Finalmente questo mio primo romanzo
è terminato!^^ Sono felice di avercela fatta!^_^ L'unica cosa di cui mi
rammarico è di averci messo tanto a scriverlo... Durante la stesura ho avuto un
sacco di problemi in campo sentimentale, che mi hanno portato a vedere le cose
in modo diverso, così l'inizio e la fine potrebbero risultare un po' incoerenti
tra loro... Pensata che per un attimo ho pensato di far mettere Alter con
David...^^;; Spero mi perdonerete!^^
Per i nomi e cognomi dei protagonisti vale sempre ciò che ho scritto del
disclaimer precedente... Ovvero si basa sul loro significato inglese^^ Non vi
resta che armarvi di vocabolario! ^__-
Cmq pregate perché io trovi il ragazzo giusto, altrimenti credo continuerò a
proporvi materiale non proprio ok^^;;
Ah, per chi volesse vedere il disegno che ho fatto su Alter e che fungeva da
anteprima al mio romanzo, può trovarlo qui^^
Un bacione a
tutti.........^^
Aeris*^^*
"Accadde al
buio"
Iniziato - Venerdì 2 Marzo 2001
Finito - Sabato 8 Agosto 2001
Accadde
al buio
-
Dedicato a tutti coloro che hanno un sogno -
Alter
Portray si considerava una vera pazza, ma ormai aveva preso la sua decisione: lo
avrebbe sedotto.
Per anni e anni era stata accanto a lui come amica e compagna di avventura senza
mai chiedergli nulla, semplicemente aspettando il giorno in cui finalmente si
sarebbe accorto che era una donna. Dopo un’infanzia e un’intera adolescenza
passata in quel modo aveva deciso di farla finita. I fatti erano chiari: non
aveva alcuna possibilità. Aveva provato migliaia di volte a dimenticarlo e a
gettarsi tutto alle spalle per ricominciare daccapo, ma alla fine non ci era mai
riuscita e si era convinta che se avesse potuto realizzare il suo più grande
sogno, ovvero sedurlo, si sarebbe potuta mettere il cuore in pace.
- Per me peggiorerai soltanto la situazione! – i suoi pensieri furono
interrotti dalla voce squillante della sua migliore amica.
- Concordo pienamente – rincarò la dose un’altra voce.
Benissimo! Aveva avuto proprio una splendida idea ad informarli del suo piano, e
per giunta in seduta comune!
- Ascolta Enna, e anche tu, David. – cominciò – Siete i miei due migliori
amici e credo che meglio di chiunque altro conosciate la situazione… - proseguì
con cautela – Non credete che peggio di così non possa andare? – chiese
loro.
David sembrò soppesare per un momento le sue parole, poi si accese una
sigaretta. Alter capì di aver toccato un tasto dolente e scambiò una rapida
occhiata con Enna, che annuì con il capo. Quando l’amico era nervoso o doveva
parlare di qualcosa di spiacevole faceva sempre così.
David espirò lentamente una boccata di fumo, poi le si rivolse, con un velo di
tristezza nello sguardo:
- Spesso, quando fai qualcosa a cui da tanto tempo anelavi, questa risulta
ancora più bella del previsto ed è a quel punto che ti sembra impossibile
farne a meno. – parlava in modo piatto, il volto sfocato dietro il fumo
cinereo.
- Ma se non lo fai non saprai mai cosa ti sei perso e vivrai con questo
rimpianto per sempre… - provò a protestare Alter.
David sorrise appena:
- Ti parlo per esperienza personale, e ti assicuro che perdere qualcosa che per
un attimo si è potuto avere è più terribile di qualsiasi rimpianto. –
pronunciate quelle parole spense la sigaretta in un grazioso portacenere anni
sessanta, schiacciandola con forza. Questo significava che per lui il discorso
era chiuso.
- Per una volta ascolta i tuoi amici, Alter. – la pregò dopo qualche attimo
Enna.
L’interessata la guardò con dolcezza:
- Grazie – sussurrò, ‘ ma non seguirò il vostro consiglio ’ avrebbe
voluto aggiungere. Si alzò dalla piccola sedia, anch’essa anni sessanta –
come tutto il locale in cui si trovavano, del resto -, prese la sua borsetta e
se la mise a tracolla mentre li salutava, poi uscì di corsa dalla porta
principale.
L
'occasione
adatta
per
attuare il suo piano era sicuramente la gita di quinta, rifletté, mentre
camminava per la strada. Sarebbero partiti tra due settimane, giusto il tempo
per prepararsi psicologicamente e affinare la sua tecnica… Erano molti gli
ostacoli a bloccarla, primi tra tutti la vergogna e la scarsa, anzi, nulla
esperienza in materia, ma si sarebbe fatta forza e…
Il leggero colpo alla nuca che avvertì la distolse immediatamente dai suoi
pensieri.
-
Pensierosa, quest’oggi? – quella voce le fece scorrere un brivido lungo la
schiena. Si voltò e lo vide guardarsi intorno, poi assestarle una bonaria pacca
sulla spalla:
- Ehi, ma sei tutta sola? – le chiese – Dove sono finiti tutti i ragazzi che
ti stanno sempre appiccicati? – la prese in giro.
- Hanno cambiato fronte –
rispose con un velo di sarcasmo. In realtà era lei che li aveva rifiutati,
perché era troppo innamorata di lui e loro avevano capito. Spesso le capitava
di chiedersi come mai non si fosse innamorata di uno di loro, sempre disponibili
e gentili, invece di Deny.
Deny
Quirk aveva la sua stessa età e faceva la quinta superiore nel suo stesso
istituto, ma aveva scelto un indirizzo diverso dal suo. Si conoscevano fin da
piccoli e onestamente lui non era cambiato di molto in tutti quegli anni. Era
sempre stato carino in tutti i sensi e adesso era diventato veramente bello, con
quei suoi occhi azzurrissimi; inevitabilmente aveva paragonato tutti i ragazzi
che aveva conosciuto a lui, tentando di trovare qualcosa di meglio in loro, ma
non era stato così. Nessuno possedeva nello sguardo quella particolare mistura
di forza e dolcezza, né aveva il suo fisico asciutto e prestante… ma
soprattutto non aveva quel carattere contradditorio che la faceva impazzire.
- Pronto? – la richiamò alla realtà.
Alter si riscosse:
- Scusami, oggi sono un po’ distratta – si giustificò. Perfetto, stava
facendo pure la figura dell’idiota!
- Non è che ti sei innamorata? – le chiese, poi accantonando lui stesso
l’idea, rise. – Ma no, non è assolutamente possibile che qualcuno riesca ad
accalappiarti! –
Alter assunse un finta aria di superiorità e lo rimbeccò come faceva da anni:
- Certo che no, io mi servo degli uomini solo per il sesso, ricordi? – senza
volerlo aveva parlato con sarcasmo. Deny da sempre pensava a lei come la più
esperta ragazza sulla faccia della terra, dal punto di vista sessuale… Niente
di più falso! Sospirò, sentendosi una volta di più prigioniera
dell’immagine che tutti, ma soprattutto lui, avevano di lei.
Deny si piegò leggermente sulle ginocchia, in modo da guardarla direttamente in
faccia, poi sollevò un sopracciglio con aria interrogativa. Che si stesse
preoccupando per lei? Si chiese Alter mentre il cuore le mancava un battito.
- Non è che sei incinta? – le chiese invece lui, riportandola bruscamente
alla realtà. Era ovvio che stava scherzando, ma forse poteva giocarci un po’
sopra:
- Qualche tempo fa mi si è rotto il preservativo mentre… - cominciò con un
aria falsamente contrita, poi lasciò volutamente in sospeso la frase. Deny si
fece più attento.
- Verresti con me a comprare un test di gravidanza per favore? – gli chiese
posandogli una mano sul braccio.
- Ma stai scherzando? – le
chiese lui a quel punto, ma la ragazza non rispose, limitandosi a trascinarlo
verso un negozio. Entrarono, mentre passo dopo passo il volto del ragazzo
appariva sempre più sconcertato.
Ad un certo punto Alter si voltò verso di lui:
- Deny, ti pare che in una tabaccheria si comprino test di gravidanza? – gli
chiese, prendendosi gioco di lui – E’ ovvio che stavo scherzando! – esclamò
alzando gli occhi al cielo, poi lo piantò in asso, andandosene velocemente dal
negozio.
E con questa gliel’aveva fatta pagare per alcune delle sofferenze che le aveva
causato.
Due
settimane dopo, Alter correva goffamente verso la corriera, portando i suoi
bagagli. Li gettò nell’apposito vano con malagrazia e salì affannata sul
veicolo.
- Al, disgraziata, come al solito sei l’ultima ad arrivare! – scherzò una
delle sue compagne. Per tutta risposta lei scrollò le spalle, in un gesto di
impotenza, poi cominciò a cercare un posto guardandosi intorno.
- Ehi, Portray, perché non vieni quaggiù e non ci dai un assaggio delle tue
rinomate capacità? – la apostrofarono dei tipi seduti negli ultimi posti. Sì
voltò, furiosa per essere stata chiamata Portray e rivolse loro uno sguardo
gelido, prima di metterli al loro posto:
- Se permettete, il mio cognome ha il copyright – disse – Ed inoltre
preferisco altri tipi di ragazzi –
I suoi interlocutori cominciarono a ridacchiare, poi uno di loro disse una cosa
che non avrebbe mai dovuto dire:
- Come Deny Quirk? – insinuò.
- Perché no? – rispose – Sicuramente lo preferisco, perché ha, come dire,
degli ‘attributi’ che invece a voi mancano! – sibilò velenosa.
- Ehi, amico, sta parlando delle nostre palle! – disse uno di loro ad un
altro.
- Adesso basta. – una voce ben nota si levò da dietro di lei. In quel momento
tutti zittirono, aspettandosi chissà cosa da quella situazione. Si sentì
prendere per le spalle e, voltandosi, si ritrovò faccia a faccia con Deny.
-Alter. – la sua voce era bassa e profonda. Capì perfettamente il messaggio
che conteneva, così si limitò ad abbassare la testa e a sedersi nel posto
precedentemente occupato da lui.
Ancora una volta si chiese perché lo stesse sempre a sentire. Era sempre stata
diversa dalle altre: se una persona le diceva di fare qualcosa lei puntualmente
faceva l’opposto e in mille altre occasioni aveva dimostrato a se stessa e al
mondo di non voler essere soggetta al potere di nessuno! Ma allora perché
prendeva per oro colato tutto quello che le diceva Deny? Eppure le piaceva che
lui avesse quello strano potere su di lei…
Che in tutti quegli anni si fosse comportata ribellandosi solo per nascondere,
soprattutto a se stessa, il suo incontrollabile bisogno di essere dominata da
qualcuno?
Scacciò con forza quei pensieri, e si accorse che Deny la stava osservando. Gli
sorrise:
- Be? Non è forse vero che hai ‘qualcosa’ in più? – lo prese in giro
facendogli l’occhiolino, ma lui continuava a guardarla, immobile, così lei
decise di ignorarlo e si voltò verso il finestrino. Non appena guardò fuori si
accorse con orrore che la sua immagine riflessa aveva gli occhi gonfi di
lacrime; se li asciugò immediatamente e si chiese se lui l’avesse notato. Era
la fine. Si disse sconsolata.
