POLIZIA NAZIONALE  -  DIPARTIMENTO DI POLIZIA  DEL BOLIVAR
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DI GUERRA
CARTAGENA 30 SETTEMBRE 1998
 

Protocollo n.1348

                                         VISTOS:

                                         Effettuata L’UDIENZA del Consiglio di Guerra, entra la Corte per dettare la sentenza che si considera pertinente nel processo avanzato contro il sottufficiale Raimondo Llanos Vasquez e altri, per il delitto di OMICIDIO PRETERINTENZIONALE.

                                          FATTI:
                                         Sono stati narrati nella Risoluzione in questa maniera: “Successero nel Quartiere Bocagrande di questa città, il 3 settembre 1995, all’incirca alle 11.30 della notte, nel ristorante MEE WAH, quando venne chiesto l’intervento dei membri della Polizia Nazionale da parte di persone presenti al suo interno, allorché una persona di origine italiana, GIACOMO TURRA, faceva irruzione intempestivamente in quel locale, da dove era estromesso da vari agenti e portato all’ospedale Bocagrande, dove gli venne somministrato un tranquillante, e successivamente nel Commissariato di Bocagrande, dove il Comandante della Guardia non lo volle ricevere a causa del suo deplorevole stato fisico, e riportato infine al suddetto Ospedale, dove veniva decretata la sua morte e dove venivano evidenziate varie lesioni sul suo corpo, alcune delle quali si dice non le avesse quando era stato portato per la prima volta nel Centro ospedaliero”.
 

BREVE RIASSUNTO DELLE ARGOMENTAZIONI DELLE PARTI.

Il signor agente del Ministero Pubblico nel prosieguo del suo intervento asserisce in prima istanza che esistono testi oculari degli avvenimenti  che dichiarano che GIACOMO TURRA si è propinato da solo colpi di una certa entità, come sostenuto anche dall’esame periziale. Procede ad effettuare una valutazione dei testimoni che affermano che la vittima sia stata lesa, prima della sua morte, dagli imputati. Sulla prova a carico di ordine indiziario, stima che da quelle non emerge la verità materiale sulla responsabilità degli imputati. Parla della forza utilizzata dai rappresentanti dello Stato e della sua legittimità. Sollecita che venga emessa una sentenza di assoluzione.
 
La signora Rappresentante della Famiglia del Giovane Italiano, stima che esista prova del fatto punibile giudicato, ricorre per questo all’Autopsia e fa anche menzione a un rapporto di Psichiatria psicologica Forense Regionale di Bogotà. Sulla responsabilità degli imputati si basa tra le altre sulla chiamata prova indiziaria, ricorda che il defunto, all’uscita dal ristorante Mee Wah, non presentava lesioni che avrebbero potuto procurargli la morte, conclude che gli imputati gli produssero le lesioni mortali nel tragitto dall’ospedale alla stazione di Polizia e termina il suo intervento chiedendo la condanna degli imputati.

L’avvocato difensore RODRIGO VARGAS VARGAS, indica che la dottoressa AMIRA OSORIO VASQUEZ non ha visitato adeguatamente il giovane italiano. Critica l’Autopsia, che non prese in esame le unghie, né le braccia di questo, dove avrebbe potuto trovare segni di punture e macchie dovute al consumo di droga, parla del nesso di causalità tra le lesioni e la morte, contesta la cremazione del cadavere sollecitata dalla famiglia, dice dell’esistenza nel processo di due Storie Cliniche, si appoggia a delle diapositive per riferirsi alle conseguenze del trauma cranico, termina chiedendo l’assoluzione.

L’avvocato PEDRO VARGAS VARGAS, incaricato della difesa, fa una critica alle prove cosiddette d’accusa, specialmente quelle di ordine testimoniale, si riferisce all’incertezza sull’esistenza del delitto, afferma che gli imputati stavano compiendo il loro dovere, contesta gli indizi di responsabilità e afferma che i suoi clienti sono estranei alle imputazioni fatte loro e chiede l’assoluzione.
 

    CONSIDERANDOS:

Dopo avere terminato la fase del dibattimento orale, è competenza di questo tribunale procedere ad emettere sentenza nel presente documento.  Per farlo verranno analizzati i differenti atti dell’orden probatorio , contenuti nello stesso documento a tenendo presente le linee segnalate dall’articolo 492 del nostro Statuto Penale Militare.
Entrando nel merito diciamo che nel processo esistono diverse tesi sulle cause che hanno generato il decesso del giovane GIACOMO TURRA. Ognuna di queste verrà presa in considerazione e verrà effettuata una valutazione, vediamo:

a- Autopsia: Secondo il Protocollo corrispondente, il decesso si produsse “per Politraumatismo, con trauma craneo encefalico severo, formazione di edema celebrale ed emorragia subaracnoidea”. Questo atto è stato praticato in città dalla dottoressa ANA MAGOLA MANGA, il cui consulto dato come fattore motivante di morte, in questo documento, è stato oggetto di serie contestazioni, come nel caso della DEFENSORIA DEL PUEBLO, attraverso la DEFENSORIA DELEGADA PARA LA SALUD E  LA SEGURIDAD SOCIAL, che - studiando gli avvenimenti- ha concluso indicando in forma categorica che il decesso di GIACOMO TURRA non aveva una relazione diretta con i politraumatismi corporali di tipo contundente che ha subito, COME NEPPURE CON IL TRAUMA CRANIO-ENCEFALICO. L’anteriore ipotesi trae fondamento come segue: “Nel punto dei ritrovamenti intracraneali, l’autopsia mostrò soltanto un’emorragia subaracnoidea, ipotizzo un lieve edema celebrale, per quanto la descrizione non dice in quale tessuto intracraneale era presente tale edema, ne si specificò se fosse locale, lobulare, emisferico, globale, superficiale, profondo o generalizzato; in questo modo, non capisco e pertanto non riconosco come valida la dichiarazione della dottoressa MANGA CELENIO, quando il 31 ottobre dice che il sig. TURRA presentò nel momento dell’Autopsia edema celebrale globale; e non condivido neppure l’affermazione che viene  formulata in questa aggiunta rispetto alla presenza di un trauma craneo-encefalico severo con emorragia nel tronco, per quanto i segni da lei descritti nel momento dell’autopsia non sono precisamente QUELLI CHE CORRISPONDONO alla definizione di trauma cranico severo, nel quale ci si aspetta di ritrovarsi di fronte ad aree contuse parenquimatosas, con piqueteados emorragici, edema marcato delle strutture bianche e grige dell’encefalo, come nelle strutture intraemisferiche e mesencefaliche, attenuazione o perdita dei solchi celebrali, collasso di tutti i sistemi ventricolari ed ernie sia del uncus dell’ippocampo e attraverso il tentorio e/o che le amigdalas cerebelosas por el agujero magno.
 
 

Suppongo che quando lei, nel Protocollo dell’Autopsia, fa riferimento al cerebello e tronco emorragico nella sua superficie, voleva dire probabilmente che questa era conseguenza dell’emorragia subaracnoidea; l’emorragia bagnava la superficie delle strutture anatomiche menzionate, ma non, come successivamente dice la forense nella sua aggiunta della dichiarazione, registrando lesione vascolare diffusa nel tronco celebrale, COSA MOLTO DIVERSA a ciò precedentemente esposto, quando d’altra parte non indicò nell’autopsia alterazioni morfologiche nella già citata regione anatomica. Inoltre, apparentemente, non si fecero tagli dell’encefalo, delle strutture intraemisferiche e dello stesso tronco celebrale, allo scopo di valutare macroscopicamente alterazioni della sua struttura; ancora meno vennero realizzati studi anatomopatologici che avrebbero potuto confermare o smentire queste possibilità diagnostiche; infine il procedimento praticato in quell’autopsia fu INCOMPLETO.
 

Soltanto quando c’è un incremento immediato della pressione intracraneale sia per un marcato edema generalizzato e globale dell’encefalo con la produzione di compressione di questo contro le strutture rigide ossee del cranio o contro le formazioni solide meningee hoz celebral y tentorio, si possono comprimere e interessare i nuclei neurologici regolatori delle attività vitali compromettendo il loro funzionamento, producendo il blocco respiratorio, cardio-circolatorio e di conseguenza la morte. Anche come conseguenza di pressione intracanica alta di manifestazione immediata a causa di severa emorragia subaracnoidea, come nel caso della rottura con emorragia attiva e permanente di un aneurisma intracranico; queste definitivamente NON FURONO LE CIRCOSTANZE VERIFICATESI IN QUESTO CASO. Allo stesso modo, quando l’emorragia subaracnoidea ha una etiologia traumatica e se la suddetta emorragia fosse severa, di solito vengono ritrovate lesioni gravi associate strutturali nel tessuto nervoso che vanno dall’ematoma intraparenchimatoso, lacerazione e macerazione dell’encefalo, le quali non vengono descritte in quest’Autopsia. Concludo, conseguentemente, d’accordo con ciò che è stato scritto dalla forense e le osservazioni fatte, che l’emorragia subaracnoidea nel caso del signor TURRA, poteva essere da lieve a moderata”. Si sottolinea così che sarebbe stata importante la pratica di studi istiologici del cuore, fegato, reni e cervello con la finalità di potere stabilire la possibile condizione di consumatore costante di droga del defunto, però è noto che non vennero lasciati reperti per realizzare tali esami (maiuscole nostre - vedere il foglio 334 - 337 C. O. 3).

D’altra parte indichiamo che al dibattimento giunse una documentazione medica specialistica e straniera, tradotta grazie al Ministero degli Esteri, nella quale si fanno una serie di considerazioni per le quali si valuta che la morte sopraggiunse a causa di lesioni a livello della testa, è vitale che vengano considerate prima di arrivare a detta conclusione che “in primo luogo c’è la valutazione della lesione celebrale in sé stessa, se il danno si limita unicamente al cuoio capelluto e/o al cranio o se c’é danno nei centri vitali o EDEMA SIGNIFICATIVO CON PRODUZIONE DI ERNIA TONSILLARE E INFIAMMAZIONE DEL TRONCO DEL CERVELLO, E’ IMPROBABILE CHE UNA LESIONE PRIMARIA DEL CERVELLO CONDUCA ALLA MORTE”,  ricordiamo che l’Autopsia, descrivendo le lesioni al livello del cervello, parlò di un edema lieve (vedere foglio 113 C.O. 1). Nella suddetta documentazione viene fatta anche menzione della morte per lesioni alla testa, nella maggior parte dei casi non è immediata, ma ha bisogno di un certo tempo per produrre le conseguenze fatali secondarie di INFIAMMAZIONE E PRODUZIONE DI ERNIA DEL TRONCO DEL CERVELLO, per concludere si afferma che se la morte venne attribuita soltanto al trauma della testa devono esistere evidenze oggettive delle lesioni letali come emorragie subaracnoidee e/o subdurales, contusioni corticales e/o lacerazioni, emorragia intraventricolari e/o ernia del tronco del cervello e del cerebello, e/o trauma primario del tronco del cervello. Si osservi che la grande maggioranza delle lesioni descritte non sono riportate nell’autopsia e la patologa che le realizzò disse più volte nell’udienza che lei registrava fatti positivi e se qualcosa non era stato descritto nell’Autopsia era perchè non era stato visto o individuato; la documentazione specialistica dice anche che le emorragie subaracnoidee o subdurales piccole e isolate o contusioni cerebellari o celebrali piccole o limitate sono, in circostanze ordinarie, INSUFFICIENTI A PRODURRE LA MORTE  (maiuscole nostre - Vfl 10-11-12- C.O.7).

Durante la fase probatoria dell’Udienza del Consiglio di Guerra si riunì un gruppo di consulenti specialisti in aree della Medicina come la Neurochirurgia, Medicina Interna, Cardiologia, Traumatologia e Otorinolaringologia, aggiungendovi anche un Chimico Farmaceutico specializzato in Tossicologia, i quali contribuirono alla soluzione, con l’utilizzo del expediente (fascicolo), di una serie di domande formulate dalle parti, e rispondendo a una di queste domande espressero che “NON E’ POSSIBILE imputare al trauma cefalo-cranico il fattore determinante come causa di morte nel caso in questione, dato  che non esistono segni di ernie encefaliche (lobulo frontale, huncus dell’ippocampo e tonsille cerebellose), nè di emorragie intraparanchimatose del tronco celebrale,  che sono le responsabili della compressione delle strutture neurovegetative del tronco celebrale”, e anche nell’aggiunta successiva della loro perizia, gli esperti affermarono che il trauma encefalico subito dalla vittima non fu severo, visto che non furono trovate aree di lacerazione, contusione ed edemi severi ed emorragie intraparanchimatose del cervello (V.fl.C.O.9-121-122 C. O. 10).
Si osservi come esistono due opinioni espresse da persone diverse in relazione alla causa di morte registrata nell’autopsia e che queste persone presero come base le descrizioni delle lesioni riportate nel suddetto Protocollo, allo stesso modo aggiungiamo che compare una documentazione medica straniera che appoggia ampiamente il contenuto delle risposte date a cui abbiamo fatto prima allusione.

L’Autopsia, per essere un lavoro tendente a stabilire le cause della morte e la relazione causale tra la lesione e il risultato fatale, costituisce evidentemente un’attività di perizia e come tale chi la realizza ha l’obbligo di esporre il proprio giudizio con chiarezza, esattezza, precisione e, inoltre, deve essere conseguente anche nelle aggiunte o dichiarazioni inerenti al suo lavoro, circostanze che a nostro parere non si verificano nel caso della dottoressa ANA MAGOLA MANGA, dato che risulta inspiegabile il fatto che nell’Autopsia abbia indicato in modo categorico che GIACOMO TURRA fosse morto a causa di un trauma craneo encefalico severo, e successivamente e durante lo sviluppo dell’indagine penale, (quando) il Fiscal Sexto de la Unidad especializada de Vida , con sede in questa città, mediante oficio n. 4812/131095, le chiese di rispondere ad un formulario e (in particolare) una delle domande si riferiva a “secondo l’esame interno al protocollo, il cervello di TURRA soffrì edema lieve che produsse, come causa finale, la sua morte”, la suddetta professionista, mediante oficio n.551-95 CV del 31.10.95, rispose che dato ci fu trauma encefalo cranico severo con emorragia nel tronco, “QUESTA PUÒ ESSERE STATA LA CAUSA DELLA MORTE” (V.fl. 239-C. allegato n.6-FL. 13 C.A. 7), frase che denota insicurezza e mancanza di convinzione nel consulto, dato che in nessun momento contiene una risposta decisa, concreta e precisa, al contrario si spiega il trauma encefalo cranico come una possibile causa di morte e non c’è bisogno di essere un esperto in semantica per sapere e capire che le frasi tra virgolette “questa può essere stata la causa” e “questa fu la causa” hanno un senso, una connotazione e un significato ben diverso, la prima, come abbiamo detto, enuncia una possibilità e la seconda una certezza, inoltre successivamente e nella fase del processo la medicopatologa considera il trauma encefalo cranico come la causa più evidente di morte, però se le viene detto che c’era cocaina si sarebbe potuto aggiungere “anche l’effetto della cocaina” (V.fl.24 C.O.10), è questa la ragione per cui ci sorprendiamo dell’atteggiamento ambivalente e persino incoerente della distinta dottoressa MANGA CELENIO.

Un’altra situazione evidente è che nell’Acta di Autopsia, facendo riferimento alla dentatura, si dice che questa sia naturale, il fatto particolare e trascendentale di questa vicenda è che l’identificazione di GIACOMO TURRA da parte della sua famiglia si produsse grazie al fatto che questo aveva una protesi o un dente artificiale, di questo lasciò certezza la stessa Fiscalia e anche lo confermò sotto la gravità del giuramento la signora MARIA FAVA (V.Fl 75-168-174 C. 0.1), persona che è stata in contatto diretto con i familiari del morto durante la loro permanenza nella città, tale situazione ci evidenzia che l’autopsia non si fece con la dovuta attenzione che una attività di tale natura merita e questo non lo dice el despacho, ma lo fa presente il dottor PIERO INNOCENTI, funzionario della delegazione diplomatica d’Italia nel nostro paese che in uno dei tanti interventi che fece questa entità all’interno dell’indagine penale che la Giustizia Colombiana iniziò, considerò che il suddetto protocollo in virtù della situazione narrata “presenta elementi di IMPRECISIONE E SUPERFICIALITA’” (V.Fl.12-C.A.7 maiuscole nostre).
 

Infine, come si è potuto osservare, in una prima fase si presentano manifestazioni di critica e di risposta del risultato e della conclusione dell’Autopsia sugli elementi determinanti la morte di GIACOMO TURRA, in una seconda fase si scoprono situazioni che rispecchiano insicurezza nel contenuto della perizia emessa e alla fine è lo stesso Stato italiano, nella persona di uno dei suoi agenti, a qualificare duramente il modo in cui si è svolta l’Autopsia, ricordiamo che lo stesso agente la qualifica come imprecisa e superficiale e questi aggettivi, con tutto il rispetto che merita la dottoressa che realizzò l’Autopsia, non sono lontani dalla realtà, dato che nella descrizione nel Protocollo di bocca, labbra e dentatura e nell’indicazione sbagliata di quest’ultima come naturale, necessariamente dobbiamo dire che l’osservazione macroscopica del cadavere non è stata nè attenta, nè precisa, visto che la dottoressa aveva detto che tutto ciò che non aveva descritto non esisteva, c’è da dire che persino i funzionari che assistettero all’atto di riconoscimento e rimozione (levantamiento) del cadavere e che non sono esperti forensi notarono questa situazione parlando di dentatura naturale incompleta, d’altra parte sapendo che di solito il perito fa un’Autopsia dopo l’Acta di rimozione (levantamiento) del cadavere e, sapendo anche, che il rapporto su questo atto è un punto di riferimento per il medico forense, ci sembra ancora più strano che, avendo lei ricevuto la segnalazione e avendo lei conoscenza del Acta, abbia affermato che la suddetta protesi non esisteva. La dottoressa conosceva suddetto documento dato che durante il processo ha fatto riferimento alla richiesta, che pur si trova su quel documento, di eseguire degli esami di laboratorio per individuare eventuali presenze di psicofarmaci e alcolemia (Fl.23 C.O.10), nonostante avesse ignorato o non letto la segnalazione sulla dentatura naturale incompleta, in ogni modo GIACOMO TURRA aveva una protesi dentale che permise la sua identificazione e la dottoressa medico-forense, avendo esaminato la sua bocca, non poté precisare o identificare tale particolarità. Non è il caso di dire che tale protesi non esisteva perchè questo, necessariamente, ci porterebbe a pensare che la famiglia del morto mentì su questo aspetto e questo ci sembra inaccettabile.

Conseguentemente con ciò che abbiamo esposto, è evidente che dobbiamo esaminare se l’autopsia in sè stessa e in particolare se le lesioni ricevute dal morto furono realmente la causa unica e diretta della morte del giovane italiano, l’autopsia non ci permette di arrivare a una conclusione definitiva e incontrovertibile, proprio per le inconsistenze segnalate dagli esperti, per la mancanza di certezza e convinzione nei giudizi determinanti e la evidente superficialità e imprecisione nello sviluppo di questo lavoro di perizia, tutto questo, insistiamo, lo diciamo avendo un assoluto rispetto verso la persona che compì questo lavoro, dobbiamo puntualizzare che in questo caso, anche se la dottoressa aveva una visione diretta e macroscopica dell’oggetto in esame, quello che abbiamo notato precedentemente rispecchia che ciò non è stato fatto con la dovuta attenzione.

