il Rimino n. 25. 08 maggio 2000 L'Accademia dei Lincei di G. Bianchi, 1745: relazione di Antonio Montanari Archivio 2014 |
Società di Studi Romagnoli. Le Accademie riminesi al Convegno di Forlì Al Convegno sulle Accademie romagnole, organizzato dalla Società di Studi Romagnoli (19 e 20 maggio 2000) a Forlì presso la Fondazione Garzanti in Corso della Repubblica 117, si parla anche di Rimini. Esattamente nel pomeriggio di venerdì 19, dalle 15,30 in avanti, intervengono i professori Angelo Turchini (sulla prima metà del 1600), Gian Ludovico Masetti Zannini (sulle Accademie cittadine in generale), Antonio Montanari (sull'Accademia dei Lincei di Giovanni Bianchi [Iano Planco], 1745) ed Annarosa Vannoni (sulla vita musicale nel 1700). Editoria e cultura/Amaduzzi, Il Ponte ed un libro fiorentino Il volume sul carteggio fra il filosofo Giovanni Cristofano Amaduzzi e la poetessa Corilla Olimpica, curato da Luciana Morelli ed edito da Olschki per la Provincia di Firenze, si apre con un saggio sul pensiero amaduzziano scritto da Antonio Montanari, invitato per aver pubblicato su Il Ponte di Rimini alcuni articoli relativi allabate savignanese. Montanari ha composto, per lo stesso libro, le biografie di Aurelio De Giorgi Bertòla e di mons. Scipione de' Ricci. Il volume sarà presentato il 28 maggio alle ore 10 allAccademia dei Filopatridi di Savignano. Recensione. "Sgnor maestro, non mi ragni " I versi giocosi di Eugenio Pazzini da Verucchio La scena è questa. Arriva lispettore scolastico a visitare "una scola in tna campagna / dun paeis só tla muntagna". Il maestro è vecchio e brutto, di nome fa Ciuccianespole Silvestro. Lispettore comincia ad interrogare gli alunni della classe quinta e, con sua grande meraviglia, scopre che la "geografea", essi "i-n sa cus sea". Neanche con laritmetica va tanto bene, "a ni sem"; la prova scritta, "un po dcupied", è un disastro. Davanti a tanto squallore culturale, lispettore non può trattenersi: "Ma maestro dica un po; / io non so se sbaglierò, / ma mi par che i suoi scolari / sian per me dei gran somari". Ciuccianespole Silvestro giustifica gli alunni: "Sarà fors, sor Ispettore, / che di lei abbian timore; / chiedo io e lei vedrà / che qualcun risponderà". Ma neanche questo metodo di verifica ha successo. Lallievo Bianchini, interrogato se fosse più grande il Po od il Rubicone, giustifica la propria ignoranza piangendo ed urlando: "Sgnor maestro, non mi ragni / non lo san gnanca i compagni". Scandalizzato, lispettore scappa dallaula. Ma poi torna immediatamente sui suoi passi. Spalanca la porta, adocchia la classe, chiama un bambino che gli sembra sveglio, ed a bruciapelo gli chiede: "tu, che a me sembri il più esperto, / chi lAmerica ha scoperto". Se fossimo in teatro e non davanti ad una pagina poetica (di cui è autore Eugenio Pazzini da Verucchio, antico poeta dialettale ancora letto, amato e studiato), calerebbe il sipario del primo atto. Dopo il quale, la scena cambia. Fuggito a gambe levate dallaula, dando dei cretini ai ragazzi, ed attribuendo per questo "gran merto" al maestro, lispettore vola dal Sindaco Testadura: tre quintali, solino alto una spanna, "na cadnaza m e curpet" ed un gran fiore allocchiello, "e parleva snimpurtenza / tned al men sora la penza". Dice il poeta, "E pareiva intelligint / mo però u-n capiva gnint". Lispettore gli espone il drammatico caso dignoranza riscontrato nella scuola da cui è appena fuggito, chiedendo notizie sul maestro Ciuccianespole Silvestro. Il sindaco Testadura per lui ha solamente parole di alto elogio, perché in lui la mirabile scienza si accompagna a fervida eloquenza, al punto da farne un docente unico al mondo. Ma come è possibile, si chiede nel suo forbito italiano lispettore, se nessuno ha saputo dirmi nulla: "Ho perfino