si è data il compito di sperimentare un modello operativo che aiuti la famiglia a progettare il dopo di noi nel durante noi.

Con la competenza di professionisti che offrono la loro collaborazione, aggregati nella associazione dei volontari di "Oltre noi…la vita”, vera e propria risorsa operativa,  e con una serie di iniziative adottate, perfezionate ormai negli ultimi quindici annidi vita della associazione, si aiutano i genitori che conoscono bisogni e desideri dei loro figlioli,a progettare il “dopo di noi” nel“durante noi”.

La scommessa di “oltre noi… la vita” è inoltre quella di convincere questi genitori a cominciare a sperimentare il “dopo di noi” già nel “durante noi”, ossia ad iniziare quel distacco che sarà inevitabile,verificando le soluzioni migliori senza attendere che le soluzioni vengano prese da altri in situazione di emergenza. I gruppi di Self-help (auto mutuo aiuto) contribuiscono a raggiungere questo obiettivo.  

 

Il genitore progetta e sperimenta il dopo di noi nel durante noi 

Ciò premesso “Oltre noi…la vita”, aiutando i genitori a pianificare il dopo di noi ha visto prendere corpo soluzioni innovative anche per i modelli di residenzialità. I genitori hanno sentito il bisogno di essere protagonisti nella progettazione e nella creazione di strutture anche innovative per il bisogno di residenzialità (meglio sarebbe dire del luogo ove abitare) senza delegare alla pubblica amministrazione questo impegno.

Sostenuti da questo aiuto i genitori hanno pertanto immediatamente colto l’opportunità intravista ad esempio nel modello giuridico della fondazione di partecipazione prospettata dal Notaio Bellezza nel nostro convegno del 1999. E’ nata la fondazione “Idea vita” (www.ideavita.it) e oggi il modello si diffonde a Verona con “Futuro insieme”, a Bologna con la fondazione di partecipazione “dopo di noi”, a Roma, per restare alle esperienze con le quali “Oltre noi…la vita” ha interagito.

Sempre sullo stimolo del convegno citato si è cominciato a lavorare al progetto RIT (www.ritmilano.it) che ora si concretizza e si pone come modello facilmente riproducibile.

In fondo è la riscoperta delle cascine o delle case di ringhiera dove l’anziano era aiutato e lui stesso aiutava i bambini e che a loro volta erano aiutati dagli adulti che si dividevano tra il lavoro e l’impegno educativo verso i figli  e magari ospitavano un parente in difficoltà che si sdebitava aiutando come poteva questa “corte dei miracoli”.

Questi esempi  (RTI e Fondazione di partecipazione), se di interesse, possono essere illustrati, nei loro aspetti più analitici o di dettaglio, nella discussione o rivolgendosi alla sede della mia associazione. Certamente il presupposto di questi modelli è individuabile in un approccio che li distingue anche per il fatto che mentre lo stato percorre una strada di rinnovamento e adeguamento dei suoi modelli storici (dall’istituto, alla RSA, alla RSH, alla comunità alloggio…) i genitori invece, se adeguatamente aiutati, partono dalla vita nella propria casa per trovare soluzioni che ne siano lo sviluppo naturale e nelle quali sia presente l’itergenerazionalità e le caratteristiche di una vita “normale”.

Ovviamente questa fantasia dei genitori e la messa in gioco di risorse private individua quotidianamente anche altre soluzioni meno originali ma altrettanto funzionali sia in termini di risposta ai bisogni di che andrà a fruirne sia in termini di ricchezza esperienzale sia in termini di economicità per la collettività.

Se il genitore viene aiutato con professionalità nella elaborazione di questo progetto del “dopo di noi” e, se possibile, aiutato con professionalità (magari col sostegno dei gruppi di auto mutuo aiuto (AMA) per iniziare nel “durante noi” questo percorso di vita autonoma, (un aiuto che deve essere offerto al genitore sia in termini complessivi che per i suoi singoli aspetti che rimandano a professionalità diverse), si ottengono diversi risultati importanti. Si toglie il genitore dallo stato di angoscia per un evento ineluttabile per il quale il genitore non sa cosa fare, si evita di rimandare ad operatori sociali il compito di attivare soluzioni in situazioni di emergenza, si permette al genitore di essere protagonista di questo progetto, come è giusto che sia, perché è iscritto nel ruolo del genitore il compito di provvedere al futuro dei figli e di prepararli alla vita autonoma massima possibile e spesso diventa anche meno costoso per la collettività, perché con grande motivazione i genitori mettono a disposizione le risorse della famiglia. Ovviamente i vantaggi maggiori e più importanti sono poi quelli che vanno a favore della persona con disabilità, perché potrà fruire di un progetto fatto su misura per lui, da chi meglio di ogni altro conosce i suoi bisogni, i suoi desideri, le sue abitudini e le sue…manie.  