Sul consumo di cocaina da parte del morto segnaliamo che a Bogotà vennero realizzate delle prove di laboratorio, il risultato delle stesse è stato positivo per cocaina e cannabinoide, tali perizie furono contestate dalla rappresentante della famiglia del morto e il Tribunale Superiore Militare accettò la loro contestazione, principalmente per lo stato di rottura del sigillo della custodia di tale campione e per l’inconsistenza degli appunti presenti nei fogli di lavoro usati per suddetta perizia, allo stesso tempo si considerò la contraddizione tra i risultati negativi iniziali e i positivi successivi, tutto ciò portò la Fiscalia  ad intraprendere un’indagine sul personale dell’Istituto di Medicina Legale che terminò con un auto Inhibitorio, su questa situazione si è già parlato sufficientemente all’inizio dell’udienza specialmente per merito della Parte Civile, e nonostante la parte civile, intervenendo nella fase di Alegaciones, toccò un’altra volta questo argomento, pensiamo di non approfondire più questo aspetto, dato che nel Plenario (Dibattimento) esiste chiarezza perchè (questo aspetto) è stato già discusso, ma è bene chiarire che la Parte Civile contesta che le analisi di laboratorio di Bogotà sui campioni di urina e rene di  GIACOMO TURRA abbiano dato un risultato positivo di presenza di cocaina e negativo di cannabinoide per quanto riguarda il rene e positivi entrambi per quanto riguarda le urine, visto che il rene è il filtro delle urine, su questo non riteniamo che ci sia qualcosa di oscuro, dato che nell’indagine eseguita in seguito all’accusa di falsità contro membri dell’Istituto di Medicina Legale, è stato designato un perito tossicologo che alla domanda sulla possibilità di una tale situazione rispose affermativamente, dando una spiegazione tecnica in proposito (V.Fl. 344 -388 -C.O.9-), allora la risposta data alla Parte Civile su questo particolare è stata chiara e con una spiegazione precisa; di fronte all’obiezione dichiarata il Consiglio di Guerra applicò l’articolo 516 del nostro Statuto punitivo e da qui, nel laboratorio di Tossicologia del Medical Examiner Department di Miami (Florida) e sul resto di urina del morto, vennero realizzate prove di laboratorio e individuata cocaina in alta proporzione e tutti i suoi metabolitos principali (V.Fl C.O. 9) in questo punto è importante chiarire che i campioni oggetto di perizia di Miami non fanno parte del gruppo di campioni che furono mandati a Bogotà e che, al momento dell’esame, i risultati ottenuti furono contestati e l’obiezione è stata accolta, in altre parole pensiamo che i campioni inviati a Miami e i conseguenti risultato nulla hanno a che vedere con le obiezioni suddette, e lo diciamo in maniera fondata  nella seguente relazione cronologica: nell’Indagine Preliminare che la Fiscalia iniziò per falsità contro membri dell‘Istituto Nacional di Medicina Legale,  si ordinò mediante auto di praticare un’Ispezione Giudiziaria nelle installazioni di questa entità nella città di Barranquilla, quell’ordine  si compì e nello svolgimento dello stesso venne trovato un resto del campione di urina preso al defunto, e nell’ambito di questo compito si ordinò di prendere le dovute misure di sicurezza e di imballaggio di questo campione che venne dato in custodia ad un funzionario di tale Istituzione, che si compromise in questo compito, e nella sua esecuzione firmò l’atto corrispondente, tutto ciò mentre per disposizione della Fiscalia venivano spediti i campioni a Bogotà (V. Fl.239-240-241-242-243 C.O.9), bisogna ricordare che tutte queste misure vennero realizzate nel mese di febbraio dell’anno immediatamente precedente, poi il Fiscal secional 86 con sede in Bogotà, che realizzò  suddette misure mediante auto, ordina al Direttore Nazionale dell’Istituto di Medicina Legale di spedire i campioni localizzati nella città di Barranquilla a quell’indirizzo, raccomandando l’imballaggio adeguato e mediante oficio 2997 SSF/100397 la Subdirezione di Servizi Forensi di Medicina Legale informa la Fiscalia Secional 86 suddetta che i campioni richiesti da questo ente giuridico si trovavano nell’ufficio del Direttore Generale dell’Istituto Nazionale di Medicina Legale sotto custodia (V.Fl. 257-259- 263- C.O. 9-106 e seguenti c.O. 8);  termina l’indagine contro i membri di Medicina Legale con auto Inhibitorio e si ordina di attribuire agli ordini del Juzgado Primera Instancia di questa Unità il già più volte menzionato residuo (V.Fl. 409-410 C.O. 9-).

Iniziato il Consiglio di Guerra la presidenza dicta providencia nella quale ordina richiedere rapporti alle Autorità competenti sull’eventuale loro possesso di campioni di urina, sangue e rene del morto, e questo al fine di sottoporre gli stessi a studi tecnici rivolti a determinare la presenza o meno di cocaina, marijuana e alcool, furono mandate le comunicazioni opportune e  la Direzione Regionale Norte dell’Istituto di Medicina Legal ubicata a Barranquilla, risponde che non hanno residui di campioni del morto e informano che spedirono ai laboratori della sede centrale di tale Istituzione a Bogotà un beaker con una sostanza giallastra, campione che, aggiunge, è stato ricevuto mediante acta e tale spedizione si fece mediante oficio emanato dalla Direzione Regionale già nominata datato il 07.03.97, da parte sua il Direttore Generale dell’Istituto di Medicina Legale risponde che nè in questa città e nè a Barranquilla esistono campioni di GIACOMO TURRA, però che a Santa Fè di Bogotà si trova un campione d’urina appartenente al defunto e che fu consegnato dalla Fiscalia 86 (V.Fl. 67 e seguenti. -102-104-105-106-107-108- 533-534 C.0.8), ricordiamo e abbiamo ben presente che la Fiscalia 86 alla quale allude il Direttore Generale di Medicina Legale nel suo oficio,  ha trovato a Barranquilla un campione di urina del defunto e ha disposto il suo invio, sotto custodia, alla Medicina Legale di Bogotà e in conseguenza questo campione fu quello che venne spedito a Miami per la prova descritta (V.fl. 654-655- C.0.8-425-428-429-C.0.9), dato che allora questa era l’unico campione o residuo del morto che si aveva.

Allora insistiamo nel dire che è chiaro che quel campione e il risultato del suo esame a Miami non ha nessun vincolo con i risultati periziali che sono stati oggetto di contestazione, ed è così chiaro che come si poté comprendere questo campione è rimasto nella città di Barranquilla fino all’anno precedente e come si è ricordato le perizie oggetto di obiezione furono realizzate in Santafé di Bogotà nell’anno 1995 e queste obiezioni vennero basilarmente motivate dalla rottura del sigillo della custodia e dalle inconsistenze delle annotazioni condensate nei fogli di lavoro impiegati nella Medicina Legale di Bogotà per compiere il lavoro periziale successivamente oggetto di obiezione, conseguentemente la cosa importante è che i risultati di Miami furono positivi, e in alte proporzioni,  per quanto riguarda la cocaina.
Bisogna sottolineare che la perizia di Miami è stata compiuta in un laboratorio specialistico, utilizzando tecnologia avanzata e realizzato dal suo direttore Dr. WILLIAM LEE HEARN, persona molto esperta nel tema, visto che è Ph.D., ossia che da una parte il campione inviato per esami a Miami è assolutamente estraneo ai campioni e esami (oggetto di contestazione) realizzati a Bogotà nel 1995, poiché sebbene tutti questi campioni abbiano la stessa origine corporale, quella rimase a Barranquilla fino all’anno passato e questa viaggiò nella capitale della Repubblica due anni prima e oltre tutto, il lavoro periziale negli Stati Uniti è stato realizzato da un’istituzione esperta in questo campo, con tecnologia di primo grado e con un personale altamente qualificato, tutto questo ci dà la misura della bontà, trascendenza e dell’importanza di questa perizia. Per la giuria è chiaro che il morto nel momento dei fatti aveva consumato cocaina in alta proporzione e ugualmente aveva ingerito alcol e si sa anche che il consumo di cocaina avvenne qualche ora prima del suo lamentevole decesso e questo dato è fornito basilarmente dalla perizia effettuata dal Dr. WILLIAM LEE HEARN.

Al paginario si sono aggiunti attestati che mettono in luce che GIACOMO TURRA, durante la sua permanenza in questa città, ha consumato stupefacenti, ci riferiamo alle dichiarazioni dei coniugi JOSE RIZO DELGADO e LINA MARIA ACOSTA ARANGO, vicini del morto , che, sotto giuramento, hanno spiegato che l’odore della marijuana, da lui consumata, danneggiava LINA MARIA, soprattutto per il suo stato di gravidanza, e ancora di più il signor RIZO DELGADO dice che l’odore di marijuana entrava per la finestra e questo succedeva ogni giorno (V.Fl. 107 a 110 C.O. 1), perfino nella stessa notte dei fatti il morto ebbe un comportamento abbastanza strano come attesta ORLANDO LOPEZ ARRUBLA, tassista, secondo cui quella notte un giovane che lui descrive sudatissimo, disperato con un maglione allacciato alla cintura, che dava l’impressione di essere inseguito, gli chiese di servirsi del taxi, servizio da lui negato a causa del suo comportamento, così come fecero anche i suoi colleghi tassisti, conclude dicendo che il comportamento di quel ragazzo era quello di una persona sotto l’effetto di droga, e sostiene che di avere saputo dopo che era morto in circostanze strane, a sua volta JORGE EULISES ONOFRE CONEO dice che nel locale dove lui lavora come cameriere arrivò un giovane nervoso, sudato, che guardava da tutte le parti, che si mise sotto una tavola del locale, che il suo aspetto non era quello di una persona normale, a cui gli si domandò che gli stava succedendo e lui rispondeva con sussurri in italiano; l’agente LUIS GERMAN SILGADO VILLA, che in quella notte faceva servizio nel CAI del Laguito, narra che in quel luogo arrivò un giovane in stato alterato, pallido, che non diceva nulla, che correva da un lato all’altro e che andò al locale Riquisimo  e che si mise sotto un tavolo, dice che arrivarono in quel locale per evitare danni, che il giovane uscì ancora verso il CAI per poi prendere la direzione del quartiere di Bocagrande, nello stesso senso si pronuncia l’agente VICTOR CABARCAS WONG, compagno di turno del teste precedente (V. fl. 88 C.A 6- 409-410-411-412-414-415-430-431-432 C.O.1); sul comportamento del giovane GIACOMO TURRA, durante l’arrivo e la sua permanenza nel ristorante Mee Wah, si pronunciano ampiamente le persone che stavano in quel luogo e dalle loro affermazioni si apprende che arrivò nello stato identico o simile a quello descritto dai suddetti che rilasciarono queste deposizioni, e che in ogni caso non era anormale  (? del traduttore).

Si noti che certamente il morto, stando in Colombia, come viene assicurato dai testimoni, consumava droghe e quella notte ebbe un comportamento insolito, cosa che portò perfino a una delle persone che ebbero contatti con lui in quell’occasione, a pensare che era drogato, tutti questi antecedentes probatorios narrati e le testimonianze rafforzano il risultato della perizia compiuta negli Stati Uniti, anche se è il caso di affermare che la giuria conosce la posizione sociale, culturale e accademica che sicuramente aveva il defunto nel suo paese, ma non possiamo dimenticare che in questa città lui  riuscì ad entrare in contatto con il mondo delle droghe e che la cosa lo danneggiò molto, fino al punto che LINA MARIA ACOSTA ARANGO racconta che quando arrivò era un bel ragazzo e che poi il suo aspetto fisico si deteriorò, proprio come accadde ad un ragazzo di una pubblicità passata in televisione all’epoca, nella quale si mostrava il cambio e la decadenza della sua fisionomia in conseguenza del consumo della droga. Quello che abbiamo esposto fino ad ora ci porta a dire che, tenendo presente il contenuto della perizia compiuta da consulenti specializzati nell’Udienza e il risultato  dell’esperto negli Stati Uniti, il decesso è intimamente legato al consumo di sostanze allucinogene e che, in conseguenza di questo, si sono prodotte le lesioni che apparirono a livello cranico e molte di quelle che aveva nel suo corpo, chiaro che di queste ultime cose si tratterrà ampiamente più avanti.

Al fine di toccare tutti gli aspetti di questo processo passiamo a considerare la possibile responsabilità degli incriminati nella morte del giovane GIACOMO TURRA, e per questo faremo un’astrazione dell’ipotesi che questi morì in conseguenza dei politraumatismi e che non aveva consumato allucinogeni nel giorno in cui avvennero i fatti, ripetiamo che si tratta di una mera ipotesi, diciamo che è necessario studiare le prove a carico che esistono nel plenario (dibattimento) e queste, secondo le ragioni portate nel plenario sono di ordine testimoniale, periziale e indiziario, incominceremo con le prime:

JULIO LONDOÑO: si tratta di una persona che al tempo dei fatti collaborava con l’amministrazione dell’appartamento in cui abitava il defunto e inoltre abitava nel Edificio Los Delfines del quale faceva parte il suddetto appartamento, all’accadere dei fatti egli stesso ammette che non era presente e che vi arrivò dopo, ci sarebbe da chiedersi in cosa è fondata l’importanza testimoniale di questa persona e potremmo rispondere in vari aspetti; il primo si riferisce al fatto che secondo le sue parole gli agenti entrarono nell’appartamento abitato da GIACOMO TURRA senza autorizzazione o senza l’ordine dell’autorità competente per cui precisiamo che il Consiglio Superiore della Magistratura (Judicatura), al dirimere il conflitto di competenza nella documentazione paginario, considerò che il fatto punibile per VIOLAZIONE DI DOMICILIO ALTRUI, sorto dal presunto ingresso arbitrario degli implicati nell’appartamento de marras, doveva essere noto alla giustizia ordinaria il che implica che l’ufficio ovviamente non sia tenuto a conoscere il fatto punibile, però ciò non può costituire un ostacolo affinchè nella dinamica dell’analisi probatoria, necessaria per ogni sentenza, si facciano alcune considerazioni sulle testimonianze di JULIO LONDOÑO, come già detto lui riferisce che gli implicati entrarono nell’appartamento senza essere autorizzati, giacchè questo permesso lo poteva dare solo l’amministratrice dell’edificio che in quel momento non era presente (v. fl. 66 C.A. 8), è accaduto che durante lo svolgimento dell’indagine si ascoltò la dichiarazione del signor DAVID ESPRIELLA ROMERO, custode del Edificio Los Delfines, che riferiva che la polizia era arrivata al ristorante Mee Wah portando via la vittima e in seguito erano tornati verso l’edificio e richiedendo un permesso per entrare nell’appartamento dove alloggiava GIACOMO TURRA, aggiungeva che avevano detto loro di aspettare mentre chiamavano l’amministratore, poichè lui aveva l’ordine di non lasciare passare nessuno se questa persona non era presente, per cui chiamarono JULIO LONDOÑO e il testimone sottolinea dicendo che il signor JULIO diede loro il permesso di entrare (V. fl. 276 a 289 C.O. 2), notiamo che già c’è un testimone estraneo alle parti interessate, che va contro le testimonianze di JULIO LONDOÑO già commentate, d’altra parte teniamo in conto che gli agenti non dovevano per forza sapere che JULIO LONDOÑO non poteva dare quel permesso, come narra DAVID ESPRIELLA, è stato lui a dir loro di aspettare l’amministratore dell’appartamento, ciò prima della richiesta di permesso che loro fecero.
 

Un’altra circostanza che va valutata è quella che JULIO LONDOÑO nella dichiarazione resa nell’aprile 1996 e davanti al Tribunale 59 di Instrucciòn Penale Militare, sotto il peso del giuramento, ha dichiarato che il custode dell’edificio lo aveva svegliato dicendogli che alcuni agenti della Polizia sarebbero saliti all’appartamento del morto e che quando era salito aveva trovato la porta principale aperta e gli agenti si disponevano ad aprire l’altra che era di legno, ciò implica che prima erano saliti i poliziotti all’appartamento e in seguito lui aveva fatto tale cosa, bisogna segnalare che una dichiarazione simile era stata resa dal suddetto testimone davanti alla Fiscalia nel Febbraio dello stesso anno (V.fl.117-118 C.O.2-159 C.A.7), dal canto suo DAVID ESPRIELLA, testimone già indicato, in relazione a quest’aspetto, dice che la Polizia salì con il signor LONDOÑO nell’appartamento; come se non bastasse la Fiscalia ispezionò il libretto di appunti che portava con sè quando successero i fatti nel Edificio Los Delfines ed è risultato che in quel testo appariva un’indicazione per la quale alle 1.15 A.M. erano saliti all’appartamento 304 il sergente LLANOS e vari agenti, e poi che “LI AVEVANO ACCOMPAGNATI  JULIO LONDOÑO e il vigilante di turno” (V.fl. 277 C.O.2-181 A.7), ma la questione non finisce lì, JULIO LONDOÑO il 13 settembre 1995 aveva dichiarato sotto giuramento che era salito con i poliziotti all’appartamento, il giorno dopo questa dichiarazione testimonia di nuovo ma davanti ad altre autorità e di nuovo sosteneva che gli agenti erano arrivati all’edificio ed erano saliti con lui all’appartamento (V.fl.66C.A11-64C.O.1).
 

Qui inizia a rendersi evidente una metamorfosi nel testimone, dato che inizialmente si convince a dire che era salito con gli agenti, ma dopo un certo tempo in maniera sottile ma evidente sostiene il contrario, arrivando a chiarire che al giungere all’appartamento i poliziotti avevano aperto la porta principale di questo, essendo contraddetto nell’uno e nell’altro caso da DAVID ESPRIELLA e per primo da una prova documentale nata nello stesso Edificio; tutto questo ci fa meditare sui motivi che avrebbe questo signore per sostenere una cosa e poi l’altra, la particolarità del caso è che dietro istanza di JULIO LONDOÑO si è lasciata testimonianza scritta e nel libro dell’edificio dell’ingresso degli agenti nell’appartamento del morto, ciò si evidenzia da quanto dichiarato sotto giuramento da JULIO LONDOÑO (V.fl.120C.O.2).  Dal momento che si parla di contraddizioni è importante sapere ciò che al riguardo dice la dottrina, per esempio il maestro ALTAVILLA indica che può accadere che il testimone abbia dichiarato en diligencia testimoniale previa o in altro processo e anche che nello stesso lo si chiami ad ampliare la sua testimonianza, in tal caso aggiunge lo studioso “la concordanza o armonia tra le varie dichiarazioni è così necessaria per L’EFFICACIA DELLA PROVA, come quella che deve esistere in una stessa e il giudizio per applicare è uguale” (Maiuscole fuori dal testo).

Apriamo una breve parentesi per segnalare qualcosa che ci sembra molto curioso quando si parla delle minacce contro questo testimone, le quali ,si capisce, hanno dato luogo ad un processo penale da parte della giustizia ordinaria; in ogni caso ciò che si vuole commentare in maniera marginale e ovviamente senza voler invadere l’orbita di quella giurisdizione della quale siamo molto rispettosi è che, avendo JULIO LONDOÑO sostenuto reiteratamente di essere stato minacciato dagli imputati, commentai questo fatto ad un capitano della polizia, che era andato a prelevarlo per portarlo a dichiarare davanti al giudice che conosceva il caso e quello gli raccomandò che dicesse ciò a detto funzionario, ma, aggiunge questo testimone, di essersi dimenticato di farlo e che quando si era incontrato un’altra volta con quel funzionario allora si glielo aveva detto; ciò che è curioso e inspiegabile in tutto questo è chi è stato minacciato dagli interessati in un processo in cui deve dichiarare, è difficile che non ne tenga conto soprattutto se è stato membro della Forza Pubblica, senz’altro conoscitore delle connotazioni che un fatto del genere possono avere per il minacciato, il quale gli aveva raccomandato di farlo presente all’autorità giudiziaria(V.fl.19C.A7).

Un’altra situazione che risalta nella testimonianza di JULIO LONDOÑO è quella della dichiarazione resa nell’aprile 1996, in cui dice che stando la polizia nell’appartamento e mentre stavano per andare via, gli mostrarono un recipiente trasparente del quale sostenevano contenesse droga, ma avverte che quando lui era in piedi vicino al tavolo non aveva visto tale recipiente  ma lo aveva visto quando erano tornati a perquisire (V.fl.117 e ssC.O.2), queste testimonianze vagliate attentamente lasciano sottilmente l’idea che erano stati gli agenti a collocare sul tavolo il recipiente con cocaina ma torniamo indietro alle dichiarazioni rese da JULIO LONDOÑO prima di questa, il 13 settembre 1995 : viene ricevuta la dichiarazione del testimone dalla Oficina de I vestigaciòn y Disciplina de Comando del primer Distrito de Policia e niente aveva detto sul particolare, il giorno dopo si era presentato davanti a un Funcionario del Comisionado Nacional para la Policia e diceva che aveva notato nell’appartamento e sul tavolo centrale un contenitore come per il rullino fotografico e che la polizia aveva indicato che era cocaina, è chiaro che aveva prima manifestato nello stesso testo giudiziario che i poliziotti avevano perquisito le stanze e il salotto, che non sapeva se avevano lasciato o portato via qualcosa, il giorno dopo veniva ascoltato in dichiarazione dal Cuerpo Tecnico de Investigaciòn e sosteneva che aveva chiesto ai poliziotti perchè dovevano aprire l’appartamento e che loro gli avevano risposto che il ragazzo era morto, e aggiungeva immediatamente: io guardai le loro mani e portavano solo una radio, in seguito aggiungeva che era rimasto nel salotto dell’appartamento e che qui loro avevano visto un piccolo recipiente sul tavolo del salotto e avevano detto questa è cocaina (V.fl.66.C.A.11-69C.A.6-64C.O.1), possiamo osservare che in queste due dichiarazioni le manifestazioni del testimone hanno un senso diverso da quella resa nell’aprile 1996, giacché in una dice che non sa se gli agenti avevano lasciato o portato via qualcosa nell’appartamento, nell’altra dice che costoro entrando nell’appartamento non portavano altro nelle mani che una radio e che erano stati gli stessi a vedere il recipiente con la supposta cocaina, per il resto siccome il testimone aveva detto alla Fiscalia che era rimasto nel salotto dell’appartamento durante la perquisizione degli agenti e in questa si trovava il tavolo sul quale c’era il recipiente, risulta assurdo che il testimone non si sia accorto di quando i poliziotti mettevano il recipiente sul tavolo, così come velatamente si voleva far intravedere nella dichiarazione dell’aprile 1996 compiuta nel Juzgado 59 I.P .M , certamente a DAVID ESPRIELLA , che come si sa aveva accompagnato JULIO LONDOÑO e gli agenti all’appartamento, si è domandato se costoro prima di entrare nello stesso portassero qualche elemento o il suddetto recipiente e lui rispose al Instructor che non vide nessun recipiente e che essi erano entrati a mani vuote, soltanto con la radio per le comunicazioni che il sergente portava (V.fl. 279 C.O. 2).

