RAFFORZAMENTO
DELL’AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO
e
Abrogazione dell’ interdizione e dell’ inabilitazione
Bozza Cendon 2007
Parte A – Relazione
Sez. I – Generalità
1.1. Progetto abrogativo: finalità - 1.2. La categoria dei c.d. deboli non comprende solo i
“matti” – 1.3. Continuità
con la disciplina sull’ amministrazione di sostegno
Sez. II – Linee-guida
2.1. L’ interdizione e l’ inabilitazione
vanno abrogate - 2.2. Anche l’interdizione legale va cancellata - 2.3. La
categoria dell’incapacità legale riguarda ormai solo i minori - 2.4. Un
neo-modello privatistico: l’ “inadeguatezza gestionale” - 2.5. Rapporti
fra inadeguatezza gestionale (A.d.S.) e incapacità naturale (annullamento del
contratto) - 2.6. Tutto quello che si fa con l’interdizione si può fare anche
con l’amministrazione di sostegno - 2.7. Persone da non ‘incapacitare’ mai
(quelle del tutto inerti, quelle colpite da
meri deficit fisico/sensoriali) e persone ‘incapacitabili’ (quelle
esposte a rischi di sperpero/autolesionismo) – 2.8. Scelte terminologiche
riguardo all’ ‘incapacitazione’: meglio
rimetterle al legislatore - 2.9. Contemperamento tra libertà e
protezione - 2.10. Talvolta sarà
opportuno che il beneficiario non possa sposarsi, né fare testamento, etc. -
2.11. Il disabile potrà essere ammesso/aiutato a fare testamento e donazioni
– 2.12. Il problema è, spesso, la passività dell’interessato, nel qual
caso si impone una protezione di tipo “dinamico’ - 2.13. Talune operazioni
devono poter essere compiute anche contro la volontà del beneficiario - 2.14.
Decide il giudice tutelare - 2.15. Nuove funzioni di ‘tutoraggio’
nell’amministrazione di sostegno - 2.16. Contratto concluso dall’incapace
naturale: “pregiudizio” sì, “mala fede” (dell’ altra parte) no -
2.17. Anche l’incapace naturale risponde dei danni - 2.18. Pure al minore va
riconosciuta una limitata capacità d’agire - 2.19. Sovranità/autosufficienza
processuale dell’interessato (in relazione al procedimento di A.d.S.) - 2.20.
L’avvocato occorrerà solo quando sia in gioco la compressione di diritti
fondamentali della persona - 2.21. Diritto ‘dal basso’ significa minori
ossessioni di completezza legislativa - 2.22. Soluzioni
nuove per il “dopo-di-noi”: il patrimonio con vincolo di destinazione
- 2.23. Uno sguardo all’Europa.
Sez. III –
Modifiche alle disposizioni contenute nel codice civile, nel codice di procedura
civile, nel codice penale, nel codice di procedura penale, e in leggi speciali
3.1. Interdizione e inabilitazione
– 3.2. Amministrazione di sostegno
– 3.3. Attività negoziale dell’incapace –
3.3.1. Contratto in generale – 3.3.2.
Singoli contratti – 3.3.3.
Pagamento e indebito – 3.3.4. Titoli di credito –
3.4. Atti ‘personalissimi’ –
3.4.1. Matrimonio – 3.4.1.a.
Separazione e divorzio – 3.4.2.
Filiazione – 3.4.2.a. Adozione di
minore d’età - 3.4.3.
Accettazione di eredità - 3.4.4. Testamento - 3.4.5. Legati - 3.4.6. Donazione
– 3.5. Un nuovo istituto: il patrimonio con vincolo di destinazione -
3.6. Responsabilità civile dell’incapace –
3.7. Impresa - 3.8. Società –
3.9. Limitata capacità di agire del minore d’età –
3.10. Prescrizione – 3.11.
Disposizioni di attuazione del codice civile - 3.12. Norme transitorie e di
chiusura – 3.13. Disciplina
processuale dell’ amministrazione di sostegno - 3.14. Interdizione legale -
3.15. Disposizioni del codice di procedura penale - 3.16. Disposizioni contenute
in leggi speciali
Parte B – disposizioni legislative
1. articolato
2. Tavole sinottiche
3. Appendice –
quadro europeo
Parte c – ADESIONI
Parte
A – Relazione
Sez. I – Generalità
1.1. Progetto abrogativo: finalità
A un
triennio dall’entrata in vigore della legge n. 6 del 2004, sembrano maturi i
tempi per la messa in cantiere del progetto abrogativo dell’interdizione e
dell’inabilitazione, da anni invocato/annunciato a vari livelli: non sussiste
alcuna seria ragione che giustifichi, in effetti, l’ulteriore conservazione
nel c.c. dei due vecchi
modelli ‘incapacitanti’.
Alla scelta
abolizionista si associa d’altronde,
nella presente proposta (il
cui editing è stato coordinato da
Rita Rossi; hanno contribuito Marco
Bono, Gloria Carlesso, Antonio Costanzo, Gabriella Folliero, Giancarlo Giusti,
Lorenza Morello, Rodolfo Piccin, Paolo Pittaro, Eugenia Serrao, Guido Stanzani,
Sergio Trentanovi, Fernanda Vaglio, Angelo Venchiarutti, Francesca Vitulo),
un sistema di ulteriore definizione del ‘diritto dei soggetti deboli’ - ricerca di cui l’avvento dell’ amministrazione di
sostegno ha rappresentato, pochi anni fa, un
primo fondamentale suggello.
Proprio con
l’ introduzione di siffatto strumento,
a ben vedere, il diritto delle fasce meno fortunate (realtà in nuce nell’ ordinamento da qualche decennio) ha ricevuto una
prima sistemazione d’insieme; il che non poteva certamente
affermarsi riguardo ai precedenti interventi del nostro legislatore,
spesso di carattere settoriale e frastagliato.
Basta
pensare alla riforma (e ai vari
provvedimenti regionali) sull’ handicap,
alla riformulazione del collocamento obbligatorio, alla disciplina
sulla tutela dell’infanzia e dell’adolescenza, a quella
sull’adozione, ai provvedimenti a favore dei non vedenti, alle normative
attinenti ad altri tipi di disabilità; e si potrebbero ricordare, ancora,
leggi come la 180,
la 194, la 104, la 328: interventi
spesso disomogenei l’uno dall’altro, inerenti
a settori di notevole
rilievo politico/sociale, comunque lontani fra loro sotto più punti di vista
– tanto che riesce arduo immaginare,
in proposito, un trait d’union
soddisfacente
In
regime di crescente diffusione dell’ amministrazione di sostegno, qual è
quello attuale, è sempre più
chiaro come residuino, nel continente della debolezza,
spazi disciplinari non coperti, alla cui ricomposizione occorrerebbe
porre mano, in vista di una
più attenta salvaguardia da fornire agli interessati – anche sotto il profilo
privatistico.
Si
potrebbe parlare, è stato detto, di
un diritto parzialmente diverso per la categoria dei ‘diversi’ (un tempo si
parlava di ‘devianti’), volto a rendere ciascuno di essi meno disuguale rispetto agli altri consociati, nella gestione dei
momenti individuali e collettivi che l’esistenza
comporta.
Perciò
non sarebbero immaginabili, formalmente,
destinazioni o logistiche differenti dal codice civile:
un corpo di regole concepito in relazione agli interessi di tipo
economico, che sempre più è venuto assumendo, nel corso del tempo, le vesti di presidio/santuario per
i dritti della persona - e che non
potrebbe sottrarsi
all’imperativo di divenire, ai giorni nostri,
la cittadella delle più importanti indicazioni
giuridiche circa l’umana fragilità.
Il passo
ulteriore, nonché l’ aspirazione finale per il ‘debolologo’ (per lo
studioso alieno dagli approcci nominalistici, attento alle cronache più minute
della sofferenza), dovrebbe essere la
fondazione di un vero e proprio bill of rights dei
disabili. Si è parlato anzi, a tale proposito, di un VII° libro del c.c., atto a raccordare unitariamente
tutte le disposizioni che sono riportabili alle creature in esame - con l’approntamento
di congrue soluzioni in
merito ai più importanti passaggi
che costellano l’esistenza, sotto il profilo del diritto
privato.
I problemi
relativi, ad esempio, alle modalità di conclusione del contratto, oppure alla
responsabilità contrattuale e precontrattuale, alla buona fede, alla
correttezza, alla colpa, all’abusività, agli oneri di informazione, alla
vessatorietà; oancora i nodi
inerenti al significato di errore,
di dolo, di prevedibilità, di
stato di bisogno, di sorpresa, di
impossibilità sopravvenuta, e via dicendo.
È tempo di
mettere in rete, si è rilevato, le varie indicazioni che il diritto italiano ha
visto sbocciare, quasi sempre
in via separata, rispetto ai
diversi comparti della debolezza(opportunità rimediali, parole d’ordine,
valori, modalità difensive, legittimazioni, strumenti trasversali,
etc.) – in particolare per quanto concerne minori, infermi di mente,
handicappati, anziani, oppure consumatori, immigrati, lavoratori subordinati,
vittime di dipendenze, diversi, detenuti, e così via.
Nell’
ottica della presente proposta,
le ipotesi di rinnovamento
statutario restano affidate, per intanto, ad una serie di disposizioni
che si collocano lungo i singoli libri del codice civile -
e che attengono ( come verrà
illustrato nella II Sezione) ai
vari settori non toccati esplicitamente dalla riforma del 2004:
matrimonio e istituti connessi alla filiazione,
capacità d’agire del minore, regime
di annullabilità dei contratti, negozi
mortis causa, donazione,
titoli di credito, fatti
illeciti.
1.2. La categoria dei c.d. deboli non
comprende solo i “matti”
Quanto sopra
rimanda, allora, ad una delle questioni di fondo per l’interprete – ossia
alla ricerca di una nozione (se si vuole, alla messa a punto di standard
antropologico/funzionali) in
grado di orientare nella
individuazione specifica dei “soggetti deboli”.
E’ palese
la necessità di aver ben chiaro,
in effetti, a quali specifiche creature si intenda fare riferimento con la
proposta in esame.
Un punto va,
allora, sottolineato.
A venir
prese in considerazione non saranno qui, esclusivamente, le persone
intrinsecamente fragili/svantaggiate - magari
i “diversi” e gli infelici
di sapore lombrosiano: gli individui
versanti in condizione
di disagio per effetto di patologie cliniche,
vere e proprie, oppure a
causa dei problemi di natura fisica o psichica che li affliggano.
Occorre fare
riferimento, più ampiamente, alle ‘persone indebolite’,
ovvero agli esseri che figurino poveri di cittadinanza, precari,
segregati o isolati, abbandonati a se stessi, manchevoli o eterodipendenti
dall’esterno; vale a dire agli individui che, impossibilitati a “farcela”
da soli quanto alla gestione dei passaggi della vita quotidiana (in quanto
toccati da impedimenti di carattere fisico, o psichico, o sensoriale, o
logistico, o anagrafico), continuano a non trovare, all’intorno, da parte
della comunità organizzata, supporti idonei a consentire la realizzazione del
progetto di vita loro proprio, più o meno complesso o ambizioso.
In tale
ottica, finisce per smarrire centralità sul terreno applicativo
(Sez. II, § 2.4), la tradizionale nozione di ‘capacità d’intendere e di
volere’ - nozione affiancata e
sopravanzata, sul terreno strategico/disciplinare, dalle categorie che
s’intonano alla ‘inadeguatezza gestionale’ o alla ‘fragilità
negoziale’: ed è palese come si tratti di figure
dai contorni ben più ampi e frastagliati, di stampo pan-basagliano, in
grado di abbracciare anche condizioni non patologiche,
sul terreno fisio-psichico, e
tuttavia caratterizzate
dalla presenza di intralci
organizzativo/funzionali di un certo peso.
E’ come
dire che la categoria dei ‘soggetti deboli’ appare
destinata a comprendere, di
qui in poi, non soltanto gli
svantaggiati psichici o fisici in sensi stretto, ma
più in generale tutte le
persone che stanno “così così” - l’insieme degli esseri che si trovino
privi cioè, per ragioni di varia natura, dell’autonomia relazionale e della
‘fragranza burocratica’ necessaria a condurre appropriatamente la vita
quotidiana.
Di qui la
necessità di un’interpretazione estensiva per lo
stesso art. 404 c.c., rispetto ai riferimenti testuali all’infermità e
alla menomazione, in vista di una lettura idonea ad abbracciare anche tipi di
occlusioni “mondane”, apnee contabili, micro-spaesamenti di civiltà,
blocchi e rallentamenti
“organizzativo/funzionali” della persona -
con aspetti di marcata gravità o cronicità, ma non necessariamente originati da fattori di ordine
medico/clinico.
A questa
vasto insieme di esseri bisognosi di una salvaguardia privatistico si rivolge il
sistema di protezione qui delineato; come risulta palese, in particolare,
dall’attribuzione di una salvaguardia alla sovranità individuale, sul terreno
testamentario e in materia di donazione, a favore del beneficiario di AdS
‘incapacitato’ dal g.t. relativamente a tali atti, e – più in generale
– a vantaggio del disabile, ovvero nei confronti della persona che, pur non
sottoposta alla misura di protezione, si trovi nelle condizioni contemplate
dall’ art. 404 c.c. (artt. 591 bis,
775 bis c.c), e così pure a tener conto del riconoscimento di una limitata
capacità d’agire a favore del minore d’età.
1.3. Continuità con la disciplina sull’
amministrazione di sostegno.
Si è visto
(§ 1.1.) come la messa in cantiere di un progetto abrogativo, e gli ulteriori
interventi che si delineano, costituiscano nel loro insieme una tappa non più
rinviabile nella creazione di un sistema organico di protezione dei soggetti
deboli.
Si è detto,
altresì, come la pietra miliare del percorso
sia rappresentata dalla riforma sull’ amministrazione di sostegno, di cui
l’odierno progetto rappresenta la naturale prosecuzione.
(a)
Così, in primo luogo, quanto all’estensione dell’area dei soggetti
presidiabili dal diritto privato (come si è detto nel precedente paragrafo).
Sappiamo
come la riforma-madre abbia avuto il grande merito di introdurre una nuova
prerogativa soggettiva, di rango costituzionale, definibile quale “diritto al sostegno”: prerogativa individuale
complessa, riferibile alla persona non autosufficiente, e tale da interessare
tutti quanti i soggetti deboli – comprendente, dunque, non soltanto i disabili
gravi (ai quali si rivolgeva il vecchio sistema di ‘protezione’, con le
misure incapacitanti dell’interdizione e dell’ inabilitazione).
Ecco
allora il superamento di un grave limite nel sistema codicistico del 1942, che
si occupava, com’è noto, solamente degli individui più seriamente colpiti
dal destino, soprattutto a livello mentale; e si disinteressava, invece, della
massa dei c.d. borderline (lasciati a
galleggiare ognuno per conto proprio: soggetti ‘non conciati’ abbastanza
male, psichicamente, da poter essere interdetti o inabilitati, e privi,
peraltro, della possibilità di far ricorso a qualche misure -
nell’armamentario del codice – per risolvere i loro problemi). Su questa
direttrice si muove il raggio di intervento del nuovo impianto riformatore, oggi
proposto.
(b)
Sotto altro profilo, la continuità (del progetto de
iure condendo) rispetto alla riforma dell’AdS si coglie nel rafforzamento
del principio di tendenziale capacità d’agire della persona. Tale direttrice
viene portata, anzi, alla sua piena e definitiva attuazione, mediante l’
abrogazione delle misure ‘protettive’ di vecchio stampo, nonché attraverso
il superamento della concezione su cui queste si reggevano - rappresentata
dall’ idea della generale deminutio
formale del soggetto “protetto”, del quale veniva sacrificata ogni stilla di
sovranità.
Pur
non essendosi optato - con la precedente riforma - per l’opzione di tipo
schiettamente abrogativo, è opportuno sottolineare come le modifiche apportate
dalla legge n. 6 agli artt. 414-432 c.c. abbiano determinato un parziale
ammorbidimento dei vecchi istituti, oltre che il ‘contingentamento’ della
loro potenzialità applicativa. Quanto poi alle ragioni dell’ opzione ‘conservatrice’,
le stesse possono sintetizzarsi, com’è noto, in una scelta di accortezza
tattica, che ispirò i redattori del tempo, durante una fase in cui i tempi
ancora non apparivano maturi per il cambiamento più radicale. A quell’epoca
l’interdizione non poteva che rimanere
presente (nel progetto e) nel c.c.,
seppur alleggerita di qualche spina – pena il rischio di una bocciatura per
l’intera manovra riformatrice, ad
opera dei settori più retrivi del paese.
E’
giunto il momento, tuttavia, per un ‘no’ più esplicito e irreversibile, in
ordine alla figura in esame. E le ragioni di ciò, in estrema sintesi, così
indicarsi:
-
taglio
espropriativo dell’interdizione: un regime che comporta la morte civile della
persona, che tradisce valenze cripto-punitive, che dà luogo a
un eccesso di impedimenti anche di natura non patrimoniale;
-
mancanza
di valore terapeutico: inidoneità a prestarsi ad un progetto personalizzato
di risocializzazione per il disabile;
-
enfasi
solo economicistica, impostazione di favore nei riguardi dei
familiari o dei terzi, frequenza statistica per i casi di sciacallaggio;
-
costosità,
scarsa trasparenza delle procedure, debolezza delle garanzie formali e
politiche, complessità delle revoche e delle modifiche.
(c) La continuità tra la riforma del 2004 e il
presente progetto de iure condendo si
coglie, ulteriormente, nei ritocchi che vengono proposti, ora, riguardo alla
disciplina dell’amministrazione di sostegno – al fine di superare
i dubbi interpretativi emersi in questi primi anni di vigenza.
A tale scopo
- va sottolineato - si è scelto di utilizzare il contenitore delle norme
processuali che figurano, attualmente, dedicate alla disciplina del procedimento
per interdizione (artt. 712-720 c.p.c.) - e
ciò per meglio disegnare i passaggi rituali
dell’ amministrazione di sostegno.
Sez.
II – Linee-guida
Ecco allora
le scelte fondamentali da cui è sorretta la presente proposta di riforma – e
che trovano riscontro, sul piano disciplinare, nella successiva Sez. III della
relazione.
2.1. L’ interdizione e l’ inabilitazione
vanno abrogate
La scelta
centrale, perno del sistema che si propone, è quella – ampiamente
preannunciata - dell’ abrogazione definitiva delle anacronistiche misure
dell’interdizione e dell’ inabilitazione.
E’ appena
il caso di ricordare come già nel 1986 venisse evidenziata, dagli estensori, la
necessità di valutare l’interdizione quale
“risposta eccessivamente severa, frutto di concezioni ormai superate in sede
psichiatrica, funzionale prevalentemente agli interessi dei familiari o dei
terzi e che finisce per comprimere o per annullare alcuni tra i diritti
fondamentali della persona, risultando sicuramente sproporzionata rispetto alle
necessità di salvaguardia della grande maggioranza dei sofferenti psichici”
(bozza Cendon 1986).
E va
sottolineato ancora come la prima fase applicativa della legge n. 6/2004 sia
valsa, sempre più, a far superare i dubbi in proposito; tanto che da parte
della stessa Corte di Cassazione, in una decisione recente (Cass., sez. I, 12
giugno 2006 n. 13584), è stato precisato come “l’ordito
normativo esclude che si faccia luogo all’interdizione tutte le volte in cui
la protezione del soggetto abitualmente infermo di mente, e perciò incapace di
provvedere ai propri interessi, sia garantita dallo strumento
dell’amministrazione di sostegno”, concludendosi nel senso del carattere
affatto residuale dell’ interdizione - misura cui (si è precisato) sarà
ammissibile far ricorso soltanto quando si tratti di gestire un’ “attività
di una certa complessità”, o quando occorra di contrastare il rischio che
il soggetto compia “atti pregiudizievoli
per sé”.
Occorre, a
tale proposito, rilevare come la sopravvivenza (positiva) dei due istituti
codicistici, ormai agonizzanti, non possa - in realtà – trovare serie
giustificazioni neppure entro il ristretto e residuale spazio di operatività
che la Cassazione sembra loro riconoscere; e ciò in quanto la neo-figura
dell’amministrazione di sostegno si atteggia (ecco il punto) quale misura di
in grado di far fronte adeguatamente, nelle mani del giudice, pure alle
situazioni che appaiono richiamate dalla Suprema Corte.
Vedremo
subito come il ruolo della neo-figura risulti ulteriormente valorizzato dal
presente progetto. Il punto è che, già nell’attuale fase applicativa,
essa si presenta quale mezzo duttile, modulabile in relazione alle
esigenze specifiche dell’interessato (persona priva, in tutto o in parte, di
autonomia) - nonché strumento difensivo applicabile, in quanto tale, ad ampio
raggio: anche cioè in quelle situazioni in cui si tratti, cioè,
di far fronte ad un rischio di autolesionismo della persona, o ad attività
gestorie particolarmente complesse e delicate.
A ciò va
aggiunta la considerazione che l’amministrazione di sostegno si atteggia,
sulla carta, come una risposta non avvilente - al contrario di quanto non si
debba dire delle misure che ci si propone, oggi, di abrogare (e basta rinviare,
in proposito, all’ormai amplissima dottrina e giurisprudenza in argomento).
“Non abbandonare” e “non
mortificare” sono (è stato scritto) i due principi cardine della riforma
del 2004. Di qui la necessità di eliminare dall’ordinamento i vecchi
“ordigni incapacitanti”, se si vuole evitare che il principio del ‘non
mortificare’ rimanga imbrigliato nelle secche del sistema – con il
salvacondotto (assicurato a monte) per una fonte di seri attentati alla dignità
personale.
Non si può non prendere atto, a tale
riguardo, di un elemento non
troppo incoraggiante: e ci si riferisce alla propensione ancora oggi
riscontrabile presso alcune (per fortuna poche) sedi giudiziarie del
nostro paese, ove, per ragioni che trovano ormai appiglio nel dato
meramente formale, si insiste talora nel far ricorso all’interdizione.