  

 

2. La tutela:un bisogno prioritario per chi non può autorappresentarsi

Oggi in Italia non esiste una adeguata cultura della tutela: solo una piccola percentuale  di coloro che ne avrebbero necessità (disabili mentali gravi, persone affette da malattie psichiatriche e geriatriche ) sono giuridicamente tutelati ( probabilmente non più del 3-5%).

Non solo, oggi la tutela viene prevalentemente concepita come strumento per superare le difficoltà alle quali le famiglie devono, magari improvvisamente, far fronte (eredità, vendite, pratiche di pensioni, amministrazione di patrimonio, ecc.). Infatti, al compimento del diciottesimo anno di età, anche per il disabile grave cessa la tutela giuridica dei genitori. Come l’azione della nostra Associazione sta dimostrando, la tutela può invece dare di più che la semplice soluzione di problemi burocratici: può e deve essere la base sulla quale costruire, con il cuore e con la professionalità, la qualità della vita dei tutelati; può fornire serenità a coloro che stanno loro vicini e più in generale a tutta la comunità nella quale vivono: può offrire con pieno riconoscimento giuridico un prolungamento della tutela esercitata durante la minor età.

Può inoltre evitare che agli operatori di strutture di servizio sociosanitario, agendo per disabili gravi, competa sia la verifica del bisogno, sia la risposta al bisogno e sia la verifica del servizio offerto, ricadendo così nella istituzione totale che non ha un interlocutore che rappresenti giuridicamente l’incapace cliente non in grado di autorappresentarsi, almeno per un consenso informato sul piano di lavoro personalizzato.

 

Se tutto questo è condivisibile, si deve pensare il servizio di Tutela giuridicamente, culturalmente ed operativamente.

-Giuridicamente verifichiamo che il nostro Paese fino al mese scorso possedeva un assetto normativo insufficiente e lontano comunque dall’assetto giuridico che riscontriamo in Paesi a noi vicini: Nel nostro convegno svoltosi a Milano il 19 marzo, abbiamo salutato e illustrato l’introduzione nel nostro Paese dell’Istituto dell’Amministrazione di Sostegno alla cui elaborazione la nostra Associazione ha dato un determinante contributo ritenendolo un indispensabile strumento per la miglior qualità di  vita di chi è in difficoltà.

-Culturalmente deve essere promossa un’azione imponente che richiede il coinvolgimento anche delle Amministrazioni Locali, Provinciali, Regionali, Statali. Con l’appoggio di queste amministrazioni verrebbe facilitata la soluzione del problema giuridico già in corso e si stimolerebbe l’attività operativa. In analogia a quanto avviene in qualche altro Paese, si potrebbe pensare alla tutela come diritto (e non come un optional) in quanto nella rete dei servizi alla persona. La tutela  (non più collegata all’interdizione)potrà diventare un tema anche politicamente appagante:la ricaduta in termini di malfare sarà notevole e visibile, dato il gran numero  di persone coinvolte; le risorse finanziarie richieste relativamente ai costi di altri servizi, saranno molto modeste, mentre grande sarebbe la mobilitazione di risorse umane nell’ambito di Associazioni di volontariato e istituzioni varie.

 

-Operativamente si tratta di identificare, formare e quindi assistere nel tempo un numero imponente di “tutori col cuore” ossia di persone che sullo stile dei genitori si preoccupino responsabilmente della qualità della vita del tutelato ;si tratta probabilmente in molti casini scindere gli aspetti amministrativi da quelli più direttamente attinenti alla qualità della vita; si tratta di vedere se la tutela, come già avviene altrove, debba essere affidata a persone giuridiche ove le persone fisiche aventi la professionalità e le motivazioni richieste non siano in numero sufficiente ,  si tratta infine di esaminare se, quando e come la tutela possa essere un servizio remunerato.