Il confronto e la valutazione probatoria anteriore ci permettono di indicare che non esiste una prova determinante ed incontrovertibile che ci porti a concludere senza il minimo dubbio che il recipiente che presumibilmente conteneva cocaina fosse stato lasciato nell’appartamento dagli imputati e parliamo del supposto contenuto di alcaloide, in ragione del fatto che MARIA BELCAMINO DE FAVA in dichiarazione giurata, aveva segnalato che il padre del morto al controllare gli effetti personali del figlio,  “AVEVA ORDINATO DI GETTARE” detto recipiente col suo contenuto e dichiara che questo venne buttato nella spazzatura(V.fl.77 C.A.6), circostanza, questa, che, bisogna dirlo, costituisce soppressione di una fonte di prova e il proposito di questo atteggiamento non è chiaro ma comunque ha impedito alla giustizia di avere un altro elemento di convincimento all’interno del sano principio della ricerca integrale i fattori motivanti  che hanno portato  SISTO TURRA a procedere in quel modo, solo lui li conosce ma la materializzazione di quel proposito ha lasciato un chiaro risultato, che è stato quello di privare la giustizia colombiana di un ingrediente probatorio che avrebbe potuto essere importante; infine non è provato che gli imputati avessero lasciato quel recipiente nell’appartamento del morto, ma è provato che il padre di questi ordinò la sparizione dello stesso e del suo contenuto.

Insomma, l’efficacia probatoria del testimone é parecchio messa in  discussione e, ancor peggio, sulle modalità di svolgimento dei fatti lui non poteva apportare nient’altro al processo, dato che non era presente quando questi fatti accadevano, come egli stesso ammette nelle sue dichiarazioni; il tutto si è ridotto al fatto che ha detto che i poliziotti erano entrati nell’appartamento senza permesso e all’insinuazione che costoro avevano lasciato della droga sul tavolo, ma i commenti precedenti evidenziano l’inconsistenza di entrambi gli aspetti.

RAQUEL MALDONADO:  questa testimone la sera del delitto stava lavorando a Presto; racconta di essere uscita da quel luogo e di aver visto un poliziotto dare un calcio al defunto che veniva subito dopo buttato in una macchina, il tutto, secondo la donna, avveniva all’esterno del ristorante Mee Wah; studiando integralmente questa dichiarazione ci troviamo davanti a situazioni che denotano imprecisione, per esempio la testimone dice di aver visto quando gli veniva dato il calcio “ma non ho visto dove glielo ha dato”, ciò vuol dire che secondo lei ciò che ha realmente visto è stata l’azione fisica che implica il movimento della gamba diretta a colpire il defunto, ma non identifica quale parte del corpo ha ricevuto l’aggressione, le si è domandato se saprebbe riconoscere il Poliziotto che si suppone sia colpevole dell’aggressione e ha risposto negativamente dato che, ha ammesso, non ha una buona vista e per poter riconoscere le persone deve trovarsi molto vicino.

Teniamo presente che l’efficacia probatoria di una testimonianza esige che chi la depone non abbia difetti a livello degli organi di percezione, il che è ovvio dato che quei problemi fisici possono incidere nella veridicità di ciò che viene osservato, perciò ci sembra illogico che la testimone, quando le venne chiesto se aveva visto il defunto con le ferite che comparivano in una foto che le si faceva vedere nella quale risaltavano soprattutto lesioni sul volto del ferito fra le quali ce n’era una all’altezza del mento di circa due centimetri, abbia risposto che non lo aveva visto con quelle lesioni e che se lo avesse visto si sarebbe ricordata facilmente, dal momento che aveva detto precedentemente, quando le era stato chiesto di riconoscere il poliziotto aggressore, che non poteva per problemi alla vista e che per riconoscere qualcuno aveva bisogno di trovarsi vicino, ciò vuol dire che lei per il problema visivo non poteva riconoscere il volto dell’agente aggressore ma era riuscita, sempre con lo stesso problema alla vista, a vedere che il defunto non aveva una ferita di due centimetri sul mento, un edema leggero e una lieve ecchimosi nella piramide nasale e addirittura aree ecchimotiche di ampiezza di un centimetro all’altezza della parte anteriore del collo, lesioni tutte descritte nell’Autopsia (V.fl. 112C.O.1-75-76 C.A.8-205-206 C.A. 6), situazione che contrasta con il senso comune, dato che si ha un problema alla vista che impedisce di riconoscere il volto di un aggressore ma lo stesso problema non impedisce di notare l’assenza di ferite di scarsi centimetri situate sul volto e sul collo del morto, dato che l‘uno e l’altro si trovavano alla stessa distanza dalla testimone in questione .

RAQUEL MALDONADO parla in maniera insicura quando dice che il defunto portava dei pantaloncini al momento dei fatti, ma basta che ci rimettiamo al Acta del Levantamiento del Cadaver per accorgerci che non è vero, dato che la descrizione degli abiti del cadavere indica che portava un pantalone jeans blu e scolorito; infine l’unica cosa che lei ha messo in risalto è il fatto dell’aggressione (il calcio), aggressione che alla fine non si sa se sia arrivata a destinazione e se così fosse, che parte di GIACOMO avesse colpito, il resto è  pura incertezza giacche dice di non essersi resa conto se lo avevano buttato per terra o nel sedile dell’auto, non ricorda se era a testa in giù o dritto, se le sue mani erano legate, se era rivolto con la faccia all’aria o al contrario, infine cade in un mare di imprecisioni ed incertezze, la sua capacità di ricordare è debilitata in tutti quegli aspetti. Davanti a questo cumulo di considerazioni è poca l’entità probatoria che ci lascia questa testimone.

INGRID LAMPREA OKAMEL:  Si tratta di una persona che abitava nello stesso edificio del morto e che si dedicava all’amministrazione degli appartamenti in quell’edificio, lavoro a cui collabora JULIO LONDOÑO e in uno di quegli appartamenti alloggiava GIACOMO TURRA. Circa i fatti, narra che dalla finestra dell’appartamento che occupava, aveva potuto osservare che il defunto era legato, buttato a terra e un poliziotto gli teneva il piede sul petto, è questo l’aspetto più rilevante nella dichiarazione di questa persona, ma ugualmente dobbiamo fare presente che la stessa testimone si è incaricata di indicare in maniera chiara che dalla distanza in cui lei si trovava non poteva percepire se esisteva pressione o no sulla persona, questo per rispondere alla domanda se secondo la sua percezione era possibile che uno dei Poliziotti poggiando il piede sul petto del giovane italiano lo avesse potuto ammazzare; in seguito la testimone aveva dichiarato riferendosi allo stesso tema che non poteva determinare se la pressione che il piede dell’Agente faceva sul corpo di GIACOMO aveva prodotto in lui qualche lesione; durante l’udienza, la parte civile chiese al medico patologo GUILLERMO ROVIRA ROSALES se era possibile che appoggiare uno stivale nella regione toracico-addominale di GIACOMO TURRA e imprimere su questa una forza indeterminata potesse causare lesioni a livello del colon con perdita interna e questo medico considerava che ciò era molto difficile, dal momento che per produrre questo tipo di lesione bisogna imprimere una certa velocità (V.fl.102 C.O.1-122 C.O.2-66 C.O.10-29 C.O.3); si tenga presente che la testimone ha affermato che non poteva dire se c’era stata pressione o no sulla vittima e all’esperto sembra molto difficile che l’attività raccontata dalla testimone possa comportare una lesione come quella descritta nella domanda; infine esiste soltanto ciò menzionato da INGRID LAMPREA sul fatto che un poliziotto poggiava il suo piede sul petto del morto.
 

Dichiara questa signora che GIACOMO TURRA, al momento di essere condotto dai poliziotti, aveva le mani legate davanti con una corda e in quel modo veniva portato sul veicolo della polizia ma i testimoni ALVARO DRIAZA, SULAY CHING e JORGE VILLA CASTRO, in relazione a questo punto, dicono che si è utilizzata una cintura per legargli le mani dietro la schiena; nell’ispezione giudiziaria realizzata con la ricostruzione dei fatti si è determinato che le mani erano legate in quel modo, per di più la stessa dottoressa AMIRA FERNANDA OSORIO segnala che quando TURRA era arrivato all’ospedale aveva le mani immobilizzate dietro la schiena (V.fl.93-322 C.O.1-30-146 C.O.3-72 C.O.4), ecco qui un’altra incoerenza nella dichiarazione analizzata.
 

INGRID SONIA LAMPREA in una delle sue dichiarazioni sostiene che TURRA non poteva essersi causato la ferita al mento e nell’autopsia questa viene descritta; ci sembra incoerente tale posizione testimoniale dato che la stessa testimone in un’altra deposizione resa alla Fiscalia, confessa che da quella distanza non aveva identificato il volto dell’offeso e se è così come si permette di dire che questi non può essersi causato la ferita, se accetta che data la distanza le era stato impossibile vedere il viso del giovane italiano, quando proprio lei dice che lo stesso si contorceva a terra, occasione in cui ben poteva essersi causato quella ferita. Non sarà che non vedendogli il volto è riuscita comunque a vedere che nella faccia non c’era la ferita a livello del mento? Se si analizza la domanda precedente ci rendiamo conto che questa di per se contiene un controsenso o una contraddizione, ma che ci possiamo fare se questo è il riflesso di ciò che la testimone ha esposto? (V.fl. 105 C.O.1 - 164 C.A.7 - 29 C.O.3).-
 

Un’altra perla che troviamo in INGRID SONIA LAMPREA è quella che sotto il peso del giuramento ha detto alla Fiscalia che “ lui (TURRA) indossava UNA MAGLIETTA BIANCA QUANDO LO PORTAVANO SU”, riferendosi alla macchina della pattuglia, ma la dottoressa AMIRA FERNANDA OSORIO indica che all’arrivo di GIACOMO all’ospedale per la prima volta portava soltanto un pantalone (V.fl. 132 C.O.1-164 C.A.7) la cosa più importante è che ALVARO DRIAZA, ALBA CHING, SULAY CHING, NICOLAS ROMAN, IRMA ELENA SEGRERA DE LA ESPRIELLA e JULIO CARLO CONTRERAS COGOLLO (V.fl.10-11-38-394-436-475 C.O.1) dichiarano circa lo stesso fatto di aver visto il defunto a torso nudo, è utile chiarire che tutti questi testimoni stavano o erano arrivati al Mee Wah durante il succedersi dei fatti, per di più il signor ORLANDO LOPEZ ARRUBLA conducente di taxi notturno che era stato in contatto con il defunto prima che arrivasse al ristorante Mee Wah, riferisce che lo stesso portava legato alla cintura un maglione, non lo portava addosso aggiunge; allora ci meraviglia che INGRID LAMPREA dica che TURRA nell’essere portato sul veicolo indossava una maglietta, dal momento che se la gran parte delle persone si trova d’accordo sia in qualità di meri spettatori che di partecipi è proprio su tutto il contrario.

In sintesi, il fatto di aver posto un piede sul petto di GIACOMO TURRA  a cui allude INGRID LAMPREA non implica che ciò abbia causato la morte, come neanche una lesione; diciamo questo in base a quanto detto dalla testimone e dal medico patologo GUILLERMO ROVIRA, per il resto lei fa una serie di affermazioni che contrastano con altre dichiarazioni e anche con la logica e il senso comune,  per cui poco e niente viene apportato da questa testimone in ambito probatorio.

MARIA BELCAMINO DE FAVA: Questa signora ha una agenzia di viaggi presso l’Edificio Los Delfines, non ha conosciuto GIACOMO TURRA e tanto meno ha assistito ai fatti, è stata la persona che ha collaborato con la famiglia TURRA durante il soggiorno in città, si è incaricata di raccogliere gli effetti personali del morto dietro ordine del console italiano; ciò che è significativo di questa testimone è che racconta che il custode del Centro Comercial Bocagrande aveva dato un calcio allo stomaco a GIACOMO ma chiarisce di averlo saputo tramite JULIO LONDOÑO, ma comunque dal momento che la Justicia Penal Militar é di tipo speciale, il che implica che costituzionalmente non può conoscere i particolari di presunte azioni delittuose commesse, avrebbe dovuto essere la giustizia ordinaria a valutare queste testimonianze.

La testimone ha dichiarato che INGRID LAMPREA aveva visto che il ragazzo era stato cacciato dal ristorante Mee Wah come un sacco di patate e, seguendo le dichiarazioni di quest’ultima, non si trovano affermazioni in questo senso; certamente le indicazioni della signora MARIA BELCAMINO DE FAVA mostrano che quel che lei sa sono solo voci da parte di terzi, che nella maggior parte non vengono identificati e la dottrina in questi casi dice che “è naturale che il testimone per sentito dire debba indicare le fonti, la persona certa e determinata che gli ha somministrato il dato o da cui ha sentito la versione. Tutto questo per non confondere questo tipo di informazione con quella prodotta da voci indeterminate, da voci pubbliche dove i sospetti, le congetture e le dicerie, ingigantendosi sempre di più, si annodano le une alle altre e finiscono per asfissiare la verità e l’innocenza”. Quando si arriverà al tema della prova indiziaria ci occuperemo nuovamente di questa testimone (V.fl.e ss.C.O.1-48C.A.7).

MARTHA CABALLERO DE CEBALLOS: questa testimone, che giunge nove mesi dopo i fatti, a quel tempo occupava un appartamento dell’Edificio Los Delfines; dalla sua dichiarazione emerge il fatto che una mattina presto lei era arrivata in quel luogo e il portiere le aveva detto: “Signora MARTHA se fosse arrivata un po’ prima avrebbe assistito al massacro che c’é  stato di fronte all’edificio”, aggiunge di aver chiesto al custode chi era stato massacrato e lui aveva risposto l’italiano che abitava nell’edificio; per un’obbiettiva e misurata valutazione di questa dichiarazione, dobbiamo rimetterci alle testimonianze delle persone che in quell’occasione prestavano servizio di custodia nel suddetto edificio, in questo modo troviamo DAVID ESPRIELLA il quale, stando come MARTHA CABALLERO sotto giuramento, afferma che non aveva detto nulla del genere alla signora e inoltre assicura di non averla proprio vista quella sera e che doveva essere stato l’altro custode, MARCOS CÀCERES, l’autore di quel tipo di commento; il funzionario istruttore Penale Militare ha interrogato il signor MARCO CÀCERES sullo stesso argomento e questo ha negato di aver fatto quei commenti; si osservi che le fonti che la testimone cita la smentiscono in maniera chiara e categorica(V.fl.-308-309-351-355 C.O.2)

MARTHA CABALLERO DE CEBALLOS continua dicendo nella sua dichiarazione che al mattino del giorno dopo i fatti lei aveva chiamato il signor ALVARO DRIAZA per conoscere i dettagli dell’incidente e indica che questi le aveva detto: “Hanno ucciso l’italiano”, quindi gli chiese chi fosse responsabile di ciò e il suo interlocutore telefonico le disse che era stata la polizia, dice che aveva avuto dettagli dei fatti e uno di questi è “ho visto quando un calcio di un agente quasi STRAPPAVA LA MANDIBOLA CHE È RIMASTA RIVOLTATA VERSO L’INDIETRO”; confrontando questa dichiarazione con altre prove vediamo che INGRID LAMPREA, alla quale si è domandato se sapesse che ALVARO DRIAZA avesse commentato quelle cose il giorno dopo i fatti alla signora CABALLERO, ha risposto: “E’ una menzogna perchè MARTHA sa di ALVARO DRIAZA e di quanto è successo in relazione alla morte dell’italiano perchè, (quando) mi recai da lei per fare un vestito le dissi che me ne dovevo andare per l’inchiesta per il giovane italiano morto, molti giorni dopo la sua morte, e lei mi disse sono amica di ALVARITO e gli telefonerò per chiedergli cosa è successo”; da questa dichiarazione emerge che è da INGRID LAMPREA che MARTHA CABALLERO apprende cosa è successo  e questo è accaduto vari giorni dopo la morte di GIACOMO TURRA.

Non si deve credere che sia la dichiarazione di INGRID LAMPREA la base su cui sottrarremo valore alle dichiarazioni di MARTHA CABALLERO perchè se così facessimo non saremmo coerenti con le nostre argomentazioni e conclusioni, dato che prima avevamo criticato la LAMPREA OKAMEL; i nostri ragionamenti si orienteranno verso un’altra prova, iniziamo a ricordare che MARTHA CABALLERO aveva dichiarato che ALVARO DRIAZA le aveva detto che un agente aveva dato un calcio a GIACOMO TURRA sulla mandibola quasi strappandogliela ( V.fl. 309 C.O. 2); la mandibola viene definita come ciascuna delle due parti che limitano la bocca degli animali vertebrati e in cui si trovano i denti, ebbene dall’autopsia non risulta che una di queste parti abbia subito lesioni, con un ragionamento logico e semplice ci accorgiamo che non c’è alcuna correlazione tra la gravità dell’aggressione indicata da MARTHA CABALLERO e ciò che l’autopsia descrive e si deve di nuovo insistere sul fatto che la dottoressa ANA MAGOLA MANGA sotto giuramento ha detto che ciò su cui non ha deposto deriva dal fatto che non lo ha visto; si potrebbe obiettare che l’Autopsia descrive una ferita al livello del mento ed è vero, ma si tratta solo di una ferita di due centimetri e consideriamo che un’aggressione dell’entità di quella descritta da MARTHA CABALLERO non può produrre semplicemente una ferita di quelle dimensioni e non c’è bisogno di un esperto per capirlo.

MARTHA CABALLERO dice che conseguentemente a quel colpo la mandibola di TURRA era rimasta all’indietro; il senso comune ci indica che perchè questo accada, a TURRA si sarebbe dovuta slogare la mandibola oppure che questa insieme alla faccia si sarebbe dovuta girare di 180 gradi, rimanendo entrambe nel senso contrario a quello naturale ma ciò implica che GIACOMO avrebbe dovuto subire almeno una lesione della colonna vertebrale al livello del collo, ma l’Autopsia indica che in questa non si erano verificate alterazioni. Questo ci mostra chiaramente che la realtà naturale e logica delle cose è contraria alle affermazioni di questa persona .

MARTHA CABALLERO sostiene che ALVARO le aveva commentato che GIACOMO TURRA era depresso e aveva cercato di suicidarsi prendendo ASPIRINA e BINOTAL, ma sembra strano che dal rapporto dei molteplici esami di laboratorio realizzati su campioni del morto non risulti presenza di acido acetilsalicilico e di ampicillina; la testimone aggiunge che la suddetta persona le aveva detto che TURRA a causa dell’intossicazione era uscito correndo dall’edificio verso il ristorante Mee Wah alla ricerca del suo amico ALVARO per farsi aiutare; testimoni come DAVID ESPRIELLA, custode dell’edificio, considerano falsa l’indicazione di MARTHA CABALLERO , ma si rendeva necessario, davanti alle sue dichiarazioni, chiamare a testimoniare il signor ALVARO DRIAZA, dato che, secondo lei, era stato lui a darle quella informazione; ebbene ALVARO DRIAZA smentiva tutto , riconoscendo che aveva parlato con lei al telefono, ma negando di averle detto ciò che costei affermava; come semplice dato curioso e senza volergli conferire altro valore, possiamo dire che nel plenario c’è la trascrizione telefonica prodotta dall’intercettazione telefonica dell’abbonato telefonico corrispondente al ristorante Mee Wah, in cui compare che ALVARO DRIAZA riferisce a una persona che MARTHA CABALLERO gli aveva commentato che GIACOMO TURRA voleva suicidarsi e lei dice che è proprio il contrario (455 C.O.1-324-351-C.O.2), d’altra parte NICOLAS ROMAN, INES AGRESOTT e ZULAY CHING smentiscono allo stesso modo MARTHA CABALLERO.