2.2. Anche l’ interdizione legale va
cancellata
L’interdizione
legale, pena accessoria contemplata dagli artt. 19 e 32 c.p., non può neppur
essa conservarsi nell’ordinamento penalistico - data la sua indubbia valenza
(ecco i doveri della coerenza) di svilimento per la dignità della persona.
La scelta
abrogativa a livello di c.c. non può, cioè, non riguardare anche l’
interdizione legale – tenuto conto, oltretutto, che l’eliminazione
dell’istituto ha già formato oggetto di vari progetti di riforma, nel corso
degli ultimi quindici anni, relativi alla revisione generale del codice penale.
Può
ricordarsi, al riguardo, che una prima proposta venne presentata nel 1991,
seguita da progetti
di riforma del 2000 e del 2001 (http://www.giustizia.it/studierapporti/comm_studio_1999-2001.htm),
tutti decaduti.
In
data 27 luglio 2006 – merita aggiungere - è stata istituita poi una
Commissione per lo studio della riforma del codice penale, (http://www.giustizia.it/commissioni_studio/commissioni/xvleg/comm_pisapia.htm),
sulla premessa della necessità di procedere ad una riforma del codice penale,
volta ad approfondire, tra l’altro, il tema delle sanzioni, in una prospettiva
tendente alla loro razionalizzazione (nel quadro del contemperamento delle
esigenze di prevenzione generale e di prevenzione speciale).
Nessun
dubbio, pertanto, circa l’opportunità di completare il presente progetto
abrogativo, inerente al c.c., includendovi anche la misura accessoria
interdittiva - la quale (sebbene non pregiudichi la possibilità, per il
condannato, di compiere gli atti di natura personale) più non si giustifica
oggigiorno, stante il carattere in ogni caso svilente per la dignità della
persona.
Collegata
all’abrogazione della pena accessoria è, altresì, la modifica di due norme
del codice di procedura penale, contemplanti il divieto - per l’interdetto e
per l’inabilitato - di assumere
le funzioni di perito e di interprete.
2.3. La categoria dell’incapacità legale riguarda
ormai solo i minori
Con
l’abrogazione dell’ interdizione giudiziale e dell’inabilitazione, quella
dell’incapacità legale rimane entro il sistema, abbiamo detto, come una
figura dotata di senso solo con riferimento ai minori.
Per quanto
riguarda i soggetti maggiorenni, ad un tipo di espropriazione sul piano
negoziale, a tutto campo, viene a sostituirsi la possibilità di un’incapacitazione
funzionale, depersonalizzata; nulla che possa implicare, cioè, un etichettamento dell’interessato quale incapace di agire,
una volta per sempre, bensì (I) una
mera e contingente sospensione di poteri, (II)
giustificata da specifici pericoli sul terreno gestionale, e
comunque (III) circoscritta,
secondo la modulazione che verrà stabilita dal giudice tutelare, nel caso
concreto, ad uno o a più (in limitatissimi casi, a tutti quanti gli) atti e
operazioni da compiersi.
Vale la pena
sottolineare che anche l’eventuale approdo a un’ ‘incapacitazione’
totale, estesa cioè all’insieme degli atti personali e patrimoniali (esclusi
quelli della vita quotidiana), avrà natura prettamente funzionale, essendo
revocabile o ritoccabile - oltre
tutto in qualsiasi momento.
I casi in
cui potrà addivenirsi ad ‘incapacitazione piena’ dovranno essere pur essi
contingentati - circoscritti,
rigorosamente, alle situazioni di malessere psichico tali da comportare seri
rischi di autolesionismo: e si può pensare, abbiamo detto, al disabile intenzionato a porre in essere atti
di tipo rovinoso/autodistruttivo, o all’individuo del
tutto inerte/ostile rispetto
al compimento di un negozio necessario per fronteggiare qualche necessità.
2.4. Un neo-modello privatistico: l’ “inadeguatezza
gestionale”
Ridimensionata,
riguardo al soggetto maggiorenne, la categoria dell’ incapacità di agire, il
sistema di protezione delle persone deboli viene a imperniarsi sulla neo-figura
dell’ ‘inadeguatezza gestionale’.
Tutti coloro
i quali presentino difficoltà più
o meno estese, sul piano organizzativo e gestionale, potranno, di qui in poi,
beneficiare del ‘nuovo’ assetto protettivo
che offre l’ amministrazione di sostegno - compresi i ‘clienti’ dei
tradizionale modelli incapacitanti.
Sarà l’
‘inadeguatezza gestionale’, come già detto sopra (Sez. I, § 1.2),
a fornire i tratti delle persone aventi titolo all’intervento di
protezione, e ciò mediante il
riscontro (non necessariamente di una patologia fisio-psichica, bensì) di una
mancanza di autonomia sul versante del “fare”, quand’anche riferibile alle
cause più eterogenee - non necessariamente, valga ripeterlo, di rilievo
clinico/positivistico.
In tale
contesto, lo stesso art. 404 c.c. finisce per postulare
nuove chiavi di lettura -
non più riduttivamente letteralistica (con un’ accentuazione dai
riferimenti all’infermità e alla menomazione), quanto incardinata sulla
nozione di ‘impossibilità/difficoltà
di fare’.
Riferendosi
a condizioni personali anche fortemente disomogenee e variegate,
l’inadeguatezza gestionale assume una connotazione dai contorni
inevitabilmente sfumati; è dubbio
se essa si presti
ad essere inserita nel codice civile come categoria formale (sostitutiva - in un
certo senso- della svuotata incapacità d’agire); diventa, comunque, una
nozione-guida per identificare le situazioni in cui si richieda l’ intervento
di protezione.
Un esempio
indicativo lo si può ritrovare
nella previsione - della presente bozza - relativa al testamento e alla
donazione della persona disabile. Come meglio illustrato oltre (cfr. Sez. III),
gli artt. 591 bis e 775 bis c.c. rendono possibile alla persona disabile redigere un
testamento, o compiere una donazione, mediante forme e modalità atte a
salvaguardare l’operazione negoziale contro il rischio di future impugnazioni,
da parte dei parenti.
2.5. Rapporti fra inadeguatezza gestionale (AdS) e
incapacità naturale (annullamento del contratto)
Accanto
alla più ampia figura dell’inadeguatezza gestionale, rimane in vita nel
sistema la categoria dell’ incapacità naturale. Figura
- può osservarsi - di stampo giuridico/naturalistico, in quanto facente
riferimento alla condizione del soggetto il quale risulti privo in tutto o in
parte (in via transitoria o stabile, per ragioni generalmente di ordine clinico)
delle attitudini cognitive e
volitive.
Oggi,
in una parola, l’infermo di mente non interdetto, e neppure beneficiario
dell’amministrazione di sostegno, oppure beneficiario ma incapace naturale
solo a sprazzi.
Con
riferimento a tale più circoscritta cerchia di ‘soggetti deboli’, si sa
come l’ordinamento appresti uno strumento di protezione di natura occasionale
e reattiva, costituito dalla disciplina dell’annullabilità degli atti e dei
contratti (artt. 120, 428, 1425 c.c.) - disciplina sulla quale la presente
proposta interviene con integrazioni e modifiche correttive.
La categoria
dell’incapacità d’intendere e di volere continuerà, pertanto, a reggere
una parte minore del sistema di protezione dei soggetti deboli, accanto al
sistema, di impronta generale e preventiva, che è costituito
dall’amministrazione di sostegno.
In
definitiva, accanto al modello generale di soluzione dei problemi gestionali
della stragrande maggioranza delle persone disabili (da intendere
nell’accezione ampia suggerita dalla nozione di inadeguatezza gestionale) si
pone uno strumento di natura reattiva, volto cioè a salvaguardare l’incapace
di intendere e di volere (il quale non risulti già protetto dall’AdS)
rispetto ad un atto o ad un contratto per sé pregiudizievole.
Può di
conseguenza concludersi, per quanto concerne il diritto privato, che il sistema
di protezione dei ‘soggetti deboli’ si reggerà – essenzialmente - su un
doppio binario: quello principale, costituito dal sistema dell’amministrazione
di sostegno, e quello secondario, rappresentato dall’annullabilità degli atti
e dei contratti compiuti dall’incapace naturale.
2.6. Tutto quello che si fa con l’interdizione si può
fare anche con l’amministrazione di sostegno
Abrogate
le misure di vecchio stampo, l’asse del sistema di protezione verrà
definitivamente a incentrarsi sull’amministrazione di sostegno, quale misura
di protezione applicabile a 360°.
Non
costituisce certo un dato nuovo che l’amministrazione di sostegno – per la
duttilità da cui la figura è contrassegnata - è in grado, all’occorrenza,
di assicurare un intervento ad amplissimo raggio, e ciò sia sotto il profilo
soggettivo (riguardo, cioè, al target
di clientela presidiabile), sia sotto il profilo oggettivo (ovvero, con
riferimento all’estensione del potere rappresentativo e sostitutivo
dell’amministratore di sostegno).
Il dato
nuovo, che emerge in modo chiaro dal progetto, è l’estendersi della sfera
d’azione dell’ AdS anche all’area residua fin qui conservata all’
interdizione e all’inabilitazione; area residua identificata dalla Corte di
Cassazione (con la sentenza n. 13584 del 12 giugno 2006) nelle situazioni in cui
debba essere compiuta un’ attività particolarmente complessa, o in cui debba
contrastarsi il rischio che il soggetto compia atti per sé pregiudizievoli.
Nella
prospettiva riformatrice, dunque, l’ incapacitazione formale (e ghettizzante)
- riconducibile, de iure condito, negli stampi dell’interdizione e
dell’inabilitazione - diverrà
mera ‘incapacitazione funzionale’: relativa
cioè non già alla persona, bensì ad uno o a più atti (in limitatissimi casi
a tutti gli atti), cui attingere, quando necessario, nel contenitore stesso
dell’ amministrazione di sostegno.
Quanto alla
possibilità di incapacitazione totale, o comunque, estesa alla maggior parte
degli atti, occorre precisare che la stessa dovrà costiuire un tipo di
intervento soltanto eventuale, che spetterà al giudice disporre, volta per
volta, più o meno ampiamente, a seconda che vi sia o meno il concreto pericolo
di un cattivo uso dei propri poteri e diritti, da parte dell’interessato;
laddove tale pericolo manchi, come accade in effetti nella maggioranza dei casi,
l’ amministrazione sarà al 100% non incapacitante.
Ci
troviamo, dunque, di fronte ad una “filosofia”
opposta a quella dell’interdizione, dato che l’ incapacitazione (vale
ribadire) riguarda solo gli atti specificamente menzionati (magari uno
soltanto), mentre, per tutto il resto, il beneficiario conserva intatta la
propria sovranità; qualora, poi –
in limitatissimi casi –
l’incapacitazione dovesse essere
totale, si tratterà di una sospensione disposta non già una volta per
sempre, bensì in via revocabile e rimodellabile a seconda dei bisogni della
persona, e compatibilmente con gli interessi di questa.
Vedremo,
poi – ulteriore aspetto di valorizzazione dell’amministrazione di sostegno
– che l’ ‘incapacitazione’ potrà riguardare anche atti di natura
personale (v. in questa Sez. il § 2.10).
2.7. Persone da non ‘incapacitare’ mai (quelle del
tutto inerti, quelle colpite da meri deficit
fisico/sensoriali) e persone ‘incapacitabili’ (quelle esposte a rischi di
sperpero/autolesionismo)
Ma
in quali casi e a quali condizioni occorrerà fare luogo ad un’
incapacitazione più o meno estesa in sede negoziale ?
Il discrimen
va individuato nelle caratteristiche stesse dell’ ‘inadeguatezza
gestionale’ dalla quale risulti affetto, volta a volta, l’interessato.
Tre le
situazioni che possono affacciarsi.
(i) La prima è quella dei soggetti
impossibilitati, per motivi di ordine fisico o neurologico, a fare/decidere
alcunché da soli: creature bisognose di un pieno soccorso legale, ridotte
contingentemente o irriducibilmente al “lumicino” e tenute al riparo- dalla
stessa gravità della condizione in cui versano- contro la possibilità di
errori contrattuali o di approfittamenti altrui.
Si
considerino, per esempio, i soggetti in coma, o colpiti da gravi forme di ictus, i malati terminali, i pazienti ‘attaccati’ ad una
macchina, i portatori di sindromi estreme di oligofrenia o di demenza: in tutti
questi casi, proprio per l’estrema gravità della condizione fisio-psichica,
la persona si trova nell’impossibilità assoluta di fare alcunché, compresi
eventuali atti pregiudizievoli per sé o per altri.
Nei loro
confronti, pertanto, si impone il ricorso ad un vero e proprio alter ego, dotato di piena rappresentatività negoziale, con
l’attivazione di un regime di A.d.S. ad ampio raggio sotto il profilo
oggettivo, esteso cioè, fin dall’origine, all’intera fascia della
straordinaria ed ordinaria amministrazione.
D’altra
parte, la condizione di totale inerzia in cui si trovano tali soggetti rende del
tutto inutile il ricorso a qualsivoglia forma di ablazione di poteri: ciò che
potrà fare l’amministratore continuerà, dunque, a poter essere fatto anche
dal beneficiario. Nessuna forma di incapacitazione, dunque, riguardo a tali
soggetti.
(ii) Seconda tipologia da considerare –
rispetto alla quale (analogamente a quanto sopra) non trova giustificazione un
provvedimento di amministrazione di sostegno incapacitante- è quella delle
persone che, pur trovandosi in condizioni psichiche rassicuranti, accusino deficit fisico/sensoriali tali da far temere intralci o ristagni di
vario genere nella coltivazione di rapporti con i terzi e nel compimento di atti
necessari alla cura dei loro interessi: si pensi ad un soggetto non vedente, o
sordomuto, o costretto ad una sedia a rotelle, privo, peraltro, di una rete
familiare efficiente e affezionata, disponibile a prendersi cura di lui; si
consideri, ancora, un adulto non in grado di farsi capire bene poiché affetto
da dislessie, balbuzie, tic, o
sofferente di epilessia, o affetto da morbo di Parkinson; e, non da ultimo, un neo-immigrato da un paese lontano,
spaesato ed incerto sul da farsi, nonché l’anziano della quarta età pur
pienamente lucido e consapevole.
Anche qui,
benché vengano in considerazione situazioni opposte, per tanti versi, rispetto
alle prime considerate, la soluzione andrà cercata in un provvedimento di AdS
non incapacitante, conservandosi in capo al beneficiario una sovranità piena in
ordine agli atti da compiere, compresi quelli affidati al vicario.
(iii) Terza categoria, in ordine alla quale
soltanto potrà giustificarsi un intervento ablativo, più o meno esteso sotto
il profilo oggettivo, è quella dei soggetti afflitti da malanni psichici
abbastanza insidiosi e/o radicati da trovarsi esposti a rischi di
sperpero/autolesionismo qualora venisse conservata la loro sovranità
gestionale; è il caso degli schizofrenici, dei malati avanzati di Alzheimer,
dei paranoici acuti, dei depressi gravi, di coloro che si trovino in stati
deliranti, paranoici, o affetti da disturbi profondi della personalità,
inclinazioni al suicidio, forme gravi di dipendenza da alcool o droghe: in
definitiva, il vecchio target
dell’interdizione. In tali casi, l’attivazione della misura di protezione
dovrà essere accompagnata da un’incapacitazione negoziale strettamente
limitata, peraltro, alla gamma delle operazioni realmente minacciose per
l’interessato, a quegli atti, cioè, che risulterebbero rovinosi, se compiuti,
per il beneficiario.
Correlativamente,
i poteri da attribuirsi all’amministratore potranno, in tali situazioni,
venire estesi al ventaglio delle iniziative tali da non sopportare neghittosità
o dilazioni temporali, quelle, cioè, che il disabile non assumerebbe e che, pur
tuttavia, si rendessero necessarie per la cura della sua persona o dei suoi
interessi.
2.8. Scelte terminologiche riguardo all’
‘incapacitazione’: meglio rimetterle al legislatore
Si
impone, riguardo all’ ‘incapacitazione’, un motivo di riflessione sul
piano terminologico.
In sede
di formulazione della presente proposta, si è a lungo discusso circa
l’opportunità e possibilità di introdurre nel codice civile i termini ‘incapacitare’,
‘incapacitato’, ‘incapacitazione’.
Farlo
semplificherebbe un po’ le cose, dal momento che la perdita o la deminutio
della sovranità negoziale avverrà di qui in poi solo ‘dal basso’, per
espressa indicazione del giudice tutelare. E non è facile, a ben vedere,
riuscire a esprimere un concetto del genere se non ricorrendo a perifrasi tipo
“qualora si tratti di atti rientranti nella sfera di rappresentanza esclusiva
dell’amministratore di sostegno”, “di atti rispetto ai quali era stato
adottato dal giudice tutelare nei confronti del beneficiario un impedimento, o
un divieto a contrarre”, e via dicendo; si tratta – come è evidente – di
locuzioni non in grado di evocare il concetto in modo snello né immediato.
Al
contrario, l’adozione – anche nel testo normativo – dei termini sopra
suggeriti, ed ampiamente impiegati in questa relazione, si rivelerebbe soluzione
efficace a sfrondare le singole disposizioni dal peso delle perifrasi alle quali
si è dovuto fare ricorso.
Ha
prevalso, infatti, la scelta rinunciataria rispetto all’ adozione,
nell’ambito del codice, dei termini suindicati per la semplice considerazione
che tali termini non figurano nei dizionari della lingua italiana, e, dunque,
trattandosi di neologismi, non ci si è sentiti autorizzati ad inserirli ex novo nel codice civile.
Si è
preferito, in definitiva, rimettere la valutazione di tale scelta al
legislatore.
2.9. Contemperamento tra libertà e
protezione
E’
facile cogliere, nella costruzione così delineata (si vedano i precedenti §§),
una chiara linea di continuità con il principio ispiratore della riforma del
2004, quello cioè dell’apprestare protezione alla persona disabile limitandone
gli spazi di sovranità nelle sole evenienze in cui ciò sia indispensabile per
la cura e salvaguardia del suo interesse.
Come noto, la proclamazione del suddetto principio di contemperamento tra
libertà e protezione è contenuta nell’art. 1 della legge n. 6/2004:
“finalità di tutelare, con la minore limitazione possibile della
capacità di agire, le persone prive, in tutto o in parte, di autonomia”;
ed è, correlativamente, rinvenibile nella previsione dell’ art. 409 c.c., per
il quale “il beneficiario conserva la
capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza
esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno”.
L’equilibrio
tra rispetto della sovranità del beneficiario e intervento di protezione viene
perseguito, nel progetto de iure condendo,
in vario modo:
(i)
attraverso la previsione, all’interno di una varietà di disposizioni del
codice civile, dell’ assistenza/affiancamento dell’amministratore di
sostegno per il compimento di atti di natura personale.
Si tratta di
una forma di assistenza che non si identifica con l’assistenza necessaria
contemplata dall’art. 409 c.c., e che rivela invece contorni più morbidi;
siamo di fronte, per meglio dire, una sorta di ‘tutoraggio’ che è
apprestato dall’amministratore di sostegno – dietro indicazione del g.t. -
ai fini del compimento dell’atto stesso da parte dell’interessato, il quale
resta l’unico facoltizzato al compimento dello stesso (si rinvia, per
l’illustrazione di tali casi, alla Sez. III § 4 e ss.);
(ii)
introducendo spazi di capacità d’agire per il minore, seppure limitatamente
agli atti necessari a soddisfare le esigenze della vita quotidiana e prevedendo,
al contempo, una intensificazione dei doveri del tutore del minore, sulla
falsariga dei doveri genitoriali contemplati dall’art. 147 c.c. (si veda il
nuovo testo degli artt. 382 e 384 c.c.);
(iii) salvaguardando la sovranità testamentaria,
e in materia di donazione, del disabile, nonché del beneficiario dell’ads pur
‘incapacitato’ rispetto a tali atti, con l’ introdurre modalità e forme ad
hoc, atte a preservarlo dal rischio di impugnazione da parte dei parenti o
di terzi (in tal senso gli artt. 591
bis e 775 bis c.c.);
(iv)
ancora – sul piano processuale – optando per una soluzione di compromesso
tra il motivo della sovranità/autosufficienza dell’interessato, e quello
della salvaguardia dei principi costituzionali di difesa e del contraddittorio;
si veda, a tal proposito, la nuova disciplina processuale dell’amministrazione
di sostegno, e, in particolare, le integrazioni che vengono apportate agli artt.
406 e 407 c.c. e all’ art. 716 c.p.c. (sull’argomento, più diffusamente, in
questa Sez., cfr. § 2.20).
2.10. Talvolta sarà opportuno che il
beneficiario non possa sposarsi, né fare testamento, etc.
Sorretta
dalla medesima filosofia è, d’altra parte, la scelta compiuta di formulare
specifiche ipotesi di ‘incapacitazione’ riguardo agli atti di natura
personale.
Tutto
sommato, il problema poteva essere superato mediante il semplice rinvio alla
possibilità di ‘incapacitazione’ contemplata dall’art. 409 c.c., senza
necessità, cioè, di introdurre ulteriori specifiche previsioni in tal senso.
La
motivazione di tale scelta va ricercata nel cambiamento radicale che
l’abrogazione dei vecchi istituti determinerà riguardo agli atti personali.
Scompariranno, infatti, gli impedimenti
personali automatici (stabiliti per gli interdetti), come, per esempio, il
divieto di sposarsi, di riconoscere un figlio naturale, di fare testamento o
donazione, e via dicendo; e, al tempo stesso, non sarà più possibile fare capo
allo strumento offerto dall’art. 411 ult. co. c.c., trattandosi di una
disposizione che rinvia alle limitazioni oggi vigenti previste per
l’interdetto; quelle stesse, dunque, che scompariranno.
Ecco,
allora, che, siccome gli atti di natura personale (cd. atti personalissimi)
‘non più proibiti’ sono assai diversi ed eterogenei fra loro, e, pertanto,
non ascrivibili ad una categoria dogmatica unitaria collaudata, tale da poterli
abbracciare tutti, il giudice tutelare dovrà elencare, di volta in volta, lo
specifico atto (o gli specifici atti) impedito/i al beneficiario nel suo stesso
interesse.