Deny si sedette poco dopo, accanto a lei. ‘Chi te l’ ha chiesto?’ fu
tentata di chiedergli. ‘Non voglio né la tua pietà né la tua
comprensione!’ avrebbe voluto gridargli, ma non lo fece. Rimase con il viso
inchiodato al finestrino anche quando lui la spostò leggermente per farsi
posto, prendendola per i fianchi. Non vi furono parole e nemmeno sguardi tra
loro, fino alla loro meta, l’aeroporto di Bologna. Da lì avrebbero potuto
raggiungere l’Inghilterra, la loro meta finale.
- Non sei agitata Al? – le chiese una delle sue compagne, mentre si erano
sistemati in sala d’attesa. Lei la guardò con aria interrogativa:
- Hai paura dell’aereo? – si informò.
La ragazza rise, imbarazzata:
- Anche, ma in questo caso mi riferivo alla nostra gita! – chiarì –
Gireremo l’Inghilterra per un’intera settimana, cambieremo albergo ogni
notte e visiteremo un mucchio di posti diversi! – esclamò entusiasta.
- Al?! – la chiamò intanto un’altra compagna, ma lei era già persa nei
suoi pensieri.
Al… la chiamavano tutti con quel nomignolo… effettivamente le piaceva
molto… era segno di benevolenza, dopotutto. C’era una sola persona che
l’aveva sempre chiamata Alter.
- Alter? – cos’era, una conferma divina? Si chiese. Ritornò lentamente alla
realtà, realizzando che l’oggetto dei suoi pensieri la stava leggermente
scuotendo. Sbatté le ciglia più volte:
- Sì Deny? – articolò.
- Ci sono i tuoi amici Enna e David che ti stanno chiamando – si sentì dire.
La sua voce era come sempre calma e rassicurante. Alter spostò lo sguardo su di
loro:
- Ah, ma certo! – esclamò sorridendo meccanicamente – Non capisco come
abbia fatto a non accorgermene – si schernì, poi corse verso di loro,
lasciandolo solo.
- Vieni vicino a me, sull’aereo? – le chiese Enna. Alter sorrise ancora,
questa volta con più spontaneità.
- Vorrà dire che io mi attaccherò al finestrino! – intervenne David, facendo
finta di essere seccato.
-
Sai,
lei fa sempre così! – disse David ridendo. Sull’aereo era riuscito a
mettersi vicino a Deny, con la scusa di volerlo ringraziare per aver
‘svegliato’ Alter ed alla fine aveva cominciato a parlargli di lei. Sapeva
che l’amica aveva comunque idea di sedurlo, così aveva deciso di agire, se
così si poteva definire quello che stava facendo.
- Ama estraniarsi dal mondo e lo fa spesso, il più delle volte senza volerlo
– aggiunse. Deny ascoltava, interessato:
- Ma possibile che non senta se qualcuno la chiama? – chiese.
- Te lo assicuro è così. Ha la capacità straordinaria di saper svuotare la
mente e rifugiarsi nel suo mondo privato… - ribatté David.
- Strano, non me n’ero mai accorto! –
Ottuso. Questa era la parola giusta per descriverlo.
- Ultimamente questo suo atteggiamento si è accentuato… – buttò là.
- Che ci sia qualche cosa che la preoccupa? – s’interrogò Deny.
Ma bravo!
- Guarda - gli disse ad un certo punto David. Entrambi la osservarono,
accoccolata sul sedile con gli occhi chiusi.
- Dorme. – osservò Deny.
- Sbagliato. – lo corresse subito David – E’ perfettamente sveglia, solo
che è persa nei suoi pensieri – spiegò poi. Vide che il suo interlocutore
era costernato, così con un sospiro decise di lasciar perdere e cambiò posto.
Deny
non sapeva più cosa pensare. Guardava la sua vecchia compagna di giochi,
chiedendosi quando avesse smesso di capirla. Era sempre stata una bambina
estremamente seria; ricordava chiaramente che se ne stava sempre sulle sue e
questo non incoraggiava certo eventuali amicizie. Se lui non fosse stato il suo
vicino di casa probabilmente non l’avrebbe mai nemmeno notata. La osservò con
più attenzione, soffermandosi sulla linea delicata del volto e sulle labbra
piene, colorate di lilla. Seguì il contorno del naso diritto, delle palpebre
anch’esse coperte da un ombretto viola, poi scivolò sull’arcata
sopraccigliare e si perse nella massa dei suoi capelli scuri, che le formavano
una lunga cornice ondulata intorno al viso. Da quando era diventata così
appariscente e sofisticata?
La vide dischiudere leggermente le labbra, scoprendo la fila perfetta dei suoi
denti. Ricordava ancora quando da bambina aveva messo quell’orribile
apparecchio ortodontico… Da quanto tempo non lo portava più?
Notò la sottile ruga tra le sopracciglia, segno di disturbo. Da quando era
diventata una ragazza disillusa?
Infine la vide aprire i suoi occhi verde bosco, quelle due incredibili fessure
di anima che da sempre la contraddistinguevano. Da quanto tempo erano così
spenti?
Si rese finalmente conto di avere una persona diversa di fronte, adesso…
egoisticamente aveva pensato che lei sarebbe rimasta sempre la stessa, il suo più
solido e fermo punto di riferimento, l’unica persona che gli dava
l’impressione di essere riuscita a fermare il tempo… ma non era così. Era
cresciuta e si era fatta grande. E lui non c’era. Non ricordava che gli avesse
mai parlato della sua prima cotta, né del suo primo bacio, e tantomeno della
sua prima volta. In quei momenti, come del resto in quelli più importanti della
sua vita, lui dov’era?
Si sentì improvvisamente oppresso da un grosso peso e peggio ancora, da una
terribile rabbia verso la persona che gliel’aveva portata via e che l’aveva
fatta soffrire fino a renderla una persona opposta a quel che era stata.
Non sapeva che avrebbe dovuto rivolgersi a se stesso.
-
Toc
toc –
erano ormai le dieci di sera, chi poteva essere a quell’ora? Si chiese Deny.
In teoria i suoi compagni sarebbero dovuti essere in un qualche bar a fare
baldoria… e sarebbe dovuto esserci anche lui. Era la prima volta in tutta la
sua vita che non si aggregava ad un qualche gruppo. Si rassegnò all’idea che
fosse il professore rimasto di turno all’ostello, così andò ad aprire.
- Posso entrare? – quella voce bassa e sensuale era inconfondibile. Sgranò
gli occhi:
- Alter? – chiese, indeciso se stupirsi per ciò che aveva appena pensato
della sua voce o della sua improvvisa apparizione. Lei gli sorrise:
- Allora posso entrare o no? – ripeté. Deny si scostò senza una parola,
soffermandosi inevitabilmente sulla curva rotonda che la camicia da notte le
disegnava sul fondoschiena. Scese lungo le sue gambe con lo sguardo e notò che
era scalza, poi risalì di nuovo, catturato dai sobbalzi compiuti dal suo seno,
in perfetta sincronia con i movimenti che eseguiva. Era senza reggiseno, notò
subito, ma questo non faceva che aumentarne la misura e la morbidezza. Poteva
vedere i capezzoli premere contro il tessuto ad ogni suo respiro…
- Sono venuta perché vorrei parlare un po’ con te, come ai vecchi tempi. –
gli disse appoggiando la schiena alla testiera del letto e stringendosi le
ginocchia al petto.
In quel momento gli sembrò la ragazza più indifesa del mondo.
- C’è qualche cosa che non va? – le chiese mentre si sedeva di fronte a
lei, a gambe incrociate.
Alter sembrò spiazzata, per un attimo, ma si riprese in fretta e con un sorriso
gli rispose:
- Certo che no! La mia vita va sempre avanti a gonfie vele, senza alcun
problema! –
Deny storse la testa da un lato:
- A volte coloro che dicono di non avere problemi sono quelli che ne hanno di più.
– osservò.
Un lampo attraversò i begli occhi verdi della sua interlocutrice:
- A volte. – disse seria, poi gli sorrise, canzonatoria – Ma non è il mio
caso. –
-Perché hai smesso di confidarti con me? – se ne uscì Deny di punto in
bianco.
- Forse non era il caso di venire qui, stasera. – rispose fredda lei,
distogliendo lo sguardo. Si alzò dal letto e si diresse verso la porta,
aprendola:
- Buona notte, Deny. – gli augurò prima di andarsene, ma più che un augurio
sembrò una maledizione, dal modo in cui lo disse.
- Quel maledetto! – imprecò tra sé Alter, buttandosi sul letto della sua camera. C’era modo e modo di rifiutare una ragazza, ma quello era davvero il massimo! Non aveva di certo creduto alla sua storiella sui vecchi tempi e questo se l’era aspettato, dato che in tutta la sua vita si era interessato relativamente poco a lei. Per lui ciò che contava erano gli amici, lo sport e tante belle ragazze. Fine. Invece aveva cercato di intristirla di proposito, per farle cambiare idea. E ci era anche riuscito, perfettamente! Si asciugò una lacrima furtiva che faceva capolino dall’occhio; forse c’era un altro modo per sedurlo… molto più semplice, soprattutto per lei.
Aprì
lentamente la porta, che per tutta risposta emise uno scricchiolio sinistro.
Quando era andata a trovarlo era già in pigiama quindi, secondo i suoi calcoli,
ora sarebbe dovuto essere profondamente addormentato. Doveva sbrigarsi, perché
il tempo a sua disposizione non era poi tanto…era circa mezzanotte e prevedeva
che di lì a poco, i suoi compagni sarebbero cominciati a rientrare
all’ostello, anche perché quella era stata una giornata molto faticosa.
Sarebbero sicuramente tornati anche i tre compagni di stanza di Deny e lei non
poteva assolutamente farsi scoprire. Ormai era decisa: lo avrebbe sedotto, ma
lui non avrebbe mai saputo con chi aveva passato la notte, onde evitare
spiacevoli imbarazzi. Tirò un profondo respiro e nella penombra si avvicinò al
letto dove lui giaceva, come previsto, nel mondo di Morfeo. Con un gesto nervoso
gettò a terra la vestaglia che aveva indosso:
- O la va o la spacca! – si disse scacciando qualsiasi dubbio, perché temeva
che di lì a poco avrebbe cambiato idea.
Con rapida efficienza svolse la cordicina che si era portata da casa e ne legò
un’estremità alla sponda del letto, poi con delicatezza prese anche le mani
di Deny e incatenò i suoi polsi. Terminata l’operazione poté finalmente
respirare. Aveva temuto di svegliarlo, ma per fortuna non era stato così. Prese
anche il pezzo di stoffa che teneva nell’altra mano (provvidenzialmente
portato da casa anche quello) e lo bendò. Si sentiva un po’ sadomaso, in quel
momento, ma tutto era lecito per realizzare un sogno. Mentre tirava con forza il
nodo appena fatto sulla nuca lo sentì improvvisamente muoversi, probabilmente
perché con quella poca luce che c’era gli aveva preso anche i capelli.
