Speciale Stelvio Massi
Questo articolo e' stato pubblicato sul n.10 di "Nocturno Cinema",
e si occupa della carriera di Stelvio Massi, in particolare della sua collaborazione
con il nostro Maurizio (si tratta infatti della seconda parte di questo
articolo, quella che piu' interessa a noi). Se per caso l'autore dell'articolo
o la rivista non sono d'accordo sulla presenza del medesimo in queste pagine,
ce lo comunichino, e provvederemo a toglierlo.
- SOLITUDINE E RABBIA -
La figura del poliziotto nel cinema di Stelvio Massi (parte 2a)
Fondamentale per lo sviluppo successivo della carriera di Stelvio Massi
all'interno del genere poliziesco e' l'incontro con Maurizio Merli, avvenuto
nel 1977 inoccasione del film Poliziotto sprint, una pellicola tra
le predilette dal regista che, in verita, ha poco o nulla da spartire con
il genere poliziesco in senso stretto . Massi, nonostante continui a frequentare
situazioni e personaggi cari al genere, sembra qui voler tentare nuove strade
e concentrarsi sul film d'azione tout court. Non a caso l'attenzione e'
localizzata soprattutto sul lato spettacolare della vicenda, Ie corse in
macchina. gli incidenti incredibili. i crash piu mozzafiato. Se vogliamo,
Poliziotto sprint anticipa un po' le successive produzioni di Massi,
come Speed driver o Speed cross, in cui l'intreccio poliziesco
e ridotto a poco piu che un pretesto. Il poliziotto - un semplice agente:
e bene rilevarlo perche' la cosa non ha eguali nel genere - interpretato
da Merli e un irresponsabile, uno scavezzacollo, che vive nel mito della
velocita' e del suo diretto superiore Tagliaferri, che alla guida di un
bolide riusciva a far piazza pulita di tutta la criminalita. Quello che
Marco Palma vuole dimostrare e' solo ed esclusivamente la sua abilita'.
E' cocciuto e sprezzante, anche con le donne che tratta alla stregua di
pezze da piedi. Quando d suo orgoglio diventa la causa principale della
morte del suo braccio destro, Palma entra in crisi e decide di sottoporsi
ad un difficile periodo di autocorrezione per potere affinare il suo carattere
e la sua tecnica di driver. Entra in incognito a far parte di una banda
di criminali, come autista, e solo in virtu' del sangue freddo e della concentrazione
raggiunti con tanta abnegazione riuscira ad avere la meglio nello spericolato
duello finale, dove i due bolidi di Palma e del Nizzardo sostituiscono le
pistole della tradizione. Tutto sommato, come si diceva, I'aspetto psicologico
del protagonista passa in secondo piano. Quel che conta e la pura azione.
Merli senza baffi e difficilmente identificabile con il 'commissario di
ferro' del cinema poliziesco e l'aria da spocchioso teppistello lo rende
quamo mai antipatico (parere del giornalista evitentemente... - n.d.T.Skid).
Il tentativo di sottrarsi alle rigide maglie del genere prosegue lo stesso
anno con Poliziotto senza paura ed e' chiaro fin dalI'inizio, quando
Merli si presenta sotto le spoglie di Walter Spada, ex commissario di polizia
che si dedica ora alle investigazioni private e che sventa a colpi di pistola
il rapimento di una giovane rampolla dell'high society romana. Addirittura
dai titoli di testa, in cui Merli, al rallenti, fredda i rapitori mascherati,
si capisce che siamo di fronte ad un prodotto fuori dal comune. La musica,
I'orchestrazione della scena (tra le piu' spettacolari e violente dirette
da Massi), il look di Merli (occhiali da sole e salopette) sembrano rimandare
piu' ad un telefilm amencano che non al solito poliziesco . Atmosfera questa
ampliata poi dalla decisione di ambientare il film in Austria e non nella
cara vecchia Italia, per dare un respiro internazionale al prodotto. Walter
Spada, come si diceva, non e' piu' un poliziotto, ma un investigatore privato
che ha abbandonato l'arma per il misero stipendio che gli passava anche
se ora, a giudicare dall'ufficio e dalle lamentele del suo braccio destro,
un irrefrenabile Massimo Vanni in odore di Gargiulo, non e' che gli vada
poi meglio, e che si diverte a fare tiro a segno con i malviventi, con grande
rabbia da parte dei suoi ex colleghi che lo rimproverano:'quando eri
un poliziotto ti mettevi a fare l'investigatore privato e adesso che sei
un privato ti metti a fare il poliziotto e a sproposito... sparando come
se fossi al tiro a segno". Se l'ispirazione puo' essere, come ricordato