D’altra
parte, la disposizione contenuta nell’art. 411, ult. co., c.c. viene
sostituita da una serie di previsioni sparpagliate nelle opportune sedi, ove si
prevede la possibilità che il g.t. vieti, via via, al beneficiario di sposarsi,
oppure di esercitare impugnative familiari, di fare testamento o donazioni,
etc., salvo qua e là la possibilità di farlo con l’aiuto di un
amministratore di sostegno.
Soltanto
allorché la valutazione dell’interesse del beneficiario conduca a ravvisare
la necessità di un divieto al compimento della totalità degli atti personali,
il giudice potrà adottare una formula onnicomprensiva facente riferimento, cioè,
in via generale, a tutti gli atti di tal natura. Riesce difficile, peraltro,
immaginare una situazione che giustifichi l’adozione di tale formula da parte
del g.t., dovendo abbandonarsi la logica del ‘tutto in una volta e per
sempre’ che caratterizzava il vecchio sistema.
Del tutto
sporadiche saranno, infatti, le situazioni in cui il beneficiario si trovi a
dover compiere, in un unico momento, tutti gli atti di natura personale, o
quelle in cui il rischio di autolesionismo si presenti rispetto alla totalità
di tali atti.
Considerata,
d’altra parte, la collocazione in ordine sparso delle singole disposizioni
incapacitanti, e il venir meno dell’art. 411 u.c., si è ritenuto di dover
introdurre un riferimento alla possibilità di ‘incapacitazione’
all’interno della disciplina dell’AdS, collocandola nell’ambito
dell’art. 409 c.c. con un comma 2 di nuova formulazione e del seguente tenore:
“Egli conserva, altresì, la capacità di compiere i singoli atti di
natura personale riguardo ai quali il giudice tutelare non abbia stabilito un
impedimento con l’atto istitutivo dell’amministrazione di sostegno o
successivamente”.
2.11. Il disabile potrà essere
ammesso/aiutato a fare testamento e donazioni
Abbiamo già
detto sopra (al § 2.9) che attraverso la previsione di modalità specificamente
dedicate alla redazione del testamento e della donazione, viene salvaguardata la
sovranità - sia del disabile sia del beneficiario dell’amministrazione di
sostegno ‘incapacitato’ riguardo a tali atti – rispetto agli atti
dispositivi dei propri beni, vuoi mortis
causa, vuoi tra vivi (v. artt. 591 bis e 775 bis c.c.).
Si tratta di
una innovazione di rilievo, chiara espressione di una scelta di contemperamento
tra libertà e protezione della persona disabile.
2.12. Il problema è, spesso, la passività
dell’interessato, nel qual caso si impone una protezione di tipo
“dinamico”
Il
progetto de iure condendo interviene,
poi, sulle situazioni in cui l’ immobilismo dell’interessato si rivela per sé
pregiudizievole, tanto da giustificare e, anzi, imporre una protezione attiva,
consistente nella previsione del ‘fare sostitutivo’ dell’amministratore.
Si
spiegano, così, le disposizioni - contenute negli artt. 471, 650 e 780 c.c. –
che prevedono la rappresentanza esclusiva dell’amministratore di sostegno, su
disposizione del g.t., nel compimento di un atto necessario alla salvaguardia
degli interessi della persona, che, tuttavia, questa trascura o rifiuta di
compiere.
Tale
situazione di rischio è prospettabile e, conseguentemente, è stata prevista
riguardo al rifiuto di accettare un’eredità o una donazione che risultino
vantaggiose per il beneficiario, o all’inerzia nell’esprimere il rifiuto del
legato di un bene immobile che risulti gravato da ipoteca (inerzia che, come
noto, comporta l’accettazione tacita del legato). Ovviamente, anche per tali
situazioni l’ intervento ‘impositivo’ del g.t. e il conseguente ‘fare
sostitutivo’ dell’amministratore di sostegno dovrà essere contingentato,
riservato, cioè, ai soli casi in cui si tratti di evitare al beneficiario il
pregiudizio che verrebbe prodotto dalla propria inerzia o rifiuto di fare.
2.13. Talune operazioni devono poter essere compiute
anche contro la volontà del beneficiario
Si
rende opportuna la seguente considerazione, relativamente a quanto esposto nel
precedente paragrafo.
Nonostante
l’ opzione prescelta nella direzione di una protezione anche
attiva/sostitutiva del disabile, riguardo ad atti necessari che egli trascuri o
rifiuti di compiere, possa apparire contrastante con il rispetto della libertà
della persona, essa trova ragione – come già detto - nella necessità di
apprestare una protezione effettiva ed efficace, quando siano in gioco interessi
legati al sostentamento, e alla cura del disabile.
La finalità
di realizzare un giusto equilibrio tra presa in carico e conservazione, quanto
più possibile, di spazi di sovranità e autonomia in capo alla persona protetta
deve, dunque, continuare (come, peraltro, già spicca dal testo del 2004) nel
segno di una presa di distanza rispetto ad ormai anacronistiche, e al limite
nocive, suggestioni antipsichiatriche.
Se, infatti,
è pacifica, in generale, la necessità che le aspettative del beneficiario
vengano presidiate scrupolosamente (e che egli sia, anzi, incoraggiato a
coltivare i propri sogni, piccoli e grandi: art. 410 c.c.); se è indubbio che
occorrerà tollerare – quanto a stile di vita- capricci, fughe in avanti e
bizzarrie di varia sorta (escludendo, di norma contro-interventi idonei a
generare frustrazioni o sconforto); altrettanto netta è la necessità di non
oltrepassare certe soglie di normalità/civiltà, nell’accudimento dei
disabili.
In nessun
caso, dunque, potrebbe giustificarsi la comprensione per filosofie
anti-conformiste o selvagge tali da poter compromettere la stessa sopravvivenza
alimentare, sanitaria, economica, logistica, o gli standard
di un sia pur minimo benessere dell’interessato e delle persone con lui
conviventi.
2.14. Decide il giudice tutelare
Ulteriore
aspetto da sottolineare consiste nel rafforzamento, che la proposta ha di mira,
del ruolo affidata al
giudice tutelare.
Già oggi-
può osservarsi - il g.t.
rappresenta uno dei principali protagonisti del sistema di protezione dei
disabili, essendo a lui affidato il delicato ruolo di stabilire le direttive di
base e di introdurre gli aggiustamenti e le revisioni che, via via, si
imporranno a seconda dell’evoluzione concreta della situazione.
Nello svolgimento del suo ruolo, il giudice tutelare è chiamato a
ritagliare soluzioni improntate al principio cardine che è espresso dall’art.
1 della l. n. 6, del “non abbandonare e non mortificare”; e, dunque, ad
evitare ogni deminutio, ogni
sacrificio dell’ autonomia dell’interessato che non possa dirsi
giustificato, effettivamente, dal bisogno di protezione.
In
definitiva, il g.t., investito in pieno del compito valutativo in ordine al
bisogno di protezione e al corrispondente tasso di salavaguardia da attivare, è
chiamato a fare da riferimento
costante ed immancabile, ai fini della decisione, alla stella polare
rappresentata dal presidio della massima dignità/sovranità della persona.
La rilevanza
del ruolo affidato al g.t. spicca, in modo particolare – nel presente progetto
– per quanto concerne l’
incapacitazione eventuale del beneficiario; questa costituirà, in effetti, un
dato da stabilirsi dal giudice tutelare, volta per volta, e più o meno
ampiamente, a seconda che vi sia oppure non vi sia il concreto pericolo
di un cattivo uso dei propri poteri e diritti, da parte dell’interessato;
laddove tale pericolo manchi, come accade nella maggioranza dei casi, il giudice
tutelare sarà chiamato ad attivare un’amministrazione al cento per cento
“non incapacitante”.
La valorizzazione del ruolo del g.t. si coglie, poi, sotto un ulteriore
profilo; ed esattamente, riguardo alle funzioni che gli vengono affidate (nella
presente proposta) ai fini della predisposizione e redazione di un testamento e,
altresì, di un atto di donazione, da parte del disabile o del beneficiario al
quale sia stato vietato di fare testamento o donazione. Tali norme, infatti,
affidano al giudice tutelare una pluralità di funzioni alquanto delicate: e così,
la sorveglianza rispetto alla predisposizione e formazione dell’atto; la
fissazione delle modalità da adottare; la scelta tra curatore e amministratore
di sostegno cui affidare la redazione dell’atto.
E, ancora, non può sottacersi del potere di attivare una protezione
‘attiva’, consistente, cioè, nell’attribuire all’amministratore di
sostegno la rappresentanza esclusiva riguardo all’ accettazione di un’eredità,
o di una donazione, o, ancora, alla manifestazione del rifiuto di accettare un
legato, di cui si è detto nel § 2.12.
2.15. Nuove funzioni di ‘tutoraggio’
nell’amministrazione di sostegno
Specularmente,
il ruolo del ‘vicario’ risulta valorizzato
anch’esso dall’ impostazione qui proposta.
Si
è già parlato sopra - (§ 2.10 - dei
poteri di ‘affiancamento’ che potranno
attribuirsi, all’amministratore
di sostegno, riguardo al compimento di atti di natura personale (del
beneficiario): una forma di ‘tutoraggio’che, pure non si sostanziandosi
tecnicamente nell’ “assistenza
necessaria”, di cui al’art. 409
co. I c.c., diverrà imprescindibile per la messa in opera dell’atto da parte
dell’interessato.
Non va
trascurato, ulteriormente, il ruolo attivo di cui l’amministratore di sostegno
potrà essere investito - secondo la nuova previsione degli artt. 591 bis e 775 bis -
consistente nell’ accompagnare per mano il beneficiario relativamente alla
predisposizione e alla redazione del testamento o di un atto di donazione.
Così pure,
non va dimenticata la funzione di protezione ‘attiva’ (in via non esclusiva
o meno) cui l’amministratore di sostegno potrà essere chiamato dal g.t.,
nei casi di inerzia e di immobilismo del beneficiario, riguardo al
compimento di atti necessari alla cura dei propri interessi (si veda, sopra, il
§ 2.12).
2.16. Contratto concluso dall’incapace naturale:
“pregiudizio” sì, “mala fede” (dell’ altra parte) no
Nonostante
il raggio di copertura, a 360°, che è proprio dell’amministrazione di
sostegno, occorreva preoccuparsi della condizione dell’incapace naturale il
quale non sia stato protetto mediante l’AdS.
Si è visto,
a tal proposito (retro, § 2.5), come
la disciplina dell’incapacità naturale attenga a un versante ben preciso
– seppur minoritario –
del sistema di protezione dei soggetti deboli.
Orbene, le
innovazioni apportate nel progetto
riguardano, soprattutto, il regime
di annullabilità degli atti e dei contratti posti in essere dall’incapace
naturale (art. 428 c.c.; v. nella Sez. III, i §§ 3 e ss.):
-
è stato previsto, in particolare, quale elemento necessario e
sufficiente a legittimare l’azione di annullamento del contratto (come
già contemplato nell’art.428 relativamente agli atti unilaterali),
il pregiudizio per l’incapace;
-
si è, d’altra parte,
eliminato l’ulteriore presupposto della ‘mala fede’ dell’altro
contraente (da intendere come consapevolezza dello stato di incapacità), che
era contemplato nell’attuale
formulazione della norma.
L’innovazione
consente di superare il motivo di possibile remora alla contrattazione con
l’incapace, rapresentato – nell’assetto vigente- dal rischio di subire
un’azione per annullamento del contratto a motivo della propria ‘mala
fede’. Soprattutto, diventano annullabili
anche i contratti, pregiudizievoli, che siano stati conclusi in circostanze tali
da non consentire al partner il
riconoscimento dello stato di incapacità.
Se il
contratto non è stato pregiudizievole, non
basterà invece - ai fini dell’annullamento - la dimostrazione dell’essersi
il partner
avveduto della condizione di incapacità del disabile. Il contraente
‘abile’ sarà, conseguentemente, portato/tranquillizzato
a concludere contratti con un soggetto che egli pur sappia
essere incapace, senza
(paventare di) rischiare l’ annullamento negoziale in ragione di ciò.
Sulla stessa
linea appare la proposta di inserire nell’art. 1993 c.c. (riguardante le
eccezioni opponili dal debitore al possessore di un titolo di credito) un comma
di nuova formulazione, ove si prevede che la possibilità per il
debitore incapace naturale di opporre al possessore del titolo
l’eccezione della propria incapacità, sarà
subordinata alla sussistenza e prova del dato del
‘pregiudizio’ per l’incapace stesso.
2.17. Anche l’incapace naturale risponde dei danni.
Viene
proposto ulteriormente un riassetto del sistema di responsabilità civile
dell’incapace, attraverso il ritocco degli
artt. 2046 e 2047 c.c.
La scelta
compiuta – e suggerita fin dalla bozza Cendon del 1986 - è nel senso della
tendenziale responsabilizzazione dell’incapace, ossia della salvaguardia del
pieno diritto al risarcimento per la vittima dell’illecito aquiliano.
Si tratta, a ben vedere, di un’opzione coerente con la filosofia di fondo
dell’ intero disegno, costituita dalla massima (nei limiti della
ragionevolezza) valorizzazione
della sovranità del disabile psichico.
Il nucleo
fondamentale della nuova ipotesi è rappresentato dalla sostituzione della
regola di piena responsabilità, a quella oggi
vigente di irresponsabilità dell’incapace (in linea di principio) per
l’illecito commesso.
Le ragion di
fondo sono note: da tempo il diritto comparato mostra, quale orientamento
crescente negli ordinamenti stranieri, quello della responsabilizzazione
dell’infermo di mente (si sa come, in Francia,
una modifica del code civil,
approvata nel 1968, abbia introdotto il principio secondo cui anche l’infermo
di mente dovrà risarcire per intero i danni extracontrattuali da lui arrecati
ad altri); né mancano d’altronde, nella scienza psichiatrica moderna,
indicazioni circa i frequenti riflessi antiterapeutici di qualsiasi forma
di deresponsabilizzazione.
2.18. Pure al minore
va riconosciuta una limitata capacità d’agire
Per
quanto riguarda il minore d’età si è ritenuto di riproporre l’
indicazione, anch’essa già contenuta nella bozza Cendon del 1986, volta a
prevedere una limitata capacità di agire, relativamente agli atti della vita
quotidiana.
E’ una
scelta coerente con il più generale progetto di liberazione degli incapaci
dalle strettoie che ancora si frappongono rispetto al percorso di realizzazione
personale; e corrisponde anche ad una delle direttrici di fondo del nuovo
impianto, ossia all’idea che l’ordinamento non debba, nel tratteggiare lo
statuto delle persone, mostrare
eccessivo ossequio verso le categorie formali della tradizione, per
aderire invece ad un concetto di capacità/incapacità di tipo funzionale.
Di qui la
neo-regola circa la possibilità per il minore d’età di compiere gli atti
della vita quotidiana, se ed in quanto egli figuri possedere capacità di discernimento – da valutarsi in concreto –
tali da renderlo consapevole circa
gli effetti dell’atto.
Inutile
aggiungere come la scelta di estendere,
sia pure in misura limitata, l’area del ‘fare negoziale’ per il soggetto
minore d’età trovi conforto nella indiscussa anticipazione
- che ha avuto luogo nell’epoca attuale, grazie anche ai progressi
scientifici e culturali e all’evoluzione del costume sociale prodottisi negli
ultimi decenni - del processo di maturazione cognitiva del minore,
2.19. Sovranità/autosufficienza processuale
dell’interessato (in relazione al procedimento di A.d.S.)
Sul
piano processuale, si è cercato di assecondare ulteriormente – rispetto a
quanto già previsto nell’impianto attuale della legge sull’AdS –
l’esigenza di rendere quanto più snello ed immediato l’accesso alla nuova
misura di protezione.
Significativa,
a tale riguardo, l’espressa indicazione che il ricorso per l’AdS può essere
presentato direttamente dall’interessato (art. 406 c.c.);
e non meno eloquente la previsione contenuta nell’ art. 716, comma 1,
c.p.c., relativa alla sovranità ed autosufficienza processuale
dell’interessato, il quale potrà stare
in giudizio e compiere da solo tutti gli atti del procedimento, comprese le
impugnazioni.
Il
presidio della sovranità processuale del disabile trova un limite, d’altra
parte, nella necessità di prevedere la difesa tecnica, laddove questa appaia
imprescindibile per la piena salvaguardia di diritti fondamentali della persona.
Si
è optato a tale riguardo per una soluzione di equilibrio (come esposto nel
paragrafo successivo).
2.20. L’avvocato occorrerà solo quando sia in gioco la
compressione di diritti fondamentali della persona
Coerentemente
con le indicazioni già tracciate, circa un anno fa, nel “manifesto per
l’abrogazione dell’interdizione” (pubblicato su www.personaedanno.it)
- e che sono state suggellate dalla Cassazione con la recentissima sentenza n.
25366 del 29 novembre 2006 – ci si è orientati a prevedere, nel progetto, la necessità di difesa tecnica
limitatamente ai casi in cui il giudice tutelare ritenga di disporre nei
confronti del beneficiario (e nel suo esclusivo interesse) divieti, limitazioni
o decadenze tali da incidere su diritti fondamentali della persona.
Tale
previsione viene collocata – quanto alle disposizioni processuali
–nell’art. 716 c.p.c., mediante l’ aggiunta di un comma 2 e di un comma 3
di nuova formulazione, e – quanto alle disposizioni di natura sostanziale
–nell’art. 407 c.c., con una disposizione facente rinvio all’art. 716
c.p.c.
E’
appena il caso di sottolineare come la linea fin dall’inizio suggerita,
accreditata ora anche dalla Corte di legittimità, risulti in effetti quella più
logica ed armonica:
(i)
sia perché (stando alle condivisibili argomentazioni della S.C.) ogniqualvolta
un provvedimento del g.t. appaia tale da toccare, comprimendoli, diritti
fondamentali della persona, l’ intervento del giudice è destinato a
incontrare necessariamente il limite del rispetto dei principi costituzionali di
difesa e del contraddittorio;
(ii)
sia per l’opportunità che venga fornita ulteriore espressione, in tal modo,
alla linea del diritto ‘dal basso’: linea tutta presente, come
sappiamo, entro la
disciplina generale dell’AdS,, e che si sostanzia – sul piano processuale
– nella scelta di rimettere allo stesso giudice tutelare il compito di
valutare, di volta in volta, se sarà necessario
far capo alla difesa tecnica (si rimanda, riguardo a tale aspetto, alle
considerazioni svolte nella Sez. III, § 3.13).
E’
probabile che l’opzione accolta darà adito, nel futuro, a discussioni e
dibattiti:
-
su quali siano i diritti fondamentali della persona (ci si chiederà, in
particolare, se vengano in gioco
soltanto quelli di natura personale - come
sembra correttamente adombrare la Cassazione, riferendosi all’ultimo
comma del vigente art. 411 c.c. - o
se vi rientrino anche diritti di natura e contenuto patrimoniale);
-
su quale potrà essere, dinanzi alla mancata predisposizione della difesa
tecnica, la sanzione cui far luogo
nei casi in cui la stessa si presentava necessaria (l’opzione qui accolta
prospetta una soluzione per nulla affatto formalistica: si veda, oltre, nella
Sezione III);
-
sul come andranno, ancora, affrontate
le situazioni in cui il g.t. abbia scelto di non (domandarsi se)
‘incapacitare’ il beneficiario proprio
per evitare le inevitabili complicazioni indotte dalla nomina del difensore,
oppure per assecondare la
riluttanza di un beneficiario consapevole di
doversi dotare di un avvocato.
Si
tratta, in effetti, di difficoltà di bilanciamento inevitabili in un sistema di
protezione dei soggetti deboli che ha in sé una doppia anima: per metà di tipo
eminentemente giurisdizionale
(allorché ci si trovi dinanzi a persone che vanno davvero ‘incapacitate’,
più o meno significativamente, per il loro bene, e che magari non vogliono
saperne affatto di essere salvaguardate dal diritto); per metà di natura un
po’ più amministrativa (quando la clientela sia di tipo leggero, e tutto
finisce per assomigliare alle deleghe che ciascuno di noi fa, quotidianamente,
per gestire i momenti burocratici/gestionali che ci affannano: banche, posta,
condominio etc.).
2.21. Diritto ‘dal basso’ significa minori ossessioni
di completezza legislativa
E’
noto come la riforma sull’ amministrazione di sostegno abbia congegnato la
protezione dei soggetti deboli quale realtà destinata a prendere corpo
essenzialmente ‘dal basso’,
secondo le tracce che saranno fornite, di volta in volta, dal giudice.
Ciò
risulta ben chiaro sol che si consideri che:
-
è rimesso al giudice di confezionare, sul piano concreto, il paradigma di
protezione più adeguato, più rispondente cioè alle esigenze e alle
aspirazioni che vengano manifestate, anche indirettamente, dalla persona;
-
sempre al giudice tutelare spetta di
operare, nel corso della gestione della misura di protezione, le varie colmature
ed integrazioni destinate a rendersi via via necessarie;
- per
il beneficiario, la disciplina dell’AdS non prevede alcuna diminuzione di
sovranità (quale tratto disciplinare già scontato in partenza, come avviene
con l’interdizione); ogni limitazione verrà stabilita dal giudice hic
et nunc, sulla base di un accertamento concreto, calibrato sul bisogno di
sostegno e alla misura di esso;
-
la disomogeneità/inconfondibilità rappresenta un tratto dominante nella
gestione dell’AdS: per ogni creatura versante in difficoltà il decreto del
g.t. appare un quid personalizzato,
emesso appositamente sul suo conto, tale da cucire intorno all’interessato un
“vestito su misura”.
In tale
contesto diviene palese anche la diminuita rilevanza dello ius scriptum, E ciò, va sottolineato, non soltanto nella fase di
attivazione della misura di protezione, bensì anche nel corso della gestione di
essa – via via che proceda il monitoraggio e il controllo delle ricadute del
provvedimento giudiziale (con verifiche periodiche, sotto uno o più profili, a
seconda delle nuove combinazioni che emergono). Determinante resta comunque la
ricchezza delle variabili in gioco che il g.t. si vede chiamato, via via, a
soppesare.
