L'autore di questo racconto-testimonianza è un abitante di Riosucio, scappato per non essere ammazzato. Come quasi tutti in zona.

A Brisas della Madre ci si arriva navigando l'immenso rio Curvaradò oppure percorrendo dei sentieri che i contadini, ingenuamente orgogliosi, chiamano strade. Il paese, che conta una ventina di baracche fatte di legno, latta e zinco, era diventato l'obbligato punto di riferimento per i contadini dei dintorni, che ci andavano a vendere legname e  banane o a comprare ciò di cui avevano bisogno, compresi gli amori occasionali distribuiti in una delle sei taverne che movimentavano la zona.
La Morte era rimasta nascosta tutta la notte nella vicina piantagione di banane, nell'attesa che alcuni forestieri si allontanassero e che più gente possibile si ritrovasse in piazza in quella domenica, giorno di mercato.
Alle 10 di mattina dell'8 ottobre i paramilitari si avventarono sul paese, sparando da tutte le parti per radunare la gente come si fa col bestiame,  spingendola verso l'unica strada del paese. Stavano per impartire a Brisas quella lezione di terrore che l'intera regione ha ormai imparato a memoria. Dopo averli seviziati assassinarono sotto gli occhi di tutti sette contadini. I primi tre facevano parte di una lista di condannati a morte che si portavano dietro. Gli altri quattro vennero sorteggiati nel mucchio di ottanta contadini che erano riusciti a radunare.
In Urabà e nel Chocò, nei primi dieci mesi del 1997, sono morte in forma violenta quasi  2000 persone, in maggioranza contadini e operai delle aziende agricole bananiere, emolte decine di migliaia  sono scappate dalle loro terre invadendo le miserabili periferie dellle città. La situazione della regione è drammatica per molti, ma non per il governatore di Antioquia, Alvaro Uribe Velez, e per il ministro della difesa, Gilberto Echeverri Correa. Secondo quanto riportato su El Tiempo del 31-8-1997, loro credono che la situazione sia migliorata perché ci sono più ettari di piantagioni di banane,  perché c'è un recupero della produzione e quest'anno si esporteranno 13 milioni in più di casse di banane.
 
 Secondo Maria Girlesa Villagas, Difensore del Popolo della regione di Antioquia, dei 38.238 abitanti del municipio di Riosucio «oltre 30.000 si sono dispersi ovunque».
 
Mosquera
Raccontava che il suo municipio, quello di Riosucio, aveva la malattia "del non c'è". Perché non c'era l'acquedotto, non c'erano le fognature, non c'era l'elettricità, non c'erano né scuola né ospedale e, per finire, l'ultimo medico nominato dall'unità sanitaria pubblica per prestare servizio nella zona era impazzito. Per la fatica e le minacce
Quando i paramilitari l'hanno sorpreso dall'altra parte del paese, Mosquera ha cercato di correre verso il fiume ma è stato fermato dalle loro pallottole.
Sa che sarà tra i primi ad essere ammazzato per essere un dirigente comunitario. Sa che non perderanno tempo a chiedergli i documenti e a farlo sdraiare a terra insieme agli altri.
Emerson, che lo conosce bene, gli ha detto più volte di smetterla «con quelle coglionate di riunire la gente per pulire i sentieri e riempire fogli per reclamare stronzate».
Mosquera aveva saputo dalla nonna che i suoi antenati erano arrivati in questa zona del fiume Curvaradò da Real de Minas de Pavarandò, una miniera d'oro dove avevano lavorato come schiavi per gli spagnoli.
Mosquera ha vissuto tutta la vita su queste terre. Per questo sente un profondo dolore quando vede i paramilitari distruggere a colpi di M-61 e di granate la cascina sull'altra riva.
Della sua infanzia ricorda quando tutta la parte media e bassa del fiume era popolata da una ventina di famiglie di neri che si trasmettevano i tre unici cognomi esistenti: Mosquera, Rivas e Torres. In quegli anni la terra non era un problema. Non c'era bisogno di titoli di proprietà. Per definire i confini bastavano i solchi e i grandi alberi che all'epoca abbondavano.
Poi, negli anni Sessanta, con la recrudescenza della violenza, dalle montagne e dalla costa cominciarono ad arrivare i contadini. All'inizio la terra era tanta. Ma poi tutto fu più complicato. Arrivava gente più problematica, perseguitata dalla necessità e dalla violenza. Gli anziani, che non volevano liti, lasciarono che si sistemassero anche loro.
Mosquera sa che il massacro che inizierà di lì apoco serve a sfolitire queste terre. I paramilitari stanno per confezionare altri messaggi di morte fatti di cadaveri mutilati che lentamente e capricciosamente galleggeranno per giorni lungo il fiume. Messaggi per quelli  che tentennano a fare i bagagli e andarsene
Prima la gente spariva. O almeno veniva permesso ai familiari di seppellire i propri morti. Adesso no. Adesso hanno bisogno dei cadaveri per esporli come macabri messaggi. A questo servirà il suo corpo.
 