 

In conclusione 

La destituzionalizzazione conquistata dai genitori con le loro appassionate battaglie negli anni settanta, ha avuto il grande merito di far sorgere una rete di servizi sul territorio e di consentire anche ai disabili gravi di permanere nell’ambito famigliare per godere una qualità di vita prima impensabile, fatta di relazioni affettive ricche ed autentiche, di risposte ai bisogni primari, sociali e riabilitativi, di  soddisfazione di ciò che passa sotto la voce bisogni, ma anche sotto la voce desideri e preferenze, perché solo una mamma ed un papà possono coglierli e soddisfarli.

Ma si dimentica che tutto ciò funziona se c’è la famiglia: un servizio che offre tutela e che presiede ad ogni scelta determinante per la qualità di vita di chi è incapace di scegliere e di autorappresentarsi.

Allora il dopo di noi non deve essere una angoscia per un problema al quale si ritiene di non poter porre rimedio, ma deve essere solo uno dei problemi che si affronta come si affrontano gli altri problemi con una soluzione normale.

Ancora una volta si affida alla famiglia il ruolo, che le è proprio, di favorire l’adultità del figlio anche con grave disabilità. Questa adultità si persegue aiutando il genitore a farsi progettista di questo percorso nel quale dovranno essere favorite le potenzialità di vita autonoma, da sperimentare “durante il noi”, come migliore preparazione al “dopo di noi”.

Anche come antidoto all’angoscia del “dopo di noi”.
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XIV LEGISLATURA - Scheda lavori preparatori
Atto parlamentare: 2189
(Fase iter Camera: 1^ lettura)


S. 375. - Senatori FASSONE ed altri: "Introduzione nel libro primo, titolo XII, del codice civile del capo I, relativo all’istituzione dell’amministrazione di sostegno e modifica degli articoli 388, 414, 417, 418, 424, 426, 427 e 429 del codice civile in materia di interdizione e di inabilitazione, nonché relative norme di attuazione, di coordinamento e finali" (approvata dalla II Commissione permanente del Senato) (2189)

Stato iter:
Approvato il 15 ottobre 2003


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Comune di Vigodarzere (PD)

Il Sindaco Roberto Zanovello e

l'Assessore alle Politiche Sociali Enrico Pavanetto

invitano al

CONVEGNO NAZIONALE

DISABILITA': L'AMMINISTRATORE DI

SOSTEGNO ALTERNATIVA ALL'INTERDIZIONE

Auditorium della chiesa arcipretale - Vigodarzere (PD)

Sabato 27 settembre 2003 - ore 9.00

Relatori

Paolo Cendon

Professore Ordinario di Diritto Privato - Università di Trieste

"Quanto più un progetto di legge è buono tanto maggiori sono gli ostacoli sul suo cammino"

Renato Pescara

Professore Ordinario di Diritto Privato - Università di Padova

"Le riforme attuate nei principali paesi d'Europa"

Renato Rizzo

Presidente Onorario Aggiunto della Corte di Cassazione

"Un progetto di legge, una novità, una speranza"

On. Michele Saponara

Presidente Comitato per la Legislazione

"Progetto di legge 2189, quali certezze"

On. Carmelo Porcu

Membro XII Commissione Affari Sociali

"Giusta rilevanza del nuovo istituto giuridico"

Luana Calabrese

Presidente sezione A.I.T.Sa.M.

"Aspettative degli utenti e delle famiglie"

Moderatore: Gabriella Folliero - Presidente Etica 2001 onlus

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23/06/2003 - PARTE DAL BELLUNESE UN IMPEGNO PRECISO SUI DIRITTI
Il parlamentare Fistarol chiederà la ripresa dei lavori della legge sull'amministratore di sostegno

 