Di qui
la necessità di rifuggire da qualsiasi ossessione di completezza sul
piano disciplinare – dovendosi fare affidamento piuttosto, lungo i diversi
contesti, sulle attitudini e sulle doti peculiari di sensibilità e di
equilibrio di chi sarà chiamato, man
mano, a decidere.
E’ quanto
emerge, in primo luogo, da tutta
una serie di neo-disposizioni, che rimandano al giudice tutelare la decisione
relativa all’ ‘incapacitazione’ del beneficiario, riguardo ad un
determinato atto o a più atti (basta pensare alle varie norme sparse nel I
libro c.c., in materia di matrimonio, di filiazione, e di successione mortis
causa, e nel libro II, in materia di donazione; ma si vedano anche i rimandi
contenuti nel libro V agli eventuali impedimenti, stabiliti dal g.t., a prendere
parte ad una società di persone, o ad assumere cariche societarie in società
di capitali, e così via).
Lo stesso
vale per le disposizioni di nuova formulazione in materia testamentaria e di
donazione (art,. 591 bis e 775 bis c.c.), che demandano al giudice la scelta
circa le modalità da adottare per la redazione del testamento o di un atto di
donazione da parte del disabile; così,
ancora, per quanto concerne la
nomina, ai fini della redazione dell’atto, di un curatore piuttosto che
dell’amministratore di sostegno.
Né va dimenticata l’attribuzione al
g.t. di compiti strategici, di
puntello o di rilancio, in ordine alla necessità di attivare una protezione
‘dinamica’, consistente, in particolare, nell’attribuire
all’amministratore di sostegno la rappresentanza esclusiva riguardo al
compimento di determinati atti - che l’interessato trascuri o rifiuti di
compiere, ponendo a repentaglio così la propria sussistenza o sicurezza.
2.22. Soluzioni
nuove per il “dopo-di-noi”: il patrimonio con vincolo di destinazione
Sulla base
di alcune indicazioni, offerte dal diritto straniero,
ci si è orientati a introdurre
poi nel c.c. - col pensiero rivolto soprattutto ai genitori di un
disabile, e alle preoccupazioni che essi possono nutrire rispetto al
domani - un istituto di tipo nuovo,
denominato “Patrimonio con vincolo di destinazione delle persone prive in
tutto o in parte di autonomia”, e preordinato a favorire la sicurezza e
l’autosufficienza economica del disabile.
Per la
relativa disciplina, è sembrato conveniente utilizzare lo spazio che è
dedicato attualmente (all’interno del II° libro del c.c.) alla sostituzione fedecommissaria; tale figura - in
considerazione del necessario
collegamento con lo schema dell’interdizione, e tenendo conto della sua
macchinosità e del suo sostanziale fallimento nella prassi degli ultimi decenni
- non poteva che venir abrogata.
Elemento
caratterizzante del neo-istituto è la finalità, che strutturalmente gli si
assegna, di favorire l’autosufficienza economica del beneficiario: risultato
che viene raggiunto con il ‘vincolare’, appunto, determinati beni (per
volontà del disponente) al mantenimento, alla cura, alla istruzione e – più
in generale – alle necessità concrete e quotidiane del beneficiario
dell’AdS, in relazione ai bisogni e aspirazioni di questo (tanto che, con la
revoca dell’amministrazione di sostegno, il vincolo è destinato a venir
automaticamente meno).
Da
sottolineare, altresì, che i beni facenti parte del patrimonio vincolato
potranno essere alienati – dietro autorizzazione del g.t. – nel caso di
utilità evidente del beneficiario.
2.23. Uno sguardo all’Europa
Da
ultimo, va osservato come uno sguardo ai sistemi stranieri, in ambito europeo,
rafforzi il convincimento circa l’attualità delle istanze che sono state qui
messe in luce, e confermi la necessità di un’abrogazione per gli istituti
incapacitanti del passato.
In
effetti, pur nella eterogeneità delle situazioni e delle soluzioni, è indubbio
che il quadro normativo europeo evidenzia una diffusa sensazione di
inadeguatezza, vetustà e anacronismo rispetto
all’istituto dell’interdizione.
Nel
processo di rinnovamento dei sistemi di protezione delle persone deboli, gli
ordinamenti austriaco e tedesco – va ricordato - hanno fatto da capofila,
avendo introdotto, da tempo, istituti che sono assimilabili alla nostra
amministrazione di sostegno, e avendo, altresì, provveduto ad abrogare
l’interdizione e l’inabilitazione.
Altrove,
come in Francia e in Lussemburgo, si assiste, proprio in questi tempi,
all’avvio di un serio processo di rinnovamento - attestato dall’ avvenuta
recente presentazione di progetti di riforma dei vigenti istituti della tutelle,
della curatelle,
e della sauvegarde
de justice. Si rinvia alle più articolate indicazioni che sono
contenute nell’appendice della presente relazione.
Sezione III – Le
modifiche alle singole disposizioni contenute nel codice civile, nel codice di
procedura civile, nel codice penale, nel codice di procedura penale, e in leggi
speciali.
3.1. Interdizione e inabilitazione
La rubrica
del capo II, titolo XII, libro I del
codice civile “Della interdizione, della
inabilitazione e della incapacità naturale” viene sostituito con la
seguente: “della incapacità naturale”
e comprende il solo art. 428 c.c. modificato, venendo abrogati i restanti
articoli da 414 a 432 c.c.
- L’art. 428 c.c. Per le modifiche apportate all’art.
428 c.c. rinviamo al § 3.3, concernente l’attività negoziale
dell’incapace.
3.2. Amministrazione di sostegno - La
presente bozza di riforma incide sulla stessa recente disciplina
dell’amministrazione di sostegno.
(a)
Vanno
richiamate, in primo luogo, alcune integrazioni e modifiche rese necessarie dal
venir meno delle vecchie misure di protezione.
- Gli artt. 405, 406, 411 c.c. A tale riguardo, va menzionata la
riformulazione del comma 3 dell’art. 405, nonchè l’abrogazione del comma 2
dell’art. 406, e dell’ultimo comma dell’art. 411, nonché l’
eliminazione dei riferimenti agli istituti abrogandi che si trovano contenuti
nel comma 1 dell’ art. 406. Scompare altresì – sempre nel comma 1
dell’art. 406 c.c. – il rinvio alla disposizione abrogata dell’art. 417
c.c., il quale viene rimpiazzato dall’ indicazione analitica – nel testo del
medesimo comma 1 - dei soggetti legittimati a presentare il ricorso.
Viene
meno, ulteriormente, il riferimento, contenuto nel comma 2 dell’art. 411 c.c.,
all’applicabilità dell’ art. 596 c.c., dato che tale ultima disposizione
viene riformulata, a sua volta, con specifico riferimento all’amministratore
di sostegno.
Rilevante
è, soprattutto, la soppressione della disposizione contenuta nel comma 4
dell’ art. 411 c.c. motivata dall’ impossibilità di richiamare come
applicabili norme facenti parte della disciplina dell’interdizione.
In
via sostitutiva, come vedremo, la previsione di un intervento
‘incapacitante’ del giudice tutelare, che risulti motivato dalla
salvaguardia dell’interesse del beneficiario, troverà specifica previsione in
varie disposizioni del codice civile, come, per esempio, in materia
matrimoniale, in materia di filiazione, o a proposito del testamento e della
donazione, etc.
(b)
Ulteriori modifiche alla disciplina dell’amministrazione di sostegno trovano
motivo nell’ opportunità di superare alcune questioni interpretative ed
applicative emerse in questi primi anni di attuazione della riforma.
- l’art. 405, co. III, c.c. Il terzo comma dell’art. 405 c.c.
viene integralmente riformulato. La disposizione oggi vigente viene abrogata
presupponendo la condizione di interdetto/inabilitato; la stessa viene
sostituita dalla previsione della possibilità di nomina di un co-amministratore
di sostegno, qualora ciò risponda all’interesse del beneficiario.
- L’art. 406, co. 1, c.c. Merita menzione, in primo luogo, l’
avverbio “personalmente” che viene inserito nel comma 1 dell’art. 406
c.c., al fine di superare, in via definitiva, la questione concernente la
sovranità/autosufficienza dell’interessato riguardo all’iniziativa di
attivazione del procedimento di AdS. Si tratta di un’ opzione coerente con la ratio legis di disegnare un istituto di facile accessibilità, non
oneroso e in grado, perciò stesso, di costituire un vero e proprio strumento di
protezione per il disabile (v. Sez. II, § 2.19).
- L’art. 407, co. 4, c.c. Viene contemplata, d’altra parte, la
necessarietà della difesa tecnica del beneficiario, secondo quanto già
illustrato sopra (nella Sezione II, § 2.20) per i casi in cui il giudice
tutelare ritenga di introdurre divieti, limitazioni o decadenze incidenti su
diritti fondamentali della persona. A tal proposito il comma 4 dell’art. 407,
di nuova formulazione, rinvia alla disposizione dell’art. 716, comma 2 c.p.c.
(anch’essa introdotta ex novo) la
quale prevede, appunto, che il g.t. – in tali casi- debba invitare il
beneficiario a nominare un difensore.
- L’art. 409 co. 2, c.c. Viene introdotta nell’art. 409 una
disposizione volta a puntualizzare che il beneficiario dell’Ads conserva la
capacità di compiere gli atti di natura personale riguardo ai quali non sia
stato incapacitato dal giudice tutelare. Si è ritenuto opportuno inserire tale
disposizione (la quale va a formare il comma 2 della norma) poichè il primo
comma, con il proclamare la sovranità del beneficiario relativamente agli atti
non attribuiti alla rappresentanza esclusiva o all’assistenza necessaria
dell’amministratore di sostegno, non è riferitoe agli atti di natura
personale, ciò che, al contrario, diviene opportuno precisare, data
l’abrogazione dell’ultimo comma dell’art. 411 c.c.
Si
è ritenuto utile, in altri termini, puntualizzare che il beneficiario resta il dominus delle scelte attinenti alla sfera de propri interessi più
intimi, salvo che intervenga una limitazione o impedimento per disposizione del
g.t.
L’art. 412, II co. c.c. A completamento della disposizione contenuta
nell’art. 412, comma 2, viene aggiunto il riferimento al caso di
‘incapacitazione’ disposta con decreto del giudice tutelare successivo al
decreto istitutivo dell’amministrazione di sostegno.
3.3. Attività negoziale dell’incapace
- L’art.
428 c.c. - Riguardo all’attività negoziale dell’incapace, si segnalano
le modifiche apportate all’art. 428 c.c., che – come noto – costituisce il
rimedio azionabile in ordine al compimento, da parte dell’incapace, di atti e
di contratti per sé pregiudizievoli.
La norma
mantiene la propria collocazione nel capo II del titolo XII, intitolato (nella
presente bozza) “Della incapacità
naturale”.
Rispetto a
quella vigente, la nuova formulazione della norma si differenzia, innanzitutto,
per il venir meno, nel comma 1 , dell’inciso “anche se non interdetto”,
divenuto pleonastico.
Soprattutto
rilevante è la riunione – nel medesimo primo comma - delle due fattispecie di
annullamento oggi contemplate distintamente nel I e nel II comma con riguardo
rispettivamente agli atti e ai contratti: in entrambi i casi, è necessario e
sufficiente che ricorra il grave pregiudizio per l’incapace, mentre non è più
richiesto – per i contratti- l’ulteriore presupposto della ‘mala fede’
(da intendere come consapevolezza della condizione di incapacità) dell’altro
contraente.
E’ apparsa
questa la soluzione maggiormente adeguata a favorire la protezione
dell’incapace eliminando, al tempo stesso, il deterrente alla conclusione di
contratti con l’ incapace naturale indotta, nel sistema vigente, dalla
possibilità di annullamento sul mero presupposto della prova della mala fede.
Quanto alla
‘gravità’ del pregiudizio necessario per l’annullamento dell’atto o del
contratto, è utile sottolineare come la valutazione di essa dovrà essere
condotta dall’interprete tenendo conto di tutte le particolarità del caso
concreto, e, dunque, con un approccio orientato a prendere in considerazione le
esigenze e la realtà di vita propria dell’autore dell’atto, oltrechè le
motivazioni concrete che l’hanno determinato a compierlo.
Si pensi,
per esempio, all’alienazione – da parte dell’incapace- di un immobile ad
un prezzo sostanzialmente inferiore rispetto al suo valore di mercato, ove,
tuttavia, emerga che egli si era indotto alla vendita per l’assoluta necessità
ed urgenza di disporre di somme di denaro ai fini della propria sussistenza.
E’ parsa,
pertanto, soluzione adeguata quella di conservare la formula vigente “grave
pregiudizio” la quale, proprio in quanto sufficientemente ampia, demanda al
giudice la valutazione in concreto dei caratteri del pregiudizio, sulla base di
un apprezzamento di fatto a lui riservato (Cass. n. 10577/1990, n. 2499/1984, n.
795/1979).
3.3.1. Contratto in generale
- L’art. 1425 c.c.- Le modifiche concernenti l’art.
428 c.c. sopra illustrate (§ 3.3) si riflettono sull’ art. 1425 c.c., norma
specificamente dedicata all’annullabilità del contratto per incapacità delle
parti, e inserita nel IV libro, titolo II
“Dei contratti in generale”.
Conseguentemente,
vale la pena di sottolineare come la disposizione del comma 2 dell’ art. 1425,
pur rimanendo inalterata nella sua formulazione, sarà applicabile alle medesime
condizioni poste dal comma 1 dell’art. 428.
Viene invece
modificato il comma 1 dell’art. 1425, laddove fa riferimento alla parte
‘legalmente incapace’, dato che – come già visto- per effetto dell’
abrogazione dell’ interdizione e dell’ inabilitazione, la categoria
dell’incapacità legale di agire si riduce alla sola fattispecie della minore
età; dunque, il comma 1 viene riformulato sostituendosi alla locuzione “legalmente incapace di contrattare” l’altra di “minore”.
Contemplata
così l’annullabilità del contratto concluso dal minore, e di quello concluso
dall’incapace naturale, restava da disciplinare l’ipotesi del contratto
concluso direttamente dal beneficiario di amministrazione di sostegno nonostante
la propria ‘incapacitazione’, ossia nei casi in cui, per disposizione del
giudice tutelare, sia a questi impedito il compimento di qualche attività
negoziale.
E’ stato
così introdotto un comma 2 nell’art. 1425, contemplante l’annullabilità
del contratto concluso dal beneficiario dell’AdS nei cui confronti il g.t.
abbia stabilito il divieto di compiere attività negoziale.
- L’art. 1442 II co. c.c. Anche
la disciplina della prescrizione dell’azione di annullamento del contratto
subisce alcune variazioni.
Scompare, in
primo luogo, il riferimento all’incapace legale di agire, sostituito da quello
al minore d’età, mentre viene inserita la previsione concernente l’ipotesi
del contratto concluso dal beneficiario di AdS nonostante la propria
‘incapacitazione’. Si prevede, così, relativamente alla fattispecie di
nuova previsione, che la prescrizione relativa all’azione di annullamento del
contratto decorre dal venir meno dell’impedimento a contrarre stabilito dal
g.t.
3.3.2. Singoli contratti
Vengono,
quindi, introdotte alcune modifiche relative a specifiche figure contrattuali.
- L’ art. 1626 c.c. Relativamente alle cause di
scioglimento del contratto di affitto, scompaiono dalla norma i riferimenti
(contenuti nella rubrica e nel testo) all’interdizione e all’inabilitazione,
e rimane contemplata, quale unica causa di scioglimento del contratto, l’
insolvenza dell’affittuario.
Occorre
precisare che riguardo all’insolvenza si era pensato, inizialmente, di
prevedere la possibilità di nomina di un amministratore di sostegno al
contraente insolvente trovantesi nelle condizioni previste dall’art. 404 c.c.
Ciò in considerazione del fatto che l’insolvenza potrebbe anche dipendere da
condizioni di immobilità, reticenza/ostilità della persona, superabili
mediante il ricorso alla misura di protezione. Si è scelto, alla fine, di non
inserire una disposizione che risulta, tutto sommato, superflua, dato che la
possibilità di nomina (anche in tal caso) dell’amministratore di sostegno si
ricava dalla disciplina generale dell’istituto.
-L’art. 1722 co. 4, c.c.
Anche per il mandato, come per il contratto di affitto, vengono meno le cause di
scioglimento costituite da interdizione e inabilitazione del mandante o del
mandatario; vengono meno, di conseguenza, i riferimenti ai vecchi istituti
contenute nella disposizione.
- L’art. 1833 c.c. Anche riguardo al rapporto di conto
corrente, viene meno la previsione dello scioglimento del rapporto contrattuale
per interdizione o inabilitazione di una delle parti e i conseguenti riferimenti
testuali agli istituti abrogandi.
3.3.3. Pagamento e indebito
Si impongono
alcuni rilievi per quanto concerne una serie di disposizioni (poche in verità)
del codice civile, nelle quali appare il riferimento testuale alle nozioni di
‘incapace’, e ‘incapacità’.
Si tratta di
disposizioni che vengano mantenute inalterate nella loro formulazione,
nonostante le suddette nozioni di ‘incapace’ e ‘incapacità’, in esse
contenute, debbano – nel nuovo assetto- venire intese in un significato
diverso,
Per meglio
dire, detti termini varranno a identificare, oltre al soggetto minore d’età,
anche il beneficiario dell’amministrazione di sostegno che sia stato
‘incapacitato’ dal g.t. riguardo al compimento di uno o più atti.
- Gli artt. 1190 e 1191 c.c. –
Più specificamente, ‘incapace’ ai sensi dell’art. 1190 ne 1191 c.c, dovrà
essere considerato anche il beneficiario riguardo al quale il g.t. abbia posto
un divieto di ricevere o di effettuare pagamenti.
- L’art. 1993 c.c. - Considerazioni analoghe valgono per
quanto concerne l’opponibilità dell’ eccezione fondata sulla propria
incapacità, da parte del debitore di un titolo di credito: in altri termini,
anche il beneficiario di AdS nei cui confronti il g.t. avesse stabilito il
divieto di emettere assegni, potrà opporre al possessore del titolo il difetto
di capacità derivante dal predetto intervento incapacitante.
- L’ art. 2039 c.c. - Analoghe considerazioni valgono in
relazione all’art. 2039 c.c.
3.3.4. Titoli di credito
- L’art. 1993 c.c. Coerentemente con la nuova
formulazione dell’art. 428 c.c., si prevede che il debitore possa opporre al
possessore del titolo di credito l’eccezione fondata sulla propria incapacità
soltanto in presenza di un grave pregiudizio che gli derivi dall’emissione del
titolo. La previsione viene inserita in un II comma di nuova formulazione.
Si rinvia a
quanto esposto al precedente § 3.3.3. per quanto riguarda il significato del
termine ‘incapacità’.
3.4. Atti ‘personalissimi’
Ulteriore
ambito toccato dalla presente proposta di riforma è quello degli atti
denominati ‘personalissimi’ (seppure tale denominazione debba considerarsi
impropria, non ravvisandosi tale categoria nell’ ordinamento privatistico).
Con tale locuzione la dottrina fa riferimento a quegli atti mediante i quali la
persona esercita diritti afferenti la sfera personale/affettiva propria del
soggetto che li pone in essere e che, in quanto tali, sono di stretta competenza
del titolare dell’interesse che essi tendono a soddisfare. In relazione al
compimento di detti atti, di conseguenza, non è ammessa, in via generale,
alcuna forma di sostituzione.
Si
annoverano tra tali atti il matrimonio, il riconoscimento del figlio naturale,
l’azione per dichiarazione giudiziale di paternità e maternità naturale, il
disconoscimento del figlio legittimo, il testamento, la donazione.
Tali atti
–il cui compimento è impedito alla persona interdetta – potranno, a seguito
dell’abrogazione dell’istituto, essere compiuti dalla persona disabile.
Il principio
orientatore che viene accolto diviene quello
della piena capacità di agire e, dunque, della possibilità di compiere
l’atto, salvo che, rispetto ad esso, la persona venga ‘incapacitata’ –
nel proprio esclusivo interesse- da parte del giudice tutelare; ipotesi questa
verificabile con riguardo al soggetto che sia beneficiario di amministrazione di
sostegno e sulla base di una valutazione del giudice tutelare rispondente, in
via esclusiva, all’interesse della persona.
Soluzione
intermedia, la quale viene contemplata (come vedremo meglio nel seguito) in
relazione ad alcuni degli atti di natura personale, e sempre con riferimento al
beneficiario di AdS, è la previsione della possibilità di compiere l’atto
con l’assistenza/affiancamento (non sostituzione) dell’ amministratore di
sostegno (così, nel caso del disconoscimento di paternità, del riconoscimento
di figlio naturale, dell’impugnazione di detto riconoscimento, etc.). Va
precisato, sul punto, che tale soluzione non pare contrastare con la natura di
tali atti, dato che questi vengono posti in essere dal beneficiario, mentre
l’assistenza dell’amministratore di sostegno si giustifica come sistema di
‘tutoraggio’ e di accompagnamento al compimento dell’atto. La dottrina ha
parlato, a tale riguardo, di “attività di ausilio e aiuto in un processo che
rimane essenzialmente di autodeterminazione” (Balestra L. Familia, 2005, 659).
La
disciplina concernente il compimento di ogni singolo atto o azione di natura
personale, da parte del beneficiario dell’amministrazione di sostegno, è
stata inserita – come ora esamineremo- nell’ambito delle specifiche e
rispettive disposizioni codicistiche vigenti.
3.4.1. Matrimonio
- L’art. 85 c.c. - Riguardo al matrimonio viene meno,
con l’abrogazione del comma 1 dell’art. 85 c.c., il divieto – riferito
all’interdetto- di sposarsi: il disabile conserva, pertanto, la piena sovranità
in ordine alla decisione di contrarre matrimonio.