domandato / (dopo aver perso del fiato) / al ragazzo un po più esperto / chi lAmerica ha scoperto / e risposemi costui / di non esser stato lui". Il sindaco Testadura, tutto compreso nel ricoprire bene il suo ruolo di rappresentante della comunità e della legalità, dichiara di conoscere quel ragazzo, chiamato Buraschino, e di sapere spiegare il perché di quella risposta negativa sulla "scoperta dellAmerica" (questo è ovviamente il titolo della poesia): "Ho capito; è un forsennato, / un ragazzo squilibrato, / tanto lui che i suoi fratelli / son soggetti poco belli. / Sti ragazzi spensierati / tutti i giorni fan reati! / E sicura, è cosa certa / che se lui non lha scoperta / io le giuro che lè stato / qualchedun del suo casato!". Il racconto lirico finisce con una nuova fuga dellispettore inorridito, non senza prima aver dato del cretino al signor sindaco Testadura. Questa poesia la si può leggere in un volume, "Poesie giocose in dialetto romagnolo", uscito nel 95 per i tipi di Pier Giorgio Pazzini (figlio dellautore): esso reca una introduzione critica di Dino Pieri e Maria Assunta Biondi (grandi e dotti cultori della tradizione romagnola delle "zirudelle" che ricostruiscono la fortuna del nostro autore), ed una testimonianza di Sergio Zavoli (come al solito simpaticamente malinconico nel suo personale amarcord riminese). A questo testo, elegante nella edizione e frutto di un faticoso lavoro di composizione con righe di piombo come si faceva una volta, si è appena aggiunto un altro libro, a cura di Domenico Pazzini, intitolato "Voci sulla collina. Studi su Eugenio Pazzini", che pubblica i contributi di G. Bravetti, R. Copioli, L. Faenza, E. Grassi, G. Pazzini, D. Pazzini, D. Pieri e M. A. Biondi, A. Prete, relativi al Convegno dedicato alla poesia di Eugenio Pazzini, tenutosi a Verucchio nellottobre 97. Ai riminesi possono soprattutto interessare le pagine di Liliano Faenza che offre uno spaccato della società negli anni Trenta, illustrando la vita degli oratorii e dei teatrini parrocchiali. In particolare, Faenza illustra la vita del "Cinema Teatro Educativo" allestito da don Gaetano Baravelli in corso dAugusto 20, nel palazzo Castracane (ora Garattoni), poco distante dallArco. Qui, tra un atto e laltro di una rappresentazione o fra il primo ed il secondo tempo del film, "scappa fuori" (come recitano le locandine) il sig. Pazzini Eugenio da Verucchio che declama le sue poesie giocose. Ma Faenza esamina pure la produzione teatrale di Pazzini, il quale si presentava sempre con questo biglietto da visita: "Poeta vagabondo. Tipografo eccellente. Suonatore di cornetta. Dicitore di poesie. Lirico. Drammatico. Viaggiatore e venditore dei biglietti della lotteria di Tripoli". Viaggiatore, appunto, per visitare paesi e città dove offrire le sue rime. Ecco il proclama che lui stesso stampa sullo stile dei manifesti ufficiali: "Abitanti di Perticara e paesi circonvicini. Se volete stare allegri e ridere spensieratamente, trovatevi Domenica 30 corr. alle ore 20 nel Teatro del Dopolavoro Armando Casalini di Perticara ove il giovane Eugenio Pazzini di Verucchio dirà le sue poesie giocose in dialetto Romagnolo. Si paga pochissimo!! Si ride moltissimo!". Il manifesto per il Teatro Vittoria di Pennabilli ha invece una grafica moderna, illustrata, anche con limmagine di un clown: qui sono indicati pure i prezzi, una lira per gli adulti, mezza per i ragazzi. Lavviso per Mercatino Marecchia cambia di tono: "Eugenio Pazzini di Verucchio non è ancora morto, ma se sabato 22 corr. alle ore 20 nessuno sarà presente nella sala Amati quando reciterà le sue poesie giocose in dialetto romagnolo, morrà certamente. Dunque tutti a Teatro che si spende poco, e si sta allegri, perché si paga soltanto una lira. Una prece perché venga molta