L'appuntamento è stato fissato al 3 dicembre 2003, Giornata Mondiale della Disabilità.
Il Comitato d'Intesa, che durante la festa al Borgo sabato 7 giugno ha consegnato alle Autorità un documento per chiedere un impegno preciso sui diritti dei disabili, ne ha fissato la verifica al 3 dicembre.
Queste le parole pronunciate da Maurizio Fistarol, deputato della Margherita ed unico parlamentare presente, che ha sollecitato il mondo del volontariato a verifiche puntuali nei confronti di chi ricopre cariche istituzionali, a qualsiasi livello: "Non accontentatevi dell'interrogazione, non serve a niente se non a mettersi in mostra, rivediamoci qui fra sei mesi e vediamo invece quali siano i risultati concreti, non su tutto, ma su due o tre punti sì".
In particolare, Fistarol ha affermato la propria disponibilità a sollecitare, presso il Presidente della Camera Pier Ferdinando Casini, la ripresa dei lavori sulla proposta di legge che prevede di sostituire, tutte le volte che sia possibile, gli istituti dell'interdizione e dell'inabilitazione con misure più rispettose dei diritti dell'individuo e al tempo stesso idonee a sostenere queste persone nella gestione del proprio patrimonio.
La legge, che dovrebbe istituire l'amministratore di sostegno, è stata approvata dal Senato il 21 dicembre 2001, ma è ferma alla Camera che non ha concluso il proprio iter, ed il testo è tuttora in discussione in Commissione Giustizia.
Il documento è stato inviato a tutti i parlamentari, ai consiglieri regionali e ai sindaci bellunesi.

… L'appuntamento del 3 dicembre è valido naturalmente anche per loro!

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SEDUTA 26 MARZO 2003

Disposizioni in materia di tutela di persone non autosufficienti.
C. 2189 Sen. Fassone, approvato dal Senato, C. 340 Giacco, C. 691 Turco, C. 2190 Pisapia e C. 2733 Cima.
(Seguito dell'esame e conclusione).


Pag. 26

La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da ultimo, nella seduta del 19 febbraio 2003.

Gaetano PECORELLA, presidente, avverte che è pervenuto il parere della V Commissione sulle modifiche apportate al testo, del quale dà conto.

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione delibera di conferire il mandato al relatore a riferire in senso favorevole all'Assemblea sul provvedimento in esame. Delibera altresì di chiedere l'autorizzazione a riferire oralmente.

Gaetano PECORELLA, presidente, si riserva di designare i componenti del Comitato dei nove sulla base delle indicazioni dei gruppi.

La seduta termina alle 14.50.

 

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AMMINISTRATORE SOSTEGNO.Mercoledì 19 febbraio 2003.II Commissione - Resoconto di Pag. 17

SEDE REFERENTE Mercoledì 19 febbraio 2003. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA. -

Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Michele Giuseppe Vietti. La seduta comincia alle 13.40. Disposizioni in materia di tutela di persone non autosufficienti. C. 2189 Sen. Fassone, approvato dal Senato, C. 340 Giacco, C. 691 Turco e C. 2190 Pisapia. (Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame rinviato, da ultimo, nella seduta del 19 novembre 2002. Erminia MAZZONI (UDC), relatore, illustra il suo emendamento 13.100, la cui presentazione si è resa necessaria in seguito all'approvazione della legge finanziaria per il 2003 (vedi allegato), raccomandandone l'approvazione. La Commissione approva l'emendamento 13.100 del relatore. Gaetano PECORELLA, presidente, avverte che il testo sarà trasmesso alla Commissione bilancio per l'espressione del prescritto parere. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

ALLEGATO Disposizioni in materia di tutela di persone non autosufficienti (C. 2189 Sen. Fassone, approvato dal Senato, C. 340 Giacco, C. 691 Turco e C. 2190 Pisapia). ULTERIORE EMENDAMENTO DEL RELATORE All'articolo 13, sostituire il comma 2 con il seguente: 2. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo, valutato in euro 4.244.970 a decorrere dall'anno 2003, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2003-2005, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2003, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia. 13. 100. Il Relatore.

7 Ottobre 2002
AMMINISTRATORE SOSTEGNO: PDL RISCHIA STOP
Rischia di impantanarsi di nuovo la proposta di legge sull'Amministratore di Sostegno per i disabili che offrirebbe un'alternativa dignitosa all'odiosa pratica dell'interdizione