Si sentì un forte strappo ed un vago rumore di ferraglia, poi un mugolio
strozzato:
- Ma che diavolo…? –
Era sveglio, dedusse con facilità Alter. Mentre Deny seguitava ad agitarsi nel
letto per liberarsi, lei gli posò una mano sulla guancia, ottenendo così un
altro sobbalzo.
- Shh… - gli mormorò all’orecchio sussurrando appena: era l’unico modo
per non far riconoscere la sua voce. Deny sembrò calmarsi appena, in attesa di
una spiegazione. – Sei in un sogno… - sussurrò ancora lei, mentre con la
mano gli accarezzava la mascella volitiva – Il più erotico che tu abbia
mai fatto… - continuò mentre gli si sedeva a cavalcioni sullo stomaco e con
la mano scendeva sulle spalle forti. Lo sentì respirare con forza: aveva
capito.
Con le dita affusolate gli slacciò il primo bottone della casacca del pigiama,
stuzzicandogli la pelle nuda, poi passò al secondo, con estrema lentezza,
ripetendo i gesti di poco prima.
Deny mugolò, contorcendosi sotto quella mirata tortura.
Alter continuò a scendere, ben sapendo di accrescere sempre di più la sua
aspettativa… ogni bottone era un passo verso il basso, verso la parte più
sensibile del suo corpo. Era vergine, ma non stupida. Certe cose le sapeva fin
troppo bene. Arrivata all’ultimo bottone, proprio all’altezza
dell’inguine, si rese piacevolmente conto che stava crescendo, il che
significava che lei l’aveva eccitato. Sfiorò appena quella crescente
turgidezza e non appena lo fece, la vide aumentare ancora di più.
- Slegami… - quell’ansante preghiera la colpì molto, per qualche oscuro
motivo. Lo avrebbe fatto volentieri, ma non poteva rischiare che si togliesse la
benda, o peggio ancora che si alzasse e andasse ad accendere la luce, in modo da
riconoscerla.
- Non posso… - gli sussurrò all’orecchio. Lo sentì tendere il viso e la
virilità verso di lei, e lo fece in un modo che la sconvolse.
- Voglio toccarti. – le disse e lei si eccitò all’istante. Attraverso il
tessuto inesistente degli slip di pizzo che portava, il liquido che dimostrava
con chiarezza la sua eccitazione andò a bagnare lo stomaco piatto di Deny.
- Vedo, anzi, sento che l’idea ti piace… – le sorrise.
- Se tu dovessi toglierti la benda, oppure alzarti da questo letto il sogno
svanirebbe… - riuscì a bisbigliare nonostante il respiro le si fosse fatto più
rapido. –E’ questo che vuoi? – gli chiese, provocandolo.
Deny dovette capire che le loro bocche erano vicine dal suo respiro ansante, così
alzò rapidamente la testa, finché non si incontrarono. Nulla in tutta la sua
vita le era sembrato più giusto. Si scambiarono numerosi piccoli baci, poi Deny
sollevò la testa ancora di più e affondò la lingua nella cavità della sua
bocca, provocando in lei una reazione quasi disperata: allacciò le gambe con le
sue e con entrambe le mani lo attirò ancora più verso di sé. Le loro lingue
si cercavano, si accarezzavano e si esploravano, mentre le loro bocche si
fondevano in una. Deny ad un tratto mise fine a quel bacio selvaggio:
- Voglio che questi momenti durino in eterno. – le disse contro le labbra,
quasi lei fosse il genio della lampada, capace di esaudire qualsiasi desiderio.
Magari lo fosse stata! – Perciò ti prometto che per nulla al mondo toglierò
questa dannata benda o mi sposterò da qui. – le disse ancora. – Voglio solo
toccarti. –
Un altro fiotto liquido si sparse sui suoi addominali perfetti. Perché diavolo
quella frase le faceva così effetto?
- D’accordo – cedette. Dopotutto in tutta la sua vita non aveva mai infranto
una promessa fatta. Lui sorrise e la baciò di nuovo, mordicchiandole appena il
labbro superiore.
Alter si allungò sopra di lui per sciogliergli i nodi e inavvertitamente
strofinò il seno contro il suo viso.
- Non mi dire che… - gemette Deny, forse intuendo cosa fosse e Alter sentì
che il suo sesso le premeva contro la schiena. Non fece in tempo a liberarlo
dall’ultimo nodo che le sue mani erano già su di lei.
Lo sentì stringere a coppa il suo seno coperto di pizzo:
- Oddio… - mormorò. Evidentemente le mani avevano confermato ciò che aveva
immaginato. Con quel gesto possessivo la teneva completamente soggiogata…era
in suo potere. I suoi seni erano da sempre stati pieni, tanto che nemmeno lui,
con le sue mani grandi, riusciva a tenerli nella loro interezza in mano. Le sue
dita seguirono la curva morbida che terminava nel reggiseno, poi affondarono in
una delle coppe, tirando fuori il seno sinistro e portandoselo alla bocca. Con
la lingua le cercò freneticamente il capezzolo e quando lo ebbe trovato lo
prese completamente in bocca, stuzzicandolo e rendendolo ancora più turgido di
quello che già era.
Alter gemette e si dovette appoggiare con le braccia alla testiera del letto per
evitare di sciogliersi languidamente su Deny. A quel punto lui la lasciò e
soffiò appena sul suo capezzolo umido, provocandole un brivido lungo il corpo,
dopodiché lo leccò, strofinando contro di esso tutta la lunghezza della sua
lingua. Alter ansimò forte e avvertì il suo sorriso vittorioso contro la
pelle.
- Dove sei? – la cercò allora, spostando le mani verso l’alto; percorse
l’intera lunghezza delle sue braccia, poi le prese i polsi e la staccò dalla
testiera del letto, facendo scivolare il suo corpo contro il proprio finché non
avvertì contro il sesso la sua umida femminilità e se ne beò. Poteva sentire
il suo fremere e pulsare continuo, il suo calore, la sua eccitazione…
A quel punto lei cercò di liberare i polsi. Evidentemente non resisteva più,
così la lasciò per poter prendere in mano il suo fondoschiena e attirarla
verso il suo viso. Ormai la sua femminilità era a pochi centimetri da lui, lo
percepiva chiaramente, ma c’era ancora un ostacolo che li separava: gli slip.
- Toglili. – le ordinò.
Alter ansimò e fu sul punto di domandargli qualcosa, ma poi non lo fece.
Soggiogata dal suo potere magnetico si alzò un poco sulle ginocchia e se li
sfilò con dita tremanti, gettandoli lontano.
- Oh, sì! – esultò Deny avvertendo i suoi movimenti, dopodiché la afferrò
di nuovo i fianchi e affondò il viso nel suo sesso caldo. La stuzzicò
esternamente finché non la sentì premersi contro il suo viso ed allora seppe
che non sarebbe svanita, almeno per il momento. La lasciò e lei si piegò
all’indietro, stendendosi sul suo corpo eccitato; con una mano gli cercò i
pantaloncini del pigiama e quando li ebbe trovati non esitò ad abbassaglieli,
prendendo nell’altra mano la sua potente virilità.
Deny sussultò, colto alla sprovvista da quel gesto così avventato, ma non
appena lei cominciò ad accarezzarglielo i suoi pensieri si dissolsero come neve
al sole, sostituiti dal bisogno della soddisfazione:
- Più veloce… - la incitò in preda al piacere e quando la sentì prendere un
ritmo sempre più incalzante si inarcò verso di lei – Sì, …sì! Continua,
ti prego! – la implorò.
Lei sorrise:
- Con piacere – lo assecondò con un bisbiglio erotico. Con la mano che per il
momento era libera, gli toccò la carne viva che si trovava in cima al suo
sesso, dopodiché cominciò a strofinarci sopra l’intero palmo, strappando a
Deny un sordo gemito di piacere.
Così non andava, riuscì a dirsi il ragazzo, la mente annebbiata. Era lui che
si era ripromesso di soddisfarla e invece… Doveva fermarla prima di entrare in
orgasmo, pensò, ma in quel preciso istante il piacere cominciò ad esplodere
nel suo membro rigido.
Tese ogni più piccola fibra del suo essere verso le mani che gli regalavano
sensazioni così forti che lui stesso non se ne capacitava e quando raggiunse la
vetta massima si abbandonò ad un basso e profondo grido di godimento.
Lei continuò ad accarezzarlo, orgogliosa e felice di avergli regalato quegli
attimi. Era tutto così bello….
- Alter… - mormorò lui inconsciamente, la mente ancora annebbiata.
Quel sussurrò la colpì come uno schiaffo.
Lui aveva capito? Ma la
cosa più importante era: cosa diavolo pensava lei di ottenere seducendolo? Solo
ora si rendeva conto della gravità di quello che aveva fatto… Quegli attimi
erano troppo belli per poterne fare a meno… Oh, David aveva ragione, eccome! E
ancora non era successo nulla… Se tutto questo era già così incredibile,
cosa sarebbe stato il resto? Non osava pensarci e nemmeno farsi allettare
dall’idea perché, una volta provato, sarebbe stata perduta per sempre. Aveva
soddisfatto Deny ed avrebbe lasciato in lui un bel ricordo. E questo bastava.
Doveva bastarle.
Lo guardò per un lungo istante, i tratti del viso mascolino addolciti dalla
penombra e dalla soddisfazione…
Basta! Si rimproverò scuotendo con vigore la testa, dopodiché cominciò a
scervellarsi freneticamente in modo da trovare un modo per andarsene…
Idea! Dopotutto i corsi che le appioppavano a scuola erano utili! Gli premette
le dita alla base dello sterno, un punto vitale, dopodiché spinse con forza. Lo
vide annaspare, in mancanza d’aria e mentre cadeva all’indietro chiudendo
gli occhi seppe di avergli regalato il suo cuore.
Solo pochi attimi dopo si rese conto di aver pronunciato due parole: “Ti
amo”.
Il
giorno dopo Alter si svegliò con un terribile mal di testa. Si alzò
stancamente dal letto, mentre la prof seguitava a dire loro che era ora di
alzarsi e che dovevano preparare le loro cose. Già, aveva dimenticato che
avrebbero cambiato posto ogni giorno. Con un sospiro si accinse a mettere a
posto le poche cose che aveva utilizzato poi, una volta uscita la prof cominciò
a sfilarsi la camicia da notte sotto gli occhi inquisitori di Enna.
- Be?- le chiese guardandola male.
L’amica sbuffò:
- Be cosa? – ribatté – So benissimo quali erano i tuoi piani per ieri notte
e quindi vorrei che ti degnassi di dirmi cosa è successo! –
Alter alzò gli occhi al cielo:
- Assolutamente nulla. – la liquidò, ansiosa di rimanere sola.
Enna la squadrò da capo a piedi:
- Bene. – si limitò a dire, andando verso il suo letto. Questo significava
che per il momento aveva concluso il suo attacco.
Si tolse del tutto la camicia da notte e la gettò sul letto, dopodiché si vestì.
E i suoi slip? Quella domanda le giunse con naturalezza alla mente mentre
preparava la valigia. Aveva messo tutto dentro tranne quelli…
- Oddio! – gridò portandosi le mani alla bocca, mentre tutti gli occhi delle
sua compagne di stanza si puntavano su di lei.
La sera prima, nella fretta di andarsene dalla stanza di Deny, si era infilata
in fretta e furia la vestaglia ed era fuggita lasciando lì tutto il resto.