In conclusione e a nostro giudizio, MARTHA CABALLERO, nella sua condizione di testimone per sentito dire, evidentemente nega la verità dato che chi doveva corroborare la sua versione non l’ha fatto, altri testimoni la smentiscono ugualmente e dal confronto tra la sua dichiarazione e l’autopsia e la logica delle cose emerge la non limpidezza di ciò che ha detto. Sui testimoni mediati PEDRO ELLERO dice : “Ovviamente si capisce che una prova mediata, a parità di circostanze, vale meno di una (prova) immediata essendo per sua natura imperfetta, giacché la verità può essere oscurata dalla comprensione dei primi testimoni. Ci sono sempre più possibilità che venga oscurata maggiormente dai testimoni a cui viene raccontata in seguito; e se possono sorgere dubbi sui primi in quanto si sono potuti sbagliare e possono ingannare, quando si parla dei secondi è legittimo pensare che siano stati ingannati E CHE INGANNINO” (Maiuscole nostre).
 

EDUARDO RENÈ MARTÏNEZ MEYER: I fatti sono accaduti nel settembre 1995 e questo testimone viene portato al processo nel 1997; sull’accaduto dice che, dal momento che aveva accompagnato un amico alla stazione della polizia del BARRIO DE BOCAGRANDE, era presente quando gli imputati portavano il defunto alla stazione che la polizia ha nello stesso rione, e si accorgeva che uno di questi con il piede destro colpiva nell’addome GIACOMO TURRA; gli si è chiesto sui dettagli della scala dove secondo lui era stato colpito GIACOMO TURRA mentre era lasciato cadere dai poliziotti, e ha risposto: “sembrava fatta di mattonelle rosse ruvide e c’era una piccola rampa, A FIANCO, loro non lo avevano portato su per la rampa bensì per la scala di cemento e succede che al Plenario sono state portate delle fotografie che riprendevano l’entrata principale nelle condizioni in cui era all’epoca la stazione di polizia di BOCAGRANDE e in queste si può apprezzare che allora non esisteva una tale scala in cemento  con le mattonelle rosse e con una piccola rampa a fianco, bensì  una rampa completa e in legno (V.fl.14-159-160C.O.5); attualmente esiste una scala come quella descritta da EDUARDO MARTÏNEZ, ma è stata costruita successivamente ai fatti e come conseguenza dei lavori di riparazione ordinati dal Banco Ganadero in tutta la zona, opera che è stata consegnata il 16 settembre 1996, cioè un anno dopo i fatti (V.fl.161 e ss C.O. 5)
 

Evidenziata la situazione anteriore viene praticata un’ispezione giudiziaria nella stazione  di polizia di Bocagrande, alla quale partecipa il signor EDUARDO RENE MARTÏNEZ MEYER, il quale segnala l’esistenza di una rampa in legno, ma avverte che quella a cui lui si riferiva era una piccola e provvisoria scala di pietre rosse e si sono fatte foto dopo le sue spiegazioni si è fatta la piantina, atti dai quali si può capire con chiarezza la sua spiegazione (V.fl.136-139 C.O.6-256-257 C.O.5), ma alla documentazione si allegano dichiarazioni di CIRA FERNANDEZ DE LOPEZ, persona che lavorava alla stazione, dell’agente JOSÈ VICTORIANO VALBUENA e JASMETH MONSALVE MORALES, che indicano che allora non esisteva la scala provvisoria di cui parla EDUARDO MARTÏNEZ MEYER, allo stesso modo persone estranee all’istituto come POLICARPO HERRERA GOMEZ, CAMPO ELÏAS OSORIO, funzionario, questo, del BANCO GANADERO succursale Bocagrande, i quali si sono pronunciati in senso simile agli altri; da parte loro ANTONIO PEDRO CLAVER LOZANO PAREJA e CLARA MARIA CALDERON MUNOZ, ingegneri civili incaricati di operare le riparazioni prima citate, convergono nell’indicare che non ricordano l’esistenza di scale, anzi, la donna dice che c’era soltanto una rampa di legno; le è stato domandato se dalla parte laterale sinistra entrando alla stazione esisteva un accesso alternativo a quello della rampa o a quello dell’entrata principale della stazione e lei ha risposto che non le sembra logico dato che c’era un ampio accesso, riferendosi alla rampa di legno (V.fl. 46-55C.O.6).
 

Al fatto evidente che perfino testimoni senza alcun rapporto con l’istituzione dicano che quella scala nominata da EDUARDO MARTÏNEZ non esisteva, si può aggiungere la circostanza oggettiva contenuta nelle prove documentali, rappresentate da foto e video, in cui si può notare che sarebbe assurdo che i poliziotti invece di portare TURRA per la rampa lo facessero per la zona a cui allude il testimone MARTÏNEZ MEYER, dove ci sono vari arbusti o piante ornamentali protette o circondate da corde, il che implica che per accedere alla stazione da quella parte gli agenti che caricavano il defunto avrebbero dovuto superare quegli ostacoli (V.fl.108-109-122-219 C.O.6) e il video che abbiamo nominato è stato registrato dalla Fiscalia  dopo i fatti e nell’atto giudiziario praticato nella stazione di polizia di Bocagrande, quel documento video si trova nel Paginario; riguardo all’esistenza di quelle piante ornamentali e delle corde per la loro protezione parlano POLICARPO HERRERA GOMEZ e CAMPO ELÏAS OSORIO, quest’ultimo segnala che per proteggere l’aiuola aveva fatto chiudere la zona con un recinto in legno e corde che permettevano di conservare la vegetazione e come si sa in quella zona MARTÏNEZ MEYER aveva indicato l’ubicazione dell’altra scala.
 

Il signor EDUARDO RENE MARTÏNEZ MEYER, come si è visto, ha descritto la scala come fatta di cemento con mattonelle rosse e aggiunge che questa “AVEVA UNA PICCOLA RAMPA AL SUO  FIANCO”, se guardiamo la foto che compare nel foglio 139 del quaderno originale 6, la quale fa parte dell’insieme di fotografie prese durante l’ispezione giudiziaria fatta nella stazione di polizia di Bocagrande a cui ha partecipato questo signore, ci rendiamo conto che la scala che compare in quella foto casualmente è molto simile a quella descritta dallo stesso, infatti ha mattonelle rosse e UNA PICCOLA RAMPA AL FIANCO (V.fl.C.O.6, maiuscole nostre); le cose dette da questo testimone ci servono come base per indicare che non diamo credito alle sue affermazioni, che ovviamente sono state oggetto di azione giudiziaria. La parte civile si riferisce al fatto che il testimone considerato viene interrogato per aver parlato di scale e succede che il sottufficiale LLANOS, in una dichiarazione davanti alla Fiscalia in data 22 settembre 1995, si è riferito sempre a scale quando indicava che ALVARO DRIAZA le aveva fatte per dirigersi alla Inspeccion de Policia Bocagrande, rispetto a questo lasciamo che sia la stessa dichiarazione a chiarirci le cose: “salì le piccole scale DI LEGNO della stazione verso l’ufficio dell’Inspecciòn, constai che l’ispettore non si trovava lì, così io gli dissi di tornare il giorno dopo”; si noti che il sottufficiale parla chiaramente di piccole scale in legno riferendosi sicuramente alla rampa, infatti lo stesso davanti alla Fiscalia della provincia ha detto che ALVARO DRIAZA è salito al (sic) soppalco della stazione verso la Inspeccion (362 C.O.1-115 C.A.6) e da parte sua  EDUARDO MARTÏNEZ MEYER si è sempre riferito alle scale di cemento con mattonelle rosse, quindi non possiamo confondere una cosa con l’altra e ancora meno decontestualizzare.
 

AMIRA FERNANDA OSORIO: di professione medico, ha dovuto occuparsi di GIACOMO TURRA nelle due occasioni in cui questo era stato portato alla Seccion de Urgencias del Hospital Bocagrande; la cosa più importante di questa testimone è che aveva indicato che quando aveva esaminato il morto la prima volta c’erano alcune lesioni ma quando le venne riportato in seguito presentava già altre di entità molto maggiore il che ha fatto considerare la tesi che gli agenti portando TURRA via dall’ospedale gli causassero in seguito le ferite mortali.
 

Procederemo a valutare la dichiarazione anteriore prendendo come punto di partenza la CARTELLA CLINICA elaborata da quel medico e le diverse dichiarazioni che ha fatto durante il processo; il 9 settembre 1995 davanti alla Sijin di questa Unidad Policial dichiarava che GIACOMO TURRA era stato portato da alcuni poliziotti e che lei aveva prescritto delle medicine e per somministrargliele per via intramuscolare gli agenti avevano collaborato dal momento che il paziente era inavvicinabile; il 21 settembre 1995 testimoniava davanti al giudice 59 di Instrucciòn Penal Militar e quando le veniva domandato come poteva capire la differenza dello stato fisico del paziente tra  la prima e la seconda volta che l’aveva visto lei rispondeva che il paziente aveva, la prima volta, abrasioni sul viso, sulle guance, un piccolo emorragia dal naso, abrasioni sulle spalle; non aveva osservato la ferita sul mento, e neppure nessun altro tipo di trauma nel paziente, “perchè la luce in quel momento non era adeguata e non posso assicurare se OLTRE A QUELLE GIÀ DETTE, IL SOGGETTO POTESSE AVERE ALTRI TIPI DI LESIONI”; due giorni prima lei aveva rilasciato dichiarazione alla Fiscalia della Provincia di questa città e in quella occasione aveva segnalato che quando le avevano portato TURRA la seconda volta aveva visto molteplici abrasioni sul volto, colpi ed ematomi che non poteva stabilire se li aveva già la prima volta che lo aveva controllato nella macchina (pattuglia) giacché in questa non c’era una luce appropriata; il 18 settembre 1995, questa volta davanti alla Fiscalia Seccional Treinta di questa città , il medico in questione indica che la prima volta che la polizia le aveva portato il paziente questi si trovava sul pavimento della pattuglia senza camicia, estremamente aggressivo, dice che gli si era avvicinata e aveva visto che aveva abrasioni sul viso e sulla guancia sinistra, aggiunge che la luce non era adeguata per osservare altri tipi di lesione così come non lo era la posizione del paziente che si trovava faccia a terra e comunque la sua aggressività le impediva di verificarlo (V.fl. 16-134-333-C.O.1-104 C.A.6).
 

Nel mese di giugno 1996 veniva fatta l’ispezione giudiziaria con la ricostruzione dei fatti, l’allora supplente della parte civile si incaricava di lasciare prova nell’ambito di quell’atto che la dottoressa AMIRA OSORIO aveva dichiarato che esisteva un’ampia visibilità perchè oltre al faretto esterno dell’ospedale funzionavano i lampioni del parcheggio; interpretando così le osservazioni fatte dal medico nell’atto, comincia a evidenziarsi il cambiamento nella dichiarazione della dottoressa OSORIO VASQUEZ, perchè avendo detto reiteratamente detto che la luce in quel posto non era adeguata comincia a dichiarare proprio il contrario (V.fl.16-134-333-C.O.1-297-299 C.O.2-104 C.A.6).
 

Dieci giorni dopo le sue prime dichiarazioni la dottoressa AMIRA OSORIO testimonia nuovamente davanti al giudice di INSTRUCCION PENAL MILITAR e qui la metamorfosi di questa professionista diventa ancora più marcata dato che le si chiede che indichi in cosa è consistito l’esame praticato la prima volta che le avevano portato il defunto e lei risponde che l’esame era consistito in una ISPEZIONE FISICA (esame fisico) e in una valutazione del suo STATO MENTALE E GENERALE ( neurologico e generale); in seguito le viene domandato se era entrata in contatto diretto col paziente e quanto tempo aveva impiegato nel farlo e risponde che era arrivata fino al paziente, l’aveva visitato e aveva misurato la frequenza respiratoria e cardiaca,  gli era stata alzata la testa per il controllo, tutto questo per un tempo di 15 minuti approssimativamente (Maiuscole fuori del testo);  si ricordi che davanti alla Sijin aveva detto che non ci si poteva avvicinare al paziente ( 145 C.O.3).

Trascorso poco più di un anno dagli avvenimenti, AMIRA FERNANDA OSORIO è ascoltata in testimonianza spontanea dalla Fiscalia e le si domanda ancora dell’esame  realizzato la prima volta e risponde che era stato esaminato lo stato generale e neurologico del paziente, si osservò la reattività delle pupille, il ritmo respiratorio e la stabilità emodinamica, dichiara che non potè annotare col manometro la misura della tensione arteriosa a causa della posizione del paziente e a causa della sua aggressività, ma che per il suo polso, il suo stato emodinamico era stabile, poi le viene domandato se nelle due occasioni che vide GIACOMO TURRA, lui aveva le stesse lesioni, lei risponde in maniera categorica di no e comincia a descrivere quelle che osservò in una e nell’altra occasione, è questo il punto culminante nel processo di metamorfosi nelle dichiarazioni di AMIRA FERNANDA OSORIO, il quale processo si estende e si presenta più evidente nella successiva aggiunta in testimonianza spontanea, fatta nel dicembre 1996, quando, dicendole  che gli imputati dichiararono che lei non aveva visitato il giovane italiano, rispose “FALSO” affermando che lei s’interessò di vedere da vicino il paziente, “allora supposi che loro stavano NASCONDENDO QUALCOSA”  e per questo non vollero farlo scendere dalla macchina quando glielo si chiese, aggiunge che “osservai PERFETTAMENTE il suo stato di coscienza che era molto aggressivo, e non era sonnolento e né (sic) comatoso, anche la sua frequenza respiratoria, il suo battito cardiaco, il suo stato emodinamico e le piccole lesioni che c’erano sulla faccia del paziente, per cui mi fu possibile fare una differenza con le nuove lesioni che aveva, la seconda volta che l’hanno portato, che erano MOLTE DI PIÙ E MOLTO PIÙ MARCATE... oltre a una gran quantità di sabbia che aveva il paziente nel corpo E CHE NON AVEVA LA PRIMA VOLTA CHE LO VISITAI” (.fl.248-249-260 C.0.8- maiuscole e neretti nostri). Com’è lontano il giorno in cui la dottoressa AMIRA FERNANDA OSORIO VASQUEZ, scrivendo la storia clinica del morto o un riassunto, disse: “ESAME FISICO IMPOSSIBILE DA REALIZZARE A CAUSA DELLO STATO DEL PAZIENTE” (177 C.O1) e in ciò che segnalava sotto giuramento, dopo avere documentato le lesioni che vide per la prima volta, che cioé in quel momento non osservò altro tipo di trauma perchè la luce non era adeguata e che non poteva assicurare se oltre a questo che aveva detto, il giovane TURRA poteva avere altro tipo di lesione (134 CO1), ancora di pìù, nel febbraio 1996, AMIRA FERNANDA dichiarò davanti al Fiscal NESTOR ARMANDO NOVOA, sotto giuramento, che gli portarono un paziente agitato (per la prima volta), chiese che lo facessero scendere, i poliziotti non vollero, lei si avvicinò alla macchina, gli vide delle abrasioni sulle guance, “ABBASTANZA SPORCO DI SABBIA, DI TERRA” (226CA8), questo a proposito del fatto che la stessa testimone nel dicembre dello stesso anno disse che vide nella seconda occasione TURRA con grande quantità di sabbia, che la prima volta non aveva visto.

L’esercizio di analisi cronologico-testimoniale precedente è una dimostrazione evidente del modo in cui, mano a mano trascorre il tempo, la dottoressa AMIRA FERNANDA OSORIO compie un processo di cambiamento nelle sue dichiarazioni, così ostentato da produrre alcune dichiarazioni opposte alle altre, a tal punto che nel suo primo racconto dei fatti parla di un esame fisico sul paziente impossibile da realizzare e termina spiegando con dettagli la forma come effettuò l’esame neurologico, generale e fisico, di quello stesso paziente, ma tutto questo ci porta alla prima conclusione, e cioé che realmente lei non visitò adeguatamente il giovane italiano la prima volta che venne portato, per cui risulta molto difficile stabilire che quali lesioni avesse TURRA quella prima volta che fu portato all’ospedale di Bocagrande e quale presentasse nella seconda occasione, questa illazione salta agli occhi nelle sue dichiarazioni iniziali e nelle note commentate, tutto questo ci porta ad una seconda illazione e cioé che al medico AMIRA OSORIO mancò obiettività e sincerità, e questo è fondamentalmente dovuto al fatto che avesse un interesse personale nei risultati in questione, visto che sapeva bene che il suo comportamento stava per essere messo in discussione, e si noti che la trasformazione di cui s’è parlato prima si compì precisamente quando la Giustizia Ordinaria la ascoltò in testimonianza spontanea,  senza dubbio quello che un teste dice in queste circostanze è visto con sospetto e la sua efficacia di prova é molto poca, pertanto non siamo d’accordo che la Parte Civile prenda la dichiarazione di questo medico per concludere che TURRA non avesse lesioni gravi, al suo iniziale arrivo all’Ospedale.

JAIME HERAZO SANTACRUZ e CARLOS ALBERTO GUTIERREZ: sebbene non possano essere considerati d’accusa, visto che sono chiari nel manifestare che GIACOMO TURRA non venne aggredito, è importante analizzare le dichiarazioni di questi testimoni, per esempio il primo racconta che il giovane italiano gli passò vicino mentre si colpiva contro i pali e si lasciava cadere ai bordi dei marciapiedi, ricorda che calzava scarpe bianche e aveva una camicia di maniche corte, ma capita che i testimoni del ristorante Mee Wah coincidono nell’affermare che TURRA non aveva la camicia e inoltre durante il processo si disse che calzava degli stivali. Il secondo testimone segnala che appena sceso da un bus notò il giovane che usciva dall‘Edificio Lo Delfines e dietro di lui c’erano degli agenti, entrando nel ristorante menzionato dice che il giovane indossava pantaloni grigi, per quanto concerne questo teste diciamo che in una dichiarazione resa davanti alla Polizia Giudiziaria informa che gli avvenimenti successero alle sette della notte e poi nella Fiscalia Provinciale di questa città disse (invece) che erano le dieci o undici della notte; e questo senza tenere in conto che nel paginario ci sono dichiarazioni che smentiscono che il giovane sia uscito dall’Edificio Los Delfines per dirigersi verso il ristorante, e inoltre nell’Acta de Levantamiento del cadavere si dice che indossava un jeans azzurro stinto, stando così le cose queste dichiarazioni non meritano maggiore credibilità (V. fl. 12-405-408 C.O.1).

Ci dedicheremo ora a toccare una prova periziale, sulla quale ha fatto molta enfasi e si è appoggiata fortemente la Avvocatessa della Parte Civile nel suo intervento nel corso dell‘Udienza, ci riferiamo alla prova realizzata dallo Psichiatra Forense con codice 510-04, della quale c’è traccia nelle pagine 359 e seguenti del quaderno originale numero otto, nello studio di questa prova tecnica si prenderanno in considerazione basicamente  i mezzi di convinzione utilizzati dal perito per arrivare alle successive conclusioni, questo in quanto il Giudice ha la potestà di realizzare valutazioni delle perizie, in quanto supremo direttore del processo, ebbene, sin dagli stessi inizi del suo lavoro l’esperto viene colpito dal fatto che prima che il caso arrivi alle istituzioni mediche si presenti una diagnosi di quel tipo, si riferisce cioè al fatto che nell’Acta de Levantamiento del cadavere si consegni la diagnosi di psicosi, ma questo capita perchè in questa attività ha partecipato un medico del Corpo Tecnico di Indagini e inoltre la diagnosi alla quale si riferisce questo perito non viene presentata come tale, dato che nel paragrafo delle osservazioni coloro che parteciparono nel levantamiento del cadavere,  registrarono che il morto venne portato dalla Polizia, dopo che “SEMBRA”  in un quadro psicotico acuto era entrato nel ristorante Mee Wah e avesse assunto il comportamento relazionato nel processo, com’è evidente si usa la parola sembra, dal che evidentemente non si può arrivare a credere che con questo lavoro si sta formulando una conclusione categorica sulla causa della morte, quello che appare allora è un semplice racconto dell’informazione raccolta e al momento di essere riscritta fu utilizzato un vocabolo tecnico, non si dimentichi che in questo lavoro intervenne un medico, per cui non deve sorprenderci che venga usato un vocabolario specializzato.