ANSA

ASSISTENZA:RISCHIA STOP PDL SU AMMINISTRATORE SOSTEGNO
Rischia di impantanarsi di nuovo la proposta di legge sull'Amministratore di Sostegno per i disabili che offrirebbe un'alternativa dignitosa all'odiosa pratica dell'interdizione. Lo denuncia l'Associazione 'Oltre noi la vita' che critica l'operato del presidente della Commissione Giustizia della Camera, On. Pecorella il quale ha riaperto i termini perla presentazione di nuovi emendamenti. ''Sono 10 anni - afferma una nota - che la proposta di legge alla quale ha dato il suo contributo l'Associazione 'Oltre noi la Vita' (fondata e sostenuta dalle Associazioni Aias e Anffas e dalle Fondazioni Sacra Famiglia e Don Gnocchi) giace in Parlamento. Con l'ultimo governo Berlusconi aveva superato lo scoglio del Senato e si apprestava a fare lo stesso con quello della Camera quando il Presidente della Commissione Giustizia della Camera, l'on. Pecorella, ha riaperto i termini per la presentazione di nuovi emendamenti''. ''Cosi' - nota l'Associazione - si rischia di ricominciare da capo il percorso tra Senato e Camera. Sale l'indignazione dei genitori di ragazzi con handicap gravi - che sono oltre un milione - i quali si vedono costretti ancora oggi a ricorrere all' interdizione per i propri figli una volta che hanno compiuto i 18 anni. Devono interdirli per avere titolo a fare cio' che hanno sempre fatto e per rappresentarli per riscuotere la pensione, per atti notarili ecc.''. Questo, per Massimo Gelmuzzi, direttore di 'Oltre noi la vita' e' ''uno strumento obsoleto sopravvissuto dai tempi del codice napoleonico e che si conclude con un processo notificato ai parenti fino al quarto grado e una sentenza di interdizione vissuta come infamante''. Oltre noi la Vita si batte affinche' con una normativa rispettosa delle differenti situazioni di disabilita'(insufficienza mentale, malattia psichiatrica, etilismo,tossicodipendenza, malattie senili) sia consentito di indicare per ogni disabile una persona che si preoccupi della sua qualita' di vita, con mandato giuridico personalizzato: l'Amministratore di Sostegno. La procedura (gratuita a fronte delle consistenti spese - fino a 1000 euro - per l'interdizione)verrebbe promossa dai genitori e il Giudice tutelare attribuirebbe questo incarico, sotto la sua vigilanza, anzitutto al genitore, oppure a un parente o a un volontario. Cio'permetterebbe ai genitori anche di pianificare il futuro dei figli, quando loro verranno a mancare. ''Ma a questo punto - conclude Gelmuzzi - c'e' il rischio che la legge non veda luce neppure per il 2003 che e' l'anno europeo delle persone con handicap.



Nel sito di ANGSA Lombardia leggiamo un articolo molto interessante:

"Arriva l'AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO

"(luglio 2002) Prima della chiusura estiva dell'attività avrei voluto aggiornare questo articolo commentando gli articoli della nuova normativa approvata: ancora una volta, invece, le aspettative della persona in difficoltà sono state disattese! A tutt'oggi, silenzio dalla Camera dei Deputati; ovvero, per la verità, rumore (su altri argomenti) se ne sta facendo tanto, forse troppo. Signori Onorevoli, non conosco il numero delle persone disabili che esercitano il diritto di voto; so viceversa che molti cittadini votanti sarebbero interessati al decollo della legge sull'amministratore di sostegno.Alfredo Bovi"

(maggio 2002)

INTERDIZIONE : morte civile per il disabile o semplice formalità nel suo interesse?

Probabilmente la verità sta in mezzo; una cosa è certa: un paese civile non può continuare ad adottare delle norme emanate oltre mezzo secolo fa.

Nel frattempo la "cultura delle persone in difficoltà" ha fatto grandi passi!

Dopo diversi anni di attese e rinvii, nasce finalmente una nuova figura giuridica per l'assistenza di disabili e anziani: l'amministratore di sostegno, col compito di tutelare gli interessi economici degli assistiti aiutandoli nelle scelte di vita.

Ne sono beneficiarie le persone che si trovano nell’impossibilità (anche parziale o temporanea) di provvedere alla cura della propria persona o dei propri interessi, a causa di:

 infermità o menomazione (fisica o psichica)

 età avanzata.

Il relativo disegno di legge (AC 2189), che viene considerato una «riposta di civiltà» dagli addetti ai lavori, sta per essere definitivamente approvato alla Camera. La sua entrata in vigore, infatti, mira ad evitare l'interdizione e l'inabilitazione.