- Nooo… - si disperò buttandosi sul letto.
- Al… – Enna era di nuovo apparsa accanto a lei – Non ti va di confidarti
con la tua migliore amica? – le chiese, ma lei non rispose. – Prometto che
non ti giudicherò – aggiunse, sapendo di aver toccato il tasto giusto.
Enna aveva ascoltato con
gli occhi sbarrati la storia che per sommi capi le aveva bisbigliato Alter,
entrambe attente a non farsi sentire da nessuno.
- Sono preoccupata per te. – le disse semplicemente dopo un attimo di
silenzio. – “Ti amo” erano le parole che detestavi di più a questo mondo.
–
Alter annuì, mesta, poi aprì la bocca per dire qualcosa, ma fu interrotta
dalla prof che sbraitava contro di loro perché erano in ritardo.
Non appena Alter vide
David gli si gettò tra le braccia e scoppiò in un pianto silenzioso.
- Al… - sussurrò lui, tentando di sollevarle la testa, ma la ragazza si
ritrasse con violenza; l’amico sapeva perfettamente che non voleva farsi
vedere in lacrime da nessuno.
- Che cosa hai combinato? – le chiese preoccupato.
- Oh, se ti avessi dato retta! – gemette lei contro il suo petto. David le
sollevò il viso con prepotenza, ma lei fece in tempo ad asciugarsi gli occhi.
- Vuoi dire che tu e Deny…? – insinuò spaventato. Lei annuì, ma poi fece
di no con la testa.
- Insomma, Alter! – la sgridò. La ragazza lo abbracciò forte e lo condusse
sul pullman che li avrebbe portati alla prossima destinazione, sedendosi accanto
a lui. Gli raccontò tutto, nei minimi particolari, perché sapeva che solo
David non l’avrebbe giudicata per le sue azioni sconsiderate.
- E
adesso come faccio? – gli chiese scendendo
dal veicolo. Ci aveva messo tutto il viaggio per raccontargli ogni cosa. – E
se mi ha riconosciuto? –
David le sorrise, rassicurante:
- Ma no… Il suo sarà stato un riflesso condizionato! Forse ha pensato che la
ragazza del sogno sia brava come te nel fare s… - provò a scherzare, ma Alter
lo interruppe bruscamente, con una pacca sulla schiena.
- Ehi! – la salutò intanto la fonte delle sue preoccupazioni.
Alter avvampò suo malgrado, mentre i ricordi e l’imbarazzo la assalivano:
- … -
Questa volta fu David a darle una gomitata.
- Ehm… ciao Deny! – lo salutò allora lei.
Il ragazzo la guardò perplesso, poi le si avvicinò:
- Sei tutta rossa… Non avrai mica la febbre? – le chiese. A volte la sua
scarsa perspicacia poteva essere utile.
- Ahh, già, in effetti questa mattina avevo qualche linea… - articolò, presa
un po’ alla sprovvista.
Deny le appoggiò una mano sulla fronte:
- Dovresti riguardarti. – disse con semplicità, ma Alter non rispose: era
troppo colpita dal suo tocco. Ora aveva acquisito un qualcosa di dolce, qualcosa
di molto diverso dalla notte prima… ma lei lo adorava con la stessa intensità.
- Allora dove si va oggi? – intervenne David prontamente, vista
l’espressione inebetita assunta dall’amica.
Deny allontanò la mano dalla sua fronte, una ruga tra le sopracciglia, poi
spostò lo sguardo su di lui e la sua espressione si distese:
- Greenwich – lo informò.
- Davvero? – si svegliò Alter – Wow, ho sempre desiderato vedere il
meridiano! – esclamò.
- I meridiani sono linee immaginarie. – la contraddisse subito David.
- Ma quello di Greenwich è stato disegnato, visto che è quello principale! –
ribatté subito Alter facendogli la linguaccia. Ovviamente David lo sapeva già,
ma l’aveva contraddetta per darle modo di ritornare la Alter di sempre.
Deny sorrise:
- Let’s go! –
Nonostante
le preoccupazioni che ognuno si portava nel cuore si divertirono molto e la
tensione si sciolse definitivamente quando Alter inciampò nel meridiano.
- Ma si può essere più svegli? – la stava prendendo in giro David.
- Era buio e non l’ho visto! – si difese lei.
Era vero, ma non gliel’avrebbe data di vinta:
- Tutte scuse… - la schernì con aria di sufficienza, ma fu punito con un
pizzicotto nel sedere.
- Vieni Enna, lasciamo quest’uomo solo con il suo dolore… - recitò Alter
mentre prendeva l’amica sottobraccio e la trascinava via, cominciando a
raccontarle chissà quale esperienza.
- Ehi, aspettate! – le chiamò David affrettando il passo per raggiungerle.
– Allora stasera andiamo al pub? – chiese non appena si affiancò a loro.
- Non sarebbe una cattiva idea… - disse Enna rivolta verso Alter, ma la
ragazza scosse la testa:
- E’ l’ultima cosa di cui ho bisogno in questo momento! – esclamò.
- Eddai… - la supplicò l’amica – Fallo per me! Conoscendo David mi lascerà
sola tutta la sera… -
- Ma veramente… - provò a protestare l’interessato, ma fu zittito da una
pronta occhiataccia.
- D’accordo! – capitolò allora Alter. Dopotutto un po’ di svago avrebbe
potuto tirarla su di morale e poi non poteva abbandonare Enna!
- Daii, Al, assaggia
questo, è buonissimo! – le urlò in un orecchio David due ore dopo,
sovrastando il chiasso del locale.
- Sei ubriaco – quante volte gliel’aveva detto? Quattro, cinque…
aveva perso il conto, soprattutto considerata la miriade di intrugli che gli
aveva fatto bere l’amico.
- Non sono in gatta! – ribadì lui per l’ennesima volta.
- Sparisci – lo liquidò allora lei. Non stava neanche in piedi e pretendeva
di essere lucido!
- Ti preego… assaggia solo questo, poi giuro che non rompo più! –
Alter sbuffò, osservando la bevanda blu mare che le veniva porta.
- E va bene! – capitolò allora. Non era in vena di discussioni. Gli prese
bruscamente il bicchiere dalle mani e buttò giù una sorsata del liquido che
conteneva.
Mm… però, era buono davvero!
- E’ molto alcolico – si limitò però ad osservare.
- Certo, è la roba più forte che vendono qui! – confermò David.
Alter scrollò le spalle e se lo scolò tutto, presa da un’improvvisa voglia
di trasgredire.
- Tieni, e adesso sloggia! – ordinò al ragazzo in malo modo, consegnandogli
il bicchiere.
David sorrise apertamente, chiedendosi dove fosse in quel momento il buonsenso
che Alter aveva sempre dimostrato di avere.
- Alter? –
Quella voce le sembrava irreale e le giungeva un poco ovattata; aprì un occhio,
mentre di fronte a lei cominciava a delinearsi qualcosa di sfocato.
- Stai bene? –
- Mmm… - mugolò lei, desiderosa di essere lasciata sola con il suo dolore.
- Ti prego, è un sacco di tempo che te ne stai lì appoggiata al bancone senza
muoverti! –
Sì sentì sollevare la testa, ma solo dopo alcuni istanti riuscì a realizzare
a chi appartenevano quegli occhi azzurrissimi:
- Deny? – chiese – Che ci fai qui? Non mi dire che stai giocando al principe
azzurro! – si animò subito lei, strascicando un po’ le parole.
Il ragazzo la guardò sconcertato:
- Non è che hai bevuto un po’ troppo? – le domandò.
- Mannò….. solo quella cosa azzurra…. – rise, poi storse la testa da un
lato – Ma non era questa la domanda da farmi, hai sbagliato! – protestò
battendogli un colpetto leggero sul dorso di una mano. – Quella giusta è
“Vuoi ballare con me, principessa?” – lo corresse, mimando un cavaliere
d’altri tempi – Ed io dovrei rispondere “Ma certo mio bel principe!” –
rise ancora, alzandosi, ma le gambe le cedettero, così si aggrappò al collo di
Deny.
- Alter – la rimproverò lui con il suo solito tono pacato.
La ragazza lo zittì passandogli languidamente un dito sulle labbra:
- Ma in questo caso sono costretta a rifiutare la tua proposta, perché temo di
non essere in grado di ballare – gli sussurrò sorridendo.
In quel momento passarono un paio di ragazzi della loro compagnia e cominciarono
a fischiare sonoramente:
- Ehi, la Portray è in gatta! – gridò uno di loro.
- Se io fossi in te, stallone, ne approfitterei! – esclamò un altro
riferendosi a Deny. Il commento fu seguito da uno scoppio di risa, ma in breve
tempo il gruppo si allontanò, lasciandoli di nuovo soli, per quel che un pub
potesse permettere, naturalmente.
- Alter? – provò a chiamarla Deny, temendo che si fosse addormentata. La sentì
sorridere maliziosamente, poi la vide alzare leggermente la testa:
- E’ venuto il momento, principino – scherzò avvicinando le labbra alle
sue, poi improvvisamente si fece seria – E’ ora del riscatto –
disse, con gli occhi fissi nei suoi e straordinariamente limpidi – E’ ora
che tu realizzi tutto il male che hai fatto alla tua principessa e che ti penta,
giurando di non farla mai più soffrire –
Deny si sentiva inspiegabilmente male, incatenato dal suo sguardo pieno di
dolore.
Dopo qualche attimo gli occhi di Alter si offuscarono di nuovo e le riaffiorò
sulle labbra il sorriso birichino di poco prima:
- E’ così che finiscono le favole, no? – disse, poi rise fra sé, ma senza
allegria. – E’ il momento della scarpetta – gli sussurrò piano – Anzi,
direi che in questo caso è il momento degli slip – rise ancora.
A Deny ci volle qualche attimo per riprendersi:
- E’ il momento di COSA? – le chiese, sicuro di aver capito male.
- Sììì, a me è rimasto il reggiseno, a te gli slip! Non credi sia il caso di
ridarmeli? –
Il ragazzo rimase di sasso.
- Stai scherzando, vero? – le domandò, sconcertato.
- Non capisco perché non vuoi ridarmeli! – esclamò contrariata, piantandogli
un leggero pugno sul petto – Capisco come sogno di essere un po’ sbadata,
però… - considerò, ma David non le fece finire la frase, apparendo come per
magia:
- Ehi, princess, non è ora di cambiare cavaliere? – scherzò prendendola per
un braccio.
- Ahh, ma certo! – rise lei con voce pericolosamente acuta, poi eseguì pochi
rapidi volteggi tra le sue braccia, prima di cadere esausta su un divanetto.
Si
svegliò, disturbata dall’insistente luce che entrava da uno scuro dimenticato
semiaperto, ma fu subito salutata da un mal di testa ancora più martellante di
quello del giorno prima e decisamente di diversa causa.
- Ahi – si lamentò debolmente girandosi su un fianco, ma si accorse con
orrore di non essere sola nel letto. Fece per gridare, ma qualcuno le tappò la
bocca:
- Shh – le venne sussurrato ad un orecchio da una voce nota, ma che in quel
momento non riusciva a classificare. Alzò gli occhi verso il suo interlocutore,
spaurita.
