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   Caro visitatore, Ti do il benvenuto in questo angolo virtuale d'Abruzzo con un racconto... Un racconto di Lupi; non a caso ho scelto questa novella, il lupo simbolo di uno dei Parchi abruzzesi è sempre stato un animale presente sia nella fantasia del popolo abruzzese e sia nella realtà, in special modo nelle popolazioni montane. Leggi attentamente queste righe e rifletti... magari un giorno frequentando le nostre montagne anche Tu riuscirai a scorgerne uno o forse più, e magari camminarci a distanza in una giornata invernale fredda e ventosa, come ogni tanto capita a qualche montanaro o come è capitato un giorno anche a me....

   Queste pagine sono state costruite per far conoscere alcuni itinerari, ascensioni e scialpinistiche nei monti d'Abruzzo, spero di infondere in Te anche solo un briciolo del mio amore e di quello di tanti uomini e donne appassionati a questa terra, alle montagne ed alla natura di tutto questo nostro splendido pianeta.

Storie di Lupi

di Eraldo Miscia

"Con l'inverno, tornano di scena i miei amici lupi. Dai monti Marsicani infagottati di neve, dalle balze aride della Camosciara,l i lupi scendono a valle e raggiungono i casolari e i villaggi, vanno a curiosare lungo le impervie strade che intersecano l' Appennino. Diventano protagonisti di avventure che i giornali divulgano e di nuove leggende che fanno sorridere i vecchi e sgranare gli occhi ai bambini.
La guardia forestale Natalone non pare vecchio: sèguita a trotterellare nel ghiaccio e nel fango, si liscia i baffi bianchi leccandosi le labbra e strizza l'occhio. Nessuno meglio di lui conosce i lupi:
da cinquant'anni dà loro la caccia d'inverno e d'estate, sa le loro abitudini e necessità, ha studiato i loro vizi e le loro debolezze.
Natalone conosce anche tutte le leggende sui lupi d' Abruzzo, ma ne sorride. Lui i lupi li ha visti troppo da vicino per poterli innalzare al limbo delle favole. Prima di conoscere Natalone, io non ero ancora amico dei lupi.
Qualche anno fa, in una battuta sui monti Marsicani, me lo trovai accanto a trotterellare col suo passo sbilenco e apparentemente malsicuro, e non gli riuscì difficile, a lui, conquistarsi la mia remissiva condiscendenza. Eravamo in trenta, tra guardie e cacciatori;  proprio lui, pensavo io, doveva toccarmi per compagno? E Natalone, forse complice del mio disappunto, sorrideva e parlava, parlava e sorrideva. Parlava del più e del meno, della luce del giorno che tra qualche ora sarebbe giunta a snebbiarci gli occhi e della impertinenza di certi cacciatori improvvisati che credono si possa andare a lupi come si va a folaghe.  - I lupi sono feroci - diceva Natalone - siamo d'accordo.
Ma prima di essere feroci, sono astuti. Tanto astuti che magari in questo momento si sono accorti di noi e ci stanno spiando, da lontano. Noi crediamo, per esempio, che ci sono davanti e invece se la filano di dietro.
Così dicendo, continuava ad andare sghembo, con le spalle rattratte e il moschetto, tenuto fermo col pollice, gli batteva sul fianco che risonava come un sacco di cocci. Ora crollerà, pensavo io; mi toccherà caricarmelo sulle spalle questo vecchio chiacchierone, e portarlo a dorso fino al rifugio. E con un occhio rimanevo in allarme, cercando di stabilire grosso modo quanto poteva pesare, tascapane compreso.
- Forse voi credete che questa battuta sia pericolosa. E' così, o mi sbaglio? Niente affatto, signore mio! Quelle povere bestie (disse proprio <<povere bestie>>) non attaccano, mai mai, quando vedono più persone. Lo so, vi dispiace rinunciare al brivido, all'emozione. Però resta la passeggiata in montagna, salutare, tra la neve, il freddo secco, il pericolo di scivolare...
Doveva aver posato male il piede: scivolò per mezzo metro ed io mi precipitai su di lui, ormai rassegnato a raccoglierlo con una gamba spezzata o un femore rotto. Natalone mi sorrise affabilmente.
- E poi - continuò subito dopo - hanno il telegrafo.
Tacque ad arte e attese indifferente che esternassi in qualche modo il mio stupore.
- Ma chi, chi ha il telegrafo? - feci finta di non aver capito.
- I lupi, i lupi - rispose il mio compagno. - Avvertono il pericolo e si trasmettono a distanza i loro timori.
- Volete farmi credere ?