sopra, americaneggiante, la realizzazione e del tutto italiana: Walter Spada
è una sorta di caricatura all'amatriciana dei vari poliziotti senza
paura dei film americani, come simpaticamente Massi sottolinea nella scena
in cui la voce di Merli viene sovrapposta ai volti dei vari Robert Mitchum
o Steve McQueen dei poster appesi nell'appanamento di Spada o nel Simpatico
dialogo con la Grapputo, in cui Walter gioca a fare il duro ("io qui
dentro c'ho un callo, a me le lacrimine non mi commuovono ") e
poi si fa fregare come un pollo. C'è soprattutto nella prima parte
della pellicola, un tentativo di ironizzare sulla vicenda, introducendo
elementi comici come il demenziale inseguimento in macchina attraverso i
campi o i duetti con il grande Gastone Moschin. Si vuole cioè tentare
per il genere poliziesco quell'esperimento di contaminazione con la commedia
che stava facendo la fortuna dei film di Monnezza-Milian. In realtà
Massi non è mai convinto fino in fondo di questo esperimento e il
film rimane un ibrido che spesso e volentieri abbandona i toni leggeri per
dedicarsi a situazioni più scabrose come la prostituzione minorile,
tema molto caro al cinema poliziesco, soprattutto quando si mischia con
il giallo (A tutte le auto della polizia, Enigma rosso, La polizia chiede
a iuto): e tutto sommato, anche il film di Massi sembra sposare, nel
finale, la causa del cinema thriller, nella scena della feroce uccisione
della 'pappona' Joan Collins. E proprio nel rapporto con la Collins, Merli/Spada
tradisce un po` questa aria da poliziotto fricchettone, lasciando intravedere
le ombre del commis sario di ferro che piu gli si addicono, quando fa spogliare
l'assassina dicendo le: "voglio vedere il corpo di una donna che
ha raggiunto il massima splendore solo perché a quattordici anni
non ha mai trovato nessuno che l 'ha violentata in modo bestiale" e
la sevizia con la pistola. Il punto più alto della collaborazione
tra Massi e Merli è raggiunto, però, l'anno successivo in
Un poliziotto scomodo, dove il regista (traendo spunto da un sog
getto di suo figlio Danilo) offre un ritratto abbastanza atipico di poliziotto.
Ancora una volta le radici della corruzione e del male si annidano negli
strati alti della società. Il supercriminale di turno ha infatti
le spoglie di un rispettabilissimo e ricchissimo uomo d'affari, il dottor
Degan (Massimo Serato). Per scoprire la verità il commissario Francesco
Olmi (Maurizio Merli), indignato dalla crudeltà e dalla spietatezza
dei metodi usati dalla malavita che non esita ad uccidere anche gli innocenti
che gli capitano a tiro ricorre alle maniere forti e arriva addirittura
a picchiare una ragazza durante un interrogatorio. Olmi e convinto che alla
violenza bisogna rispondere con la violenza e di fronte alla strage compiuta
da un gruppo di malviventi, che per liberare un pregiudicato non hanno esitato
a mascherarsi da poliziotti e dopo aver fermato per accertamenti la pattuglia
che trasferiva il criminale da una prigione all'altra hanno aperto il fuoco
sugli uomini della scorta, organizza, complice un elicottero, una vera e
propria caccia all'uomo(2). Osteggiato dalla stampa (che come già
in La Legge violenta della squadra anticrimine denuncia la cieca
brutalità della polizia) e dai suoi superiori, Olmi vede minacciata
la propria vita quando i criminali a cui da la caccia gli tendono un agguato
proprio sotto casa. C'è una nuova e inaspettata evoluzione nella
figura di poliziotto presentata da Massi in questo film. Olmi non è
infatti più l'eroe giustiziere di tanti polizieschi all'italiana,
ma una persona fragile, incerta. I suoi metodi violenti cominciano a fare
paura anche a lui. Il commissario sta diventando pure lui parte del sistema
violento che sta combattendo senza, peraltro, riuscire a porre un freno
all'ondata di terrore che insanguina la capitale(3). E quando, per errore
(cosa più unica che rara in un poliziesco all'italiana), uccide un
passante che ha scambiato per un assalitore sorto casa sua, capisce che
è ora di dare un taglio. La procura insabbia tutto e Olmi viene trasferito
a Civitavecchia. Inizia una nuova vita per il poliziotto violento, basta
sangue. basta sparatorie; nella tranquilla cittadina delle Marche, il commissario
può (almeno cosi spera) appendere la pistola al chiodo. Massi abilmente