Il perito si mostra perplesso perchè nel rapporto di Polizia Giudiziaria che venne rilasciato alla Fiscalia Trenta della Unità di Vita di questa città da parte del Capo della Polizia Giudiziaria, si faccia menzione del fatto che TURRA sembrava un cane rabbioso, primo di questo diciamo che chi inizialmente fece riferimento alla parola cane fu la stessa dottoresa AMIRA FERNANDA OSORIO nella dichiarazione del 9 settembre 1995, e precisamente davanti all’organismo che trasmise questo rapporto e sicuramente con l’intenzione di spiegare visivamente come vide il giovane italiano la prima volta che le si presentò (V.fl.6-7-16 C.0.1).

Si sorprende immediatamente del fatto che gli Agenti in questo caso esigano la cartella clinica, violando la riservatezza della stessa, su questo segnaliamo che se si riferisce al fatto che nel rapporto della Polizia Giudiziaria si dice che la dottoressa ordinò ad un’ausiliaria di Infermeria che iniettasse al paziente per via intramuscolare Largantil, Sinogan e Akineton, teniamo in conto che la stessa dottoressa AMIRA FERNANDA OSORIO relazionò davanti a questo organismo che somministrò questi medicinali a GIACOMO TURRA  e peraltro lo stesso organismo nello svolgimento delle facoltà contenute nell’articolo 310 e seguenti del Codice di Procedimento Penale, può raccogliere informazioni che consideri importanti per il successo delle indagini e conseguentemente poi deve dare un rapporto all’autorità competente sul risultato della sua attività, così come viene indicato dall’articolo 316 ibidem, per tanto quel perito non doveva dichiararsi sorpreso perchè i funzionari di Polizia Giudiziaria avessero richiesto informazioni sulla Cartella clinica e questo in quanto tale non può rappresentare una violazione della stessa. Però, se quello che il perito pretese fu discutere il comportamento degli imputati nel richiedere alla dottoressa AMIRA FERNANDA OSORIO che dicesse loro il nome delle medicine somministrate al defunto si tenga in conto che il fatto morte è una novità nel servizio, forse una delle più importanti e in conseguenza loro avevano l’obbligo legale di raccogliere dati sul caso al fine di registrarli nel rispettivo Libro Minuta precisamente come novità.

L’esperto psichiatra indica che per somministrare l’iniezione a GIACOMO TURRA gli misero uno stivale sulla schiena e l’altra sul collo, si domanda per quanto tempo stettero in questo modo gli Agenti, perchè quello poteva essere la causa della ostruzione meccanica per l’entrata dell’ossigeno nell’organismo indispensabile per la sua sopravvivenza, sottolinea anche che nessun organismo tollera più di due minuti senza ossigeno; noi notiamo che il fatto di avere messo uno stivale sul collo non è del tutto chiaro, dato che per esempio la signora ROSMARY PUELLO CERDA, colei che fu incaricata di somministrare al giovane italiano l’iniezione con i medicinali che le aveva indicato la dottoressa OSORIO VASQUEZ, mostrò all’istruttore Penale Militare il luogo dove venne appoggiato lo stivale e questo era la parte posteriore della spalla (121C.O1), dobbiamo risaltare che stiamo facendo riferimento ad una testimone di primo piano visto che fu lei che somministrò l’iniezione, ancora di più accettando che certamente al giovane TURRA fosse stato appoggiato uno stivale di un poliziotto nel collo, questo fatto non produsse maggiori conseguenze a suo danno, V.gr. Asfissia, questo nasce dalla semplice lettura delle descrizioni effettuate nell’Autopsia, questa situazione venne spiegata sufficientemente dal gruppo di consulenti specializzati ascoltati durante l’udienza, i quali basandosi precisamente nel protocollo dell’autopsia, dicono che non descrivendosi in questo alcuna frattura delle cartilagini laringeos, fratture di anelli tracheali, lussazione delle cartilagini laringeos, edema ed emorragia della mucosa tracheale o ematomi nella laringe o trachea, si deve scartare l’asfissia, questa risposta è successiva ad una domanda nella quale si racconta il fatto di appoggiare lo stivale sul collo del morto e si sollecita di indicare la conseguenza di questa azione e se essa produsse asfissia, poi allora con la dovuta prudenza consideriamo che la perizia, materia in esame, entrando a parlare del tempo in cui gli Agenti rimasero con gli stivali sul collo di GIACOMO TURRA e riferendosi in conseguenza di ciò all’ostruzione meccanica per assenza di entrata di ossigeno all’organismo indispensabile per la sopravvivenza e sottolineando che nessun organismo tollera più di due minuti senza ossigeno, stanno semplicemente speculando, visto che la stessa Autopsia non registrava lesioni determinanti dovute alla pressione sul collo e la conseguente assenza di ossigeno, pertanto uno studio del Protocollo di Autopsia avrebbe sicuramente evitato di fare commenti di questo tipo, carenti di basi solide e che mostrano un’analisi poco approfondita del materiale oggetto di studio, soprattutto  dell’autopsia perchè perfino il perito la cita nel suo rapporto. La relativa osservazione risulta anche valida per ciò che si è sostenuto da parte della dottoressa AMIRA FERNANDA OSORIO, che fu colpita dalla forza impiegata da parte di uno degli agenti nell’appoggiare lo stivale sulla schiena e l’altra sul collo del defunto, per aiutare la somministrazione dell’iniezione, versione che fu presa dalla Parte Civile anche come supporto alla sua tesi di gravi lesioni prodotte dai poliziotti nel percorso dall’Ospedale alla Stazione di Polizia, diciamo che questa presunta “forza” che menziona la dottoressa non provocò evidentemente maggiori conseguenze sull’integrità del giovane italiano, in più per quello che è stato esposto prima la credibilità di questa dottoressa é scarsa.

L’esperto nel suo lavoro conclude che ci fu una perdita di ruolo medica, perchè l’agente MENDOZA disse che la dottoressa suggerì al sergente LLANOS che portassero il pazienta ad un altro ospedale e questo sottufficiale  la minacciò dicendo che sia lei che loro avrebbero subito un’azione penale se fosse successo qualcosa al paziente e aggiunge il perito che gli Agenti ordinarono e la dottoressa ubbidì, rispetto a questo fatto diciamo che certamente ci  fu una intimidazione da parte del personale militare, però la stessa non è orientata come dice il perito, visto che l’intimidazione tendeva ad ottenere che il paziente fosse soccorso e come si sa tutti i medici hanno il dovere di farlo, il pensiero che stiamo esponendo viene suffragato dalla dichiarazione di ROSMARY PUELLO CERDA, la quale sul tema dice: “quando lui arrivò (TURRA), arrivò con quattro Agenti, non c’era nessun membro della famiglia, allora la dottoressa disse loro che lo portassero all’Ospedale Universitario, MA IL CAPORALE INSISTETTE CHE NON ERA POSSIBILE CHE NON VENISSE SOCCORSO, ALLORA VENNE SOCCORSO” (V.Fl.121 C.0.1, Neretto e maiuscole nostre), è chiaro allora che la minaccia alla quale allude il perito tendeva certamente a che venisse soccorso il paziente e questo tipo di minacce sicuramente non possono essere interpretate come una perdita di investidura (ruolo) della dottoressa, visto che fu proprio il suo comportamento a generarla, ancora di più facendo una lettura della dichiarazione che AMIRA rese davanti alla Polizia Giudiziaria, si conclude che prima lei dice agli agenti che portino il paziente all’Ospedale Universitario e poi è lei che ordina che gli vengano iniettate le medicine conosciute, allora manca di credibilità la perdita del ruolo.

Indica il perito che gli agenti rientrarono con TURRA un’ora dopo e che il Comandante della Stazione di Polizia non li volle ricevere e che la cartella clinica riferisce che in quella seconda occasione il giovane presentava multiple lacerazioni in faccia e alle estremità, sull’esistenza di alcune lesioni la prima volta in cui arrivò TURRA all’Ospedale e di altre quando venne portato la seconda volta. diciamo che quando si è studiata la testimonianza di AMIRA FERNANDA OSORIO si è dimostrato che tale teoria non ha fondamenta coerenti, di conseguenza è a quello studio che ci riferiamo, inoltre ci sembra illogico che il perito si chieda il motivo per il quale il Comandante di Guardia del Commissariato di Bocagrande, non volle ricevere il giovane italiano quando venne portato dagli imputati, visto che lo stesso perito ammette che nonostante avesse letto più volte le diligencias poste alla sua attenzione, non è stato in grado di stabilire quando vennero procurate le lesioni mortali, prima o dopo essere stato portato all’Ospedale per la prima volta, allora se non è stata capace di sapere ciò, il motivo per formulare questo tipo di domanda nasce soltanto da un’anima speculativa, ovviamente se TURRA non è stato ricevuto nella commissariato di polizia è perchè si trovava in uno stato deplorevole.

Il perito dice che l’esame interno del cadavere di GIACOMO TURRA mostrò un ematoma subgaleal frontoparietal  destro e sinistro, aggiunge come commento che questi ematomi sono esterni alla tabla del cráneo, che non hanno nessun rapporto con sostanze che abbia potuto ricevere il morto per via orale, nasale o intramuscolare, ma in nessun momento si è negato che TURRA abbia sofferto lesioni cerebrali causati per traumi, quello che si risponde è che suddetti traumi non hanno la severità date loro dalla Autopsia.

Il perito argomenta che se non si ha informazione approssimativa dei livelli di droga nell’organismo dell’individuo, è molto difficile formulare conclusioni su questo fatto, ad ogni modo segnaliamo che il lavoro di perizia negli Stati Uniti diede come risultato  una proporzione alta di cocaina nel campione mandato ad esaminare. Riferisce che TURRA arrivò e si nascose sotto un tavolo e in quel momento era seguito da tre poliziotti, bisogna chiarire che i tre agenti a cui si riferisce il perito erano quelli del C.A.I. del Laguito e sono arrivati precisamente per evitare possibili problemi tra TURRA e i gestori del locale Riquísimo, come segnala l’Agente LUIS SILGADO VILLA e non è stato maltrattato come testimonia il cameriere del posto, signore JORGE ULISES ONOFRE CONEO (410-431 C.O.1). Aggiunge il perito che TURRA entrò di corsa al Ristorante Mee Wah e che due poliziotti gli arrivarono dietro, dobbiamo dire che la Polizia è arrivata al ristorante con l’intenzione di collaborare e aiutare, come dichiarato da ALBA CHING ARIAS, che racconta che è stata lei a descrivere la situazione ai poliziotti appena arrivati (V.fl. 10 C.O.1), allora non è possibile pensare che TURRA era perseguitato dai poliziotti, in più la grande maggioranza delle persone che si trovavano all’interno del Ristorante sostiene la dichiarazione di ALBA CHING ARIAS, si deduce che la Polizia è arrivata nel luogo per compiere la funzione che gli è propria.

Sostiene il perito che il fatto che TURRA sia entrato di corsa e a tutta forza al Ristorante Mee Wah, fa pensare che in quel momento non aveva un’emorragia  subaracnoidea  questo argomento è più volte citato dalla parte civile, ma durante l’Udienza i patologi ANA MAGOLA MANGA e GUILLERMO ROVIRA, rispondendo ad una domanda formulata dalla difesa sulla possibilità della presenza di una piccola emorragia a livello del cervello di TURRA precisamente nel momento precedente al contatto con gli imputati, risposero affermativamente, in più il secondo dei due considera che questa emorragia può essere stata la causa della morte. (V. fl. 28-50 C.O. 10), di conseguenza come possiamo rendere coerenti ciò che è stato affermato dal perito che stiamo valutando e ripreso dalla Parte Civile sul fatto che il giovane Italiano prima di entrare al Ristorante non avesse lesioni che avrebbero potuto portare al politraumatismo, con ciò che è stato segnalato da altri esperti? Adesso vediamo la situazione da un’altra prospettiva, d’accordo con le dichiarazioni di persone che erano all’interno del Ristorante Mee Wah, quando TURRA è arrivato, si picchiò da solo, allora da questa ottica TURRA si è potuto lesionare in quell’occasione e produrre l’emorragia che sottolinea e stupisce il perito.

Espone che la versione dell’imputato RODRIGUEZ GAVIRIA, non è credibile quando dice che GIACOMO TURRA subito dopo l’iniezione perse il suo dinamismo, su tale affermazione dobbiamo sottolineare che al gruppo di consulenti intervenuti nell’udienza, è stato chiesto il motivo per il quale subito dopo l’somministrazione di Largantil e Sinogan GIACOMO TURRA perse il suo dinamismo. Gli esperti dissero che quei medicinali sono “sedativi del sistema nervoso centrale, e producono RIDUZIONE DELLA ATTIVITÀ MOTORIA SPONTANEA”, come si può vedere esiste un consulto di esperti in aree come la Neurochirurgia, Tossicologia, Cardiologia, Medicina Interna, Traumatologia e Ottorinolaringologia, che ci spiega tale circostanzia e in ogni modo TURRA arrivò al commissariato praticamente in stato d’incoscienza e poco tempo dopo essere uscito dall’ospedale.

Il perito si chiede il motivo per il quale gli Agenti non diedero l’ordine di ricoverare TURRA la prima volta che lo portarono in Ospedale, cosí come lo fecero la seconda volta, in questo caso siamo noi gli stupiti di fronte alle dichiarazioni che su questo particolare fa l’esperto e ci sorprende visto che proviene da un medico psichiatra, qualunque cittadino sa che l’ordine di ricovero di un paziente che arriva in cerca di attenzione ad un centro d’assistenza dipende logicamente dal medico che lo visita che, dipendendo dalla gravità della situazione, prende la decisione corrispondente, a prendere questa decisione non è la persona (e) che accompagna il paziente, questo è talmente ovvio che ci stupisce l’intervento del perito, inoltre gli imputati, si sa che hanno una formazione come poliziotti, ma non come medici, per prendere una decisione come la prospettata dal perito, meno che mai in un Ospedale come il Bocagrande, che è di carattere privato. Parlando di ordini sembra che al perito sia passata inosservata la testimonianza spontanea della dottoressa, dove chiaramente esprime, “ORDINAI ALLORA CHE LO FACESSERO SCENDERE SU UNA BRANDINA”, molto tempo prima, quando ancora non era stata ascoltata in testimonianza spontanea, lei sosteneva di aver detto agli agenti “per piacere portatelo fuori dalla pattuglia, sistematelo su una brandina e portatelo al pronto soccorso”, tutte queste cose successero quando il giovane italiano è stato portato per la seconda volta all’Ospedale di Bocagrande, (247 C.O. 8-133 C.O.1), di conseguenza risulta evidente che non erano propriamente gli imputati coloro che potevano decidere il ricovero o il non ricovero del paziente TURRA, ma per il contrario era la dottoressa, che in questa seconda occasione aveva la regia dell’attenzione su TURRA, insistiamo nel fatto che il perito ebbe acceso almeno alla testimonianza spontanea di questa professionista e perciò ci sembrano poco obiettivi i suoi giudizi sul particolare, perchè ignorò le cose che la dottoressa diceva sull’argomento e la cosa più grave, ignorò cose elementari come chi ha la facoltà in un ospedale per decidere il ricovero di un paziente.

Dice il perito che è usuale che gli agenti arrivino in Ospedale, consegnino i feriti e se ne vadano, in verità non capiamo questa considerazione, perchè critica i poliziotti implicati perchè ipoteticamente non informarono la dottoressa che TURRA presentava lesioni, e allo stesso tempo contesta loro perchè una volta che lo portarono non se ne andarono, come secondo il perito ipoteticamente fa la polizia, ma se loro se ne fossero andati subito una volta portato TURRA per la prima volta in Ospedale, come usualmente ipoteticamente si fa, insistiamo, in quel caso non ci sarebbe stata la minima possibilità di spiegare i traumatismi subiti dal paziente, e se così fosse stato, sicuramente sarebbero stati criticati per essersi andati lasciando il paziente TURRA senza spiegazione sul suo stato fisico, la ambiguità di giudizio è evidente. Infine gli imputati rimangono con TURRA nell’Ospedale, insistono perchè venga visitato, come testimonia ROSMARY DEL CARMEN PUELLO, e alla fine viene loro contestato il perchènon se ne fossero andati come usualmente fa la Polizia, questo è l’unico caso in cui la trasgressione di una regola che chiaramente va contro i principi propri della Solidarietà Umana dà luogo a commenti e contestazioni.

Il perito deduce la possibilità che gli imputati avessero conoscenza del defunto da prima che questo arrivasse al Ristorante  Mee Wah, basa questa deduzione nel fatto che il sergente LLANOS disse che prima degli eventi, fu informato sulla presenza nella zona del C.A.I. di El Laguito di un italiano che disturbava nel Ristorante Riquísimo, questo non deve produrre neanche curiosità, visto che questo Sottufficiale in quel momento era capo della Vigilanza di tutta la zona e come tale riceveva un rapporto personale su qualunque novità, di conformità con il Articolo 80 della Risoluzione N°. 9960/131192(fl. 19-57 C.O.1-190 C.A.8). Allora questo fatto non ha maggiore rilevanza.

Afferma l’esperto che gli agenti non informarono la dottoressa che il giovane presentava lesioni, soltanto che era in overdose e impazzito, e allora così si chiede il motivo di questa informazione:“Ma non si era picchiato da solo? Ma era colpito quando lo portarono per la prima volta in Ospedale? O soltanto quando è stato portato per la seconda volta?” aggiunge in modo generico che l’informazione sbagliata data al medico da colui che l’accompagnava può indurre in errore la dottoressa; vediamo perchè ciò che è indicato dal perito sull’informazione omessa non sia vero, succede che la dottoressa AMIRA FERNANDA OSORIO dichiarò agli inizi del processo quando non era ancora stata ascoltata in testimonianza spontanea, che quando gli imputati portarono TURRA per la prima volta, riferirono che il giovane si colpiva contro i muri e che quasi distruggeva il posto dove stava (fl.335 C.O.1), di fronte a questa situazione è naturale che qualunque professionista consideri l’esistenza di lesioni nella persona che visita, inoltre la stessa dottoressa lasciò per iscritto nella storia clinica che il paziente presentava lesioni sul volto, quando lo ricevette per la prima volta (177C.O;1), risulta evidente che il preteso fatto di nascondere informazioni è lontano dalla realtà e che la dottoressa sapeva che TURRA presentava lesioni la prima volta in cui lo visitò.

Dalla deposizione di uno degli imputati si sa che GIACOMO TURRA si alzò, mise le mani in alto, l’imputato lo prese per la cintura dei pantaloni e lo portò verso l’uscita, intuisce il perito che il giovane capiva ordini, obbediva, non agiva aggressivamente, si faceva guidare e conclude che “Queste descrizioni SEMBRANO non corrispondere a Psicosi cocainica”, giustamente dice “sembrano”, il che significa che non è un consulto categorico, definitivo, concludente e incontestabile, (Neretto nostro) e che si tratta di una semplice considerazione sulla quale non si ha certezza che è il principale requisito per ammettere un consulto periziale. Curiosamente questo lavoro di perizia nacque come conseguenza di un altro svoltosi nella Jefatura del Grupo de Patología Forense del Instituto d Medicina Legal e in questo vengono confermate le conclusioni della Dottoressa MARY LUZ MORALES, tanto contestata dalla parte civile, nel senso che il giovane italiano presentava sintomi e segni di delirio che potevano essere attribuiti a intossicazione per cocaina (277 C.O.8), di conseguenza manca di supporto incontestabile, l’indicazione della Parte Civile che si riferisce all’assenza di atteggiamento Psicotico del giovane italiano al suo arrivo e durante la sua permanenza nel Ristorante Mee Wah.