La norma
viene totalmente riformulata, e riferita al divieto di contrarre matrimonio per
il beneficiario dell’ amministrazione di sostegno.
Più in
particolare, si prevede che il giudice tutelare, nel provvedimento con il quale
nomina l’amministratore di sostegno, o successivamente, possa disporre il
divieto per il beneficiario di contrarre matrimonio: il criterio orientatore per
il giudice è rappresentato dalla considerazione esclusiva dell’interesse del
beneficiario.
Ci si è
domandati, con riferimento a tale previsione, se fosse ammissibile e legittimo
prevedere la possibilità di una limitazione al compimento dell’atto
‘personalissimo’ per eccellenza; la scelta favorevole è stata suggerita
dalla considerazione che, in certi casi, peraltro non del tutto sporadici
nell’epoca attuale, è doveroso salvaguardare la persona beneficiaria della
misura di protezione dal rischio di conseguenze pregiudizievoli che le
potrebbero derivare, specie sul piano patrimoniale, da un matrimonio azzardato e
un po’ bizzarro (quello, ad esempio, dell’anziano o del disabile con la
giovanissima badante, specie in presenza di consistenti patrimoni).
- L’art. 102 c.c. Di qui le modifiche alla previsione
dell’ art. 102, comma 5 c.c., riguardo all’ opposizione al matrimonio su
iniziativa del pubblico ministero: tale iniziativa viene espressamente
contemplata come doverosa anche per l’ipotesi di divieto matrimoniale
stabilito ai sensi dell’art. 85 c.c.
- L’ art. 119 c.c. Relativamente, poi, alla
legittimazione ad impugnare il matrimonio contratto in violazione del divieto
previsto dall’art. 85 c.c., il nuovo testo dell’art. 119 c.c. contempla,
oltre ai soggetti che già figurano nella formulazione vigente, anche il
beneficiario dell’amministrazione di sostegno destinatario del divieto, nonché
l’amministratore di sostegno.
Il comma 2
dell’articolo viene, conseguentemente, modificato prevedendosi che
l’impugnazione del matrimonio non sia più possibile se vi sia stata
coabitazione per un anno dopo la revoca del divieto previsto dall’art. 85 c.c.
- L’art. 120 c.c. Si tratta
della disposizione invocabile da quello dei coniugi che intenda impugnare il
proprio matrimonio poiché contratto in condizioni di incapacità di intendere e
di volere. Dalla disposizione scompare la locuzione “quantunque non
interdetto” che diviene pleonastica per effetto dell’abrogazione
dell’interdizione.
- L’art.
126 c.c. La sola modifica relativa a detta norma concerne l’ eliminazione
del riferimento all’interdetto.
- L’art. 166 c.c. Per quanto riguarda, poi,
il compimento – al momento del matrimonio - di atti a contenuto e di rilievo
patrimoniale, quali stipulazioni e donazioni, l’art. 166 prevede
l’applicabilità dell’art. 409 c.c. e, dunque, la eventuale limitazione
della possibilità di agire del beneficiario, riguardo a tali atti, in quanto
vengano riservati dal g.t. all’ assistenza necessaria o alla rappresentanza
esclusiva dell’ amministratore.
- L’art. 183 c.c. Riguardo all’amministrazione dei beni comuni,
l’interdizione (venendo meno) non costituirà più causa di esclusione del
coniuge dall’amministrazione. Viene, pertanto, abrogato il comma 3 dell’art.
183.
- L’art. 193 c.c. La separazione giudiziale dei beni tra coniugi non
potrà più essere pronunziata in caso di interdizione e di inabilitazione (il
cui riferimento scompare dal comma 1 della norma) ma soltanto in caso di cattiva
amministrazione.
A
tale ipotesi viene aggiunta quella ulteriore, introdotta ex novo nel comma 3, in
cui vi sia pericolo per gli interessi dell’altro coniuge o della comunione o
della famiglia, tenuto conto degli impedimenti stabiliti dal g.t. con riguardo
al coniuge beneficiario di AdS, ai sensi dell’art. 409.
3.4.1.a. Separazione e divorzio
Si rende
opportuna una precisazione con riferimento agli istituti della separazione e del
divorzio, i quali rivestono, a loro volta, alla stessa stregua del matrimonio,
natura di atti personali. Anche in relazione a tali atti si pone il problema
della disciplina applicabile in caso di disabilità di uno dei coniugi.
Coerentemente
alla scelta operata relativamente all’istituto matrimoniale, e tenendo conto
della finalità propria della separazione e del divorzio, si è ritenuto di
conservare intatta, in via generale, la capacità di agire dell’interessato,
senza limitazioni di sorta, e, dunque, senza neppure la possibilità di un
impedimento speculare a quello dell’art. 85 c.c.; la scelta separativa e le
determinazioni ad essa correlate, infatti, costituiscono oggetto di un diritto
assolutamente irrinunciabile.
D’altra
parte, non può escludersi, a priori, la possibilità che
l’interessato/beneficiario dell’amministrazione di sostegno possa essere
utilmente affiancato e coadiuvato dall’amministratore, relativamente
all’assunzione delle decisioni che lo riguardano e agli atti, anche
processuali, da compiersi.
Pertanto,
pur avendo scelto di non introdurre espressamente tale previsione, la quale può
ritenersi già contenuta nel sistema delineato dalla riforma della l. n. 6, si
evidenzia la possibilità – per il legislatore- di formulare due disposizioni
(nella disciplina della separazione personale dei coniugi, che potrebbe essere
collocata nell’art. 150 c.c., e nella disciplina del divorzio – ad es.
introducendo un nuovo comma nell’ art. 4) contemplanti espressamente la
possibilità di affiancamento/assistenza dell’amministratore di sostegno.
3.4.2. Filiazione
Anche in
materia di filiazione l’ opzione accolta è di conservare la sovranità della
persona riguardo al compimento dell’atto o all’ esercizio dell’azione.
Pure qui
(come già si è visto sopra, al § 3.4.1 per il matrimonio) viene prevista la
possibilità che il giudice tutelare disponga per il beneficiario
dell’amministrazione di sostegno il divieto al compimento dell’atto.
Oltre a ciò,
e in alternativa al divieto dell’atto, viene prevista la possibilità che il
giudice tutelare ne autorizzi il compimento con l’assistenza/affiancamento
dell’amministratore di sostegno.
Data la
natura personalissima dell’atto/azione non sarà comunque consentita, in
nessun caso, l’attribuzione all’amministratore di sostegno di compiti di
rappresentanza esclusiva.
L’eventuale
incapacitazione all’atto, così come per il matrimonio, significherà,
pertanto, impossibilità assoluta di compiere l’atto stesso, non delegabile a
terzi soggetti, ciò che, in ogni caso, potrà essere stabilito dal g.t.
soltanto nell’esclusivo interesse del beneficiario.
-Gli artt. 244, 245 e 247 c.c. Relativamente
al disconoscimento di paternità viene aggiunto, nell’ art. 244 c.c., un comma
5, prevedendosi che nel provvedimento con il quale
nomina l’amministratore di sostegno o successivamente, il giudice tutelare
possa disporre, con riguardo esclusivo all’interesse del beneficiario, il
divieto per lo stesso di promuovere azione di disconoscimento. Il giudice
tutelare potrà comunque prevedere che l’azione sia esercitatile con
l’assistenza dell’amministratore di sostegno.
Viene,
quindi, abrogata la disposizione dell’art. 245 c.c. (contemplante la
sospensione del termine di decadenza per l’esercizio dell’azione di
disconoscimento qualora l’interessato al disconoscimento sia interdetto).
Pur
prescindendosi, qui, dal proporre una disposizione in tal senso, si segnala al
legislatore la possibilità di prevedere che il giudice del procedimento di
disconoscimento possa disporre la trasmissione degli atti al giudice tutelare
per la nomina di un amministratore di sostegno, qualora gli consti la condizione
di incapacità di intendere e di volere di una delle parti. Tale previsione
troverebbe fondamento nell’ esigenza di assicurare all’incapace lo strumento
di salvaguardia rappresentato, appunto, dall’assistenza dell’amministratore
di sostegno
- L’art. 247 c.c. Disposizione analoga a quella
dell’art. 244, comma 5, viene inserita nell’art. 247, a formare un comma 4,
con la sola differenza che qui, venendo in considerazione la posizione della
parte convenuta nel giudizio di disconoscimento, non potrebbe ipotizzarsi alcun
impedimento da parte del giudice tutelare, ma soltanto
l’affiancamento/assistenza dell’amministratore di sostegno.
Viene,
pertanto, previsto che con il provvedimento con il quale nomina
l’amministratore di sostegno o successivamente, il giudice tutelare possa
disporre, con riguardo esclusivo all’interesse del beneficiario, che la
partecipazione del medesimo al giudizio si svolga con
l’assistenza dell’amministratore di sostegno.
Da
segnalare, altresì, la soppressione - nei commi 2 e 3 della norma- dei
riferimenti alla condizione di interdetto e di inabilitato e l’accorpamento
nel solo comma 1 della condizione di minore e di minore emancipato, assoggettati
alla medesima disciplina.
-Gli
artt. 264 e 266 c.c. - Riguardo
al riconoscimento del figlio naturale, viene meno il divieto di impugnazione del
riconoscimento da parte del riconosciuto interdetto. Rimane il solo divieto ad
impugnare il riconoscimento da parte del minore, al quale si aggiunge il divieto
che il g.t. abbia stabilito per il disabile - beneficiario dell’AdS, secondo
la previsione del nuovo comma 3.
E’ poi
fatta salva, nella medesima disposizione del comma 3, la possibilità che il
giudice tutelare prescriva l’assistenza dell’amministratore di sostegno ai
fini dell’esercizio dell’azione.
A seguire,
l’art. 266 c.c. che, nel testo vigente disciplina l’impugnazione del
riconoscimento fatto dall’interdetto, viene riformulato e riferito al
beneficiario ‘incapacitato’. Più esattamente, la nuova disposizione prevede
che, nel provvedimento con il quale nomina
l’amministratore di sostegno o successivamente, il giudice tutelare possa
disporre, con riguardo esclusivo all’interesse del beneficiario, il divieto
per lo stesso di riconoscere il figlio naturale; salva, anche qui la possibilità
di stabilire, da parte del g.t., che il riconoscimento venga effettuato con
l’assistenza dell’amministratore di sostegno.
- L’ art. 273 c.c. Relativamente all’esercizio
dell’azione per l’accertamento giudiziale della filiazione naturale, viene
eliminata la previsione contenuta nell’ultimo comma dell’art. 273 c.c.
relativa all’esercizio dell’azione da parte del tutore dell’interdetto.
Il terzo e
ultimo comma della norma viene riformulato con riferimento al beneficiario di
amministrazione di sostegno, nei confronti del quale viene previsto che il
giudice tutelare possa disporre il divieto di esercizio dell’azione o
stabilire che la stessa possa essere esercitata con l’assistenza
dell’amministratore di sostegno; anche qui, come in tutte le altre fattispecie
sopra considerate, il criterio orientatore della scelta del giudice è
rappresentato dalla valutazione, in via esclusiva, dell’interesse del
beneficiario.
3.4.2.a. Adozione di minore d’età
Si rende
opportuna, da ultimo, una precisazione relativamente alla disciplina
dell’adozione.
La sola
norma della legge adozioni facente riferimento ad una condizione di incapacità
dell’adottante è quella contenuta nell’art. 25, in base al quale, peraltro,
l’incapacità non osta all’adozione. Dispone, infatti, l’art. 25, IV comma
l. ad.: “Se uno dei coniugi muore o
diviene incapace durante l'affidamento preadottivo, l'adozione, nell'interesse
del minore, può essere ugualmente disposta ad istanza dell'altro coniuge nei
confronti di entrambi, con effetto, per il coniuge deceduto, dalla data della
morte”.
Resta
esclusa, pertanto, la necessità di apportare modificazioni alla disposizione
vigente.
3.4.3. Accettazione di eredità
- L’ art. 471 c.c. La norma viene integrata con la
formulazione di un nuovo comma 3, concernente l’accettazione di eredità da
parte del beneficiario dell’AdS.
Più
esattamente, in base a tale disposizione, il g.t. potrà disporre che
l’accettazione dell’eredità venga compiuta dall’amministratore di
sostegno quale rappresentante esclusivo. Incontreremo una previsione
corrispondente in tema di manifestazione del rifiuto all’accettazione di un
legato (v. art.650) e relativamente all’accettazione della donazione (art.
780).
In entrambi
i casi, tale forma di ‘incapacitazione’ del beneficiario si traduce, di
fatto, in un ‘fare sostitutivo’ dell’amministratore di sostegno imposto
dall’inerzia o dal rifiuto dell’interessato, nei casi in cui l’immobilismo
di questi risulti per sé pregiudizievole, sulla base di una valutazione del
g.t. finalizzata alla esclusiva salvaguardia dell’interesse della persona
disabile.
Viene fatta
salva, ulteriormente, la possibilità che il g.t. preveda l’assistenza
dell’amministratore, così come previsto per gli altri atti di natura
personale, ciò che rappresenta espressione della soluzione intermedia riguardo
a tale categoria di atti, consistente, appunto, nell’ affiancamento dell’
amministratore di sostegno quale ausilio al compimento dell’atto.
L’art. 471
c.c. viene altresì integrato nel senso che l’ accettazione con beneficio di
inventario viene contemplata come obbligatoria oltrechè per i soggetti minori
d’età, anche per il beneficiario di AdS; d’altra parte, viene ulteriormente
prevista la possibilità che il g.t., con decreto motivato, autorizzi
l’accettazione pura e semplice, tenendo conto delle condizioni patrimoniali
del beneficiario e delle circostanze del caso concreto. Tale ultima previsione
viene formulata mediante l’introduzione di un nuovo comma 2 nell’art. 471
c.c.
- L’art.
472 c.c. Dalla norma scompare il riferimento all’inabilitato.
- L’art. 489 c.c. Ulteriore disposizione di
salvaguardia, sempre con riferimento all’accettazione dell’eredità da parte
del beneficiario dell’amministrazione di sostegno, viene inserita nell’art.
489, prevedendosi che questi non decada dal beneficio d’inventario (allo
stesso modo di quanto già stabilito per il minore d’età) se non decorso un
anno dalla cessazione della misura di protezione.
3.4.4. Testamento
- L’art. 591 c.c. Riguardo alle disposizioni regolanti
la capacità di fare testamento, una prima modifica riguarda l’eliminazione
del riferimento all’interdetto, contenuta nel testo vigente dell’art. 591,
comma 2, n. 2. Detta previsione viene sostituita da quella concernente la figura
del beneficiario di amministrazione di sostegno il quale sia stato
‘incapacitato’ a testare.
E’
apparso, poi, opportuno eliminare il comma 1, dato che l’ incapacità a
testare può riguardare, come appena visto, anche il beneficiario dell’
amministrazione di sostegno, il quale, quando impedito a fare testamento da
parte del giudice tutelare non è inquadrabile, propriamente, tra i soggetti
“dichiarati incapaci dalla legge” cui si riferisce testualmente il vigente
comma 1.
- L’art. 591 bis c.c.
Al fine di ridurre al minimo i limiti alla sovranità testamentaria, si prevede,
nella successiva disposizione - introdotta ex
novo come art. 591 bis- la
possibilità che anche il beneficiario di amministrazione di sostegno
‘incapacitato’ relativamente a tale atto, possa ciò nonostante disporre per
testamento, secondo alcune modalità e con le garanzie che vengono
specificamente indicate.
L’art. 591
bis ha comunque una portata più
ampia, consentendo- in via generale- di disporre per testamento alle persone che
si trovino nelle condizioni giustificanti l’attivazione della nuova misura di
protezione; le modalità contemplate dalla neo-disposizione apprestano, infatti,
strumenti di salvaguardia del testatore e dei suoi interessi patrimoniali.
Per tale via
- ulteriore aspetto da considerare - anche il soggetto in difficoltà potrà
fare testamento evitando il rischio di un’ impugnazione ai sensi dell’art.
591 ult. comma.
Come risulta
chiaramente dal tenore della disposizione, viene previsto, in primo luogo, che
il testamento debba essere redatto con l’ausilio di un amministratore di
sostegno, sulla base di scelta rimessa al giudice tutelare, e sotto la diretta
sorveglianza di questo.
Al giudice
tutelare è, poi, riservata la determinazione delle opportune modalità di
compimento dell’atto, compresa l’ eventuale adozione della forma del
testamento pubblico o l’eventuale intervento di un esperto.
- L’art. 596 c.c. La norma, riferentesi, nel testo
vigente, al divieto di disposizioni testamentarie della persona sottoposta a
tutela in favore del tutore, viene conservata ma riferita al beneficiario
dell’amministrazione di sostegno.
3.4.5. Legati
- L’art. 650 c.c. Come noto, il legato si acquista, ai
sensi dell’art. 649 c.c., senza bisogno di accettazione, salva la facoltà di
rinunziare.
Di
conseguenza, l’atto che rileva in tale ambito è la volontà di rinunziare al
legato, tanto che la norma dell’art. 650 c.c. contempla la fissazione di un
termine, in via giudiziale e su richiesta dell’interessato, entro il quale il
chiamato esprima l’eventuale proprio rifiuto del legato.
Con
riferimento all’AdS, allora, la salvaguardia dell’interesse del
beneficiario-legatario potrebbe richiedere, da un lato, l’assistenza
dell’amministratore nella scelta e dichiarazione di rifiuto del legato, e,
ulteriormente, la sostituzione dell’ amministratore stesso al fine di
esprimere la scelta di rifiuto, qualora – nell’inerzia del beneficiario-
detto rifiuto si renda necessario per salvaguardare il suo interesse.
Viene,
pertanto, introdotta una disposizione speculare a quella dell’art. 471, comma
2, e – come vedremo - a quella dell’art. 780 c.c. relativamente alla
donazione, nella quale viene contemplata quella particolare forma di
‘incapacitazione’ da parte del g.t., consistente nell’imposizione del
‘fare sostitutivo’ dell’amministratore di sostegno, per fronteggiare –
sempre nell’esclusivo interesse del beneficiario- l’immobilismo di questi a
sé pregiudizievole.
3.4.6. Donazione
Riguardo
alla donazione, valgono le considerazioni svolte sopra (v. § 3.4.4) a proposito
del testamento; di conseguenza, le modifiche introdotte sono sovrapponibili a
quelle apportate alla disciplina testamentaria, salva – in relazione ad alcune
norme- la diversità di formulazione che, già presente nel testo vigente, si è
cercato di conservare onde evitare eccessivi stravolgimenti.
- L’art. 774 c.c. Quanto sopra vale, così, per
l’art. 774, concernente la capacità di donare, norma che riproduce,
sostanzialmente, la previsione dell’art. 591 c.c.: l’incapacità di fare
donazione investe, così, il minore età e il beneficiario
dell’amministrazione di sostegno nei cui confronti il giudice tutelare abbia
stabilito il divieto di fare donazione; in entrambi i casi con le rispettive
eccezioni contemplate dalla norma.
Tra le
eccezioni al divieto di donare, spicca – così come già visto a proposito del
testamento (art. 591 bis c.c.) - l’
apertura introdotta dall’art. 775 bis
riguardo al beneficiario dell’amministrazione di sostegno ‘incapacitato’
rispetto a tale atto e, più in generale, riguardo al disabile.
- L’art. 775 c.c. La medesima apertura, ovvero la
possibilità di fare donazione con le garanzie e modalità contemplate
nell’art. 775 bis viene altresì
prevista dall’art. 775 c.c. relativamente all’ incapace naturale.
- L’art.
775 bis c.c. Come già sopra
anticipato (in questo §), tale norma – di nuova formulazione - introduce,
anche a proposito della donazione, le previsioni dell’art. 591 bis, rendendo possibile la donazione anche al disabile e al
beneficiario impedito a tale atto dal g.t.
La ratio
di simile disposizione va ravvisata, ancora una volta, nella necessità di
limitare il meno possibile la sovranità del disabile riguardo ad atti aventi un
indubbio e rilevante valore personale.
Viene così
previsto che anche il beneficiario di amministrazione di sostegno
‘incapacitato’ relativamente a tale atto dal giudice tutelare, e, più in
generale, le persone che si trovino nelle condizioni legittimanti
l’attivazione della nuova misura di protezione, possano donare i propri beni,
secondo le modalità e con le garanzia ivi contemplate.
Per tale via
- ulteriore aspetto da considerare - anche l’incapace naturale potrà fare
donazione evitando conseguentemente il rischio di un’impugnazione ai sensi
dell’art. 775 c.c
Come risulta
chiaramente dal tenore della disposizione, viene previsto, in primo luogo, che
l’ atto di donazione debba essere redatto con l’ausilio di un un
amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare, e sotto la diretta
sorveglianza del giudice tutelare.
Al giudice
tutelare è, poi, riservata la determinazione delle opportune modalità di
compimento dell’atto, compresa l’ eventuale intervento di un esperto.
- Art. 776 c.c. La norma viene abrogata poiché relativa
alla donazione dell’inabilitato.
- Art.
777 c.c. La norma viene modificata con la sostituzione del termine
‘genitori’ a ‘padre’, e con la sostituzione di ‘minore’ a ‘persona
incapace’.
-
-
Art. 779 c.c. Anche tale disposizione
è abrogata
- Art. 780 c.c. Tale articolo, a suo tempo abrogato ad opera
dell’art. 205 l. dir. fam., viene ora dotato di un nuovo contenuto,
concernente l’accettazione della donazione da parte del beneficiario
dell’AdS. Specularmene a quanto viene previsto nella nuova formulazione
dell’art. 471 c.c. (in merito all’accettazione dell’eredità) e nel nuovo
testo dell’art. 650 c.c. (riguardo al rifiuto del legato), si prevede la
possibilità che l’ accettazione della donazione venga effettuata – per
disposizione del g.t.- dall’amministratore di sostegno quale rappresentante
esclusivo. Tale soluzione si spiega, ancora una volta, per la necessità di
fronteggiare l’inerzia o il rifiuto del beneficiario che risulti contrastante
con il proprio interesse.