sottolinea il dramma interiore di Olmi e la sua conversione alla non violenza,
facendogli scaricare l'arma (e qui si vede l'abilita di un regista che viene
dalla fotografia, che sfuoca il volto di Merli tenendo imece a fuoco il
tamburo della pistola e dando cosi pathos e profondita' alla sequenza) e
riponendo i proiettili nel cassetto. A Civitavecchia Olmi può iniziare
una nuova vita, si trova anche una fidanzata (Olga Karlatos) e diventa piu
malleabile con i violenti(4). Quando però la vita dei suoi cari viene
messa a repentaglio, ovvero quando alcuni pericolosi trafficanti di armi
prendono in ostaggio la sua fidanzata e una scolaresca della locale scuola
media, Olmi non esita a impugnare nuovamente le armi. Rotti gli argini,
la violenza non ha più freni e il commissario fa nuovamente giustizia
sommaria dei criminali. Non ne poteva fare a meno. ma il fatto stesso di
aver trasgredito nuovamente alle regole di vita che si è dato rappresenta
l'ennesimo fallimento. Olmi abbandona la pistola su un tavolo e si allontana,
sconsolato, di spalle. Un poliziotto scomodo, non è il miglior
poliziesco di Stelvio Massi, la storia troppo frammentaria e alcune ingenuita'
ne finiscono inevitabilmeme per penalizzare il risultato finale, ma la profondita'
e l'angoscia che accompagnano il suo protagonista delineano una figura di
poliziotto senza precedenti nel genere. L`amarezza di fondo che permea la
pellicola, l'impossibile r edenzione finale del commissario Olmi, il fallimento
stesso delle sue due vite, sembrano indicare che non può esserci
equita' e giustizia in un mestiere che si prefigge di combattere l'ingiustizia
dell'umanita'. Ma allora qual è la soluzione? Non c'e 'soluzione.
Olmi si arrende cosi all'ineluttabilità della sua esistenza. All'impossibilità
di essere normale. Proprio come anormale e' la vita di Mauro Mariani, il
commissario di ferro dell'omonimo film del 1978: una delle pellicole più
riuscite di Stelvio Massi. Mariani trotta in giro tutto il giorno, nell'assiduo
tentativo di combattere la malavita, rischiando sempre la vita in prima
persona. proprio come quando deve arrestare il pericoloso latitante Franco
Garofalo. Il suo è sicuramente un senso di giustizia, un'abnegazione
al dovere, come dice il commissario stesso in un eccesso d'ira: io faccio
il mio mestiere come va fatto, credendoci!... e se no mandiamola
a casa questa poli:ia. Leviamoci di mezzo e lasciamo i ladri, gli assassini
e i terroristi padroni della città; ma è anche un modo
per non fermarsi mai a riflettere su una vita che è una non vita.
Una famiglia rovinata alle spalle. una moglie che ha chiesto il divorzio
perché lui non c'era mai, un figlio che non riesce a vedere neanche
per il giomo del suo compleanno.E quando una volta sola si assenta per raggiungere
i suoi cari succede il putiferio. Il commissariato viene preso d'assedio
(proprio come in Distretto 13, le brigate della morte) e suo figlio
viene rapito. E viene rapito da un altro figlio, il figlio di un malvivente
che si è impaccato in prigione, un pericoloso criminale che è
stato arrestato da Mariani e il cui erede si vuole vendicare nel più
barbaro dei modi. Mariani reagisce e reagisce male. Il suo e 'il dramma
di un padre che deve lottare per salvare la vita di suo figlio. Non c'e
più quella lucidità che contraddistingueva tutte le mosse
del commissario di ferro e solo il caso, un ricordo fortuito, gli permette
di sanare la situazione. Fino al prossimo dramma, almeno. Disilluso e quasi
arreso all'evidente superiorità della malavita e' invece il commissario
Paolo Ferro (Maurizio Merli), a capo della sezione Europea antimalavita
organizzata in Sbirro la tua legge è lenta. la mia no. Ferro
guarda con curiosita' al crimine, conscio dell'impossibilità di fermarlo
una volta per tutte e quando si tratta di decidere per il male minore lo
fa senza rimorsi e impedisce alla banda dei marsigliesi di eliminare
il concorrente clan siciliano (''dovendo scegliere preferisco loro, almeno
sono italiani"). Del resto il male alberga tutto intorno
al povero commissario che piu di una volta scopre che chi credeva amico
è in realta il suo peggior nemico (Eva, la sua donna, e Stefano,
suo nipote, lo tradiscono e lo usano senza rimpianti) e quelli da cui avrebbe
dovuto guardarsi invece lo aiutano (Don Salvatore il potente boss siciliano).