Afferma il perito che nell’intercettazione del telefono, le persone del ristorante, esprimono la loro disponibilità  a dichiarare qualcosa di preciso, ma temono versioni contrastanti, dicono di sentirsi sotto pressione,  “SITUAZIONE CHE INVALIDA QUESTE DICHIARAZIONI PER STABILIRE LO STATO DI SALUTE DEL GIOVANE ALL’USCITA DEL RISTORANTE” (367 C.O. 8). Come prima cosa bisogna segnalare che la valutazione o apreciación probatoria è inerente al Giudice, questa facoltà gli è propria, esclusiva e non delegabile, come espresso dall’articolo 254 e 273 del Codice di Procedura Penale, ma questo perito ignorando questo imperativo legale, procede a sostituirsi al Giudice in questa funzione, qualificando come non valide le dichiarazioni delle persone del ristorante, in una strana e grave operazione passa da un ruolo al servizio della giustizia a proprietaria della stessa e come tale decide sull’efficacia di un gruppo di testimoni, fortunatamente il giudice non ha nessuna ragione per accettare alla cieca le conclusioni periziali. Un altro aspetto da prendere in considerazione è che la stessa Fiscalía disse che le intercettazioni telefoniche del Ristorante Mee Wah non risultano autorizzate nell’expediente della Dirección Nacional de Fiscalías  (633 C.O.6), se è stato cosí significa che il perito valutò come pruebas delle registrazioni che furono ricevute senza compiere le formalità legali, fatto che rispecchia un attacco alla garanzia fondamentale del dovuto processo. Bene, nell’ipotetico caso che tali resgistrazioni avessero un valore di prova, diciamo che studiando le dichiarazioni dell’esperto precedentemente relazionate, aggiungiamo che non sono veritiere, visto che nel processo compaiono  trascrizioni di registrazioni telefoniche fatte all’abbonato telefonico del Ristorante  Mee Wah, nelle quali gli interlocutori parlano del bisogno di dire la verità, della condizione di capri espiatori degli imputati e della loro innocenza negli avvenimenti, si dice che se avessero visto i poliziotti aggredire GIACOMO TURRA sarebbero intervenuti, e ancora gli interlocutori arrivano a fare riferimenti di tipo intimo di ordine sessuale sui quali, per rispetto alla dignità, all’intimità e alla libera autodeterminazione di ogni essere umano, non entriamo a relazionare, però che in ogni modo mostrano la spontaneità delle conversazioni (V.fl.272-277-282-448-455-456-506-518 C.O.1); ma la cosa più importante è che la Fiscalía,  nello svolgimento delle proprie funzioni,  ha valutato le deposizioni della maggior parte dei testimoni del ristorante, portando avanti l’Indagine Preliminare per Frode Processale, per verificare la loro volontà di indurre in errore gli investigatori, al  termine di tale indagine la Fiscalía  chiaramente dichiarò: “per tanto, nonostante le molteplici occasioni nelle quali i membri della famiglia CHING ARIAS, raccontano i fatti alle autorità, notiamo che sugli aspetti nevralgici degli avvenimenti e sullo sviluppo di questi dentro e fuori il ristorante, si trova una consonanza quasi perfetta, che non dovrebbe produrre confusione nelle autorità che sono a conoscenza del caso”, non è inutile menzionare che suddetta indagine fini in Auto Inhibitorio e ancora questo perito insiste nel dire che tali testimoni sembrano recitare lezioni imparate, esagerazioni sull’autoaggressione  (di Giacomo), che inoltre risultano smentite dalle conversazioni delle stesse persone intercettate telefonicamente, e delle quali, aggiungiamo, prese conoscenza e considerazione e commentò la Fiscalía  nel contesto di suddetta indagine (V.fl.380C.O.8-631-633-661 C.O.6), questa posizione del perito è in chiara contraddizione con i ragionamenti e le conclusioni alle quali è arrivata la Fiscalía nello svolgimento delle proprie funzioni, dopo avere realizzato l’indagine.

Ma gli errori di questo fallito esaminatore della prova non si fermano qui, la sua donchisciottesca azione arriva al punto di prendere come base un rapporto della cittadinanza sul presunto spaccio di allucinogeni all’interno del Ristorante Mee Wah, considerando questa situazione come INDIZIO del fatto che i testimoni del ristorante conoscevano gli effetti prodotti dalle droghe, volendo cosí sostenere che per questi testimoni era semplice attribuire a GIACOMO TURRA atteggiamenti da individuo tossicodipendente, in virtù della loro conoscenza dei comportamenti propri dei tossicomani, avviene che tale RAPPORTO DELLA CITTADINANZA, non è altro che un semplice anonimo, che si fece entrare nel processo con scopi che non arriviamo a capire, (v.fl.227C.O.8). Lo spaccio di droga è un delitto e come tale lo stato lo disapprova e sanziona, allora quando questo “perito” prende in considerazione questo rapporto (anonimo) cittadino sulla vendita di stupefacenti nel Mee Wah e gli attribuisce valore indiziario, praticamente emette giudizi di responsabilità penale, come abbiamo già detto questo comportamento è delittuoso, ma la legge vieta questi giudizi al perito (art.267 C.P.P.).

L’oggetto della perizia sono i fatti, soltanto i fatti, il perito può emettere giudizi di valore di qualsiasi indole, a eccezione di quella di ordine giuridico perchè questi sono propri del giudice, iura novit curia dicevano i romani, la motivazione della perizia deve fondarsi su circostanze obiettive comprovate, la motivazione deve avere basi chiare, razionali e convincenti, le premesse enunciate non possono condurre a conseguenze diverse da quelle prodotte da tali premesse da parte del perito e a posizioni contrarie ai precetti della dialettica e questa perizia è molto lontana di questi postulati, le ragioni già esposte sulla perizia in questione ci permettono di affermarlo, per questo la negación probatoria  è chiara, inoltre alla fine, il perito termina per riconoscere la sua impotenza nel determinare in quale momento GIACOMO TURRA ricevette le lesioni mortali, se prima di essere stato portato per la prima volta in Ospedale o dopo.

In questa tappa è possibile procedere a studiare la prueba indiciaria  che per quanto dice specialmente la parte civile esiste in questo giudizio, gran parte degli indizi valutati vennero esposti dalla Fiscalia quando indagò per Omicidio i signori ALVARO DRIAZA CHING e NICOLAS ENRIQUE ROMAN BORRE. Questo organismo giudiziario dà per scontato che nel ristorante Mee Wah non vennero inferte  a GIACOMO TURRA rilevanti lesioni, come nemmeno quando venne cacciato da questo e fatto salire sulla macchina della polizia, come sostento di questa informazione si prende quanto detto da INGRID LAMPREA (fl. 123CA8), ma succede che già si analizzò e si considerò che era molto scarso il valore di prova di questa signora, perchè tra le altre cose si contraddiceva con altre prove e si opponeva alla ragione, inoltre questa signora ammette nella sua dichiarazione che si affacciò alla finestra e vide GIACOMO TURRA per terra e nel processo esistono dichiarazioni come quella di ZULAY CHING, nella quale si dice che mentre il giovane italiano veniva cacciato dal ristorante si colpiva fortemente e violentemente contro le pareti, contro il muretto della terrazza e la casetta del ristorante che c’è di fuori (V;fl. 322 C.O.1-50 C.A.6), l’aspetto particolare del caso è che questa stessa dichiarazione  viene data nell’indagine che portò avanti la stessa Fiscalia e nella quale si proibì, come dicemmo, di aprire formale investigazione contro ALVARO DRIAZA e NICOLAS ROMAN, ma nonostante ciò nella citata risoluzione non è analizzata, nè tanto meno valutata la dichiarazione di ZULAY CHING, nonostante che nella stessa esista un capitolo destinato esclusivamente  a studiare la condotta del defunto all’esterno del ristorante e che, insistiamo, questa teste parlò di violente autolesioni da parte sua, ci sorprende questa situazione banale che sicuramente fu involontaria ma che ad ogni modo riflette uno studio probatorio dal quale uscirono conclusioni, alle quali non concorsero tutte le prove, è tanto evidente la cosa che perfino ZULAY CHING partecipò in una Ispecciòn Judicial  nel ristorante, durante la quale anche lei diede la sua versione dei fatti (V.fl.115 C.A8-27 ss. C.A.3).
 

In questa providencia si dice che le lesioni di TURRA alla sua uscita dal ristorante coincidono con il racconto che su queste lesioni iniziali fece la dottoressa AMIRA FERNANDA OSORIO, ma è stato già concluso che questa dottoressa non esaminò adeguatamente l’italiano GIACOMO  e che ammise perfino che la prima volta vide delle lesioni e però che, per scarsità di luce, non poteva assicurare che non ne esistessero altre, inoltre disse, nella relazione clinica, che era impossibile l’esame clinico, quindi dopo la Fiscalia, a nostro giudizio, arrivò a conclusioni sbagliate, lo diciamo col maggior rispetto, ma animati dal desiderio di chiarire le cose e di evitare errate illazioni.

Si dà un peso indiziario grave al fatto che presumibilmente durante gli avvenimenti gli implicati avevano bastoni sfollagente e questi lo negarono nelle loro dichiarazioni, questa questione deve essere analizzata accuratamente, succede che nella polizia nazionale il servizio regolare di vigilanza è organizzato in turni e succede che quando la Fiscalia ha detto che gli implicati, uscendo per il turno, ricevettero questi strumenti di servizio, si cita la pagina 116 del quaderno originale numero tre delle sue indagini ed in tal pagina consta che è il secondo turno di vigilanza, conforme alla copia del Libro di Minuta corrispondente che è stato consegnato per questa indagine, va dalle ore 6,30 fino alle ore 13,30 e tali fatti ebbero inizio a partire approssimativamente dalle ore 23,00 (V.pagina 192 - 278 C.A.8), quando i processati facevano il primo turno conforme a quanto indica l’agente JORGE MENDOZA PASSOS ed in questo turno non appariva che gli erano stati consegnati bastoni sfollagente (V. pagina 53 - C.O.1 - 190 C.A.8), quindi allora il fatto che gli stessi negarono di portare questi strumenti, certamente non ha l’importanza che sia questa Giurisdizione nella convocatoria, sia la Giustizia Ordinaria le hanno dato nell’inibitorio riguardo i fatti in questione, in più il Sergente LLANOS dichiarò davanti alla Procuradoria  spontaneamente che nella macchina della pattuglia c’erano due bastoni sfollagente, di conseguenza tutta questa situazione toglie importanza e valore alla commentata negazione, tanto enfatizzata dalla Fiscalia, questo senza contare che ALVARO DRIAZA e ZULAY CHING manifestarono che i menzionati non portavano i citati accessori (V. pagina 199 - 323 - C.O.1). Senza pretendere di entrare in spiegazioni accademiche sull’indizio, esprimiamo che la base insindacabile di questa prova è il fatto indicatore, il quale deve essere provato, se questo dato non è dimostrato, la qual cosa accade in questo caso, visto che si è partiti da una relazione del servizio corrispondente ad un turno ed ora diversa a quella in cui accaddero i fatti, necessariamente si deve accettare l’assenza di indizio per mancanza di uno dei suoi elementi caratteristici.

Si valuta che i poliziotti implicati sostennero che la dottoressa  nella prima occasione non gli permise di far scendere il paziente ed essa nega questa affermazione ed in questo secondo la Fiscalia è appoggiata da ROSMARY DEL CARMEN PUELLO CERDA e risulta che quest’ultima in una dichiarazione resa sotto giuramento raccolta presso il Tribunale 59 dell’istruttoria Penale Militare, accetta che ai processati venne detto che non si autorizzava l’ingresso di GIACOMO TURRA nell’ospedale perchè rappresentava un pericolo per l’integrità fisica del medico e della struttura di questo centro assistenziale (V. pagina 120 - 121 C.O.I), stando così le cose ed avendo posto in questione l’entità e l’importanza probatoria di quanto dichiarato dalla dottoressa AMIRA FERNANDA OSORIO e stabilito che il suo ausiliare dell’infermeria per quanto riguarda il momento dei fatti non la appoggia come si pretende, per quanto riguarda la nota sotto questo aspetto per gli imputati difficilmente si può attribuire ad essi un’entità indiziaria, per quanto il supposto fatto certo e provato ha una base poco solida.

Si considera come indizio grave che gli inquisiti dichiarino che fu la dottoressa che disse loro che GIACOMO TURRA era morto per una overdose e che essa lo neghi, ma se così fosse teniamo in conto che proprio la dottoressa accertò che il quadro che presentava questo giovane, poteva coincidere con la diagnosi di overdose, ma che questo era assoggettato ad una verifica con esami di laboratorio (V. pagina 231 C.A.8). D’altra parte ricordiamo che gli indagati non hanno una formazione accademica, e nemmeno tecnica, pertanto nell’eventualità in cui avessero  segnalato di propria iniziativa che la morte era avvenuta per overdose, questa affermazione avrebbe avuto l’idoneità e sufficiente capacità per incidere sulle successive indagini tendenti a stabilire la causa effettiva di questo decesso e ad ogni modo la dottoressa cosciente di aver preso in considerazione come causa della morte l’overdose, assoggettata logicamente ad una verifica clinica (V. pagina 90 C.A.6 - 135 C.O.1), e sì la stessa dottoressa riconosce questa possibilità con l’osservazione detta, che si può pensare di agenti carenti di esperienza nel ramo; tanto semplice ed elementare è la questione che una persona, ORLANDO ENRIQUE LOPEZ ARRUBLA, tassista di professione e che ebbe contatti con GIACOMO TURRA prima di arrivare al Ristorante Mee Wah, dichiarò sotto giuramento che il comportamento di questi “era di una persona sotto gli effetti della droga” (V. pagina 88 C.A.6), dunque perchè ci dovrebbe apparire strano che i poliziotti abbiano parlato di overdose, dato che un cittadino comune, con il solo fatto di osservare il comportamento scomposto del giovane italiano, si riferisce al tema per qualificare il comportamento dello stesso? Si sbagliano quindi coloro che su quanto tanto semplice, elementare ed ovvio, pretendono trovare un indizio.

La Parte Civile ha menzionato con enfasi che il procedere di uno degli implicati a scrivere nel Libro Minuta de Poblaciòn  che il decesso era stato causato da una overdose, era indirizzato a sviare il corso delle indagini che sarebbero seguite, creando false tesi sulla causa della morte e di ciò che ne sarebbe scaturito, un indizio grave, per quanto riguarda l’idea dell’overdose già ci siamo pronunciati nei commenti immediatamente precedenti e per ciò che ha a che vedere il rapporto scritto enunciato, diciamo che lo stesso ubbidisce al compimento di un mandato legale contemplato nella Risoluzione 9960/131192, articolo 85, nel quale si ordina che devono essere scritte le novità occorse durante il servizio ed abbiamo detto che il fatto della morte sì che lo è, inoltre in questo rapporto si deve spiegare la novità e questa esegesi sorge da prime idee ovviamente  soggettive, che ha la persona incaricata di effettuare il suddetto lavoro, questi i fatti, da ciò difficilmente può essere rilevato un indizio di ordine grave, posto che ripetiamo che la stessa si è realizzata nel compimento di un mandato legale ed il suo contenuto ubbidisce a criteri di una persona che come il tassista ORLANDO ENRIQUE LOPEZ ARRUBLA, ne aveva la convinzione per gli atteggiamenti assunti dallo stesso GIACOMO TURRA. (Vedere la Cartella della Fiscalia dei quaderni annessi 6-7-8-9-10-11-12).

Si guarda in modo indiziario alle circostanze che presumibilmente gli indiziati entrarono nell’appartamento di GIACOMO TURRA senza permesso delle autorità competenti, su questo tema all’inizio abbiamo fatto dichiarazioni e commenti, però ciò nonostante possiamo segnalare che il Signor DAVID ESPRIELLA guardiano dell’edificio Los Delfines, ha indicato che i suddetti chiesero il permesso per entrare nell’appartamento e che JULIO LONDONO li autorizzò, l’insolito del caso è che questo testimone appare tanto nel processo Penale Militare tanto nelle Preliminari che ha portato la Fiscalia, di conseguenza non intendiamo perchè in Udienza si è menzionato questo fatto come indizio e lo stesso giudizio gli ha dato la Fiscalia, senza che nell’uno e nell’altro caso fossero state date spiegazioni sulle ragioni di non credere a quanto era stato dichiarato da DAVID ESPRIELLA, bisogna ripetere che l’esistenza dell’indizio dipende sempre dalla concreta esistenza del fatto probatorio (V. pagina 276 - 279 - C.O.2 - 157 - C.A.7).

La Fiscalia sostiene che JULIO LONDONO segnalò che i poliziotti, quando lui salì all’appartamento dove abitava GIACOMO TURRA, avevano già aperto la porta, questo viene valutato come indizio ugualmente al fatto che i processati dichiarassero che avevano trovato una boccetta con una sostanza che sembrava cocaina, su entrambi i punti ci siamo già pronunziati e a quello ci atteniamo, comunque ricordiamo che in una Ispezione Giudiziaria sviluppata dalla stessa Fiscalia nel Libro delle Annotazioni dell’edificio Los Delfines c’era scritto che i processati salirono all’appartamento 304 per perquisirlo, accompagnati da JULIO LONDONO, prova questa che riflette la falsità delle affermazioni da questi fatte, in quanto sulla seconda, questo stesso testimone commentò a un funzionario del Commissariato Nazionale per la Polizia, che certamente aveva visto questa boccetta, ma specificandogli che non sapeva se i poliziotti avevano lasciato oppure portato via qualche cosa, in un’altra dichiarazione davanti al C.T.I. lo stesso testimone narra che aveva chiesto ai poliziotti il motivo per cui volevano aprire l’appartamento e riferisce successivamente di aver guardato le mani dei poliziotti e che avevano in mano soltanto una radio, a sua volta DAVID ESPRIELLA alla domanda se gli agenti di polizia entrando nell’appartamento avevano qualche elemento in mano o la detta boccetta, rispose di non avergli visto questo oggetto e che essi entrarono con le mani vuote, quindi su questo punto non risulta possibile trarre indizi, visto che le due premesse su cui abbiamo iniziato questo ragionamento, sono controverse e persino vengono meno nella loro sostanza. (V. pagina 181CA7-64-CO1-69-CA6-279 CO2).

La Fiscalia sostiene ed anche la parte civile, che i processati raccomandarono a JULIO LONDOÑO, MARCO CACERES e DAVID ESPRIELLA, che se qualcuno avesse chiesto avrebbero dovuto rispondere che nessuno era entrato nell’appartamento, ciò viene detto dal primo di questi, che aggiunge che questo è successo mentre scendevano dall’appartamento (V. pagina 17 - 160 - CA7) e succede che DAVID ESPRIELLA dichiara che gli imputati avevano soltanto menzionato di aver trovato una boccetta con droga e che TURRA era morto per overdose, nello stesso senso si pronuncia MARCO LUIS CACERES CONEO (V. pagina 280 - 281 - C.O.2 - 130 C.O.1 - 79 C.A.8), si evidenzia che JULIO LONDOÑO è praticamente incaricato di diffondere quest’idea, però due persone che vengono da lui menzionate come ascoltatori delle raccomandazioni precedentemente citate, non lo appoggiano nelle sue dichiarazioni ed inoltre per quanto riguarda la credibilità di JULIO LONDOÑO, ci siamo già precedentemente pronunciati in modo esteso e negativo, per questo qualsiasi indizio che si pretenda far scaturire da queste dichiarazioni si appoggerebbero su un piedistallo di argilla.

La Fiscalia nella Providencia Inhibitoria precedentemente detta argomenta che le gravi lesioni riportate dal TURRA si verificarono durante il lasso di 27 minuti in cui lui stette in mano dei poliziotti, mentre lo trasferivano dalla Ispezione di Polizia di Bocagrande fino all’ospedale, questa deduzione nasce dalla circostanza che conformemente a quanto dichiarato dalla dottoressa AMIRA FERNANDA OSORIO, la pattuglia era arrivata all’ospedale alle 11,45 p.m., ed è rimasta in questo edificio dai 20 ai 25 minuti, uscirono in direzione della Stazione impiegando un tempo di 1 minuto e 57 secondi, rimanendo 5 minuti nella Stazione, ritornando all’ospedale  in 1 minuto e 40 secondi, però secondo  quanto dichiarato dalla dottoressa e da ROSMARY PUELLO CERDA, i poliziotti ritornarono all’ospedale alle 12.45, vi è una differenza di 27 minuti, tempo in cui secondo la Fiscalia avvennero le lesioni di GIACOMO TURRA, in queste affermazioni e conclusioni, non si è preso in considerazione un aspetto molto importante, in riferimento al fatto che l’agente JOSE BALVUENA, comandante di guardia della Stazione menzionata riguardo alla notte dei fatti, indica che non ricevette GIACOMO TURRA per il suo pietoso stato, che è confermato dalla sentinella JASMET MONSALVE MORALES, che dichiara che TURRA era incosciente, che l’agente BALVUENA lo vide senza segni vitali e per questo non lo ricevette (92 - 94 C.O.6), incluso il testimone principale EDUARDO RENE MARTINEZ MEYER, riferisce che TURRA non respirava, non dava segnali di vita (pagina 9C.O.5), quindi secondo la testimonianza di queste persone, escludendo per motivi di coerenza argomentale la ultima, il giovane italiano arrivò molto male alla Stazione e se come afferma la Fiscalia che dopo di essere stato in questo luogo vennero provocate le lesioni mortali a GIACOMO TURRA che sono descritte nell’autopsia, allora dobbiamo chiederci a cosa è dovuto per cui TURRA arrivò così male al Commissariato, cosa fu che gli procurò questo stato pietoso? Attenendoci al ragionamento della Fiscalia, non può essere stata l’azione lesiva degli imputati la causa di questo stato, per quanto secondo queste conclusioni della Fiscalia, detta azione ancora non si era verificata, ci resta come possibilità di risposta a questi interrogativi, le lesioni che lui stesso si era provocato nel ristorante, l’assunzione di liquore, il consumo di sostanze psicotrope o tutto quanto insieme, comunque non l’azione di polizia, quindi ripetiamo attenendoci alle conclusioni della Fiscalia, in questi momenti l’ingiuria mortale non vi era stata. Un altro aspetto che riflette l’inconsistenza delle conclusioni della Fiscalia, è il fatto che questa prende come ora di arrivo all’ospedale per una seconda volta, quella indicata dalla signora ROSMARY PUELLO CERDA e dalla dottoressa AMIRA FERNANDA OSORIO, ma questa racconta che in questa occasione ha preso un foglio bianco ed vi scrisse “ore 12,45 più o meno” (231CA8), espressione quest’ultima che denota che l’ora scritta di arrivo per la seconda volta all’ospedale non è esatta e la prima dichiarante si limita ad indicare tempi approssimativi, di conseguenza non si può dare per certo che i poliziotti ritornarono con TURRA a quest’ora, quindi i tempi su cui ha preteso lavorare la Fiscalia sono carenti di esattezza e come se ciò non bastasse, studiando la testimonianza di AMIRA FERNANDA OSORIO, si arriva alla conclusione che lei non aveva esaminato adeguatamente il paziente e di conseguenza lei stessa non poteva distinguere chiaramente che ferite presentava il corpo di GIACOMO TURRA, nella prima e seconda occasione in cui lo vide, questo senza contare che nella perizia che recentemente abbiamo valutato, il suo autore non ha potuto realizzare questo compito, quindi per tanto esiste un alto grado di soggettività nelle conclusioni indiziarie della Fiscalia che stiamo commentando ed inoltre gli manca solidità nel riscontro probatorio.