Soluzione
intermedia attivabile, anche qui, come nei casi considerati sopra
dell’accettazione di eredità e del rifiuto di accettazione del legato, è poi
quella dell’ assistenza dell’ amministratore di sostegno.
3.5. Un nuovo istituto: il patrimonio con vincolo di destinazione
- Gli artt. 692-699 c.c. Come
già illustrato sopra (Sez. II, § 2.22), la sostituzione fedecommissaria viene
abrogata, in considerazione del venir meno dell’interdizione, presupposto
necessario – nel sistema vigente- a legittimare l’attivazione
dell’istituto (specificamente finalizzato ad assicurare assistenza al
discendente o coniuge interdetto, per il tempo successivo al venir meno dei
propri stretti congiunti).
Correlativamente,
viene introdotto – nell’interesse del beneficiario dell’amministrazione di
sostegno - il nuovo istituto del ‘patrimonio con vincolo di destinazione’,
regolamentato negli artt. 692-699 c.c. alla cui formulazione si rinvia (v. Parte
B- Articolato).
Si era posto
il dubbio se collocare la disciplina del nuovo istituto al di fuori del II libro
del codice civile, in considerazione del fatto che il patrimonio con vincolo di
destinazione non ha propriamente natura successoria, potendo essere costituito
anche per atto tra vivi, ed essendo finalizzato a favorire l’autosufficienza
economica del beneficiario dell’amministrazione di sostegno
nell’espletamento degli atti della vita quotidiana.
Considerato,
peraltro, che allorché costituito per atto mortis
causa, il nuovo istituto assume natura successoria, è apparso utile ed
opportuno collocarne la disciplina nello spazio lasciato libero
dall’abrogazione del fedecommesso; di conseguenza, nella nuova formulazione,
l’ art. 692 c.c. indica la possibilità della costituzione del patrimonio con
vincolo di destinazione, a favore del beneficiario dell’amministrazione di
sostegno, mentre gli articoli successivi contengono la regolamentazione
specifica dell’istituto.
3.6. Responsabilità civile dell’incapace
- Gli artt. 2046 e 2047 c.c.
Come già anticipato nella Sez. II al § 2.17, la presente bozza di riforma
contiene, altresì, una proposta di modifica riguardo alla disciplina della
responsabilità civile dell’incapace naturale, proposta già presente nella
bozza Cendon del 1986.
Alla regola
– nuova – di responsabilità dell’incapace per l’illecito commesso, si
associa, peraltro, la previsione della possibilità di un apprezzamento
equitativo, da parte del giudice, in ordine al quantum
respondeatur.
Al canone
della totale irresponsabilità viene, dunque, sostituito quello della
responsabilità dell’incapace naturale, con il correttivo della possibile
graduazione in considerazione della gravità della sua condizione, dell’ età
(parametro quest’ultimo da utilizzarsi essenzialmente con riferimento al danno
arrecato da soggetti minori d’età), e delle condizioni economiche delle
parti.
Dopo avere
così stabilito, nel comma 1 dell’art. 2046 c.c., che “risponde del danno anche la persona che non aveva l’incapacità di
intendere o di volere nel momento in cui lo ha cagionato”, il comma 2–
di nuova formulazione- aggiunge: “salvo
il caso in cui l’incapacità derivi da colpa dell’autore, il giudice può
moderare l’ammontare del risarcimento al quale questi è tenuto, in
considerazione delle circostanze del caso, con particolare riguardo all’età,
alla gravità dello stato di incapacità, e alle condizioni economiche delle
parti”.
In
definitiva, sul piano pratico, la soluzione proposta non pare discostarsi molto
da quella vigente: da un sistema imperniato su un principio generale di
irresponsabilità, corretto dalla previsione di un’equa indennità che il
giudice può stabilire in favore della vittima (v. attuale comma 2 dell’art.
2047 c.c.), si passa a un sistema incardinato su un principio generale di
responsabilità dell’incapace, corretto dalla facoltà del giudice di
moderare, in via equitativo l’ammontare del risarcimento dovuto.
Il rilievo
della proposta va, in effetti, ravvisato nel mutamento di prospettiva nella
considerazione del soggetto incapace.
Per quanto,
poi, riguarda la responsabilità del sorvegliante dell’incapace di cui
all’art. 2047 c.c., questa da vicaria diviene solidale, e ciò in
corrispondenza alla diretta responsabilità alla quale è chiamato l’incapace.
Per il
resto, allo stesso modo che nel sistema vigente, il sorvegliante potrà
liberarsi da responsabilità provando di non avere potuto impedire il fatto.
3.7. Impresa
- L’art. 2198 c.c. Riguardo all’esercizio dell’
impresa, vengono apportate all’art. 2198 c.c. le seguenti due modifiche:
(a) da un lato, la necessità di autorizzazione
all’esercizio dell’impresa commerciale rimane contemplata soltanto per il
soggetto minore d’ età;
(b) in secondo luogo, l’iscrizione nel
registro delle imprese viene previsto anche per i provvedimenti del giudice
tutelare concernenti l’esercizio dell’impresa commerciale da parte o
nell’interesse del beneficiario di amministrazione di sostegno.
3.8. Società
- Gli artt. 2286, I co. e 2294 c.c.
Nella disciplina dell’esclusione del socio dalla società di persone,
contenuta nell’art. 2286, viene abolita la causa di esclusione costituita
dallo stato di interdetto o inabilitato; viene, d’altra parte, introdotta la
causa di esclusione rappresentata dall’impedimento che il giudice tutelare
abbia stabilito a carico del beneficiario dell’amministrazione di sostegno a
prendere parte, come socio, alla società.
Dall’art.
2294 c.c., relativo alle disposizioni da osservarsi per la partecipazione
dell’incapace ad una società in nome collettivo, viene soppresso il
riferimento alle norme abrogate degli artt. 424 e 425.
- L’art. 2382 c.c. Modifiche corrispondenti a quelle
appena sopra considerate a proposito della società in nome collettivo, vengono
introdotte relativamente alle funzioni di amministratore in una società di
capitali. Più in particolare, lo stato di interdizione non costituisce più
causa di ineleggibilità o decadenza dalle funzioni di amministratore, mentre
viene espressamente introdotta l’ipotesi di ineleggibilità del beneficiario
di amministrazione di sostegno che sia stato ‘incapacitato’ dal giudice
tutelare riguardo a cariche societarie.
3.9. Limitata capacità di agire del minore
d’età
Il nuovo quadro normativo che viene a
prospettarsi per effetto della presente bozza di riforma è caratterizzato -
come visto sopra - dal consistente assottigliarsi della categoria della
incapacità legale di agire, con il restringersi di essa ai soli soggetti minori
d’età, relativamente ai quali la disciplina codicistica della potestà
genitoriale e della tutela rimane pressoché invariata.
Ciò nonostante, il mutamento di prospettiva qui delineato a proposito dei
soggetti incapaci di intendere e di volere, con l’ estensione dell’area del
fare negoziale loro consentito rispetto all’assetto vigente, impone una
riflessione riguardo alla disciplina concernente l’esercizio della potestà
genitoriale e l’estensione della possibilità di agire degli stessi soggetti
minori d’età.
Si tratta – va precisato - di correttivi suggeriti e, anzi, resi ormai
indifferibili dalla indiscussa anticipazione del processo di maturazione
cognitiva del minore, nell’epoca attuale, grazie anche ai progressi
scientifici e culturali e all’evoluzione del costume sociale prodottisi negli
ultimi decenni.
Gli artt. 316 u.c. e 359 c.c. Viene introdotto,
così, un ultimo comma nell’art. 316 c.c., espressamente richiamato
dall’art. 359 c.c. per il minore sottoposto a tutela, contemplante la
possibilità che il minore capace di discernimento, possa compiere, in ogni
caso, gli atti necessari a soddisfare le esigenze della vita quotidiana.
L’espresso riferimento a detta disposizione compiuto, quindi,
dall’art. 359 c.c., norma collocata nell’ambito della disciplina propria
della tutela, si spiega con la finalità di chiarire, senza possibilità di
equivoci, che tale facoltà del minore viene comunque assicurata, sia che egli
si trovi soggetto alla potestà genitoriale, sia che il medesimo sia sottoposto
a tutela.
La precisazione contenuta nell’ultima parte del nuovo comma, secondo cui
“si tiene conto a tal fine dell’ età, del grado di maturità del minore,e
della natura dell’atto da compiere” vale ad additare il criterio valutativo
utilizzabile dall’interprete che si trovi a dover giudicare se l’atto posto
in essere dal minore rientri o meno tra quelli consentiti.
Data, peraltro, la ineliminabile varietà delle situazioni di vita
quotidiana prospettabili, non era certamente possibile ancorare la possibilità
di agire del minore a criteri di valutazione oggettivi e predeterminati.
Non va trascurato, d’altra parte, che la nuova disposizione potrebbe
sortire effetti di ingessamento delle contrattazioni con soggetti minori d’età,
dato il rischio di annullamento del contratto, nell’ipotesi di accertamento
successivo della insussistenza delle condizioni legittimanti la conclusione del
negozio, da parte del minore. Soccorre, comunque, a tal proposito, la nuova
formulazione degli artt. 428 c.c. e 1425 c.c. in base ai quali l’annullamento
dell’atto e del contratto prescinde dalla mala fede dell’altro contraente,
ed è consentito soltanto se risulti e venga accertato che dall’atto è
derivato grave pregiudizio per il minore.
- Gli artt. 382 e 384 c.c. Nella disciplina
della tutela, poi, viene introdotta una disposizione - speculare a quella
dell’art. 147 c.c. - che estende al tutore del minore i compiti e le
responsabilità genitoriali sul piano dell’educazione, ed istruzione; e ciò
al fine ultimo di offrire al minore assoggettato a tutela le medesime opportunità
e possibilità di crescita e sviluppo della personalità assicurate dall’art.
147 c.c. al minore assoggettato alla potestà genitoriale.
Conseguentemente, le due previsioni dell’art. 382 e 384 c.c concernenti
la responsabilità per danni e la rimozione dall’ufficio, a carico del tutore
che abbia violato i propri doveri, vengono arricchite e completate con il
riferimento al dovere di assecondare le aspirazioni, richieste e desideri del
minore.
3.10. Prescrizione
- Gli artt. 2941 e 2942 c.c. Si segnalano, relativamente alla
disciplina della prescrizione, le integrazioni e modifiche apportate agli artt.
2941 e 2942.
Nella
prima di dette disposizioni viene stabilito che la prescrizione rimane sospesa
tra l’amministratore di sostegno e il beneficiario, finchè non sia stato reso
o approvato il conto finale.
L’art.
2942 c.c., dedicato alla sospensione della prescrizione per la condizione del
titolare, stabilisce che la sospensione ha luogo rispetto al beneficiario
riguardo agli atti riservati alla rappresentanza esclusiva dell’amministratore
e per il tempo in cui si protrae la rappresentanza esclusiva.
3.11. Disposizioni di attuazione del codice civile
- Gli artt. 40 e 42 disp. att. c.c. Sono
abrogate le due disposizioni di attuazione dedicate agli istituti abrogandi.
-
Gli artt. 47, 48 e 49 disp. att. c.c. Queste disposizioni vengono
modificate mediante l’eliminazione dei riferimenti agli istituti abrogandi
3.12. Norme transitorie e di chiusura
Viene
introdotta una norma di chiusura a sancire l’abrogazione di tutte le
disposizioni incompatibili con la ‘legge di riforma’.
Il
passaggio delle consegne dall’ ancien régime
al nuovo sistema viene, quindi, affidato a due disposizioni transitorie,
contenute negli artt. 88 e 89 della presente bozza, onde consentire una
sollecita attivazione della procedura per la nomina dell’ amministratore di
sostegno, relativamente ai giudizi di interdizione pendenti alla data
dell’entrata in vigore della riforma: prevede, così, la prima delle due norme
transitorie che il giudice del procedimento di interdizione o di inabilitazione
pendente dispone, d’ufficio, la trasmissione degli atti al giudice tutelare;
è data facoltà al medesimo giudice istruttore del giudizio pendente di
adottare i provvedimenti urgenti di cui al quarto comma dell’art. 405.
Per
il caso di interdizione o inabilitazione già pronunciate, alla data di entrata
in vigore della riforma, si prevede la revoca automatica del relativo status,
con contestuale attivazione dell’amministrazione di sostegno, da parte del
pubblico ministero (salva, comunque, la legittimazione attiva dell’interessato
e dei soggetti legittimati ex art. 406 c.c.).
Viene,
altresì previsto che il tutore e il
curatore assumano automaticamente la funzione di amministratore di sostegno
provvisorio, relativamente al compimento degli atti di ordinaria
amministrazione, fino all’istituzione della misura di protezione, da parte de
giudice tutelare.
Viene
specificato, da ultimo (per quanto, forse, in via ultronea), che il
giudice tutelare provvede ai sensi degli artt. 404 e ss. e adotta i
provvedimenti urgenti ai sensi dell’art. 405 c.c.
3.13. Disciplina processuale dell’ amministrazione di
sostegno
La
presente bozza contiene, poi, una serie di modifiche alle norme processuali
(artt. 712 e segg.) alcune delle quali vengono abrogate in considerazione del
venir meno degli istituti dell’interdizione e inabilitazione, e le restanti
riformulate e riferite al procedimento di amministrazione di sostegno.
Si
rinvia al testo delle singole disposizioni, non senza sottolineare come
l’intervento di maggior rilievo concerna la previsione della difesa tecnica
del beneficiario, secondo quanto già illustrato sopra (nella Sezione II, §
2.20) per i casi in cui il giudice tutelare ritenga di introdurre divieti,
limitazioni o decadenze incidenti su diritti fondamentali della persona.
-
L’art. 407, co. 4, c.c. Nella disposizione che viene introdotta ex
novo nell’art. 407, con un comma 4 di nuova formulazione, si contempla la
necessarietà della difesa tecnica del beneficiario, secondo quanto già
illustrato sopra (nella Sezione II, § 2.20) per i casi in cui il giudice
tutelare ritenga di introdurre divieti, limitazioni o decadenze incidenti su
diritti fondamentali della persona.
La
disposizione del comma 4 dell’art. 407 rinvia alla disposizione dell’art.
716, comma 2 c.p.c. (anch’essa introdotta ex
novo) la quale prevede, appunto, che il g.t. – in tali casi- debba
invitare il beneficiario a nominare un difensore.
-
L’ art. 716, co. 2 e 3 c.p.c. Vengono, poi, inseriti, nell’ 716
c.p.c. due commi di nuova formulazione, i quali prevedono che
(in ogni fase del procedimento) il giudice tutelare, qualora, con
riferimento esclusivo all’interesse del beneficiario, ritenga di stabilire
divieti, limitazioni o decadenze incidenti su diritti fondamentali della
persona, debba invitare il beneficiario e l’amministratore di sostegno anche
provvisorio a nominare un difensore.
Si
è ritenuto opportuno precisare, poi, che, qualora l’interessato non provveda
alla nomina di un difensore in un termine assegnatogli dal g.t., quest’ultimo
potrà procedere, ciò nonostante, all’assunzione del provvedimento per il
quale era contemplata la difesa tecnica.
Tale
opzione è parsa la più idonea ad evitare blocchi ed ingessature dell’ iter procedimentale, poiché si correrebbe altrimenti il rischio di
vedere snaturata l’essenza stessa del nuovo sistema di protezione, improntato
alla maggiore speditezza e snellezza possibile.
Per
gli stessi motivi, si è scelto di non prevedere alcuna sanzione di nullità del
provvedimento adottato o, addirittura, del procedimento, per l’eventualità in
cui il g.t. non abbia provveduto secondo i dettami dell’art. 716, comma 2. Una
simile soluzione, infatti, comporterebbe seri rischi di ingessamento (e,
infatti, quale sarebbe, in tal caso, la sorte del procedimento di AdS?) e,
indurrebbe, con verosimile probabilità, un giudice tutelare,
‘eccessivamente’ scrupoloso nel rispetto delle regole processuali, ad
ordinare la difesa tecnica anche in relazione a casi ‘dubbi’ o per i quali,
in realtà, non vengano propriamente in gioco interessi fondamentali della
persona.
E
la medesima riflessione vale per l’opposta ipotesi, in cui il g.t. potrebbe
scegliere di non ‘incapacitare’ proprio al fine di evitare le complicazioni
della nomina del difensore (e per scongiurare gli inevitabili rallentamenti che
questa comporta, nello svolgimento dell’ iter
procedimentale) e/o per andare incontro alle ‘rimostranze’
dell’interessato il quale non ne voglia sapere di rivolgersi ad un avvocato.
In definitiva, la direzione prescelta è quella di consentire e, anzi,
istituzionalizzare’ la difesa tecnica, rimettendo, tuttavia, al giudice
tutelare la valutazione, discrezionale ed equitativa (di buon senso) circa la
necessità o meno di farvi ricorso.
3.14. Interdizione legale
Il
mettere mano alla scelta abrogativa riguardo all’interdizione giudiziale
costituisce occasione propizia per l’abrogazione anche dell’ interdizione
legale, nonostante la sostanziale differenza di natura e funzione dei due
istituti.
Vale,
forse, rammentare che l’’ interdizione legale, contemplata dall’ art. 19
c.p. costituisce una pena accessoria, discendente automaticamente (di diritto)
dalla sentenza di condanna, e che viene a coinvolgere (art. 32) i soggetti
condannati all’ergastolo ovvero alla reclusione per un tempo non inferiore a
cinque anni: una sanzione criminale, pertanto, che si presenta ex se, contra reum, ovvero
afflittiva per il soggetto condannato.
La
scelta abrogativa, anche riguardo a tale istituto penalistico si impone,
peraltro, per il doveroso rispetto dei principi costituzionali posti a
salvaguardia della dignità della persona umana: ne fa solenne affermazione
l’art. 2 Cost. laddove proclama che “la
Repubblica riconosce e garantisce i
diritti inviolabili dell’uomo (compreso il condannato), sia
come singolo, sia nelle formazioni sociali (quindi anche il carcere) ove
si svolge la sua personalità”.
Né
potrebbe sostenersi la diversa opinione in base alla quale l’interdizione
legale andrebbe in ogni caso pronunciata automaticamente per i condannati alla
pena detentiva perpetua ovvero a quella di lunga durata, essendo essi in vinculis, e perciò incapaci di provvedere ai propri interessi
economici e personali.
Tale
opinione non è plausibile, in primo luogo, relativamente alla pena
dell’ergastolo, in quanto la Corte costituzionale stessa ne ha sottolineato il
carattere di non più assoluta perennità, per effetto della applicabilità
della liberazione condizionale e delle pene alternative, con conseguente
parificazione dell’ergastolo, in un certo qual modo, alla pena detentiva
temporanea.
Ma
neppure con riferimento alla pena detentiva di lunga durata potrebbe valere
l’argomento della incapacità del detenuto a provvedere ai propri interessi:
ciò in quanto la condizione giuridica e di esistenza materiale del detenuto non
sono più quelle del 1930 del codice Rocco, essendo stato profondamente innovato
il trattamento carcerario, sia con il nuovo Ordinamento penitenziario (legge 26
luglio 1074 n. 354, e successive integrazioni), sia con il nuovo Regolamento
penitenziario (D.P.R. 30 giugno 2000 n. 230), comprese le c.d. misure
alternative alla detenzione ivi previste.
Queste,
allora, le modifiche apportate al codice penale:
-
L’art. 19 c.p. Viene modificata la disposizione dell’art. 19
c.p. con l’eliminazione del n. 3 contemplante, appunto, l’interdizione
legale quale pena accessoria per i delitti.
-
L’art. 32 c.p. Corrispondentemente, sono abrogati i commi 1 e 4
dell’art. 32 con l’effetto che l’interdizione legale non risulta più
contemplata quale pena accessoria per il condannato all’ergastolo, così come
per il condannato alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni.
3.15. Disposizioni del codice di procedura penale
- Gli artt. 144 e 222 c.p.p. L’abrogazione dell’interdizione
legale comporta il venir meno della stessa quale causa di incapacità rispetto
all’ufficio di interprete e di perito, con conseguente modifica in tal senso
degli artt. 144, comma 1, lett. a) e art. 222, comma 1, lett. a) c.p.p.
- L’art. 166 c.p.p. Viene altresì modificato l’art. 166
c.p.p., con l’eliminazione della parte della norma regolante la notifica
all’imputato interdetto.
-
L’art. 571 c.p.p. Modifica ulteriore riguarda l’art. 571 c.p.p.
dal quale scompare la previsione dell’impugnabilità da parte del tutore
dell’imputato interdetto
3.16. Disposizioni contenute in leggi
speciali
L’ abrogazione
di interdizione e inabilitazione si riflette, ulteriormente, su alcune norme
contenute in leggi speciali, facenti riferimento agli istituti soppressi.
- L’art. 13 della l. n. 194/1978. La norma,
disciplinante la fattispecie della interruzione della gravidanza da parte della
donna interdetta, viene ora riferita alla beneficiaria di amministrazione di
sostegno, conservandone intatta la legittimazione alla scelta abortiva, così
come avviene, nel sistema vigente, per la donna interdetta.
Viene prevista, altresì, la possibilità che la richiesta di interruzione
della gravidanza possa essere formulata dalla donna beneficiaria di AdS per il
tramite dell’amministratore di sostegno, che sia a ciò autorizzato dal
giudice tutelare.
Per il caso
in cui la richiesta venga presentata personalmente dalla donna beneficiaria di
amministrazione di sostegno, viene altresì previsto che debba essere sentito il
parere dell’ amministratore di sostegno, mentre la richiesta presentata
dall’amministratore di sostegno o dal marito dovrà essere confermata dalla
donna.
-
L’art.
19 della l. n. 194/1978.
L’altra modifica concernente la legge n. 194/1978 riguarda il comma 5 della
norma contemplante le sanzioni penali a carico di chi cagioni l’interruzione
della gravidanza alla donna interdetta. La modifica è nel senso che la
disposizione viene ora riferita alla donna incapace di intendere e di volere, e
ciò al fine di dotare di salvaguardia la donna che si trovi in condizioni di
assenza totale o parziale di capacità cognitive.