A Riosucio la percentuale delle necessità basiche insoddisfatte è del 97,5 per cento. Qui solo il 3% della popolazione ha le condutture per l'acqua e il 2% i servizi igienici. Le case prive di qualunque tipo di servizio sono l'84,8 per cento. Per tutta la popolazione c'è un solo medico e un letto ogni 4000 abitanti.
 
Secondo calcoli del Gruppo di appoggio agli sfollati, per ogni persona assassinata o scomparsa nella zona rurale, scappano tra le 3 e le 4 famiglie.
 
Sesen Villoria
Era un emigrante, un chilapo, figlio di uno di quei contadini arrivati dalla costa, intorno agli anni Sessanta per sfuggire alla guerra tra liberali e conservatori.  Crebbe lavorando con il padre e i fratelli. Una fatica era così pesante che a 12 anni decise di impegnare braccia e sudore nella coltivazione delle banane. Una volta era sotto controllo dei contadini del posto. Ma poi, a forza di inganni, minacce e morti, si era trasformata in una fiorente industria per i ricchi.
Di fattoria in fattoria, imparò a lavorare ma anche a protestare contro i padroni.  Diventò sindacalista, prese parte a scioperi e picchetti, ma ben presto si allontanò da tutto questo perché è sempre stato un pauroso.
Ricorda che la violenza toccò il suo apice nel 1992, con il lancio, da parte del presidente Cesar Gaviria, di un piano per il "recupero" militare dell'Urabà, realizzato usando come informatori i disertori della guerriglia e gli smobilitati dell'Esercito Popolare di liberazione (Epl). Con l'offensiva di esercito e paramilitari che ne seguì venne cancellata la sinistra, che per molti anni aveva dominato la regione.
I politici l'avevano definita "Operazione Ritorno". Per i contadini significò l'espulsione dalle terre. Fu allora che la morte s'impadronì dell'Urabà. Molti contadini scapparono verso le grandi città come Monteria, Medellin o Cartagena, ma lui da vero chilapo, contadino dalla testa ai piedi, decise di ritirarsi nella parte montuosa del Chocò, dove credeva di poter vivere tranquillo. I suoi vecchi gli ricordavano  l'epoca loro, quando i presidenti Rojas Pinilla prima e Valencia poi utilizzavano gli ex-guerriglieri liberali per perseguitare i loro antichi compagni.
I suoi genitori furono costretti a vendere la fattoria ben avviata, quasi regalandola a Petro, un mafioso che già allora comprava le terre a basso costo. Poi si trascinarono fino a Bajirà dove c'erano legname e terra convenienti.
Dopo un po' li seguì, col poco denaro guadagnato nell'ultima fattoria in cui aveva lavorato. Aprì un emporio nel porto che faceva anche da  bottega, taverna e bordello.
Si diede al commercio di legname e di banane e, collaborando con tutti senza compromettersi con nessuno, meno di tutto con la politica.
Persino ora  che i paramilitari l' hanno fatto sdraiare a terra, è sicuro che al di là dello spavento che gli sta attorcigliando gli intestini non gli accadrà nulla. Pensa che se i paramilitari avessero voluto ammazzarlo l'avrebbero fatto il giorno prima a Bajirà, mentre pattugliavano il paese, insieme all'esercito. Prega e si raccomanda alla Madonna di aiutarlo. Ma gli viene un dubbio: mica gli faranno pagare di avere parlato con la Croce rossa per chiedere ai militari del battaglione Voltigeros di lasciare entrare il sale e il cibo nella zona?

Nell'Urabà il contadino produce solo platano. La produzione di banane, per gli alti costi di produzione, è ad appannaggio dei latifondisti e delle imprese transnazionali.
 