La Fiscalia cita ed a questo ha fatto riferimento anche la Parte Civile, che la Dr.ssa AMIRA FERNANDA OSORIO manifestò che qualche tempo dopo gli avvenimenti gli stessi imputati gli portarono un paziente figlio di una Procuratrice della Capitale della Repubblica, che disse di essere stato violentato, drogato e che fuggendo dal ricovero in ospedale lo riportarono con graffi alle ginocchia ed il giovane diceva che la polizia lo aveva picchiato, su questo particolare è opportuno chiarire subito che nella Dichiarazione Libera resa dalla dottoressa alla Fiscalia, segnalava che questo giovane le aveva narrato che aveva cercato di difendersi da una paio di persone che volevano abusare sessualmente di lui, quindi non si è tratta già di una violenza ma di un tentativo di attuarla e la realizzarono gente comune secondo quanto raccontato  dalla stessa dottoressa, la quale con sicurezza manifesta di essere stata informata di aggressioni nei confronti del giovane da parte della Polizia, ma che questo accadde mentre lo portavano all’ospedale (V. foglio 251 - 264 C.O.8); chiarito quanto precedente, indichiamo che non si può considerare come indizio grave questa situazione, in quanto si tratta di una semplice presunzione di responsabilità (sindicaciòn) su di un fatto punibile (lesioni personali) e che come tale dovrebbe essere soggetto alla verifica tanto dell’esistenza del fatto punibile quanto della responsabilità degli implicati in merito a questo, il quale per il momento non conosce la corte, ricordiamo che la nostra Costituzione, nel suo articolo 29, contempla il principio che tutte le persone sono presunte innocenti finche non venga dimostrato il contrario e in questo caso pensiamo che per valutare come indizio grave le informazioni della dottoressa AMIRA FERNANDA OSORIO, per lo meno si dovrebbe avere la certezza del fatto che realmente quelle contusioni che aveva il paziente fossero state causate da terzi e che per di più questi, operando in quel modo, non erano protetti da ragioni che escludevano illegalità e colpevolezza, ma niente di questo venne considerato, bastò che la professionista collega del famoso Ippocrate raccontasse (la sua verità) per produrre un indizio grave, senza importare che così facendo si lasciava in disparte la garanzia fondamentale della presunzione d’innocenza.
Ebbene, visto che si produce un indizio grave nei confronti dei poliziotti per quanto riguarda la morte del giovane italiano, questa presunzione non solo nasce da un fatto che non è provato, ma anche producendo l’indizio si sta partendo da un concepto peligrocista  da molto tempo abbandonato dal nostro Ordinamento Penale e questo lo diciamo perchè se, come indicò AMIRA OSORIO, l’aggressione del giovane figlio di una procuratrice avvenne successivamente agli avvenimenti sui quali stiamo dibattendo, semplicemente si pensò producendo questo indizio che, incolpando gli agenti di aggressione di quel giovane ed essendo gli stessi implicati nella morte di GIACOMO TURRA, si dimostrava che hanno una personalità con tendenze al male o pericolosa e che avrebbero ben potuto essere stati i RESPONSABILI delle lesioni mortali causate a GIACOMO TURRA, questo è l’unico legame che può esserci tra un avvenimento e l’altro; aveva ragione SOLER nel suo Diritto Penale quando diceva che risultava “profondamente ripugnante verso il senso moderno del Diritto e violatorio del principio di Giustizia, il tentativo di sottomettere a sanzioni di natura penale una categoria di uomini, soltanto per una qualche qualità personale”, praticamente per la strutturazione di questo indizio si pensa di più con criteri inerenti al Diritto Penale d’autore (autor), laddove conta solo la pericolosità che può rappresentare l’individuo e per queste premesse non si può accettare questo uso indiziario, visto che il nostro Stato di Diritto riconosce il Diritto Penale di Fatto (de Acto).

Da parte della Fiscalia e della avvocatessa della famiglia del morto si addossa agli imputati il chiamato indizio della opportunità, sulla base che (GIACOMO) stette in loro potere e sotto la loro responsabilità e conseguentemente questo fatto permetteva loro di eseguire la condotta delittuosa giudicata, perchè tale indizio abbia validità in questo caso, si richiede che preventivamente venga dimostrato pienamente e chiaramente che GIACOMO TURRA, quando usciva dal ristorante e dopo arrivando all’Ospedale non avesse lesioni gravi che gli potessero causare la morte, sia la Fiscalia  che la Parte Civile dichiarano questo, visto che la prima indica che il giovane italiano ebbe le lesioni gravi dopo essere uscito dal commissariato di Bocagrande diretto verso l’Ospedale, mentre la seconda afferma che le riferite lesioni vennero procurate lungo il tragitto dall’Ospedale al commissariato, così che necessariamente per affermare l’una o l’altra cosa, TURRA doveva uscire senza lesioni mortali dal ristorante  e questo soggetto processuale per arrivare alla conclusione dell’assenza di lesioni mortali nel corpo di GIACOMO TURRA, quando uscì dal ristorante Mee Wah, prende come base per esempio il fatto che TURRA arrivò pieno di sabbia o terra e su questo non c’è precisione, dato che v.gr. AMIRA FERNANDA OSORIO, in una dichiarazione iniziale dice che le portarono il giovane in una prima occasione e lo vide abbastanza sporco di sabbia, di terra e sullo stesso aspetto in una dichiarazione successiva dice il contrario (V.fl.148 C.O. 3-226 C.A.8), la Parte civile aggiunge anche la dichiarazione di un impiegato del negozio Pan de Bono, di nome ALFREDO MANUEL MENDOZA PALACIO,  che dichiara, quando gli si domanda sulla presenza di alcune lesioni che appaiono in varie foto che gli si pongono davanti,  che TURRA era logicamente sbiancato (blanquito) mentre veniva cacciato dal ristorante e che non gli vide nessuna abrasione o nessuna delle lesioni che appare nelle foto,, come nemmeno del sangue, ma succede che nè questo teste e nemmeno le persone che stavano dentro e fuori il ristorante Mee Wah potevano avere una visione completa del reale stato di salute che in quel momento aveva GIACOMO TURRA, questo lo diciamo fondatamente per il fatto che la lesione grave che secondo l’Autopsia provoca la sua morte è un trauma cerrado al livello del cervello, che evidentemente non era percettibile a prima vista e ancora meno lo poteva osservare una persona come ALFREDO MANUEL MENDOZA PALACIO, che come lui steso ammette nella dichiarazione riferita dalla Parte Civile, si trovava approssimativamente ad una distanza di 17 metri dal luogo dove TURRA era fatto salire sulla macchina della pattuglia e ancora meno visto che tutto ciò avveniva in un’ora notturna (V.fl. 173-174-C.A.7); parliamo di trauma cerrado per quanto nel pluricitato protocollo non si indica che GIACOMO TURRA aveva una ferita aperta nella testa, certamente gli viene descritto un’ematoma subglaleal, ma questo viene determinato e relazionato nell’esame interno del corpo che fa la patologa (fl.112 CO1), cosa che implica allora che i traumi complicati a livello della testa di cui soffrì TURRA difficilmente potevano essere percepiti a prima vista, ancora meno se coloro che riuscirono ad osservare il giovane italiano nel Ristorante Mee Wah e all’uscita da questo, erano persone non capaci di individuare gli stessi traumi, la unica persona che in quel momento aveva la capacità e la formazione per individuarli era la dottoressa AMIRA FERNANDA OSORIO e lei nella cartella clinica disse che l’esame FISICO era impossibile da realizzare e dopo ammise con una testimonianza che  sebbene nella prima occasione osservò alcune lesioni a TURRA, per la scarsità di luce, non poteva assicurare che non ne avesse avute altre, e in più soltanto la seconda volta che lo visita riferisce che gli palpò il cranio notando “un piccolo ematoma nella regione frontale sinistra” (138 C.O.1), inoltre un perito cercò di determinare se TURRA aveva lesioni diverse e più gravi di quelle che presentava quando arrivò per la prima volta all’Ospedale e abbiamo già detto che si dichiarò impotente a rispondere a questo, quello che possono affermare con certezza e lo fanno i testi del ristorante è che GIACOMO TURRA si dava dei colpi violenti, si veda ad esempio la dichiarazione di ZULAY CHING, la Parte Civile appoggiandosi alla Legge della Cinetica, alla gravità e alla costituzione asciutta del giovane arrivò a indicare che lo spazio della terrazza del ristorante Mee Wah non era sufficiente affinchè il defunto si potesse causare le lesioni descritte, ma succede che venne posto questo dubbio al patologo GUILLERMO ROVIRA nell’udienza e lui spiegò che era possibile (Fl. 3 C.O.10) allo stesso modo la Parte Civile ricordò che il signor JORGE CARLOS VILLA CASTRO disse che la polizia, portando fuori GIACOMO TURRA dal locale lo spinse facendolo cadere, ma lo stesso teste avvertì che quell’atto non portò a che il giovane si facesse del male colpendosi ma che si cercava di controllarlo (Fl 75-81 C.O.4); in conseguenza gli imputati ebbero contatto con il defunto, ma questo in sé stesso non è sufficiente per produrre un indizio grave di loro responsabilità, poichè l’indizio studiato esige per la sua strutturazione che l’attore sia in una circostanza in relazione alla vittima, da dove derivi senza alcun dubbio che lui e solo lui poté avergli causato la lesione mortale e nell’evento studiato, ripetiamo che varie voci dicono che GIACOMO TURRA si aggredì con forza. Ciò che è spiegato in questo punto, ci serve per segnalare che non entriamo a discutere se un colpo si fa subito evidente, dato che nel caso non sia così, quest’ultimo non è la prova del fatto che avremmo affermato che la dottoressa AMIRA FERNANDA OSORIO non può sapere realmente se le ferite che vide sul giovane la seconda volta che lo visitò, non le teneva la prima volta che lo ricevette, noi stiamo insistendo che lei non l’esaminò adeguatamente in quella prima occasione e per quello proprio noi fondiamo  nelle sue stesse dichiarazioni e pertanto non ha l’autorità per fare precisazioni sul particolare.

Adesso andiamo a parlare dell’indizio della opportunità per delinquere, si tenga in conto che il defunto con chi per primo ebbe contatto fu con le persone che si trovavano all’interno del ristorante Mee Wah quando lui arrivò in quel locale, di più è provato che con alcune di quelle persone GIACOMO TURRA ebbe una specie di scontro, conseguentemente visto che è un’opportunità per fare luce sul delitto, questa (opportunità) sarebbe anche applicabile a queste persone, poiché loro, così come i poliziotti, stettero per un tempo da sole con il giovane italiano, la cosa che abbiamo esposto non pretende assolutamente addossare responsabilità penale a queste persone, ci mancherebbe altro, ma, visto che si è toccato l’indizio della prova di opportunità, era giusto effettuare questo paragone per dimostrare ancora una volta quanto sia ingiusto l’indizio che si porta contro gli imputati.

Un altro indizio sul quale si parla è quello delle manifestazioni successive al delitto, sorto a partire dalla falsa dichiarazione degli imputati, che TURRA venne arrestato nel cortile e presumibilmente questo non successe perchè TURRA non potè accedere in quel luogo visto che non riuscì ad aprire la porta verso l’esterno, dato che apriva invece verso l’interno, per tutto ciò è possibile dire che si parla della porta che apre verso l’interno, non che non si aprisse, questo da una parte, per l’altra parte dobbiamo vedere un aspetto molto importante che è che nella Ispeccion Judicial realizzata dal Juzgado
59 de Istruccion Penal Militar, venne determinato che il luogo dove fu trovato TURRA dai poliziotti, dopo essere entrato nel ristorante, fu un cortile interno (V.fl 296 C.O.2), ma quello che lascia senza basi il denominato indizio grave è il fatto che la stessa ZULAY CHING, in una dichiarazione rilasciata alla Procura Provinciale di questa città, sostenne enfaticamente che TURRA fu catturato “nel cortile della cucina” e mostrò ai funzionari della Procura questo luogo (V. fl. 320-322- C.O. 1), allora non è certo che gli imputati mentissero sul fatto in questione, cosa che fa sparire qualunque segno di prova indiziaria.

Viene indicato come un indizio che gli imputati esercitarono pressioni sui testi, ovviamente per farli accomodare alle loro parole o almeno per astenersi dal testimoniare, si è già detto che la Giustizia Ordinaria avanza un processo contro gli imputati per costrizione di testi, nonostante ciò facciamo un po’ di chiarezza su questo particolare e atteniamoci al fatto che lo si denuncia come un indizio grave, per questo vediamo quali sono le persone che parlano di intimidazione, in primo luogo parliamo della signora INGRID LAMPREA, alla quale viene chiesto delle minacce e del loro effetto su di lei,  e la stessa rispose che le dichiarazioni erano state fatte con il fine di dire quello che lei vide, ma che questo processo aveva preso una strada  differente e parla della “situazione del paese e i molti attentati e uno pensa che gli può succedere anche a lui, perchè uno vede la televisione, che trasmette (sic)  violenze da parte della Forza Pubblica, per questo definisco come intimidazione quello che è successo in questo processo”, questa dichiarazione ha origine dal fatto che secondo INGRID dove lei andava c’erano poliziotti, parlavano che gli stranieri erano dei drogati, la segnalavano come una testimone e un poliziotto di quelli processati rimase dal giorno della morte del giovane sulla porta dell’edificio Los Delfines, in relazione a questo diciamo che il custode dell’edificio  dice che dopo la fatidica notte non vide più gli imputati e che dopo osservò uno di loro fare la ronda sull’Avenida San Martin di fronte al suo luogo di lavoro (V.fl. 281 C.O.2), da dove spunta il commento precedente di INGRID LAMPREA e se studiamo con serietà la sua dichiarazione, si osserva che le minacce che lei racconta nascono più che altro dalla sua coscienza, dal suo sentimento, ma obiettivamente non appare una minaccia evidente. JULIO LONDOÑO disse di essere stato minacciato, ma la valutazione iniziale delle sue affermazioni, ci porta a guardarle con riserva. Ad ogni modo l’uno e l’altro teste hanno dichiarato quello che hanno considerato davanti a differenti autorità.

Dalle affermazioni di MARTHA CABALLERO, si capisce che i Poliziotti generarono, specialmente nell’edificio Los Delfines, un ambiente di spavento, e succede che MARCOS CACERES, impiegato di questo palazzo, sotto giuramento, indicò di non avere ricevuto minacce, stessa considerazione fece DAVID ESPRIELLA, altro impiegato de Los Delfines (V fl. 281-356 C.O.2). MARTHA CABALLERO si riferisce al fatto che ascoltò commenti di minacce al guardiano del Centro Commerciale JORGE CARLOS VILLA CASTRO, ai custodi dell’edificio Los Delfines e a quelli del negozio Pan de Bonos e succede che VILLA CASTRO ha negato di essere stato minacciato in una dichiarazione raccolta al processo (V.fl. 81 C.O.4), per quanto riguarda i custodi dell’edificio, si conosce la loro risposta in merito, per quanto  riguarda WALBERTO TAPIAS, il custode di Noches de America e ALFREDO MENDOZA PALACIOS, impiegato di Pan de Bonos, diciamo che quest’ultimo racconta di non avere osservato che TURRA venne aggredito fuori dal ristorante e confessa di non avere parlato con i poliziotti dopo gli avvenimenti, entrambi depongono davanti a organi distinti e nelle loro dichiarazioni si mostrano spontanei, non evidenziano timori o paura, la fonte di informazioni sulle minacce che ha questa teste sono le voci, che non hanno un volto conosciuto e che rincorrono per le strade seminando dubbi, danneggiando patrimoni morali e generando incertezza. E’ importante segnalare che questa impostazione serve per riflettere esclusivamente sulle imprecisioni e le inconsistenze del giudizio studiato, ma non vuole pretendere in alcun modo di immischiarsi nelle indagini di cui abbiamo parlato (V. fl.129 C.O.7). La Parte Civile in forma enfatica si riferì e chiese le dichiarazioni delle (140) persone che secondo ALFREDO MENDOZA furono presenti agli avvenimenti, questo per risaltare il processo di intimidazione che secondo la Parte Civile fecero gli imputati, rispetto a questo ragionamento denotiamo che per esempio a WALBERTO  TAPIAS MARRUGO la Procura Provinciale di Cartagena chiese se si radunò una gran folla sul luogo degli avvenimenti, e lui rispose “POCA GENTE” (V. fl.400 C.O.1-174 C.A.7), allora non si può in maniera superficiale pretendere di stabilire criteri insindacabili su questo particolare.

Viene addebitato agli imputati  il cosiddetto indizio di Presenza, in quanto ritornarono sul luogo degli avvenimenti, dopo avere commesso il delitto e si basa nel fatto che gli stessi stettero nell’Edificio Los Delfines dopo i fatti, questo nessuno lo nega, si ricordi che DAVID ESPRIELLA affermò che arrivarono all’Edificio chiedendo il permesso per andare all’appartamento che occupava TURRA e JULIO LONDOÑO (coamministratore di quell’appartamento) lo concesse loro e salì con loro, pratica alla quale partecipò anche DAVID ESPRIELLA, si capisce allora che gli imputati non ebbero una intenzione deliberata di entrare clandestinamente e surrettiziamente in quell’appartamento. Quindi, non si capisce come si vuole dare qualità d’indizio a questo fatto, se lo stesso è qualcosa di logico e naturale, visto che risulta ovvio che dopo una morte così disdicevole e in circostanze così speciali, gli oggi imputati (ma non in quel momento),  cercarono di indagare più sull’accaduto, si ricordi che la Risoluzione n. 9960/131192 nel suo articolo 85, impone alla Polizia di dover registrare nel libro de Poblaciòn, le novità del servizio  e per questo è necessario raccogliere informazioni,  inoltre JORGE MENDOZA PASOS spiegò che sapendo che TURRA aveva un amico decisero di andare alla sua ricerca perchè conoscesse quanto era successo, essendo questo qualcosa che qualunque cittadino fa davanti ad una morte tanto deplorevole, cioé avvisare i familiari o i vicini, conoscenti (fl. 52C.0.2).