Il testo, già approvato dal Senato a grande convergenza, assicura una migliore tutela delle persone, con una minor possibile limitazione dei propri diritti. Entro fine maggio si attende l'approvazione anche da parte della commissione Giustizia della Camera.

Nel Codice Civile (mio coetaneo!) pertanto il titolo XII "Dell'infermità di mente, dell'interdizione e dell'inabilitazione" dovrebbe essere sostituito col nuovo titolo "Delle misure di protezione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia".

Infatti, con la nuova figura giuridica dell'amministrazione di sostegno si tende soprattutto al miglioramento della qualità della vita futura e non alla semplice salvaguardia del patrimonio della persona in difficoltà. Ovviamente la normativa giuridica potrà solo tracciare le linee generali, ma vincolanti, entro i quali famiglie ed istituzioni potranno poi muoversi.

L'amministratore di sostegno potrà essere:  indicato dalla stessa persona assistita o dai suoi genitori con apposito testamento  il coniuge o un parente (ascendente o discendente) entro il 4° grado

Per il "Diritto di familia" italiano, parenti sono SOLTANTO le persone che discendono da uno stesso capo-stipite. Il grado corrisponde al numero di generazioni intercorrenti.

Esempio:

figlio - padre = 1° grado in linea retta; figlio - padre - nonno = 2° grado in linea retta; figlio - padre - nonno - bisnonno = 3° grado in linea retta; ecc. (e viceversa). Per contare i gradi con i parenti collaterali, si sale fino al comune capo-stipite e poi si scende verso l'altro ramo.

Esempio (in corsivo il parente capo-stipite): figlio - padre - fratello = 2° grado in linea collaterale (non esiste il 1° grado in linea collaterale); figlio - padre - nonno - zio = 3° grado in linea collaterale; figlio - padre - nonno - zio - cugino = 4° grado in linea collaterale; ecc. (e viceversa). Il proprio coniuge non ha grado (proprio perché non è parente, ma coniuge). Ovviamente lo stesso metodo di conteggio vale nei confronti del ramo materno. Attenzione: la legge considera affini e non parenti, i cognati, nuore, suocere, ovvero quelli che sono parenti del coniuge, mantenendone lo stesso grado. Es.: la cognata, cioè coniuge del fratello (parente di 2° grado) è affine di 2° grado.

Vantaggi economici previsti dalla nuova normativa:  procedimento di nomina dell'amministratore gratuito  atti e provvedimenti relativi non soggetti all'obbligo di registrazione  esenzione dal "contributo unificato" (ex bolli).

La competenza del provvedimento di nomina è del giudice tutelare. Il decreto rilasciato è immediatamente esecutivo e, soprattutto, sarà motivato e dettagliato secondo il caso specifico, stabilendo: durata, limiti, oggetto dell'incarico ed atti che la persona in difficoltà potrà compiere solo con l'assistenza dell'amministratore di sostegno.

Il ddl a prima vista appare come un buon strumento legislativo e sembra che veramente rispetti la dignità delle persone disabili, oltre a tutelarne gli interessi.

Speriamo nella sua rapida approvazione ed entrata in vigore e che l'enorme ritardo accumulato abbia almeno consentito alle varie Istituzioni che si interessano del cosiddetto DOPO DI NOI di definire i propri piani d'intervento, per non trovarsi impreparate oppure non sintonizzate con lo spirito del legislatore, come già successo con la famosa Legge 180. Altrimenti attorno al Pianeta Handicap continuano girare tanti satelliti legislativi... come le "grida" di manzoniana memoria: lo zaino del disabile è già stracolmo di leggi non applicate!

"(luglio 2002) Prima della chiusura estiva dell'attività avrei voluto aggiornare questo articolo commentando gli articoli della nuova normativa approvata: ancora una volta, invece, le aspettative della persona in difficoltà sono state disattese! A tutt'oggi, silenzio dalla Camera dei Deputati; ovvero, per la verità, rumore (su altri argomenti) se ne sta facendo tanto, forse troppo. Signori Onorevoli, non conosco il numero delle persone disabili che esercitano il diritto di voto; so viceversa che molti cittadini votanti sarebbero interessati al decollo della legge sull'amministratore di sostegno.Alfredo Bovi"

Alfredo Bovi"

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