David!
- Se prometti di non urlare ti lascio parlare – le sorrise lui, rassicurante.
Alter annuì in fretta e subito il ragazzo le tolse la mano dalla bocca.
- Che ci fai tu qui? – gli chiese subito.
- Io? Vorrai dire cosa ci fai tu
nel mio
letto! – ribatté l’amico, schernendola.
Lei arrossì all’istante:
- Mi dispiace, ma io non ricordo nulla… - cercò di giustificarsi,
imbarazzata.
- Cosa? Vuoi dire che non ricordi le nostre favolose gesta della notte scorsa?
– le chiese con finta indignazione.
- Vuoi dire che noi…? – si informò allora Alter, in preda al panico.
- No, no, tranquilla, niente di tutto questo! – si affrettò a dire David –
Parlo del nostro ballo al pub e della tua sbornia! – esclamò.
La ragazza lo guardò un momento con aria interrogativa:
- In effetti stanotte ho sognato qualcosa del genere, ma non… - cominciò, però
l’amico non la lasciò finire:
- Ehm… penso che tutto quello che credi di aver sognato sia realmente
successo… – la informò.
Alter sgranò gli occhi, con un’espressione di orrore dipinta sul volto:
- Vuoi dire che ho davvero detto a Deny che la ragazza del suo sogno sono io? -
Non
riusciva ancora a crederci. Non Alter, non lei. Era impossibile. La conosceva da
anni e non la credeva capace di una cosa del genere. L’aveva legato, bendato,
sedotto e infine, dopo avergli fatto provare un orgasmo travolgente, l’aveva
colpito e se n’era andata. Il mattino seguente tutto quello che era successo
gli era apparso così irreale da sembrare un sogno. Eppure aveva trovato quelle
mutandine e aveva sperato…
Sì… si era ritrovato a sperare che appartenessero a lei. Ad Alter.
Perché? Si era detto che forse, come un po’ tutti i ragazzi, nutriva una
sorta di adorazione per lei e l’aver avuto un vis
à vis del genere lo avrebbe
lusingato, dato che era sicuramente un privilegio concesso a pochi…
Senza contare che ciò che era successo confermava diverse dicerie sulle sue
abilità… ma questo non era il momento di indugiare in simili pensieri.
Lui l’aveva sempre creduta una ragazza estremamente seria e schiva, ma forse
si era perso qualche tappa della sua crescita. Per lui era ancora la bambina che
tanti anni prima giocava nel suo giardino con il piccolo visino imbrattato di
terra. L’aveva sempre considerata così e, mentre lui si abbandonava alle
esperienze più varie, aveva stupidamente creduto che lei non sarebbe cresciuta
e aveva smesso di considerarla. Fino a poco tempo prima.
Ora restava da capire cosa sentisse per lei. Indubbiamente gli piaceva; come
avrebbe potuto essere altrimenti? Era una bella ragazza e aveva un fisico che
ispirava le fantasie più impensabili, in più era estremamente dolce e
disponibile, tranne quando si nascondeva dietro una maschera di sarcasmo,
ovviamente.
Lui non si era mai innamorato prima e non sapeva se quello che sentiva fosse
unicamente frutto dell’infantile adorazione che tutti provavano per lei.
Eppure…
I suoi confusi pensieri furono introdotti da un lieve bussare alla porta.
- E’ aperto – disse un po’ scocciato per l’interruzione, senza nemmeno
preoccuparsi di chiedere chi fosse.
La porta si aprì con esasperante lentezza, finché due mortificati occhi verde
bosco non spuntarono da sopra la maniglia:
- Disturbo? – chiese.
Deny si maledisse per essere stato così scorbutico. Non doveva pensare che ce
l’avesse con lei:
- No, no, figurati! – si affrettò a dire – E’ che ho un po’ di mal di
testa… - cercò di giustificarsi.
Alter annuì comprensiva, come se fosse un problema comune, poi si guardò
circospetta intorno:
- E i tuoi compagni di stanza? – s’informò non vedendo nessuno.
- Uno è in bagno… – incominciò, poi sogghignò – …un altro questa
notte non ha dormito in camera… – le fece l’occhiolino - … e l’ultimo,
con la scusa di andare a recuperarlo, è corso a svegliare la sua ragazza con un
bacio – terminò infine con una scrollata di spalle.
Fu solo allora che Alter entrò, richiudendosi la porta alle spalle.
- Credo che dovremmo parlare – esordì, fissando il pavimento con aria
imbarazzatissima.
- Sì, lo credo anch’io – convenne lui poi, dopo qualche istante di silenzio
le fece la domanda che lo tormentava dalla sera precedente – Perché l’hai
fatto? –
Alter spostò bruscamente lo sguardo su di lui, gli occhi che esprimevano una
miriade di sensazioni contrastanti e spesso indecifrabili. Fece per dire
qualcosa ma poi cambiò idea.
Dopo qualche attimo scrollò le spalle:
- Perché mi andava di farlo – rispose noncurante. Dal modo studiatamente
indifferente in cui lo disse, Deny intuì che non era la verità.
- Oh, andiamo, Alter! Lo sappiamo entrambi che non hai mai fatto in vita tua
qualcosa senza un motivo! – le fece notare.
- Non è vero – protestò pacatamente lei.
Rendendosi conto che non ci avrebbe cavato un ragno dal buco, Deny optò per la
terapia d’urto. Scese dal letto e le si avvicinò, prendendole il mento tra le
dita.
Alter sollevò la testa e lui ne approfittò per catturarle la bocca. Per un
attimo lei sembrò arrendersi, ma poco dopo lo respinse.
- No, Deny… non puoi. – balbettò con quelle labbra deliziosamente piene.
- Non era questo che ti andava di fare l’altra sera? – le chiese portando le
mani alla sua canottierina lilla e abbassandone con decisione la scollatura,
scoprendo le pienissime rotondità sostenute dal reggiseno a balconcino.
Lei ansimò, mentre lui trattenne il fiato, catturato dalla loro bellezza.
Ansioso di scoprirli del tutto cominciò ad armeggiare con il reggiseno, ma
Alter lo fermò:
- No. Ti prego, non puoi. Non farmi questo! –
Deny la ignorò deliberatamente. Era quasi arrivato a scoprire i capezzoli
quando lei parlò di nuovo:
- Deny… - c’era una nota di disperazione nella sua voce che lo costrinse a
guardarla negli occhi. Esprimevano paura… umiliazione… ed erano umidi.
- Dannazione, Alter! – esclamò prendendole il viso tra le mani – Non sto
facendo questo né per cattiveria né per umiliarti. – le disse con dolcezza
– Tu mi hai mentito ed io voglio sapere la verità. – disse ancora – Non
mi hai mai mentito in tutti questi anni – aggiunse poi in un sussurro.
Una lacrima troppo a lungo trattenuta le scivolò lungo la guancia:
- E invece sì – lo contraddisse con voce rotta.
Deny era troppo sconvolto dal suo pianto silenzioso per rispondere. Si sentiva
come se quella lacrima gli avesse lacerato il cuore in due parti. Non l’aveva
mai vista cedere a quell’emozione prima d’ora, nemmeno da bambina. Se cadeva
o si faceva male, pur avendo un’espressione terribilmente dolorante e
afflitta, non cedeva mai alle lacrime.
Per la prima volta si domandò perché non si era mai sfogata in sua presenza.
Proprio in quel momento uno dei compagni di stanza di Deny entrò.
- Oh – si limitò a dire, messa a fuoco la situazione – Scusate –
aggiunse, dopodiché uscì così velocemente com’era entrato.
A quel punto Alter sembrò riprendersi e il suo sguardo disperato lasciò gli
occhi del suo interlocutore. Si affrettò a rimettersi a posto la canotta e
senza una parola uscì anche lei.
- Scusami – le mormorò dietro Deny, pur sapendo che non poteva sentirlo.
Passarono
altri due giorni in un lampo, eccetto per Alter, che faceva di tutto per evitare
una certa persona.
Non sopportava che l’avesse vista piangere.
In più si odiava, perché avrebbe voluto sia ricambiare il suo bacio che
lasciarsi fare tutto ciò che desiderava, il problema era che non riusciva a
lasciarsi andare. Non di giorno. Non sarebbe mai riuscita a farsi guardare da
lui alla luce del giorno… e non sarebbe nemmeno riuscita a partecipare. Era più
forte di lei. Era terrorizzata e si vergognava da morire all’idea che lui
potesse guardarla. Se l’avesse trovata brutta o non desiderabile era certa che
si sarebbe buttata giù da un ponte.
Forse era per questo che era rimasta vergine fino a quel momento. O forse era
perché si era sempre inconsciamente preservata per lui.
Si chiese per l’ennesima volta cosa il suo cuore volesse realmente e la
risposta fu sempre la stessa: Deny.
Non era però una sciocca e sapeva che era impossibile che si innamorasse di
lei. Che fare?
Terminare ciò che aveva incominciato quella dannata sera con la speranza di
poterlo dimenticare, prima o poi.
- Al… non posso vederti così… - le disse preoccupata Enna, che le si era
avvicinata senza che se ne accorgesse.
- Nemmeno io – si intromise David.
- E’ successo qualcosa, di recente, di cui non ci hai parlato? – tentò
l’amica, di nuovo.
Alter si sforzò di sorridere a quelle persone meravigliose che la
incoraggiavano e la sostenevano da sempre.
- No, state tranquilli… - disse con dolcezza – Sono solo un po’ triste
perché domani ce ne andiamo… - accennò una risata – Sapete come sono
fatta, no? –
I suoi due interlocutori si limitarono a scambiarsi un’occhiata, ma non fecero
commenti.
Ad Alter dispiaceva non poterne parlare, ma se lo avesse fatto avrebbe dovuto
confidare loro i suoi fantasmi personali. Non poteva.
In quei due giorni si erano fermati a Londra, la loro ultima tappa. Avevano
visto un sacco di cose, famose e non. Erano stati da Harrod’s
e avevano visto il famoso Big
Bang, che poi tanto big non era;
Alter si era ritrovata a ringraziare il cielo di non essere a Parigi, altrimenti
si sarebbe messa a piangere davanti alla Tour
Eiffel …
“Eh, sì… il troppo amore dà proprio alla testa” si ritrovò a pensare.
Quella
era l’ultima sera.
Gli insegnanti avrebbero lasciato loro la serata libera e la notte avrebbero
fatto un putiferio. Potevano scegliere se scorrazzare per Londra oppure passare
una seratina relativamente tranquilla in albergo, giocando con gli amici a Scala
40 o a Poker…
Oppure parlando con Alter.
A cena era venuto a conoscenza dei programmi della maggior parte delle persone e
praticamente nessuno intendeva sprecare la serata in albergo. Perlomeno fino
alle due o alle tre. A quell’ora era previsto il rientro e poi baldoria fino
all’alba.
Ora si trovava in camera sua in compagnia di Andy, il ragazzo che due giorni
prima l’aveva sorpreso con Alter. Per fortuna era un tipo discreto e non aveva
fatto domande nonostante la situazione imbarazzante.
- Non per impicciarmi dei fatti tuoi… - cominciò il compagno ad un tratto –
Però se sei così triste e pensieroso perché hai litigato con quella ragazza,
Alter, forse stasera è la sera giusta per chiarire. –
Deny lo guardò.