gente". Il proclama per una recita a San Marino termina con questi due versi: "Dovendosi sposare, / ha bisogno dincassare" . Invece a Serravalle, il manifesto si chiude con una sommaria autobiografia: "E un mezzo matto, è un tipo strano / ma dei suoi versi ne sa un vulcano". Sono tutti documenti reperibili nel volume del 95, che presenta pure lannuncio funebre per la morte repentina del bricco Pirinela di anni 49, "da tempo ammalato dentro e spelato fuori". A lui Pazzini aveva dedicato un libro di poesie, il celebre "E bréch de mi Pitrìn". Dove Pitrìn è il cugino Pietro Berardi che "nei racconti di sapore comico grottesco era certamente imbattibile, unico", come ricorda Giorgio Pazzini in apertura di "Voci sulla collina", rammentando gli incontri anteguerra, alla domenica pomeriggio, ai quali era anche presente Adalberto, "prestigioso docente universitario di storia della medicina e autore di apprezzatissimi volumi in materia". Ad Adalberto Pazzini è stato dedicato di recente un piccolo libro con due saggi: Francesco Aulizio ne ha trattato parlando della "riorganizzazione degli studi storico-medici in Italia", mentre Stefano De Carolis ha illustrato "i restauri alla rocca malatestiana e lattività artistica di Adalberto a Verucchio". Antonio Montanari Il tempo di Sigismondo Pandolfo Conferenze organizzate dalla Fondazione Carim Un interessante serie di "Conferenze malatestiane" dedicate alla figura ed allopera di Sigismondo Pandolfo, il costruttore del Tempio e del Castello che ne hanno immortalato la fama, è organizzato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini in tre cicli. La sessione primaverile 2000 prevede tre incontri. In autunno dopo la pausa estiva, sacra al riposo ed agli affari (importanti per tutti, comprese le banche ), ce ne saranno altri sei. Il programma autunnale è ancora provvisorio, e dovrebbe vedere discutere di temi storico-politici e culturali. Comunque, lo forniremo nei dettagli quando ci sarà comunicato nella versione definitiva. Tra inverno 2000 e primavera 2001 si terrà il terzo ciclo di conferenze. In linea di massima si sa già che verteranno su problemi di carattere storico-economico, numismatico, e di storia della storiografia malatestiana. Gli appuntamenti sono nel salone di Palazzo Buonadrata (corso dAugusto 62, Rimini), sede della Fondazione. Si è cominciato giovedì scorso 18 maggio con Carla Tomasini Pietramellara, della Facoltà di Architettura di Firenze, che la parlato del restauro del Castello, durane trentanni, dal 1970 ad oggi. La notizia di questa conferenza non ci è giunta in tempo per lo scorso numero del nostro giornale, ecco perché non labbiamo potuta dare. Si prosegue il 25 maggio alle ore 18, con Carlo Maccagni (Università di Genova) che tratta il tema "Dal castello alla fortezza tra Medio Evo ed Età Moderna". Il 1° giugno, Dino Palloni (dellIstituto Italiano dei Castelli" illustra "Castelli e fortificazioni di Sigismondo Pandolfo Malatesta. Caratteri comuni e difformità". Queste tre conferenze inaugurano lanno malatestiano voluto dalla Carim per celebrare i restauri da essa finanziati al Tempio e quelli che sta facendo eseguire al Castello, di cui curerà la gestione ricevuta in comodato dal Comune per trentanni. Nella primavera 2001 sarà infine organizzata una grande mostra sulla civiltà malatestiana al tempo di Sigismondo (1417-68) nel Castello riaperto. Lena Vanzi Alla Biblioteca Gambalunghiana di Rimini prosegue la mostra storica "Vedere il tempo" fino al 10 giugno, tutti i pomeriggi, ore 16-19. In Piazza Cavour a Rimini prosegue "Ai confini della Terra, Scultura ed arte in Portogallo 1300-1600". Antonio Montanari Al sommario del "Rimino" [storico] Archivio del "Rimino" in questo sito |
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