L’art. 145 del
Dpr 30.05.2002, n. 115 (T.U. sulle spese di giustizia). Tale disposizione
disciplina il carico delle spese relativamente al procedimento di interdizione e
di inabilitazione. Essa, pertanto, viene riformulata e riferita in via esclusiva
all’ amministrazione di sostegno.
Parte B – disposizioni legislative
1. articolato
Art.
1
La
rubrica dell’art. 45 c.c. è così sostituita:
“Domicilio dei
coniugi e del minore”
Il
comma 3 dell’art. 45 c.c. è abrogato.
art.
2
La rubrica dell’ art. 85 c.c. è così
sostituita:
“divieto
di contrarre matrimonio per il beneficiario di amministrazione di sostegno”
Il
comma 1 dell’art. 85 c.c. è così sostituito:
“Nel
provvedimento con il quale nomina l’amministratore di sostegno o
successivamente, il giudice tutelare può disporre, con riguardo esclusivo
all’interesse del beneficiario, il divieto per lo stesso di contrarre
matrimonio”
Il
comma 2 dell’art. 85 c.c. è abrogato.
Art.
3
Il
comma 5 dell’art. 102 c.c. è così sostituito:
“Persone
che possono fare opposizione.
Il pubblico ministero deve sempre fare
opposizione al matrimonio, se sa che vi osta un impedimento o il divieto stabilito ai sensi dell’art. 85”
Art.
4
La
rubrica e il comma 1 dell’art. 119 c.c. sono così sostituiti:
“matrimonio in violazione
dell’art. 85 - Il matrimonio
contratto in violazione del divieto previsto dall’ art. 85 può essere impugnato dal
beneficiario dell’amministrazione di sostegno, dall’amministratore di
sostegno, dal pubblico ministero e da tutti coloro che abbiano un interesse
legittimo.
Il
comma 2 dell’art. 119 c.c. è così sostituito:
“L’azione
non può essere proposta se, dopo la revoca del divieto previsto dall’art. 85, vi è stata coabitazione per un
anno”.
Art.
5
Il comma 1 dell’ art. 120 c.c. rimane nella
formulazione originaria, salvo che per il riferimento alla interdizione
(“quantunque non interdetto”) che viene eliminato:
“incapacita’
di intendere e di volere”- Il matrimonio può essere impugnato da
quello dei coniugi che provi di essere stato incapace di intendere o di volere,
per qualunque causa, anche transitoria, al momento della celebrazione del
matrimonio”
Art. 6
L’art.
126 c.c. rimane nella formulazione originaria, salvo che per il riferimento alla
interdizione (“o interdetti”) che viene eliminato:
“separazione
dei coniugi in pendenza del giudizio - Quando è proposta domanda di
nullità del matrimonio, il tribunale può, su istanza di uno dei coniugi,
ordinare la loro separazione temporanea durante il giudizio; può ordinarla
anche d'ufficio, se ambedue i coniugi o uno di essi sono minori”.
Art.
7
L’art. 166 c.c. è modificato come segue:
“Capacità’
del beneficiario di amministrazione di
sostegno. - Per la validità delle stipulazioni e delle donazioni,
fatte nel contratto di matrimonio, dal
beneficiario di amministrazione di sostegno si applicano le disposizioni
stabilite nell’art. 409”.
Art.
8
Il comma 3 dell’art. 183 c.c. è abrogato.
Art.
9
Il
comma 1 dell’ art. 193 c.c. rimane nella formulazione originaria salvo che per
il riferimento all’interdizione e inabilitazione (“in caso di interdizione o
di inabilitazione”) che viene eliminato:
“Separazione
giudiziale dei beni – La separazione giudiziale dei beni può essere
pronunziata in caso di cattiva amministrazione della comunione”.
Viene
inserito un comma 3 di nuova formulazione, mentre i commi 3, 4, e 5 vigenti
diventano, rispettivamente, commi 4, 5, 6:
“Può,
altresì, essere pronunziata quando, tenuto conto degli impedimenti stabiliti
dal giudice tutelare con riguardo al beneficiario dell’amministrazione di
sostegno ai sensi dell’art. 409, sussiste un pericolo per gli interessi
dell’altro coniuge o della comunione o della famiglia”
Art.
10
Nell’ art. 244 c.c. viene inserito un comma
5, così formulato:
“Termini
dell’azione di disconoscimento - Nel
provvedimento con il quale nomina l’amministratore di sostegno o
successivamente, il giudice tutelare può disporre, con riguardo esclusivo
all’interesse del beneficiario, il divieto per lo stesso di promuovere azione
di disconoscimento. Può comunque disporre che l’azione venga esercitata con
l’assistenza dell’amministratore di sostegno”
Art. 11
L’art. 245 c.c. è abrogato.
Art.
12
Il
comma 2 dell’ art. 247 c.c. viene sostituito come segue:
“Legittimazione
passiva – Se una delle parti è minore, anche
emancipato, l’azione è proposta in contraddittorio con un curatore
nominato dal giudice davanti al quale il giudizio deve essere promosso”
Il
comma 3 dell’art. 247 c.c. è abrogato, mentre la disposizione in esso
contenuta relativa al minore emancipato viene accorpata al comma 2.
Dopo
il comma 3 viene introdotto un comma 4 di nuova formulazione:
“Nel
provvedimento con il quale nomina l’amministratore di sostegno o
successivamente, il giudice tutelare può disporre, con riguardo esclusivo
all’interesse del beneficiario, che la partecipazione del medesimo al giudizio
si svolga con l’assistenza dell’amministratore di sostegno”
Art.
13
Il
comma 1 dell’art. 264 c.c. rimane nella formulazione originaria, salvo che per
il riferimento all’interdizione (“o lo stato di interdizione per infermità
di mente”) che viene eliminato:
“Impugnazione
da parte del riconosciuto- Colui che è stato riconosciuto non può,
durante la minore età, impugnare il riconoscimento.
Viene
introdotto un comma 3 così formulato:
“Nel
provvedimento con il quale nomina l’amministratore di sostegno o
successivamente, il giudice tutelare può disporre, con riguardo esclusivo
all’interesse del beneficiario, il divieto per lo stesso di impugnare il
riconoscimento. Può comunque disporre che l’azione venga esercitata con
l’assistenza dell’amministratore di sostegno”
Art.
14
L’art.
266 c.c. è così sostituito:
“divieto
di riconoscimento per il beneficiario di amministrazione di sostegno
Nel
provvedimento con il quale nomina l’amministratore di sostegno o
successivamente, il giudice tutelare può disporre, con riguardo esclusivo
all’interesse del beneficiario, il divieto per lo stesso di riconoscere il
figlio naturale. Può comunque disporre che il riconoscimento venga effettuato
con l’assistenza dell’amministratore di sostegno”
Art.
15
La
rubrica ed il comma 3 dell’art. 273 c.c. sono così sostituiti:
“Azione nell'interesse del minore o del beneficiario di amministrazione di sostegno –
Nel
provvedimento con il quale nomina l’amministratore di sostegno o
successivamente, il giudice tutelare può disporre, con riguardo esclusivo
all’interesse del beneficiario, il divieto per lo stesso di promuovere l’
azione di dichiarazione giudiziale di paternità e maternità naturale. Può
comunque disporre che l’azione venga esercitata con l’assistenza
dell’amministratore di sostegno”
Art.
16
Viene
introdotto un ultimo comma all’art. 316 c.c. così formulato:
“Esercizio
della potestà dei genitori - Il minore capace di
discernimento può compiere personalmente gli atti necessari a soddisfare le
esigenze della vita quotidiana. Si tiene conto a tale fine dell’ età, del
grado di maturità del minore e della natura dell’atto da compiere”
Art. 17
Viene
introdotto l’art. 359 c.c. così formulato:
“Atti
della vita quotidiana –
Si applica al minore sottoposto a tutela la disposizione
dell’art. 316 ultimo comma”
Art. 18
Il
comma 1 dell’art. 382 c.c. è modificato come segue:
“Responsabilità
del tutore e del protutore – Nello
svolgimento del suo ufficio il tutore deve tenere conto
delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni del minore e
deve amministrare il patrimonio di questi con la diligenza del buon padre di famiglia.
Egli risponde verso il minore di ogni danno a lui cagionato violando i propri
doveri.”
Art. 19
Il
I comma dell’art. 384 c.c. è così sostituito:
“Rimozione
e sospensione del tutore – Il giudice tutelare può rimuovere
dall’ufficio il tutore che si sia reso colpevole di negligenza o abbia abusato
dei suoi poteri, o si sia dimostrato inetto all’adempimento di essi, o
abbia ingiustificatamente trascurato i bisogni, le aspirazioni o le richieste
del minore, o sia divenuto immeritevole dell’ufficio per atti anche
estranei alla tutela, ovvero sia divenuto insolvente”
Art.
20
Il
comma 3 dell’art. 405 c.c. è riformulato come segue:
Il giudice tutelare può nominare un
co-amministratore di sostegno nell’ interesse del beneficiario.
Art.
21
Il
comma 1 dell’art. 406 c.c. è così sostituito:
“Soggetti
– Il ricorso per l'istituzione dell'amministrazione di sostegno può essere
proposto personalmente dall’
interessato, anche se minore, dal
coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dai parenti entro il quarto
grado, dagli affini entro il secondo, dal pubblico ministero.
Il
comma 2 dell’art. 406 c.c. è abrogato.
Art. 22
Nell’art.
407 c.c. viene inserito un comma 4 di nuova formulazione, come segue:
“Procedimento
- Il giudice tutelare dispone secondo le
indicazioni dell’art. 716, comma 2 c.p.c., nel caso in cui intenda adottare
provvedimenti che incidano su diritti fondamentali della persona.”
Art. 23
Viene
introdotto nell’ art. 409 un comma 2 di nuova formulazione:
“Egli conserva, altresì, la capacità di compiere i
singoli atti di natura personale riguardo ai quali il giudice tutelare non abbia
stabilito un impedimento con l’atto istitutivo dell’amministrazione di
sostegno o successivamente”.
Il
vigente comma 2 diventa comma 3.
Art. 24
Il
comma 2 dell’art. 411 c.c. rimane nella formulazione originaria salva
l’eliminazione del riferimento all’art. 596:
“Norme applicabili all'amministrazione di sostegno.
All'amministratore di sostegno si applicano
altresì, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 599 e 779”.
Il
comma 4 dell’art. 411 c.c. è abrogato.
Art. 25
Il
comma 2 dell’art. 412 c.c. è modificato come segue:
“Atti
compiuti dal beneficiario o dall'amministratore di sostegno in violazione di
norme di legge o delle disposizioni del giudice.
Possono
essere parimenti annullati su istanza dell'amministratore di sostegno, del
beneficiario, o dei suoi eredi ed aventi causa, gli atti compiuti personalmente
dal beneficiario in violazione delle disposizioni di legge, o di quelle
contenute nel decreto che istituisce l'amministrazione di sostegno,
o in successivo decreto del giudice tutelare”
Art. 26
Il
comma 4 dell’art. 413 c.c. è abrogato.
Art.
27
Il
capo II del titolo XII del primo libro del codice civile “Della
interdizione, della inabilitazione e della incapacità naturale” viene
rinominato come segue:
“della incapacità naturale”
Art.
28
L’ art. 414 c.c. è abrogato.
Art. 29
L’art.
415 c.c. è abrogato.
Art.
30
L’ art. 416 c.c. è abrogato.
Art.
31
L’art.
417 c.c. è abrogato.
Art.
32
L’art.
418 c.c. è abrogato.
Art.
33
L’art.
419 c.c. è abrogato.
Art.
34
L’art.
421 c.c. è abrogato.
Art. 35
L’art.
422 c.c. è abrogato.
Art.
36
L’art.
423 c.c. è abrogato.
Art.
37
L’art.
424 c.c. è abrogato.
Art.
38
L’art.
425 c.c. è abrogato.
Art.
39
L’art.
426 c.c. è abrogato.
Art. 40
L’art.
427 c.c. è abrogato.
Art. 41
Il
comma 1 dell’ art. 428 c.c. è così sostituito:
“Atti
compiuti da persona incapace d’ intendere e di volere
Gli
atti e i contratti compiuti
da persona che si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria,
incapace d’ intendere o di volere al momento del
compimento, possono essere annullati su istanza della persona medesima, o
dei suoi eredi o aventi causa se ne risulta un grave pregiudizio all'autore”.
Il
comma 2 dell’art. 428 c.c. è abrogato.
Art. 42
L’art.
429 c.c. è abrogato
Art. 43
L’art.
430 c.c. è abrogato.
Art. 44
L’art.
431 c.c. è abrogato.
Art. 45
L’art.
432 c.c. è abrogato.
Art. 46
L’art.
471 c.c. è così sostituito:
“Eredità devolute a minori e a beneficiari di amministrazione di sostegno. - Non
si possono accettare le eredità devolute ai minori e ai beneficiari di amministrazione di sostegno, se non col beneficio
d'inventario, osservate le disposizioni degli articoli 321 e 374”
Viene
introdotto un comma 2 di nuova formulazione, come segue:
“Tuttavia, il giudice tutelare, valutate le condizioni
patrimoniali del beneficiario e le circostanze del caso concreto, può
autorizzare, con decreto motivato, l'accettazione pura e semplice dell'eredità
devoluta al beneficiario”.
Viene
introdotto un comma 3 di nuova formulazione, come segue:
“Il giudice tutelare può disporre, con riferimento
esclusivo all’interesse del beneficiario, che l’accettazione dell’eredità
venga compiuta dall’amministratore di sostegno quale rappresentante esclusivo.
Può altresì disporre che tale atto venga effettuato dal beneficiario con
l’assistenza dell’amministratore di sostegno”.
Art. 47
L’art.
472 c.c. rimane nella formulazione originaria salvo che per il riferimento
all’ inabilitato (“e gli inabilitati”) che viene eliminato:
“Eredità devolute a minori emancipati - I
minori emancipati non possono accettare le eredità, se non col beneficio
d'inventario, osservate le disposizioni dell'articolo 394”.
Art. 48
L’art. 489 c.c. è così sostituito:
“Incapaci - I minori e le persone beneficiarie dell’ amministrazione di
sostegno
non
s'intendono decaduti dal beneficio d'inventario, se non al compimento di un anno
dalla maggiore età o dalla cessazione
dell’amministrazione di sostegno, qualora
entro tale termine non si siano conformati alle norme della presente sezione”.
art. 49
Il
comma 1 dell’ art. 591 c.c. è abrogato
Il
comma 2 dell’art. 591 c.c. diventa comma 1 ed è sostituito come segue:
“Sono
incapaci di testare:
1)
coloro che non hanno compiuto la maggiore età;
2) i beneficiari di
amministrazione di sostegno nei cui confronti sia stato stabilito dal giudice
tutelare il divieto di testare. E’
fatta salva la disposizione dell’art. 591 bis, III comma;
3)
coloro che si provi essere stati, per qualsiasi causa, anche
transitoria, incapaci di intendere e di volere nel momento in cui fecero
testamento”.
Art. 50
Viene
introdotto l’art. 591 bis
c.c. così formulato:
“testamento
della persona disabile - I.
Alla persona che, trovandosi nelle condizioni indicate dal 1° comma dell’art.
404, intenda fare testamento, può essere nominato, dal giudice tutelare, ai
fini della redazione del testamento, un amministratore di sostegno, il quale
agisce sotto la diretta sorveglianza del giudice tutelare.
II.
Il giudice tutelare fissa le opportune modalità di redazione dell’atto. Può
stabilire che l’atto debba compiersi nella forma del testamento pubblico o con
l’ intervento di un esperto.
III.
Con le stesse modalità può essere ammesso a fare testamento il beneficiario
dell’amministrazione di sostegno nei cui confronti sia stato stabilito dal
giudice tutelare un divieto di testare ai sensi dell’ art. 591, comma I n.
2)”
Art. 51
L’art.
596 c.c. è sostituito come segue:
“Incapacità dell’
amministratore di sostegno
Sono
nulle le disposizioni testamentarie del beneficiario
dell’ amministrazione di sostegno in favore dell’amministratore,
se fatte dopo la nomina di questo e prima che sia approvato il conto o sia
estinta l'azione per il rendimento del conto medesimo, quantunque il testatore
sia morto dopo l'approvazione. Questa norma si applica anche all’ amministratore
di sostegno provvisorio, se il
testamento è fatto nel tempo in cui egli svolgeva le funzioni.
Sono
però valide le disposizioni fatte in favore dell’ amministratore di sostegno che è ascendente, discendente, fratello,
sorella, coniuge o stabile convivente
del testatore.”
Art. 52
Viene
inserito nell’art. 650 c.c. un comma 2 di nuova formulazione come segue:
“Il
giudice tutelare può disporre, con riferimento esclusivo all’interesse del
beneficiario, che il rifiuto del legato venga espresso dall’amministratore di
sostegno quale rappresentante esclusivo. Può altresì disporre che tale atto
venga effettuato con l’assistenza dell’amministratore di sostegno”.
Art. 53
L’art.
692 c.c. è riformulato come segue:
“Patrimonio con vincolo di destinazione delle persone prive in
tutto o in parte di autonomia. -
I. Per favorire l’autosufficienza economica
nell’espletamento della vita quotidiana può essere costituito un patrimonio
con vincolo di destinazione a favore del beneficiario di un’amministrazione di
sostegno.
II. La
costituzione di un patrimonio con vincolo di destinazione a favore del
beneficiario di un’amministrazione di sostegno deve essere effettuata da parte
del disponente con atto scritto tra vivi, o mortis
causa.
III. La
proprietà dei beni costituenti il patrimonio con vincolo di destinazione spetta
al beneficiario, salvo che non sia diversamente stabilito nell’atto di
costituzione”.
Art.
54
L’art. 693 c.c. viene riformulato come
segue:
“Costituzione
del patrimonio con vincolo di destinazione. - I.
Possono costituire un patrimonio con vincolo di destinazione:
a) i
genitori e gli ascendenti del beneficiario dell’amministrazione di sostegno;
b) il
beneficiario dell’amministrazione di sostegno, se ne ha la facoltà;
2. Il
giudice tutelare può autorizzare con decreto motivato l’amministratore di
sostegno alla costituzione di un patrimonio vincolato a favore del beneficiario
sui beni appartenenti allo stesso beneficiario.
3.
L’atto costitutivo deve contenere, in ogni caso:
a)
l’inventario dei beni e dei diritti che costituiscono inizialmente il
patrimonio vincolato;
b)
l’indicazione delle regole di amministrazione del patrimonio vincolato;
c) la
durata del vincolo, che non potrà essere superiore alla durata della vita del
beneficiario.
4.
L’atto potrà essere trascritto ai sensi dell’art. 2643-ter”.
Art.
55
L’
art. 694 c.c. viene riformulato come segue:
“Apporto di beni al patrimonio vincolato- I. Qualunque
persona, con il consenso del beneficiario, o del suo amministratore di sostegno,
e previa autorizzazione del giudice tutelare potrà apportare beni e diritti al
patrimonio vincolato.
II.
L’apporto di beni e di diritti, anche da parte di terzi, al patrimonio
vincolato è soggetto alle stesse formalità previste per la costituzione del
patrimonio vincolato”.
Art.
56
L’
art. 695 c.c. viene riformulato come segue:
“Vincolo
di destinazione- I. I beni e ogni frutto del patrimonio con vincolo di
destinazione devono essere destinati al mantenimento, alla cura,
all’istruzione al sostegno del beneficiario tenendo conto dei suoi bisogni e
delle sue aspirazioni.
II.
L’esecuzione sui beni del patrimonio vincolato e i frutti su di esso non può
aver luogo per debiti che sono stati contratti per scopi estranei ai bisogni del
beneficiario”.
Art.
57
L’
art. 696 c.c. viene riformulato come segue:
“Alienazione
dei beni - I. Se espressamente previsto nell’atto costitutivo, il
giudice tutelare può autorizzare, nei casi di evidente utilità per il
beneficiario, l’alienazione dei beni e dei diritti che fanno parte del
patrimonio vincolato, disponendo il reimpiego delle somme ricavate
dall’alienazione. L’autorizzazione del giudice all’alienazione fa venir
meno ogni vincolo di destinazione.
II. Il
giudice tutelare può anche autorizzare, con le opportune cautele, la
costituzione di ipoteche su beni immobili che fanno parte del patrimonio
vincolato a garanzia di crediti destinati a miglioramenti o trasformazioni delle
stesse proprietà immobiliari”.
Art.
58
L’
art. 697 c.c. viene riformulato come segue:
“Cessazione
del vincolo- I. Il vincolo termina, oltre che alla scadenza del termine
indicato nell’atto costituivo, con la revoca dell’amministrazione di
sostegno o con la morte del beneficiario.
II. Il
giudice tutelare può autorizzare con decreto la cessazione del vincolo su
istanza motivata di uno dei disponenti o dell’amministratore di sostegno”.
Art. 59
Il comma 1 dell’ art. 705 c.c. conserva la formulazione
originaria salvo che per il riferimento all’interdetto (“interdetti”) che
viene eliminato:
“Apposizione di sigilli e inventario.
L'esecutore testamentario fa apporre i sigilli quando tra i chiamati all'eredità
vi sono minori, assenti, o persone giuridiche”.
Art. 60
Il
comma 1 dell’art. 774 c.c. è così sostituito:
“Capacità
di donare- Non possono fare donazione i
soggetti minori d’età e i beneficiari
di amministrazione di sostegno, nei cui confronti sia stato stabilito dal
giudice tutelare un divieto di donare. È tuttavia valida la donazione fatta
dal minore nel contratto di matrimonio
a norma dell’ art. 165, nonché quella
compiuta dal beneficiario dell’amministrazione di sostegno ai sensi
dell’art. 775 bis, terzo comma”.
Art. 61
Il comma 1 dell’ art. 775 c.c. viene così sostituito:
“Donazione fatta da persona incapace di
intendere d i volere - Salvo quanto previsto nell’art. 775 bis c.c.,
la donazione fatta da persona che si provi essere stata per qualsiasi causa,
anche transitoria, incapace d'intendere o di volere al momento in cui la
donazione è stata fatta, può essere annullata su istanza del donante, dei suoi
eredi o aventi causa”.