- Hai ragione – ammise a malincuore.
- Sai… - iniziò di nuovo l’altro – Parlando con Enna, la sua amica, ho
saputo che questa sera andranno ad una festa, a due isolati da qui, credo. Pare
che interverrà anche una cantante… Sarah McLachlan – lo informò.
Deny lo studiò meglio… forse…
- Se ho ben capito ti interessa Enna – gli disse, poi sorrise vedendo che Andy
spalancava gli occhi. Colpito in pieno! – Allora ti va di accompagnarmi a
questa festa per imbatterci casualmente
in quelle due? – gli chiese, con un ghigno volpino.
Che cosa diavolo ci stava a fare lì? Si chiese Alter. Era senza dubbio una bellissima festa, gremita di persone e con delle decorazioni estremamente romantiche, così come la musica che proveniva dal palcoscenico. Tutt’intorno si vedevano coppiette innamoratissime che si tenevano per mano e si scambiavano dolcissimi baci. E lei era lì, seduta sul bordo di una bellissima fontana un po’ appartata, illuminata dalla luna e dalle luci circostanti, sola come un cane.
Deny
la vide, là, bellissima come una dea e altrettanto irraggiungibile.
Portava i capelli raccolti sulla testa da numerosi, piccoli fermagli di strass e
alcuni ciuffi le ricadevano morbidamente sul collo elegante. Il suo vestito,
nero e lungo fino al ginocchio, non era particolarmente scollato, ma era
seducentemente aderente e i due spacchi laterali rivelavano la perfezione delle
sue gambe ben tornite. La piccola borsetta e i sandali dal tacco non troppo alto
completavano finemente l’opera.
Una gomitata da parte di Andy gli impedì di indugiare oltre in quella
contemplazione.
- Là davanti c’è Enna. Io vado. Augurami buona fortuna –
Deny gli sorrise e gli augurò buona fortuna con un detto non troppo fine poi,
quando il compagno se ne fu andato, rimase semplicemente a fissare Alter giocare
distrattamente con l’acqua, non riuscendo decidere quale fosse la mossa giusta
da compiere.
Che fare? Andare da lei… e poi? Dirle ciò che provava?
- Ladies and Gentlemen… Sarah McLachlan! – l’annuncio fu seguito da
un’ovazione e la cantante apparve sul palco.
Subito ebbe inizio una melodia tanto straziante quanto bella. Con il suo inglese
non troppo perfetto tentò di decifrare le parole della canzone ma solo una
frase gli penetrò profondamente nel cervello: “Do what you have to do”
Fai quello che devi fare.
Fai
quello che devi fare.
Quella canzone le faceva venire i brividi per quanto era intensa. Voleva
piangere, ma non le era concesso. Avrebbe voluto solo farsi abbracciare da Deny
e nient’altro. Oh, se lui fosse stato lì…
Ad un tratto si sentì cingere alla vita dolcemente e, voltando il viso, capì
che il suo desiderio era stato esaudito.
- Deny… - mormorò con voce rotta.
- Shh… sono qui… - la abbracciò più forte appoggiando la guancia contro la
sua e dondolandola piano. Alter gli accarezzò la mascella, accorgendosi per la
prima volta di quando fosse morbida la sua barba rasata di fresco e di quanto
dolce fosse il suo profumo.
- Perché sei qui? – gli chiese anche se non le interessava saperlo. Le
bastava che lui ci fosse.
- Sono qui per te –
Alter sentì che qualcosa nel suo profondo si scioglieva e desiderò piangere
per la gioia che quella piccola confessione le infondeva. Non desiderava altro
dalla vita.
Pregò che non fosse solo uno dei suoi tanti sogni romantici di adolescente e
alla fine una lacrima riuscì a fare capolino dai suoi occhi. Deny se ne accorse
e gliela asciugò con estrema premura:
- Basta lacrime. Non voglio più vederti soffrire per colpa mia –
La canzone terminò in quel momento, ma lo scroscio di applausi che seguì era
nulla in confronto al battito forsennato del cuore di Alter.
Lo baciò. D’impulso, con tutto l’amore, la tenerezza e la disperazione che
aveva covato per tutti quegli anni.
- Andiamo – gli disse poco dopo.
Lui capì al volo e cominciarono ad avviarsi. Le sembrò che il mondo fosse
tutto lì, con le mani intrecciate, i corpi vicini e la testa appoggiata sulla
spalla dell’unico ragazzo che avesse mai amato. Aveva paura che quello
splendido sogno finisse, di svegliarsi il giorno dopo di nuovo sola. Senza Deny.
Non poteva permetterlo.
Chiuse
a chiave la porta della sua camera e fu subito sulla sua bocca. Dolce ma allo
stesso tempo impaziente, fremente d’eccitazione.
Lei era lì, arrendevole e bramosa quanto lui, ed era sua. Non poteva essere
solo desiderio fisico quello che l’aveva spinta a fargli visita la prima
sera… non era da lei. C’era un motivo e lui sperava con tutto il cuore che
fosse quel
motivo.
Mentre le loro lingue erano ancora incatenate le appoggiò le mani sul
fondoschiena e la sollevò con un gesto deciso. Subito lei gli incatenò le
gambe attorno ai fianchi.
Deny rise piano, staccandosi per un attimo da lei:
- Non ancora, tesoro, non ancora – le disse con il suo solito tono pacato.
Alter si liberò in fretta della borsa e delle scarpe e lui fece altrettanto,
dopodiché la depositò sul letto e fece per accendere la luce, ma lei gli bloccò
il braccio con una mano, mettendosi seduta:
- Ti prego – il modo in cui disse quelle semplici parole lo convinse che non
era il caso di insistere. Prima dovevano risolvere il problema che c’era alla
base di quel rifiuto e quello non era decisamente il momento. Decise che la
penombra gli andava più che bene. Alter appariva eterea alla luce della luna.
Erano seduti l’uno di fronte all’altra e si osservavano immobili, come se
avessero paura di spezzare l’incantesimo che li univa.
Il primo a muoversi fu Deny. Le portò le mani ai capelli e cominciò a
toglierle i fermagli uno per uno, attento a non farle male, dopodiché li posò
sul comodino. Alter scrollò leggermente la testa, cosicché la massa ondulata
dei suoi capelli poté ricaderle rigogliosa sulle spalle. Gli sorrise poi, molto
lentamente, gli tolse la maglietta leggera che portava addosso, scoprendo via
via il ventre piatto e i muscoli scolpiti del torace. Quando ebbe gettato
l’indumento a terra indugiò qualche attimo con lo sguardo sul suo torso nudo,
poi percorse le linee dei suoi muscoli anche con la punta delle dita. Deny aveva
iniziato a respirare più velocemente e lei si sentì intimamente orgogliosa del
potere che aveva su di lui. Gli posò un dito sulle labbra, subito seguito dalla
bocca e da lì scese giù giù fino ai bottoni dei jeans. Posò un ultimo bacio
sul suo ombelico infilandoci la lingua dentro ritmicamente. Deny si lasciò
sfuggire un gemito. Alter gli sorrise: sapeva che quel movimento aveva
risvegliato in lui il desiderio di fare altrettanto. Dedicandosi ai jeans
cominciò ad armeggiare col primo bottone, il più alto. C’era qualcosa di
splendido nello spogliare un uomo e in particolare quell’uomo. Sentì il suo
sesso cominciare a fremere, così com’era successo la volta precedente, ma
questa volta il contatto era più diretto: tra le sue dita e la sua virilità
pulsante c’erano solo gli slip. Slacciato il primo, si dedicò agli altri tre
bottoni, anche se l’operazione era resa più difficoltosa dalla sua erezione,
che premeva contro il tessuto e lo faceva tendere. Alla fine ci riuscì, ma esitò
un attimo prima di sfilargli del tutto l’indumento. Era splendida ed eccitante
la maniera in cui il suo membro si faceva strada e spuntava prepotentemente dai
due lembi scostati dei jeans. Valutò la possibilità di lasciarlo così,
abbassargli leggermente gli slip e prenderlo in bocca nella sua interezza. Dato
che moriva dalla voglia di farlo la classificò come un’idea positiva e la
mise in atto. Non appena le sue labbra si erano chiuse sul suo sesso aveva
sentito Deny espirare con forza e tendersi impercettibilmente. Cominciò a
leccarglielo dall’alto al basso e viceversa, poi si dedicò alla punta,
succhiandola come fosse stato un frutto maturo. Deny si dovette sostenere sulle
braccia per non cadere e assaporò quel momento con la testa rivolta
all’indietro e gli occhi chiusi, emettendo un suono gutturale che la fece
bagnare.
- Al… - sussurrò lui. Il fatto che l’avesse chiamata con quel nomignolo per
la prima volta la riempì inebriante piacere e le fece alzare la testa.
- Mi costa tantissimo doverti fermare, ma se andiamo avanti così finirà come
l’altra volta, ovvero l’inappagata sarai tu – le sorrise, malizioso – E
non accetto che accada ancora –
Alter lo guardò piegando la testa da un lato.
- D’accordo – capitolò infine. Dopotutto non era stata una decisione
difficile da prendere. E poi era bello guardarlo… era teso per l’eccitazione
ed incredibilmente bello e seducente con il membro che gli sbucava dai calzoni.
Deny seguì la direzione del suo sguardo:
- Dannazione, mi stai mettendo in imbarazzo! – disse, ma in realtà il suo
sguardo era per lui un potente afrodisiaco.
Alter doveva essersene resa conto, perché alzò lievemente un sopracciglio.
- Oh, al diavolo! – esclamò lui avventandosi sulla sua bocca. Le sue labbra
sapevano di lui, e questa consapevolezza gli diede un senso smisurato di potere.
Quando si staccò da lei cercò la zip del suo abito e, una volta trovato,
glielo sfilò dalla testa.
Finalmente poté inquadrarla nella sua interezza e gli si mozzò il fiato in
gola. Indossava biancheria di virginale pizzo bianco. Quella ragazza era una
totale contraddizione… Sotto una canottierina chiara indossava un reggiseno
nero, mentre sotto un vestito nero si metteva la biancheria bianca! Sorrise tra
sé. Gli piaceva il modo in cui risaltava sulla sua pelle candida… Alter lo
guardava con una luce strana negli occhi, come se le desse fastidio essere
guardata.
- Sei splendida – forse, esprimendo a parole i suoi pensieri, l’avrebbe
tranquillizzata. Ma che bisogno aveva una bellezza del genere di sentirsi dire
ciò che era ovvio?
Alter si rilassò visibilmente, anche se non del tutto.
Lui le passò un dito nell’incavo tra i seni, ammirato, poi si dedicò ai
gancini posti sul retro dell’indumento: prima che potesse sganciare l’ultimo
venne fermato.
- Promettimi che non guarderai. – gli disse piano.
- Perché? L’altra volta… - provo a protestare lui, non comprendendo a fondo
i suoi motivi.
- L’altra volta era diverso. Tu non sapevi che ero io. Giura che d’ora in
avanti mi guarderai solo negli occhi. – lo interruppe, poi lei stessa fece una
pausa – E’ importante – aggiunse dopo pochi attimi.
Deny avrebbe fatto di tutto per non farla soffrire.