Del resto, proprio il temibile criminale a cui da la caccia, l'insospettabile
gestore di ristoranti Acanfora (Mario Merola),è il re dei doppiogiochisti,
che non esita a far assassinare i propri adepti pur di scagionarsi da eventuali
sospetti. E quando l'ormai sconfitto poliziotto Ferro, che ha perso tutto:
I'amore, gli affetti più cari, la propria dignita nel momento stesso
in cui ha chiesto soldi alla mafia per finanziare un proprio blitz,
capisce finalmente tutto, Acanfora ha gia eliminato qualsiasi prova. E'
troppo tardi, e sempre troppo tardi. A Ferro non resta che affidarsi nuovamente
alla malavita siciliana (la mafia degli uomini d'onore, ma sempre mafia
è!) per arrivare a colpire dove la legge (lenta) non puo arrivare
più. Sbirro la tua legge è lenta.. la mia no è probabilmente
il film piu amaro di Stelvio Massi e se anche non vengono raggiunte le vette
di lirismo di Un poliziotto scomodo sicuramente e la pellicola in
cui si registra maggiormente il fallimento dell'uomo onesto che deve combattere
il male. Il problema, come si diceva prima, è proprio quello che
il male ormai alberga in ogni posto, anche nella tua stessa casa e, secondo
Massi, non c'e ormai più nessuna possibilita' di far piazza pulita
se non sporcandosi le mani a propria volta. Meglio quindi abbandonare tutto
e ritirarsi a vita privata, proprio come fa il Nicola (Maurizio Merli) di
Poliziotto soiltudine e rabbia, che appesa la pistola al chiodo si
rifugia nella tranquilla campagma laziale(5). Ma proprio come succedevaal
Mariani di Il commissario di ferro, quando non e' lui a cercare
i guai, sono i guai che cercano lui. E nella fattispecie i guai hanno
il volto di un amico che viene a d implorare Nick perché gli
organizzi il servizio di protezione di un importante uomo d'affari minacciato
di morte durante una sua visita a Venezia. Nick accetta, ma tutti
i suoi sforzi sono (tanto per cambiare) inutili. L'uomo viene ucciso e anche
I'amico cade sotto i colpi dei malviventi, in una scena tra le più
suggestive di tutte quelle girate da Massi nella sua lunga carriera, dove
Merli, sparando, infrange con tutto il corpo la finestra di una rinomata
vetreria di Murano. A Nicola non resta che la vendetta e per consumarla
si trasferisce a Berlino sotto false spoglie e rintraccia i membri della
banda responsabile della strage. Un imprevisto e rappresentato però
dall'incontro con una prostituta, Vivien, che inizialmente utilizza per
estorcere informazioni e di cui in seguito si innamora. Nicola, proprio
come il Ferro del precedente film, sa che e un errore. In questa professione
non c'è spazio per i sentimenti, ci e' gia' cascato una volta; ma
alla fine si lascia andare. E puntualmente viene punito. Vivien viene massacrata
di botte e il suo cadavere abbandonato in macchina di fronte alla casa di
lui, come un tacito avvertimento. Cosi' nel finale, quando Nicola spara
alla schiena del boss dei boss (facendo quello che Francesco Olmi non era
riuscito a fare con il perfido Degan), nonostante il parere contrario dell'Interpol,
ad armare la sua mano e il ricordo dell'amico scomparso, dell'amore perduto
e di tutte le persone che ingiustamente hanno pagato con la vita il loro
legame con 'il poliziotto scomodo'. Anche Nicola, come tutti gli altri commissari
più o meno di ferro che l'hanno preccduto, è alla fine uno
sconfitto, un (ex) poliziotto che, nelI'impari lotta alla malavita, ha perso
tutto quello a cui teneva e che rimarrà sempre prigioniero della
sua solitudine e schiavo della sua rabbia.
Note
1 Particolarmente riuscito uno spettacolare testa coda che si conclude
con la macchina che colpisce come un maglio il killer che stava facendo
fuoco.
2 Tra l'altro la sequenza al rallenti in cui Merli spara dall'elicottero
al pregiudicato che sta scappando per i campi e' tra le piu' suggestive
e spettacolari di tutto il cinema di Stelvio Massi.
3 Significativo, a questo proposito. il fatto che Olmi, pur denunciando
le attivita' criminali di Degan non riesca ad arrestarlo e questi se ne
scappi tranquillo in elicottero dopo aver compiuto l'ennesimo misfatto.
4 Si pensi alla sequenza del bar con alcuni bulletti che importunano
Olga Karlatos ma che Merli, dopo avergli impartito una sonora lezione, preferisce
non portare in questura.
5 La campagna desolata prima, la Venezia d'inverno a seguire e infine
la gelida Germania. Nel film di massi gli ambienti stessi (assolutamente
freddi e inospitali) sembrano amplificare quel senso di solitudine che permea
l'animo del protagonista e non lasciano presagire nulla di buono sul suo
futuro.
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Ultimo aggiornamento: 01/01/2000
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