Art. 62
Viene
introdotto l’art. 775 bis c.c. così
formulato:
“donazione
della persona disabile
Alla
persona che, trovandosi nelle condizioni indicate dal 1° comma dell’art. 404,
intenda fare una donazione, può essere nominato dal giudice tutelare, ai fini
della redazione dell’atto, un amministratore di sostegno, il quale agisce
sotto la diretta sorveglianza del giudice tutelare.
Il
giudice tutelare fissa le opportune modalità di redazione, eventualmente
stabilendo l’ intervento di un esperto.
Con
le stesse modalità può essere ammesso a fare donazione il beneficiario
dell’amministrazione di sostegno nei cui confronti sia stato stabilito dal
giudice tutelare un divieto di donare ai sensi dell’art. 774 primo comma”
Art. 63
L’art. 776 c.c. è abrogato.
Art. 64
La
rubrica e il comma 1 dell’art. 777 c.c. sono così sostituiti:
“Donazioni
fatte da rappresentanti di minori
- I genitori e il tutore non possono fare donazioni per il minore da
essi rappresentato”.
Il
comma 2 dell’art. 777 c.c. è abrogato.
Art. 65
L’art.
779 c.c. è abrogato.
Art. 66
Nell’ art. 780 c.c., le cui disposizioni sono state
precedentemente abrogate, viene inserito ex
novo il testo seguente:
“Accettazione della donazione da parte del beneficiario
dell’amministrazione di sostegno.
Il
giudice tutelare può disporre, con riferimento esclusivo all’interesse del
beneficiario, che l’accettazione della donazione venga compiuta
dall’amministratore di sostegno quale rappresentante esclusivo. Può altresì
disporre che tale atto venga effettuato dal beneficiario con l’assistenza
dell’amministratore di sostegno”.
Art. 67
Il
comma 1 dell’art. 1425 c.c. è così sostituito:
“Incapacità delle parti - Il
contratto è annullabile se una delle parti era minore
d’età”
Viene
introdotto un comma 2 così formulato:
“E’
altresì annullabile, ove concluso dal beneficiario dell’ amministrazione di
sostegno, il contratto rientrante tra quelli riservati dal giudice tutelare, ai
sensi dell’art. 409, primo comma, alla rappresentanza esclusiva o all’
assistenza necessaria dell’ amministratore”.
Il
vigente comma 2 diviene comma 3.
Art. 68
Il comma 2 dell’ art. 1442 c.c. è sostituito come segue:
“Prescrizione - Quando l'annullabilità dipende da vizio del
consenso o da minore età, o da un impedimento a contrarre stabilito dal giudice tutelare nei
confronti del beneficiario dell’amministrazione di sostegno, la prescrizione decorre
dal giorno in cui è cessata la violenza, è stato scoperto l'errore o il dolo,
il minore ha raggiunto la maggiore età, o
è cessato l’impedimento a contrarre del beneficiario”.
Art. 69
L’art. 1626 c.c. rimane nella sua formulazione originaria
salvo che per i riferimenti alla incapacità, all’interdizione e
all’inabilitazione (“Incapacità”,
“per l’interdizione, l’inabilitazione”) che vengono eliminati:
“Insolvenza
dell'affittuario. - L'affitto si scioglie per l' insolvenza
dell'affittuario salvo che al locatore sia prestata idonea garanzia per l'esatto
adempimento degli obblighi dell'affittuario”.
Art.
70
Il comma 1 n. 4 dell’art. 1722 c.c. rimane nella formulazione
originaria salvo che per il riferimento all’interdizione e
all’inabilitazione (“l’interdizione o l’inabilitazione”) che viene
eliminato:
“Cause di estinzione - Il mandato si estingue:
4)
per
la morte del mandante o del mandatario. Tuttavia il mandato che ha per oggetto
il compimento di atti relativi all'esercizio di un'impresa non si estingue, se
l'esercizio dell'impresa è continuato, salvo il diritto di recesso delle parti
o degli eredi.
Art. 71
Il
comma 2 dell’art. 1833 c.c. rimane nella formulazione originaria salvo che per
il riferimento all’ interdizione e all’inabilitazione (“In caso
d’interdizione, d’inabilitazione”) che viene eliminato:
“Recesso dal contratto - In caso d'insolvenza o di morte di
una delle parti, ciascuna di queste o gli eredi hanno diritto di recedere dal
contratto.
Art. 72
Nell’
art. 1993 c.c. viene inserito un nuovo comma 2, così formulato:
“Eccezioni
opponibili- L’eccezione fondata sul difetto di
capacità non può essere opposta se il debitore non prova che dall’emissione
del titolo gli sia derivato o possa derivargli un grave pregiudizio”
Il
comma 2 vigente diviene comma 3.
Art. 73
Il
comma 1 dsell’art. 2046 c.c. è così sostituito:4
“danno
cagionato dall’incapace – I. Risponde
del danno anche la persona che non
aveva la capacità d’ intendere o di volere al momento in cui lo ha
cagionato”.
Viene
aggiunto un comma 2 di nuova formulazione, come segue:
“Salvo
il caso in cui l’incapacità derivi da colpa dell’autore, il giudice può
moderare l’ammontare del risarcimento al quale questi è tenuto, in
considerazione delle circostanze del caso, con particolare riguardo all’ età,
alla gravità dello stato d’incapacità e alle condizioni economiche delle
parti”.
Art. 74
La
rubrica e il comma 1 dell’art. 2047 c.c. sono così sostituiti:
“responsabilità del sorvegliante dell’incapace – In
caso di danno cagionato da persona incapace di intendere e di volere, il
risarcimento può essere chiesto in via solidale a colui che era tenuto alla
sorveglianza dell’incapace, salvo
che il sorvegliante provi di non
avere potuto impedire il fatto.”
Il
comma 2 dell’art. 2047 c.c. è abrogato.
Art. 75
L’art.
2198 c.c. è così sostituito:
“Minori e
beneficiari di amministrazione di sostegno- I
provvedimenti di autorizzazione all'esercizio di una impresa commerciale da
parte di un minore emancipato o nell’interesse di un minore non emancipato, i
provvedimenti del giudice tutelare concernenti l’esercizio di un’ impresa
commerciale da parte o nell’interesse del beneficiario di amministrazione di
sostegno, e i provvedimenti con i quali l' autorizzazione viene revocata
devono essere comunicati senza indugio a cura del cancelliere all' ufficio del
registro delle imprese per l' iscrizione.”
Art. 76
Il
comma 1 dell’ art. 2286 c.c. è così sostituito:
“Esclusione
- [I]. L'esclusione di un socio può avere luogo per gravi inadempienze
delle obbligazioni che derivano dalla legge o dal contratto sociale, per
impedimento stabilito dal giudice tutelare nel provvedimento istitutivo
dell’amministrazione di sostegno o successivamente, nonché
per la condanna del socio ad una
pena che importa l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici”.
Art. 77
L’art.
2294 c.c. è così sostituito:
“Incapace-
La partecipazione di un incapace
alla società in nome collettivo è subordinata in ogni caso all' osservanza
delle disposizioni degli articoli 320, 371, e
397”.
Art. 78
L’
art. 2382 c.c. viene sostituito come segue:
“Cause
di ineleggibilità e di decadenza - Non può essere nominato
amministratore, e se nominato decade dal suo ufficio, il beneficiario
di amministrazione di sostegno nei cui confronti il giudice tutelare abbia
stabilito un impedimento all’assunzione di cariche societarie,
il fallito, o chi è stato condannato ad una pena che importa
l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o l'incapacità ad
esercitare uffici direttivi”.
Art. 79
I
commi 1 e 2 dell’art. 2667 c.c. sono così sostituiti:
“Atti compiuti per persona incapace - I
rappresentanti di soggetti minori
d’età e l’amministratore di sostegno, in relazione agli atti per i quali
gli sia stata conferita rappresentanza esclusiva, devono
curare che si esegua la trascrizione degli atti, delle sentenze o delle domande
giudiziali che sono soggetti a trascrizione e rispetto ai quali essi hanno
esercitato il loro ufficio”.
La
mancanza della trascrizione può anche essere opposta al minore, e al beneficiario di
amministrazione di sostegno, salvo ai medesimi il regresso contro il
tutore, e l’ amministratore di sostegno che avevano l'obbligo della
trascrizione”
Art.80
I nn. 3 e 4 dell’art. 2941 c.c. sono così sostituiti:
“Sospensione per rapporti tra le parti
- La prescrizione rimane sospesa:
3) tra il tutore e il minore soggetto alla
tutela,
nonché tra l’amministratore di sostegno e il beneficiario finchè
non sia stato reso e approvato il conto finale, salvo quanto è disposto
dall'articolo 387 per le azioni relative alla tutela;
4) tra il curatore e il minore emancipato”
Art. 81
L’art.
2942 c.c. è così sostituito:
“Sospensione per la condizione del
titolare
- La prescrizione rimane sospesa:
1)
contro i minori non emancipati, per il tempo in cui non hanno
rappresentante legale e per sei mesi successivi alla nomina del medesimo o alla cessazione
dell’incapacità
2)
rispetto
al beneficiario dell’ amministrazione di sostegno riguardo agli atti riservati
alla rappresentanza esclusiva dell’amministratore, e per il tempo in cui si
protrae la rappresentanza esclsuiva.”
Art. 82
L’art. 40 disp. att. c.c. è abrogato.
Art. 83
L’art.
42 disp. att. c.c. è abrogato.
Art. 84
L’art.
46 bis disp. att. c.c. è modificato
come segue.
“Gli
atti e i provvedimenti relativi al
procedimento previsto dal titolo XII del libro primo del codice non è
soggetto all’obbligo di registrazione, ed è esente da ogni tassa,
imposta e diritto, nonché dal contributo unificato previsto dall’art. 9
del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di
spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio
2002, n. 115”
Art. 85
L’art.
47 disp. att. c.c. è così sostituito:
“Presso
l’ufficio del giudice tutelare sono tenuti un registro della tutela dei minori, un
altro della curatela
dei minori emancipati ed un registro
delle amministrazioni di sostegno”.
Art. 86
L’art.
48 disp. att. c.c. è così sostituito:
“Nel
registro della tutela,
in un capitolo speciale per ciascuna di esse, si devono annotare a cura del
cancelliere:
il
giorno in cui si è aperta la tutela;
il
nome, il cognome, la condizione e il domicilio del tutore e del protutore, la
data della loro nomina e della prestazione del giuramento da parte del tutore;
le
risultanze dell'inventario e del conto annuale;
l'esonero
e la rimozione del tutore o del protutore e in generale tutti i provvedimenti
che portano modificazioni allo stato personale e patrimoniale della persona
sottoposta a tutela;
la
chiusura della tutela e la menzione del provvedimento che ne ha provocato la
chiusura;
le
risultanze del rendiconto definitivo”.
Art. 87
L’art.
49 disp. att. c.c. è così sostituito:
“Nel
registro della curatela,
in un capitolo speciale per ciascuna di esse, si devono annotare a cura del
cancelliere:
la
data e gli estremi essenziali del provvedimento che concede l’emancipazione;
il
nome, il cognome, la condizione, l’ età e il domicilio della persona
emancipata;
il
nome, il cognome, la condizione e il domicilio del curatore nominato
all’emancipato;
la
data del provvedimento che revoca l’emancipazione”.
Art. 88
“Norma di chiusura - Sono
abrogate tutte le disposizioni di legge incompatibili con la presente legge”
Art. 89
Viene formulata una norma transitoria del seguente
tenore:
“Trasmissione degli atti al giudice tutelare. - Nei giudizi di interdizione e
di inabilitazione pendenti alla data di abrogazione dei predetti istituti, il
giudice dispone, d’ufficio, la trasmissione degli atti del procedimento al
giudice tutelare, ai fini della nomina di un amministratore di sostegno. In tal caso il giudice già competente per l'interdizione
o per l'inabilitazione può adottare i provvedimenti urgenti di cui al quarto
comma dell'articolo 405. Il tutore o il curatore provvisorio assume
automaticamente la funzione di amministratore di sostegno provvisorio
relativamente al compimento degli atti di ordinaria amministrazione fino a
successivo provvedimento del giudice tutelare”.
Art.
90
Viene formulata una ulteriore norma transitoria del
seguente tenore:
“Revoca dell’interdizione e
dell’inabilitazione già pronunciate
– L’interdizione e l’inabilitazione già pronunciate alla data di
abrogazione dei predetti istituti si intendono automaticamente revocate, mentre
il tutore e il curatore assumono automaticamente la funzione di amministratore
di sostegno provvisorio relativamente al compimento degli atti di ordinaria
amministrazione, fino a successivo provvedimento del giudice tutelare.
In
tali casi, il pubblico ministero chiede la nomina dell’amministratore di
sostegno con riguardo alla persona precedentemente interdetta o inabilitata.
L’ interessato e i soggetti legittimati ai sensi dell’art. 406, primo comma,
possono a loro volta presentare ricorso per l’istituzione
dell’amministrazione di sostegno”.
Art. 91
L’art.
712 c.p.c. è sostituito come segue:
“Forma della domanda.
Il
ricorso per l’istituzione dell’amministrazione di sostegno, ai sensi
dell’art. 404 e ss. c.c. si propone con ricorso al giudice tutelare
del luogo dove la persona ha la residenza o il domicilio.
Nel
ricorso debbono essere contenute le
indicazioni previste dall’art. 407, primo comma c.c.”
Art. 92
L’art. 713 c.p.c. è
sostituito come segue:
“Provvedimenti del
giudice tutelare. Il
giudice tutelare
ordina la comunicazione del ricorso al pubblico ministero e fissa l'udienza di
comparizione davanti a sè del
ricorrente e dell’ interessato; dispone,
altresì, la comparizione delle
altre persone indicate nel ricorso, nonché
dei soggetti indicati nell’art. 407, terzo comma c.c. le cui informazioni
ritenga utili ai fini della decisione
Il ricorso e il decreto sono comunicati alle persone convocate e al pubblico ministero”
Art.
93
L’art.
714 c.p.c. è sostituito come segue:
“Istruzione preliminare. - All'udienza, il giudice tutelare,
con l'intervento del pubblico ministero, procede all'esame dell' interessato
secondo quanto dispone l’art. 407, secondo comma c.c., sente le altre persone citate, interrogandole sulle circostanze
che ritiene rilevanti ai fini della decisione e può disporre anche d'ufficio
l'assunzione di ulteriori informazioni ai
sensi dell’art. 407, terzo comma c.c.”
Art. 94
L’art. 715 c.p.c. è sostituito come
segue:
“Impedimento a comparire dell' interessato
– Se
per legittimo impedimento l' interessato
non può presentarsi davanti al giudice tutelare,
questi, con l'intervento del pubblico ministero, si reca per sentirlo nel luogo
dove si trova, ai sensi dell’art. 407, secondo comma, c.c.”.
Art. 95
Il comma 1 dell’art. 716 c.p.c. è modificato come
segue:
“Capacità
processuale dell' interessato.
La
persona cui il procedimento si riferisce
può stare in giudizio e compiere da sola tutti gli atti del procedimento,
comprese le impugnazioni, salvo
quanto previsto nel successivo comma.
In ogni fase del procedimento, il giudice tutelare
qualora, con riferimento esclusivo all’interesse del beneficiario, ritenga di
stabilire divieti, limitazioni o decadenze incidenti su diritti fondamentali
della persona, invita il beneficiario e l’amministratore di sostegno, anche
provvisorio, a nominare un difensore.
A tal fine, il giudice tutelare fissa un termine per la
nomina del difensore, rinviando ad una udienza successiva l’assunzione dei
provvedimenti in relazione ai quali è disposta la difesa tecnica.
La
mancata nomina del difensore, da parte del beneficiario o dell’amministratore
di sostegno anche provvisorio, nel termine assegnato, legittima il giudice
tutelare a stabilire i divieti, le limitazioni o le decadenze in relazione ai
quali egli aveva disposto la nomina del difensore”.
Art. 96
Il comma 1 dell’art. 717 c.p.c. è così
sostituito:
“Nomina dell’ amministratore
di sostegno provvisorio.
L’ amministratore di sostegno
provvisorio
è nominato, anche d'ufficio, con decreto del giudice tutelare”.
Il secondo comma dell’art. 717 c.p.c. è abrogato.
Art. 97
L’art. 718 c.p.c. è modificato come segue:
“Legittimazione all' impugnazione.
Il
decreto
che provvede sul ricorso per l’
amministrazione di sostegno può essere impugnato
da tutti coloro che avrebbero avuto diritto a
ricorrere, anche se non parteciparono al procedimento, e dall’
amministratore di sostegno nominato con lo stesso provvedimento”.
Art. 98
L’art.
719 c.p.c. è modificato come segue:
“Impugnazioni - Contro
il decreto del giudice tutelare è ammesso reclamo alla corte d'appello a norma
dell'articolo 739.
Contro
il decreto della corte d'appello pronunciato ai sensi del primo comma può
essere proposto ricorso per cassazione.
Il termine per la impugnazione decorre per tutte le persone
indicate nell'articolo precedente dalla comunicazione del provvedimento
a tutti coloro che parteciparono al giudizio
Se
è stato nominato un amministratore
provvisorio, l'atto di impugnazione deve essere notificato anche a lui”
Art. 99
L’art.
720 c.p.c. è modificato come segue:
“Revoca dell' amministrazione di sostegno.
Per la revoca dell'
amministrazione di sostegno si osservano le norme stabilite per la pronuncia
di essa.
Coloro che avevano diritto di
promuovere il procedimento di
amministrazione di sostegno possono intervenire nel giudizio di revoca per
opporsi alla domanda, e possono altresì impugnare il
provvedimento pronunciato nel
giudizio di revoca, anche se non parteciparono al giudizio.
Art. 100
L’art. 720 bis
c.p.c. è abrogato.
I commi 2 e 3 divengono, rispettivamente,
comma 1 e 2 dell’art. 719 c.p.c.
Art.
101
L’ art. 19 c.p. viene modificato come segue:
“Le pene accessorie per i delitti sono:
1) l'interdizione dai pubblici uffici;
2) l'interdizione da una professione o da un'arte ;
3) l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e
delle imprese;
4) l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione;
5) l'estinzione del rapporto di impiego o di lavoro;
6) la decadenza o la sospensione dall'esercizio della potestà dei
genitori”
Art.
102
La rubrica dell’ art. 32 c.p.
viene modificata come segue:
“Decadenza e sospensione dalla potestà genitoriale”
I commi 1 e 4 dell’ art. 32
c.p. sono abrogati.
I commi 2 e 3comma diventano,
rispettivamente, 1 e 2
“La condanna all'ergastolo importa anche la
decadenza dalla potestà dei genitori.
La
condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni produce,
durante la pena, la sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori,
salvo che il giudice disponga altrimenti.”
Art. 103
L’art. 144, comma 1, lett. a)
c.p.p. è modificato come segue:
“Incapacità e incompatibilità dell'interprete. - 1.
Non può prestare ufficio di interprete, a pena di nullità: a) il minorenne e
chi è affetto da infermità di mente”
Art. 104
Il comma 1 dell’ art. 166 c.p.p. è modificato come segue:
“Notificazioni all'imputato infermo di
mente. - Se l'imputato si trova nelle condizioni previste dall'articolo 71
comma 1, le notificazioni si eseguono a norma degli articoli precedenti e presso
il curatore speciale
Art. 105
L’art.
222, comma 1, lett. a) c.p.p. è modificato come segue:
“Incapacità e incompatibilità del perito.- Non
può prestare ufficio di perito, a pena di nullità:
a) il minorenne e chi è affetto da infermità
di mente.”
Art. 106
I commi 2 e 4 dell’art.
571 c.p.p. sono modificati come segue:
“Impugnazione dell'imputato
- Il curatore speciale per l'imputato incapace di intendere o di volere può
proporre l'impugnazione che spetta all'imputato.
L'imputato, nei modi previsti per la rinuncia, può togliere
effetto all'impugnazione proposta dal suo difensore. Per l'efficacia della
dichiarazione nel caso previsto dal comma 2, è necessario il consenso del
curatore speciale.”
Art. 107
L’art. 13
della L. n. 194/1978 è così modificato:
“Se la
donna si trova nelle condizioni legittimanti il ricorso previsto dall’art. 404
c.c. per l’istituzione dell’ amministrazione di sostegno, la richiesta
di cui agli artt. 4 e 6 può essere presentata, oltre che da lei personalmente,
anche dal marito che non sia legalmente separato.
Se
la donna è beneficiaria
di amministrazione di sostegno, la richiesta di cui agli artt. 4 e 6 può
essere presentata oltre che da lei personalmente,
anche dall’ amministratore di sostegno, a ciò autorizzato dal giudice
tutelare.
Nel
caso in cui la richiesta venga presentata personalmente dalla donna beneficiaria
di amministrazione di sostegno, deve essere
sentito il parere dell’ amministratore
di sostegno. La richiesta presentata dall’amministratore di sostegno o dal marito deve essere
confermata dalla donna.
Il
medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di
fiducia, trasmette al giudice tutelare, entro il termine di sette giorni dalla
presentazione della richiesta, una relazione contenente ragguagli sulla domanda
e sulla sua provenienza, sull’atteggiamento comunque assunto dalla donna e
sulle sue condizioni fisio-psichiche”.
Art. 108
Il comma 5 dell’ art. 19 della L. n. 194/1978 viene modificato
come segue:
“Quando l'interruzione volontaria della gravidanza avviene su
donna minore degli anni diciotto, o
incapace di intendere e di volere, fuori dei casi o senza l'osservanza delle
modalità previste dagli artt. 12 e 13, chi la cagiona è punito con le pene
rispettivamente previste dai commi precedenti aumentate fino alla metà. La
donna non è punibile”.
Art. 109
L’art.
145 del Dpr n. 115/2002 (T.U. sulle spese di giustizia) viene modificato come
segue:
“Procedimento per l’istituzione
dell’amministrazione di sostegno