- Padronissimo di non credere. Dirò di più. Oggi per esempio i lupi erano a conoscenza della nostra battuta e hanno preso il largo prima che noi arrivassimo.
Si fermò a decifrare delle orme sulla neve. Il cielo si era schiarito e i cespugli avevano perduto il loro aspetto fantastico. Si cominciavano a vedere attorno le cime più alte indorate dal sole.
- Si sono fermati qui ed erano due, maschio e femmina. Ah, benissimo! - Natalone si fregò le mani pur avendole coperte di guanti di lana. - Hanno consumato la colazione. Magra, però. Era una faina.
Dopo avere osservate le orme, che sembravano quelle di un domestico pastore tedesco, chiesi:
- Siete sicuro di quello che dite? Allora bisogna dare l'allarme.
Non fece caso alle mie parole e riprese il suo incredibile passo.
- Ora, signore, vi spiego una cosa. Sapete dov'è l'errore più grossolano di questa battuta? Nel credere che i lupi abbiano una tana, un ricovero fisso insomma.
- Volete dire che non dormono i lupi ?
- Dormono, ma non hanno una tana. Sono nomadi, si spostano di continuo, camminano camminano come uomini nel deserto e non si fermano mai. Sono delle povere bestie irrequiete, senza pace. Sono dei senzatetto!
- Non vi sembra eccessiva - dissi - la vostra tenerezza per queste bestiacce capaci di sbranarsi vivo un uomo?
- A differenza di noi uomini - rispose filosoficamente Natalone - non sono capaci di sbranarsi tra loro. Intendiamoci, non voglio dire che non sono pericolosi quando hanno fame. Ma la fame è la fame, signore mio, tanto per i lupi quanto per noi cristiani. A proposito, mi passate la bottiglia.
Non ci voleva molto a capire che il mio compagno era esausto:  si fermò di nuovo, battè il piede sulla neve, trasse un sospirone, si pulì le labbra col dorso della mano e si attaccò al mio cognac.
Mi restituì la bottiglia; ma non si muoveva. Io a sollecitarlo con molti argomenti: alla fine gli domandai per che non avesse amor proprio. Si rendeva conto che saremmo giunti per ultimi al punto di raccolta e avremmo dovuto subire le ironie degli altri?
- Che fretta c'è. Ascoltate me, godiamoci la passeggiata. In quanto ai lupi, dimenticateli.
- Non dite altre sciocchezze - mi arrabbiai.
- Più furbo del lupo non c'è nessun animale. A primavera, quando assalgono il gregge, credete forse che si buttino sulla prima pecora che capiti loro sottomano? Nossignore. Scelgono sempre la più florida.
- Bella roba - feci disgustato.
- Poveracci, per tutto l'inverno crepano di fame, bisogna pure che si rimettano in forze.
- Ma voi, voi che fate il pietoso, non ne avete mai ammazzati di lupi ?
- Cinque in cinquant'anni. E me ne pento. Ma dovetti decidermi, insomma fui costretto per riscuotere il premio. Il premio mi serviva per togliermi qualche debituccio. Cose da poco, s'intende. Ah, che pena. L 'ultima volta uccisi una lupa.
- Ne avete incontrati parecchi?
- Anche faccia a faccia, come vedo voi adesso. Io ero solo e il lupo pure. Eravamo pari, però io ero armato e lui no.
- E cosa faceste ?
- Lo fissai negli occhi, a lungo, e nei suoi occhi lessi la disperazione più nera. Amico mio, gli dissi, cerca di prendere il largo...
Ti scongiuro, gli dissi, non avvicinarti di più... Non costringermi ad usare il fucile... Ma lui, niente. Era più di mezz'ora che mi seguiva e mi si avventò addosso quando giunsi in una gola, con la strada chiusa a destra e a sinistra... Eh, mi fu impossibile salvarlo. Non vi dico la pena che provai: tutt'e due noi, soli, nel bosco, di notte, potevamo far finta di non vederci e invece...
- E se il lupo avesse sbranato voi ?
Natalone alzò le braccia: pazienza. Ma in quel momento perse l'equilibrio e andò a terra. Nella fretta di soccorrerlo, scivolai anch'io e questa volta sentii subito una fitta alla gamba, come se un lupo mi avesse addentato il polpaccio. Natalone si rimise in piedi e mi chiese se mi ero fatto male. Io indicavo la gamba.
Me la palpò, sputò lontano, scosse il capo.
- Niente di rotto. Cercate di rimettervi in piedi. Vi aiuto.
Giungemmo al rifugio con un'ora di ritardo: io zoppicavo e Natalone mi sosteneva da un lato, canticchiando. Quando sedetti ad uno sgabello e allungai la gamba, sentii che diceva:
- Proprio niente abbiamo trovato, neppure impronte.
Mi sorrise e io non dimenticherò mai quel sorriso: somigliava alla smorfia di un lupo."

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