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Bisbio
(bisbiglio) di Manoello Giudeo
a
magnificentia
di
messer Cane de la Scala
[This
poem was written by Immanuello Romano in celebration of the court of Can Grande
della Scala in Verona. It is suggestive for understanding the connections
between things Arabic and Judaic in Northern Italy at the time of Dante.]
Del
mondo ho cercato,
per
lungo e per lato,
con
caro mercato,
per
terra e per mare.
Vedut'
ho Soria
in
fin Erminia,
e
di Romania
gran
parte mi pare.
Vedut'
ho 'l Soldano,
per
monte e per piano;
e
si del Gran Cano
poria
novellare.
Di
quel ch' aggio inteso,
veduto
e compreso,
mi
sono ora acceso
a
volerlo contare:
che
pur la corona
ne
porta Verona,
per
quel che si suona
del
dire e del fare.
Destrier
e corsiere,
masnate
e bandiere,
corazze
e lamiere
vedrai
remutare (=cambiare).
Sentirai
poi li giach
che
fan quei pedach, (= piedi o piedacci)
giach
giach glach giach glach
quando
gli odi andare.
Ma
pur li tormenti
mi
fan li strumenti, (= macchine da guerra)
che
mille ne senti
in
un punto sonare.
Duduf
dududuf
duduf
dududuf
duduf
dududuf
bandiere
sventare.
Qui
vengon poi feste,
con
le bionde teste:
qui
son le tempeste
d'amore
e d'amare.
Le donne: "Muz muz".
Le donzelle: "Usu usu".
Le vedove: "Sciuvi uu" ...
che ti possa annegare!
Poi trovan fantesche
tuttora più fresche
a menar le tresche.
trottare ed ambiare. (= i passi brevi e affrettati del cavallo)
L' una fa: "Cosi?"
E l'altra: "Pur si".
E l'altra: "Sta qui
ch'io vo per tomareè'.
In quell'acqua chiara,
che 'l bel fiume schiara (= l'Adige)
la mia donna cara (= la Sapienza)
vertù fa regnare:
ch' Amor è 'n la sala
del Sir de la Scala. (=Can Grande)
Quivi senza ala
mi pareva volare;
ch' io non mi credea
di quel ch' I' vedea,
ma pur mi parea
in gran mare stare.
Baroni e Marchesi
di tutti i paesi,
gentili e cortesi
qui veddi arrivare.
Quivi astrologia
con filosofia
e di teologia
udrai disputare.
Quivi Tedeschi
Latini e Franceschi
Fiamenghi e Inghleschi
insieme parlare;
E
fanno un trombone (=rimbombo)
che
par che rimbombe
a
guisa di trombe
che
pian vol sonare.
Chitarre
e liuti
viole
e flauti
voci
alt' ed acute,
qui
s' odon cantare.
Stututù
ifiù
stututù
ifiù
stututù
ifiù
tamburar,
suffolare.
Qui
boni cantori
con
intonatori
e
qui trovatori
udrai
concordare.
Quivi
si ritrova
mangiatori
a prova,
che
par cosa nova (= inusitata)
a
vederli golare. (= ingozzarsi)
Intarlatitim
intarlatitim
intarlatitim
ghirbare
e danzare. (= danzare il caribo)
Li
falconi cui cu,
li
bracchetti gu gu,
li
levrieri giù giù,
per
volersi sfugare.
Qui,
con falconer,
maestri
e scudieri,
ragazzi
e corrieri, (= messaggeri)
ciascun
per sè andare.
E
quanto e quanto
e
quanto e quanto
e
quanto e quanto
li
vedi spaziare!
E
l' uno va su
e
l'altro va giù:
tal
donna ven giù,
che
non lassa passare:
"Bisbis
bisbidis
Bisbis
bisbidis
bisbidis
bisbidis",
l'udrai
consigliare.
Quivi
babbuini,
romei,
peregrini,
giudei,
saracini
vedrai
capitare.
"Tatim
tatatim
tatim
tatatim
tatim
tatatim",
sentirai
trombettare.
"Baluf
balauf
baluf
balauf
baluf
balauf".
udrai
tringugliare.
Di
giù li cavalli,
di
su i papagalli,
in
la sala li balli
insieme
operare.
"Dudu
dududu
dudu
dududu
dudu
dududu",
sentirai
naccherare. (= risuonare intorno)
Ma
quel che più vale
(e
al Sir non ne cale)
veder
per le scale
taglier
trasfugare, (= rubare il vasellame)
con
quel portinaro
che
sta tanto chiaro. (= tanto tranquillo
che
quel tien plu caro
che
me' ne sa fare! (= chi ruba meglio)
Qui
de li ragazzi
vedut'
ho sollazzi.
che
mai cotal pazzi
non
vidi muffare. (= ammuffire)
Qui
non son minazze (= minacce)
ma
pugna e mostazze; (= pugni e schiaffi)
e
visi con strazze (=con bende)
e
occhi wnbugliare. (= strabuzzare)
"Gegi
gegegi
gegigegegi
gegi
gegegi",
gli
uccelli sbemare. (= svernare)
Istruzzi
e buovi
selvaggi
ritrovi
ed
animali novi
quant'uom
pò contare.
Qui
sono leoni
e
gatti mammoni (= leopardi)
e
grossi montoni
vedut'ho
cozzare.
"Bobò
bobobò
bottombò
bobò
bobò
bottombò",
le
trombe trombare.
Quivi
è un vecchiume (= casa per poveri o
ricovero)
che
non vede lume, (= di ciechi
che
largo costume (= la generositii del Sire)
gli
fa govemare: (= li.fa accudire)
qui
ven poverame
con
si fatte brame,
che'l
brodo col rame
si
vol trangugiare.
Quivi
è una schiera
di
bordon di cera (= grossi ceri)
che
l'aere la sera
si
crede abbruciare.
"Tatam
tatatam
tatam
tatatam
tatam
tatatam",
gli
liuti tubare.
Qui
son grandi giochi
di
molti e di pochi:
con
brandon di fochi (= grosse force)
vedut'ho
giostrare.
Qui
vengon villani
con
si fatte mani,
che
paiono alani
di
Spagna abbaiare.
Quivi
son le simie (= scimmie)
con
le molte alchimie, (= smorfie umane)
a
grattarsi le timie (= le tigne o rogna)
e
voler digrignare;
e
d'un riso: "Che c'è?
che
c'è? che c'è?
c'è?
he he he he",
ogni
uomo crepare. (= morir dal ridere)
Qui
altri son stati
si
ben divisati (=fuori dal comune)
che
tra li beati
sen
può ragionare;
e
questo è' l Signore
con
tanto valore,
che'
l suo grande onore
va
per terra e mare.
(Source:
Giorgio Battistoni, supplementing material contained in
Rimatori
del Trecento, ed. UTET, pp. 551-60)