- Hai la mia parola –
Alter gli sorrise. In volto gli era comparsa un’espressione di felice e sereno
abbandono.
- Grazie – gli sussurrò con semplicità, abbracciandolo stretto. Sapeva che
lui manteneva sempre le promesse fatte.
A quel punto Deny fece saltare l’ultimo gancetto e, sempre fissandola negli
occhi, le sfilò il reggiseno. La tentazione era forte, ma lui non avrebbe
ceduto.
- Non sai cosa ti perdi… - le disse mentre prendeva le due morbide e pesanti
rotondità in mano – Vorrei poterti baciare e succhiare i capezzoli fino a
farti gridare – le sussurrò sensualmente mentre la accarezzava, facendola
ansimare di desiderio – Ma mi dovrò accontentare di questo – aggiunse
mentre con le dita prendeva in mano le due estremità turgide e le stuzzicava.
Alter non poté impedire al suo corpo fremente di inarcarsi contro di lui. Lo
vide sorridere, anche se non fece commenti, limitandosi ad infilare un ginocchio
tra le sue cosce pulsanti. Anche attraverso il tessuto dei jeans poteva sentire
quanto era umida e pronta per lui. Alter vide il suo sorriso allargarsi:
- Sai, è una fortuna che i tuoi umori non lascino traccia – disse
inaspettatamente – L’altra mattina, quando mi sono svegliato, mi sono
ritrovato con tutto il pigiama imbrattato. Per fortuna nessuno se n’è accorto
e sono riuscito a cambiarmi in tempo – le spiegò mentre la faceva stendere
sotto di sé – Quello che mi fai è sorprendente, ragazza. Nascondi continue
sorprese… - aggiunse con un’aria vagamente assorta.
Con la sua collaborazione Deny riuscì a sfilarle le mutandine senza spostare lo
sguardo dai suoi occhi. Con timore quasi reverenziale appoggiò una mano tra le
sue pieghe morbide, cominciando ad accarezzarla ritmicamente. Fu solo quando i
suoi sospiri si trasformarono in gemiti che si bloccò. Era pronta. Bagnata ed
eccitata al punto giusto. La abbandonò solo per un attimo, per togliersi ciò
che rimaneva dei suoi indumenti. Dopo pochi attimi, senza aver mai smesso di
guardarla negli occhi, fu di nuovo sopra di lei, completamente nudo. Sentiva la
sua virilità cercare con naturalezza la sua femminilità. Per un attimo Alter
si irrigidì ma poi, spinta dall’amore e dalla fiducia che provava per lui, si
rilassò e aprì le gambe, accogliendolo.
- Deny… - bisbigliò – Devo dirti una cosa… -
Ma non ce ne fu bisogno, perché lui aveva già incontrato la resistenza della
sua verginità.
- Tu…tu sei… - sussurrò lui, incredulo, il corpo sudato nel tentativo di
controllarsi.
Alter annuì.
- Oh, Dio – disse – Al… perché non me l’hai detto? Sarei stato più…
- lei non gli lasciò finire la frase, posandogli una mano sulla bocca.
- E’ tutto perfetto. Non fermarti. – lo rassicurò lei con una dolcezza tale
da farlo stare male.
Deny allora si decise e si spinse più in profondità, oltrepassando la sua
barriera interna attento a non farle male.
Si fermò per farla abituare alla sensazione di averlo dentro di sé.
Alter si rilassò del tutto. Non aveva provato alcun dolore e, ora che i suoi
muscoli interni si stavano abituando a lui, poteva finalmente concentrarsi sul
piacere di essere una cosa sola con il ragazzo che amava. Oltretutto era
pericolosamente vicina all’orgasmo, così lo incitò inarcandosi contro di
lui.
Lui le sorrise, felice che fosse andato tutto bene e ricominciò a muoversi,
affondando sempre più in lei ad ogni spinta. Era bellissimo stare dentro di
lei, non aveva altri aggettivi per descriverlo. Ad un tratto la sentì tendersi
tutta sotto di lui e capì che era entrata in orgasmo, così cercò di
prolungare quel momento di estasi, movendosi in maniera più controllata e
profonda. Fu quando entrò tutto dentro di lei che la sentì gridare e tremare
in preda all’ondata finale; questo innescò anche il suo piacere, ancora più
forte di quello che le aveva provocato lei qualche sera prima. Con un gemito di
profonda soddisfazione si abbandonò su di lei, mentre la magia del piacere lo
avvolgeva completamente.
Quando, poco dopo, i loro respiri ritornarono regolari si staccò da lei,
rotolando su un fianco e stendendosi vicino a quel corpo così femminile. Le
scostò una ciocca di capelli sudati dalla fronte e si accorse che piangeva.
- Al… - si sentiva il cuore stretto in una morsa al pensiero di averla ferita
in qualche modo.
Inaspettatamente lei gli sorrise:
- E’ stato così… perfetto, così… giusto – sussurrò commossa – E io
come una stupida lascio per l’ennesima volta che tu mi veda piangere –
aggiunse voltando la testa contro il cuscino.
- Al… piangere non è una debolezza – le sussurrò con dolcezza, mentre
finalmente capiva il perché non avesse mai pianto in sua presenza; voleva
mostrarsi forte ai suoi occhi.
- Sì che lo è – insistette lei.
Deny la costrinse a guardarlo:
- Piangere, come parlare, serve ad esternare i propri sentimenti. Allora
dovrebbe essere una debolezza anche parlare, ma non lo è. E’ la più grande
arma di cui disponiamo. –
- Infatti le donne la usano a proprio piacimento per commuovere voi sciocchi
uomini – disse con il suo solito sarcasmo lei.
Lui non si poté impedire di sorridere:
- Giusto – sussurrò, poi la baciò con tenerezza sulla fronte – Dormi
adesso, dolcezza – le disse drappeggiando il lenzuolo intorno ai loro corpi
nudi – Nessuno ci verrà a disturbare, visto che ci siamo chiusi dentro –
disse poi, sorridendole con complicità.
- Deny? – lo chiamò lei dopo un po’.
Lui rafforzò l’abbraccio nel quale la coccolava:
- Mm? –
- Te l’ho già detto quella sera, ma credo tu non mi abbia sentito – fece
una piccola pausa, ma alla fine decise di esternargli i suoi sentimenti –Ti
amo –
Deny le si strinse ancora di più addosso, appoggiando la testa tra i suoi seni:
- Ti amo anch’io –
E fu con il cuore gonfio di gioia che Alter si addormentò, con la preghiera
sulle labbra che non fosse solo un meraviglioso sogno.
Il
mattino dopo, quando aprì gli occhi, si trovò di fronte due occhi azzurrissimi
che la guardavano con dolcezza.
- Buongiorno – lo salutò con un sorriso estatico.
- Buongiorno – le rispose lui con la sua solita voce pacata.
Alter lo abbracciò stretto. Era bellissimo svegliarsi accarezzata dal suo
sguardo e rendersi conto che non era stato tutto un sogno.
- Che ore sono? – gli chiese mentre si stiracchiava come un gatto.
Deny le diede un bacio sul naso:
- Le nove, credo –
- Ma… alle nove a mezzo dobbiamo partire! – esclamò lei balzando a sedere.
- Lo so. Però dormivi così bene che non me la sono sentita di svegliarti…
Sorridevi –
Lei lo baciò con tenerezza:
- E’ tutto merito tuo – gli sussurrò sulla bocca – Adesso mi sembra di
vedere tutto il mondo colorato con una curiosa sfumatura rosa –
- Anche se odi il rosa –
Alter sorrise. Se lo ricordava.
- Vero -
Seduta
nel posto accanto al suo, gli si accoccolò meglio contro, mentre l’aereo li
riportava a casa. Sorrise al ricordo delle facce che avevano fatto Enna e David
quando l’avevano vista uscire dalla stanza di Deny. Dalla sua espressione
inebetita e felice avevano capito ciò che era accaduto senza bisogno di
spiegazioni… ma non solo loro l’avevano capito. La voce si era infatti
sparsa in fretta grazie a quei pettegoli dei compagni di stanza del suo
ragazzo. Sì, perché ormai lui lo
era a tutti gli effetti, e lo stesso valeva per lei. Voltò la testa indietro in
cerca dei suoi due migliori amici: David se ne stava seduto tutto solo, mentre
Enna era in compagnia di quel ragazzo che li aveva sorpresi l’altro giorno.
- Come si chiama quel tuo amico che sta parlando con Enna? – chiese a Deny, in
cerca di delucidazioni.
Lui seguì la direzione del suo sguardo:
- Andy – disse. Poi, mentre le posava un piccolo bacio su di una spalla,
aggiunse – Ieri mi ha detto che la tua amica gli interessava… -
Alter gli accarezzò i capelli, assorta:
- Chissà che non nasca qualcosa… - sussurrò – Spero solo che la tratti
bene – disse ancora, esprimendo ad alta voce i propri pensieri.
- Come mai David è tutto solo? – le chiese dopo un po’ Deny.
Lei lo osservò brevemente:
- Sta ancora soffrendo per una storia passata e, se lo conosco bene come penso,
credo abbia intenzione di riallacciare i rapporti con la ragazza in questione
– spiegò con un’impotente scrollata di spalle.
*Attenzione prego*
Stiamo per entrare in fase di atterraggio, pertanto tutti i passeggeri
sono gentilmente invitati ad allacciare le cinture di sicurezza. Grazie.
Alter
era stesa sul letto, le braccia incrociate sopra la testa… e pensava. Era a
casa da un giorno. Aveva paura che presto la magia sarebbe finita… che una
volta scontratosi contro tutte le sue paure avrebbe rinunciato… Lei si fidava
ciecamente di lui, ma sapeva per esperienza che i ragazzi preferiscono le
situazioni semplici. Quando una relazione diventava troppo complicata lasciavano
perdere, addossando tutte le colpe sull’altra persona. Ogni volta Alter ne era
stata distrutta, ma era disposta a rischiare ancora. Per lui.
- Alter? – quella voce fece fare una capriola al suo povero stomaco. Deny era,
lì affacciato appena alla porta della sua camera.
- Come hai fatto ad entrare? – gli chiese, non sapendo che altro dire.
- Ho provato a suonare, ma non mi ha risposto nessuno, così sono passato per il
giardino – spiegò, poi le fece l’occhiolino – Come hai vecchi tempi,
ricordi? –
Alter ricambiò il sorriso:
- Sì – sussurrò, poi con un cenno lo invitò ad entrare.
- Tu non hai sentito il campanello? – le chiese dopo essersi steso accanto a
lei.
- Forse ero troppo persa nei miei pensieri… -
- E a cosa stavi pensando? – le chiese lui con un’espressione dolce,
sollevandosi su un gomito per guardarla in viso.
Alter evitò il suo sguardo:
- A niente – mentì.
Deny le prese il mento tra le dita e la costrinse a guardarlo negli occhi,
leggendo nelle loro più recondite profondità.
- Però… adesso che ci sei tu… - iniziò lei con sguardo seducente - .. Mi
vengono in mente un sacco di cose… - quello era l’unico modo per distrarlo e
allo stesso tempo per placare quel ruggito straziante che sentiva dentro di sé.