Era tanto ovvio e logico che la polizia andasse all’Edificio Los Delfines dopo gli avvenimenti, che così lo interpretò e lo intuì DAVID ESPRIELLA, quando spiegando perchè non aveva avvisato la polizia che il giovane preso nel ristorante Mee Wah viveva nell’edificio dove lavorava come guardiano, dichiarò che rendendosi conto di questo disse al suo compagno impiegato alle reception “aspettiamo che la Polizia venga da noi perchè non possiamo lasciare il nostro posto di lavoro” (V. fl. 280 C.O.2), conseguentemente se questo è così, in verità non comprendiamo l’entità indiziaria che si pretende dare a questa situazione realizzata dagli imputati visitando l’Edificio Los Delfines dopo gli avvenimenti. Se ci domandiamo cosa portò DAVID ESPRIELLA a supporre che dopo i fatti i poliziotti sarebbero venuti all’Edificio Los  Delfines dobbiamo rispondere la semplice esperienza, quella che secondo Aristotele è costituita dall’unione di molte percezioni e ricordi di casi analoghi, nella quale le cose comuni diventano cose schematiche, come dire che fu la conoscenza della vita quella che permise a DAVID ESPRIELLA di sapere quello che sarebbe capitato dopo che TURRA se ne andava insieme alla Polizia; allora non si vede perchè ci sarebbe un indizio in questo caso, visto che prima di tutto la visita venne autorizzata e accompagnata, in secondo luogo l’obiettivo non era egoista, al contrario si cercava di trovare informazioni per compiere appieno un dovere e di informare su quanto era successo coloro che potevano essere interessati anche perchè, data la gravità dei fatti,  per un comune mortale senza tante lauree o pretese, era naturale che la polizia sarebbe ritornata a indagare sul principale protagonista di questo fatto.
 

Si valuta come indizio grave quello che è conosciuto come la prosecuzione di un atto collegato allo stesso servizio, tra i quali si menziona la pressione effettuata sul medico per avere il nome delle medicine somministrate e potere dimostrare che la morte avvenne per overdose, su questa ultima cosa e sulla presunta pressione abbiamo già parlato, si è visto che questa serviva per raccogliere informazioni da riportare come novità sul libro minuta, attività alla quale erano obbligati per legge gli imputati, se noi vediamo la cosa lasciando in disparte il fatto che si tratta di poliziotti, risulta strano che dopo poco che un paziente abbia ricevuto una medicina lui muoia, visto che si aveva detto che quella medicina avrebbe avuto un effetto tranquillizzante, per tanto non occorre sorprendersi che i poliziotti abbiamo deciso di indagare ancora di più sul fatto, soprattutto se si ricorda la missione costituzionale attribuita loro e inoltre il dovere di dare più dettagli possibile su una novità come la morte.

La Parte Civile si è riferita al fatto che il levantamiento del cadavere avvenne varie ore dopo il decesso di GIACOMO TURRA e attribuisce il fatto che gli imputati non informassero opportunamente di questo alla volontà di avere il tempo per creare false prove, intimidire testi... ecc, su questo diciamo che il cadavere rimase nell’ospedale dalla seconda volta che questo venne visitato dagli imputati, poi lo stesso non stette tutte queste ore alla loro mercé, per altro l’Agente JOSE VICTORIANO VALBUENA, nella sua dichiarazione alla Procura, confermò che gli incriminati avessero telefonato dall’Ospedale attraverso la radio alla centrale informando sulla morte del giovane e chiedendo la presenza della Fiscalia perchè facesse il suo lavoro secondo quanto detto dal funzionario che realizzò il levantamiento, il ritardò si dovette più che altro a ragioni di turno e perfino burocratiche (370 C.O.1). In quanto al fatto che il defunto arrivò bagnato all’Ospedale la seconda volta, la cosa è spiegata facilmente, succede che morendo una persona  rilassa i suoi sfinteri che dilatandosi espellono liquidi, come per esempio urina e nell’acta de levantamiento venne scritto di questa situazione, allora non c’è niente di particolare su questo aspetto.

La Parte Civile dice che,  visto che GIACOMO TURRA venne fatto salire con gli stivali sulla macchina della polizia e con questi arrivò all’Ospedale la prima volta, come si spiega che abbia delle lesioni in questa parte del corpo (piedi), davanti a queste parole ci rimettiamo alla stessa Autopsia e ci rendiamo conto che in nessuna parte il defunto avesse delle lesioni nella zona coperta dalle scarpe, ma soltanto si parla di escoriazioni sui gomiti e sulle ginocchia  e da quel che sappiamo le scarpe del defunto non lo coprivano fino alle ginocchia, come nemmeno aveva lesioni al livello dei glutei, come venne detto nell’Udienza, visto che facendo riferimento a questa parte del corpo, la patologa descrisse unicamente escoriazioni nella regione lombare e questa è ubicata nei cosiddetti lombi e in questa parte non ci sono i glutei; quindi si vede che ci sono delle imprecisioni in quanto enunciato dalla distinta avvocatessa di difesa degli interessi della famiglia addolorata.

Argomenta la Parte Civile che le lacerazioni del corpo del giovane ubicate nelle regioni anteroposteriori sono dovute a trascinamento, cercando in questo modo di togliere credibilità alla tesi dell’autoflagelazione, su queste dichiarazioni annotiamo che il trascinamento non può essere l’unica causa delle lacerazioni menzionate, visto che al gruppo di consulenti specializzati chiamati in udienza è stato domandato se le multipli lacerazioni ed escoriazioni che presentava il corpo del defunto potevano essere state causate dalla caduta del corpo su una superficie piatta o liscia, impatto contro muri lisci e scivolamento del corpo su superfici aspre, e gli esperti in quella occasione risposero che qualunque delle possibilità nominate poteva generare quel tipo di lesioni, in più la dottoressa ANA MAGOLA MANGA sullo stesso argomento disse che lei soltanto faceva un lavoro di descrizione e non poteva dare un consulto di tipo eziologico, perchè esisteva un’infinità di possibilità (17 C.O.10), allora non possiamo dire una parzialità su questo argomento, perchè si starebbero presentando come conclusioni definitive, situazioni nelle quali si prende in considerazione soltanto un’alternativa delle varie fornite dagli specialisti in materia, in più quando la stessa persona che fece l’Autopsia evita di identificarsi con una determinata causa. Si dice ugualmente che il fatto che TURRA sistemato sul pavimento del veicolo della polizia, tra la prima e la seconda fila di posti, dovette sopportare l’azione dei sei anfibi dei tre poliziotti che viaggiavano nel sedile posteriore, ci limitiamo a  chiarire che il Dr. GUILLERMO ROVIRA ROSALES è stato interrogato su questo particolare e rispose: “Io penso che se queste persone (gli imputati) viaggiando posavano i loro piedi sul corpo della vittima, non credo avessero prodotti i danni che sta descrivendo la patologa”, aggiunge inoltre che parlare del fatto che i poliziotti colpissero con gli anfibi il giovane per danneggiarlo, sarebbe una speculazione (V.fl.69 C.O.10), qualunque altro commento in più è superfluo.

Sottolinea la parte civile che lo Stato iniziò varie indagini per questo caso e che le guidò senza grande presenza della famiglia del defunto, si aggiunge che durante quel periodo campioni di laboratorio diedero risultati negativi a psicotropici, scrivendo nei rispettivi risultati: campione esaurito. Posteriormente compaiono altri campioni che danno risultati positivi, a questo riguardo, insistiamo che c’é già stato un giudizio dell’autorità competente ed a quello ci atteniamo, è importante chiarire che due giorni dopo i fatti il Consolato Italiano in questa città sollecita la Fiscalía  che gli vengano consegnati elementi del defunto, cosa che è stata accettata, pochi giorni dopo questo stesso organismo sollecita la cremazione del cadavere e la Giustizia Ordinaria non esistendo ancora risultati di laboratorio dei campioni presi al defunto, dispone tale cremazione, esempio questo di gestione inadeguata  nella conservazione della prova, il 13 settembre di 1995 la Presidenza della Repubblica attraverso la Consejería de los Derechos Humanos chiede informazione alla Fiscalía sullo stato dell’indagine, con il fine di rispondere al duro messaggio di protesta presentato dal Governo Italiano, come se non bastasse il Consolato Italiano aveva ordinato di raccogliere gli elementi che il defunto aveva nel suo appartamento e il padre di questo diede l’ordine di gettare un barattolo che conteneva apparentemente cocaina, tempo dopo e quando già la famiglia del giovane TURRA era  rappresentata formalmente nel processo, un funzionario dell’Ambasciata italiana nel nostro paese spedisce all’istruttore Penale Militare osservazioni sulle prove di laboratorio eseguite a Bogotá, mettendo in evidenza che le conosceva, nonostante il processo fosse in fase sumarial , nel foglio 55 del quaderno originale sei si fa menzione testimoniale che il Consolato fece un’indagine sugli esami di laboratorio, nell’anno 1997 il titolare della missione diplomatica di Italia in Colombia  spedisce un comunicato all’allora Ministro della Difesa aggiungendo una copia della dichiarazione di EDUARDO RENÉ MARTÍNEZ MEYER e parla di seri indizi, finalmente la Procuraduría  nel libero esercizio delle sue funzioni instructoras e sicuramente valutando che potrebbe avere importanza nella ricerca, decide per via diplomatica di sollecitare la storia clinica del defunto e il Ministero degli Affari Esteri d’Italia, argomentando che tale documento non aveva un rapporto causale con la morte di GIACOMO TURRA, si astiene dallo spedire quella Storia Clinica, ma da un’altra parte e un mese dopo la negativa appena segnalata, appaiono le autorità italiane nel nostro paese, con un manoscritto rilasciato da un medico privato, dove si certifica il buono stato di salute del ragazzo e paradossalmente all’epoca della resistenza a presentare la Storia Clinica richiesta dalla Procuraduría,  la famiglia del defunto organizzò un corteo davanti all Ambasciata di Colombia in Italia, denunciando il ritardo nell’indagine, i precedenti ragionamenti si fanno nel maggiore rispetto verso le autorità straniere e con il semplice animo di stabilire che il processo d’indagine per questi deplorevoli fatti fu sempre colorato dalla presenze di persone che in una maniera o  nell’altra rispondevano agli interessi della famiglia del defunto, si fa menzione di questo precisamente perchè è stata la rappresentante legale di quella famiglia, che insinuò che lo Stato Colombiano aveva fatto una gestione contestabile del processo durante tappe nelle quali presumibilmente i consanguinei  del defunto non ebbero i mezzi per intervenire nel processo. (Vfl. 160- 160B- 167- 168- 192 C.O.1 - 52- 55 C.O.4-55C.O.5- 239 e ss. C.O.6- 50- 51- 53 C.A.7-254 e ss. C.A.11-)

Come ingredienti degli indizi la Parte Civile menziona ad esempio l’impossibilità del giovane italiano, legato mani e piedi, di buttarsi dalla macchina della pattuglia, ma accade che il signor RODRIGUEZ GAVIRIA riferisce che mentre facevano sedere il giovane lui saltò e si riuscì a prenderlo, vale a dire che grazie a un suo movimento è stato capace di guadagnare l’uscita della macchina della pattuglia. Si menziona che il corpo del defunto presentava delle lesioni che non potevano essere state provocate da lui stesso, parliamo delle lesioni che appaiono alla radice del naso, nell’area del mento, regione scapolare e nella regione lombare della spina dorsale, come prima cosa si deve indicare che nell’Autopsia si determinò che la causa della morte fu il trauma craneoencefalico severo e nessuna delle lesioni inizialmente relazionate si trovano a quel livello, in riferimento alle lesioni en serosa de colon e parte del ileon , sosteniamo che la Patologa che fece la Autopsia non si azzardò a manifestare o assicurare in modo categorico che quelle lesioni non fossero state prodotte dallo stesso giovane, questo danno nel corpo del giovane  non aveva l’entità sufficiente a causargli la morte; inoltre ricordiamo che GIACOMO arrivò al ristorante comportandosi in modi molto strani ed insoliti per una persona normale e perbene, poco si sa di quello che può essere successo ore prima del suo arrivo in questo luogo, infine è certo che nessuna di quelle lesioni provocò la sua morte e così certifica la Defensoría del Pueblo nel suo rapporto.

La rappresentante della Parte Civile presentò in Udienza una registrazione nella quale si parla di una presunta manipolazione irregolare dei campioni pressi a GIACOMO TURRA, tale registrazione secondo la stessa  distinta Avvocatessa fu presa inconsultamente, sul valore di suddetto pezzo lasciamo che sia l’Onorevole Corte Costituzionale   nella Sentenza T-003/210197, con ponencia del Dott. JORGE ARANGO MEJIA, a parlarci: “la slealtà nella quale incorse  l’attore tradendo la fiducia del suo interlocutore, ignaro del fatto che le sue opinioni venissero registrate, vulnera il diritto fondamentale all’intimità, impedisce che la registrazione possa essere presa in considerazione come prova giudiziaria. Questo perchè la sua creazione e aportación non hanno concordanza con le premesse di un dovuto processo. Di fatto anche la prova ottenuta attraverso la violazione del diritto all’intimità lesiona il dovuto processo, perchè si presume l’utilizzo di una macchinazione moralmente illecita, costituisce chiara inosservanza dei principi della formalità e della legittimità della prova giudiziaria e della liceità della prova e il rispetto della persona umana...questo tipo di attentati contro l’immacolatezza della prova, conducono a una sua NULLITÀ, alla quale fa riferimento l’inciso finale del articolo 29 della Costituzione: “E’ nulla, in pieno diritto, la prova ottenuta violando il dovuto processo”, qualunque altra valutazione che si volesse aggiungere su questo particolare sarebbe superflua, ma rispettando la disposizione dell’articolo 25 del Codice di Procedura Penale, verranno fatte le copie rispettive per l’autorità corrispondente. Sul video che ugualmente presentò in udienza questo Soggetto Processale e che contiene immagini dell’allontanamento di alcuni manifestanti che anni fa fece la Polizia nella Casa España di questa città, annotiamo che questa faccenda risulta completamente differente da quella di cui oggi ci occupiamo, tanto dal punto di vista circostanziale, come di tempo, modo e luogo. Bene, se si è voluto fare una dimostrazione della violenza istituzionale  segnaliamo che i responsabili di quell’azione furono dovutamente sanzionati.

In conclusione anche accettando en gracia de discussion che GIACOMO TURRA fosse morto per un trauma craneo encefalico, le prove testimoniali e periziali emerse nel processo non servono per motivare una Sentenza di Condanna conseguente alle linee dell’articolo 488 del Nostro attuale Ordinamento Penale Militare, diciamo le stesse cose degli indizi che secondo la parte interessata si delineano contro gli imputati, visto che lungo tutta questa risoluzione sono state dimostrati gli errori, le incoerenze e le inconsistenze delle argomentazioni sulle quali si pretese strutturare quegli indizi, quello che potrebbe andare contro gli imputati è che negarono di portare la chiave dell’appartamento del morto, ma questo fatto in sè stesso non dimostra che siano i responsabili dell’omicidio che viene loro imputato, visto che venne anche stabilito che arrivarono nell’Edificio Los Delfines, chiedendo il permesso di entrare nell’appartamento, aspettarono il suo amministratore e con lui salirono fino all’appartamento, avendoli quest’ultimo precedentemente autorizzati ad effettuare l’ispezione nell’appartamento, di sicuro FRAMARINO riferendosi al tema delle contraddizioni dei processati come fonte d’indizio di menzogna e mala justificaciòn disse che: “ è bene non assegnarle un’importanza smisurata, esagerando il loro valore,  visto che non sempre l’imputato si sente obbligato a mentire a causa della sua coscienza di responsabilità, ma (succede) che alcune volte la sua menzogna viene originata dal timore che la verità pura e semplice della sua innocenza non possa trionfare, e in queste circostanze mente per distruggere le apparenze che lui crede possano farlo condannare ingiustamente”. Di modo che gli imputati arrivarono al Ristorante Mee Wah con l’intenzione di soccorrere alcuni cittadini e trovarono un giovane dal comportamento molto speciale, cosa che lo obbligò a impiegare meccanismi di forza per raggiungere la sua sottomissione e che in ogni caso sono tutelati legalmente.

Si è sempre detto che ogni condotta dell’uomo come essere razionale ha un’origine, un fattore motivante e questa cosa è ancora più marcata quando si tratta di condotte delittuose che attentino alla vita, (ciò detto) osserviamo che gli imputati prendono il giovane TURRA e lo portano all’Ospedale, ovviamente con il sano proposito che in quel luogo venga curato, visto che era evidente il suo pregiudicato stato di salute, si afferma che loro si contraddicono dicendo alcuni che cadde dalla macchina della pattuglia e si colpì e altri che non cascò, perchè loro stessi glielo impedirono, piuttosto che far nascere illazioni indiziarie contro gli imputati è meglio considerare che certamente loro evitarono che TURRA si facesse del male, questo costituisce una significativa azione che evidenzia una chiara volontà di proteggere il giovane italiano e in più dimostra l’assenza di motivi per delinquere, “l’uomo non è portato a realizzare nessuna azione senza ragione”,  dicono gli esperti del tema e aggiungono che soltanto le persone con perturbazioni psichiche possono agire senza un interesse specifico, e nel processo non risulta nulla che possa insinuare che gli imputati soffrissero disturbi di questo tipo quando avvennero i fatti e sicuramente ferisce il senso (comune) pensare che dei soggetti che stanno svolgendo una funzione pubblica trovino un giovane in condizioni e atteggiamenti deplorevoli e anormali, lo portino fino ad uno ospedale, chiedano di ricoverarlo e lo portino via per sottometterlo ad una brutale aggressione per riportarlo poi nello stesso ospedale perchè sia visitato un’altra volta, se si vuole attribuire delle responsabilità agli imputati si deve accettare per forza che sia stato percorso dagli imputati questo circolo atipico, illogico e insolito in una condizione umana completamente estranea ai problemi di ordine mentale.

Conseguentemente, questa giuria stima che deve essere emessa una Sentenza di Assoluzione per i poliziotti RAYMUNDO LLANOS VASQUEZ, CRISTIAN RODRIGUEZ GAVIRIA, GUILLERMO GOMEZ JIMENEZ, JORGE MENDOZA PASSOS e VICTOR DIAZ SANCHEZ per il delitto del quale vennero giudicati, a questa conclusione dopo un misurato e minuzioso studio di tutti i fatti e osservando per questo con molto rispetto le argomentazioni  dei distinti professionisti del diritto che hanno partecipato nel processo. Verrà annullato il Procedimiento per FURTO AGGRAVATO E CALIFICADO  verso gli imputati coerentemente con ciò che è stato disposto nella Convocatoria a Consiglio di Guerra. In virtù del fatto che gli imputati si trovano al giorno di oggi in detenzione ( con medida de aseguramiento) consistente nella detenzione preventiva, in accordo con l’articolo 639 numero 3 del Codice Penale Militare, verrà concessa la Libertà Provvisoria in attesa che si pronunci la segunda instancia all’interno dei questo caso, ma per godere di questo beneficio dovranno sottoscrivere  diligencia de cauciòn Juratoria,  come regolamentato dall’articolo 641 ibidem, diligencia nella quale si comprometteranno a rispettare gli obblighi segnalati in questo articolo  le presentazioni di cui parla lo stesso, lo faranno gli incriminati entro i primi 5 giorni di ogni mese, di fronte a la Auditoria Auxiliar de Guerra N°36  e fino a che non avvenga il pronunciamento della segunda instancia già citata.

Senza ulteriori considerazioni  la Presidenza del Consiglio di Guerra, amministrando giustizia in nome della Repubblica e per l’autorità della legge

                                      SENTENZA

PRIMO:  Assoluzione in favore dei poliziotti RAYMUNDO LLANOS VASQUEZ, CRISTIAN RODRIGUEZ GAVIRIA, GUILLERMO GOMEZ JIMENEZ, JORGE MENDOZA PASSOS e VICTOR DIAZ SANCHEZ, de condiciones civile y policiales conocidas en autos  e imputati di OMICIDIO PRETERINTENZIONALE nella persona di GIACOMO TURRA, acorde con la parte motiva.

SECONDO: Terminare di procedere contro i poliziotti RAYMUNDO LLANOS VASQUEZ, CRISTIAN RODRIGUEZ GAVIRIA, GUILLERMO GOMEZ JIMENEZ, JORGE MENDOZA PASSOS e VICTOR DIAZ SANCHEZ per i delitti di FURTO AGGRAVATO E CALIFICADO.

TERZO:  Disporre la libertà provvisoria dei poliziotti RAYMUNDO LLANOS VASQUEZ, CRISTIAN RODRIGUEZ GAVIRIA, GUILLERMO GOMEZ JIMENEZ, JORGE MENDOZA PASSOS e VICTOR DIAZ SANCHEZ, che prioritariamente dovranno sottoscrivere diligencia de cauciòn Juratoria conformemente alle osservazioni segnalate  en los considerandos.  Gli imputati vengano dichiarati liberi.
 

QUARTO: In accordo con los considerandos si ordina di fare le copie pertinenti  davanti alle autorità competenti. In caso che questa Sentenza non sia appellata, si consulti la stessa davanti l’Onorevole Tribunale Superiore Militare.

 COPIESE, NOTIFIQUESE Y CUMPLASE

C.R FRANCISCO JAVIER BERMUDEZ MARIN
cdte. Dpto Policía Bolívar
Presidente

e altri


 
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