Le sorrise, poi la baciò, acconsentendo tacitamente a lasciar cadere
l’argomento, per il momento. Alter si sorprese una volta di più di quanto
fosse meraviglioso baciarlo… Mai aveva provato un’esperienza del genere con
un altro ragazzo, anzi, si era ritrovata a chiedersi se baciarsi fosse davvero
un gesto così insipido. Niente di più falso.
Intrecciò le gambe con le sue e gli si strisciò contro, mentre le loro lingue
si toccavano nello stesso modo erotico. Dopo un po’ gli infilò le dita nei
capelli e fece in modo che, rotolando, si invertissero le posizioni; una volta
che si trovò in posizione di comando, si piazzò proprio sopra il suo sesso.
Anche attraverso il tessuto dei jeans poteva sentirlo, già in erezione, cercare
la sua femminilità. Quella sensazione era bellissima.
Deny si staccò dalla sua bocca per dedicarsi al corpetto d’altri tempi che
indossava; glielo slacciò, rivelando pian piano il sottostante strato di pizzo
nero. Ad un tratto lo vide bloccarsi e ansimare leggermente. Seguì rapidamente
il suo sguardo, notando con orrore che, oltre a rivelare la turgidezza dei suoi
capezzoli, quel maledetto reggiseno se ne era lasciato sfuggire uno, liberandone
un pezzetto roseo.
Si coprì in fretta e furia, indietreggiando.
- Al… - Deny aveva uno sguardo ferito ma lei, per quando desiderasse gettarsi
tra le sue braccia, non si mosse – Vieni qui – le sussurrò piano. Alter
scosse la testa. – Cos’è che ti spaventa? – le chiese con dolcezza. –
Perché non vuoi che ti guardi? –
- Io… non lo so – sussurrò piano lei.
- Non è vero che non lo sai. E’ solo che non vuoi dirmelo. – anche il suo
tono di voce esprimeva quanto si sentisse ferito – Non ti fidi di me, Al? –
le domandò a bruciapelo dopo un attimo.
Non poteva lasciargli credere che fosse quello il motivo. Scoppiò in lacrime e
gli buttò le braccia al collo:
- Non… non è colpa tua… - singhiozzò – E’ solo che… in me c’è
qualcosa…qualcosa che non va -
- Non c’è niente che non va in te, Al. –
- Sì, invece! Non riesco ad accettare il mio corpo e come se non bastasse è
stata sempre colpa mia se le storie che ho affrontato sono andate male –
Tremava. Deny le accarezzò con dolcezza la schiena.
- Chi ti ha reso così insicura, Al? Chi? – le domandò stringendola forte –
Chi è che hai amato così tanto da annullare te stessa? – le chiese ancora,
sentendosi assurdamente geloso di quel ragazzo.
Lei non rispose, così lui la scostò da sé per poterla guardare negli occhi.
Lì trovò la risposta che cercava.
- No – sussurrò, incredulo – Non è possibile. –
Alter distolse lo sguardo:
- Sono sempre stata innamorata di te, Deny, fin da quando eravamo bambini. –
confermò lei – Ho cercato di dimenticarti, tante volte, ma alla fine nessun
ragazzo reggeva il confronto con te. Nessuno poteva prendere il tuo posto. –
Non riusciva più né a pensare, né ad articolare parola. Era rimasto a dir
poco sbalordito. Si diede dello stupido centinaia di volte. Si odiava per non
aver nemmeno saputo fare l’amico.
- Perdonami – fu l’unica parola che riuscì a pronunciare.
Lei gli accarezzò una guancia:
- Non sono mai stata arrabbiata con te. Non è necessario che ti scusi – lo
rassicurò – L’importante è che adesso tu mi ami. Ho bisogno di questo.
Disperatamente – aggiunse con voce rotta.
Deny la prese per le spalle:
- Allora lascia che ti ami, lascia che ti guardi… Lascia che ti dimostri
quanto sei importante per me –
Alter si asciugò gli occhi con una mano:
- Sì -
Deny
le regalò uno di quei sorrisi dolcissimi che la lasciavano senza fiato, poi le
baciò la mano che aveva utilizzato per asciugarsi le lacrime.
- Non ti deluderò, Al. – le disse poi, serio – Voglio che tu sia orgogliosa
del tuo corpo – aggiunse.
- Io sono orgogliosa di avere al mio fianco un ragazzo come te… – gli
sussurrò lei, abbracciandolo stretto.
Deny le sorrise ancora e la baciò con estrema dolcezza, mordicchiandole il
labbro inferiore mentre con le mani le slacciava il reggiseno. Le coppe di pizzo
nero cedettero alla pesantezza dei seni e, quando l’indumento le scivolò giù
dalle spalle, liberarono due seni pieni e peccaminosi. Quei capezzoli così
generosi sembravano chiedere solo di essere succhiati e lui sarebbe presto stato
lieto di accontentarli:
- Dio, Al..! – esclamò, meravigliato da tanta bellezza. Come diavolo faceva
quella piccola sciocca a non piacersi? La guardò in volto: aveva
un’espressione mista di vergogna e fiducia ma, anche se si sforzava di non
coprirsi, si vedeva lontano un miglio che, se avesse potuto, sarebbe scappata
fino all’altro capo della terra.
- Deny… - lo implorò lei con voce tremula.
- Shh… va tutto bene… - la tranquillizzò con voce dolce, mentre prendeva in
mano le sue morbide rotondità. L’aveva già fatto quella notte, in gita, ma
ora era decisamente
diverso. Prima di tutto poteva guardarla e poi sussisteva la consapevolezza che
fosse Alter, la ragazza di cui era innamorato, non una semplice fantasia.
La sentì trattenere il respiro ed emettere diversi gemiti mentre con le dita
stuzzicava le due rosee estremità; era certo si trattasse di manifestazioni di
piacere anche perché, in seguito alle sue carezze i suoi capezzoli si erano
scuriti e induriti.
In quanto a lui, c’era qualcos’altro di molto duro che minacciava di
uscirgli dai pantaloni da un momento all’altro… Sapeva però che si sarebbe
dovuto trattenere. Lo avrebbe fatto per Alter, per aiutarla a superare tutte le
sue paure. Era incredibile di come cambiasse atteggiamento a seconda che ci
fosse luce o meno… Un attimo era la donna fatale che tutti credevano fosse,
l’altro sembrava un coniglietto impaurito… Era una ragazza complessa,
contraddittoria, ma lui l’amava con tutto se stesso e non aveva nessuna
intenzione di abbandonarla. Voleva recuperare tutti gli anni perduti a stare
dietro alle altre, quando era troppo cieco per riconoscere che la ragazza dei
suoi sogni era a pochi metri da casa sua… e l’avrebbe fatto. L’avrebbe
resa sicura, felice di essere com’era, in grado di tirare avanti anche da
sola, nel caso la loro storia un giorno fosse finita. Non si augurava di certo
che si lasciassero, ma il destino ama sempre riservare brutte sorprese e non era
giusto renderla dipendente da lui.
Si riscosse dai suoi pensieri sentendo gli ansiti soffocati che emetteva la sua
compagna. Era palese che stava cercando di trattenersi, ma lui non era
d’accordo, così abbassò la testa tra i suoi seni, assaporando avidamente
quelle estremità così invitanti. Alter cominciò ad ansimare più forte e con
maggiore frequenza, tirandogli involontariamente i capelli ad ogni ondata di
piacere.
Deny sorrise, mentre alzava la testa per guardarla negli occhi, ove vide
riflesso il suo stesso bisogno di possedere e allo stesso tempo appartenere, così
si dedicò alla sua gonna, mentre lei armeggiava con la cerniera dei jeans.
Gliela tolse insieme alle mutandine, provocando l’arresto immediato di ogni
movimento da parte di Alter. Evidentemente non si aspettava che le togliesse
tutto. La vide arrossire violentemente ed evitare il suo sguardo, ma lui per il
momento non se ne curò, troppo affascinato dalla sua femminilità; l’erezione
gli aumentò a dismisura, minacciando di esplodere da un momento all’altro.
Non poteva più aspettare.
Le prese il viso tra le mani e la baciò:
- Non ho mai visto una creatura più bella di te – le sussurrò con voce
lievemente arrochita – E se non mi credi… - aggiunse vedendo l’espressione
scettica di lei - … prova ad infilare una mano nei miei pantaloni. Qualcuno
sarà lieto di dimostrarti quanto ti trova sexy –
Un lampo di orgoglio tutto femminile passò negli occhi di Alter, che ricambiò
il sorriso:
- Ti amo – disse in un soffio.
Deny l’aiutò a togliergli i jeans, mentre godeva al tocco delle sue mani sul
sesso impazzito. Gemette, mentre la faceva rotolare fino ad averla sotto di sé,
nuda, incredibilmente morbida contro il suo corpo teso.
- Bella – mormorò carezzandola con un’ultima occhiata carica di desiderio
prima di penetrarla. Questa volta fu più agevole entrare in lei, senza
l’ostacolo della verginità. Si sentiva però estremamente felice; era il
regalo più prezioso che una donna potesse fare ad un uomo. E lei l’aveva
fatto a lui.
Incitato dai sensuali movimenti dei fianchi di Alter, iniziò a muoversi.
Dapprima lentamente, poi, man mano che i gemiti della sua compagna aumentavano e
il piacere cresceva, sempre più veloce, finché non la sentì tendersi e
tremare sotto di lui, ansimando forte contro la sua spalla.
Solo allora Deny si lasciò andare, crollando su di lei con un gemito in un
orgasmo forte e appagante.
Il tempo di riprendere fiato e la sentì mugolare soddisfatta, mentre gli
piantava le mani sullo splendido fondoschiena e lo faceva aderire ancora di più
a sé. Il suo membro, ancora dentro di lei, ricominciò a dare segni di vita.
- Mi piace sentirti dentro di me – bisbigliò, mordicchiandogli il collo.
- Immagina quanto piace a me… - sussurrò di rimando lui, baciandola.
Una lacrima le scivolò lungo lo zigomo:
- Grazie – per tutto quello
che hai fatto per me. Per amarmi. Per farmi sentire speciale e desiderata come
nessun altra. Per avermi fatto conoscere la felicità più completa. Per avermi
reso una donna.
Deny sembrò averle letto nel pensiero:
- Per sempre – le sussurrò, le fronti appoggiate.
- Per sempre – ripeté lei con un filo di voce, mentre con le labbra
incontrava le sue.
What
ravages of spirit
conjured this temptuous rage
created you a monster
broken by the rules of love
and fate has led you through it
you do what you have to do
and fate has led you through it
you do what you have to do…
And
I have the sense to recognize that
I don’t know how to let you go
every moment marked
with apparitions of your soul
I’m ever swiftly moving
trying to escape this desire
the yearning to be near you
I do what I have to do
the yearning to be near you
I do what I have to do
but I have the sense to recognize
That
I don’t know how
to let you go
I don’t know how
to let you go
A
glowing ember
burning hot
burning slow
deep within I’m shaken by the violence
of existing for only you
I
know I can’t be with you
I do what I have to do
I know I can’t be with you
I do what I have to do
and I have the sense to recognize but
I don’t know how to let you go
I don’t know how to let you go
I don’t know how to let you go
(Sarah McLachlan, “Do what you have to do”)