Facundo Santos
Tre gol sono tre gol. E se si segnano alla finale è assai difficile che un casinista come lui non li celebri a dovere con del buon rum e della buona musica, magari vallenato, quella tipica della costa nord.
Quasi all'alba, dopo aver preso la scorciatoia, si era imbattuto con un gruppo di guerriglieri pronti a  combattere. Gli avevano detto di stare attento che i paramilitari avevano in programma un massacro. Ma lui non ci aveva creduto. L'esercito stava a Bajirà, a soli venti minuti da Brisas. Come potevano lasciarli passare?  Decise di andare comunque a festeggiare. Tra l'altro a Brisas c'era Chola, quella donna che lo faceva impazzire. Si sa, tira più il piacere che la paura.
E poi aveva molti motivi per festeggiare. Alla fine, quest'anno era riuscito a metter su una buona squadra, con la quale dopo molto tempo poteva aspirare a qualcosa di più.
La storia del torneo di calcio era nata in una riunione che i leader comunitari avevano organizzato per vedere come vincere la tristezza e la paura che stavano disintegrando la popolazione. Qualcuno aveva detto che bisognava mantenere viva la comunità per non lasciare quella terra  che i ricchi volevano  riempire di banane e di bestiam e dove il governo voleva fare questo famoso canale interoceanico.
Allora lui propose di organizzare un campionato, perché non c'è nulla di meglio che la festa e il calcio per restare uniti e scacciare le paure. Per evitare rischi avrebbero giocato sul campetto attrezzato del suo villaggio. E così fecero per tre mesi, ogni sabato. Facundo è diventato il campione che non sbaglia un gol.  Quello di ieri è  stata una partita speciale: tre a zero contro quelli di La Milagrosa e tutti i gol li ha segnati lui. Grandi. Soprattutto il primo fatto con un tiro così potente che quello smilzo del portiere non è riuscito neanche a vedere. E' che il calcio è tutto per lui. Anche se qualcuno non ci crede, lui sa che avrebbe potuto giocare con Turbo Trellez o Coroncoro Perea, i suoi compaesani della Nazionale colombiana. E avrebbe fatto tanti soldi. Però così è la vita. Dato che era il tesoriere del torneo, voleva anche incontrare il robivecchi, quello che gli vendeva le magliette del torneo.  Per vedere se gli faceva credito o magari gli poteva vendere tutto a metà prezzo.
Se l'affare fosse filato liscio avrebbe avuto i soldi per invitare Chola.  Avrebbe baciato le sue labbra carnose e accarezzato quel culone che lo rendeva mezzo scemo. Era così risoluto che le avrebbe proposto la stessa cosa del vecchio Calixto, suo rivale in amore: quella di portarsela a vivere con lui. Non sarebbe stato né il primo né l'ultimo bigamo della regione. Nelcy, sua moglie, avrebbe dovuto accettare di condividerlo con un'altra donna e un'altra casa.
A questo stava pensando quella mattina. Ma adesso teme di avere sbagliato tutto. Adesso che è nascosto sotto la palafitta di Segundo, tra le pozzanghere delle pisciate notturne degli ubriachi e delle puttane. Trema ascoltando le minacce di Conrado Perez - il Carevieja - e le grida e le suppliche dei contadini che vengono strappati dal mucchio per essere assassinati.
 
Saulo
Adesso che la morte è così vicina, la sua mente è affastellata delle immagini della sua vita. Ricorda di essere arrivato al fiume Curvaradò dopo aver camminato a lungo. Da giovanissimo aveva lasciato San Juan, sulla Costa Pacifica, per raggiungere le Pianure orientali. Da lì aveva attraversato il Venezuela, dove il lavoro non era male. Anche se all'inizio aveva sofferto fame, miseria e umiliazioni alla fine trovò una sistemazione. Fu là che conobbe Felipa, figlia di un paesano, con cui andò a vivere e a fare figli. Ma la nostalgia del suo benedetto Chocò lo fece ritornare, con tutta la prole, su un pezzetto di terra che la moglie aveva ereditato.
Si era organizzato alla meglio. Aveva tagliato tutti gli alberi della sua proprietà e si era dedicato alla coltivazione del platano. Il lavoro rendeva abbastanza da permettergli di comprare un motore di barca da 9,9 cavalli, indispensabile per il trasporto delle casse di platano da vendere all'impresa ed anche per trasporti vari che gli davano i soldini per crescere i figli e pensare ora anche ai nipotini.
Nel vedere arrivare quella gente in uniforme, pensò all'esercito. Non pensò per niente ai paramilitari, benché già a Brisas erano circolate le voci che stavano accampati nella Casa Gialla, vicinissimi alla base dell'esercito di Bajirà. Se li avesse riconosciuti in tempo avrebbe attraversato il fiume a nuoto, come avevano fatto gli altri, perché sapeva che i proprietari di barche a motore, così come i commercianti e i curanderos, erano stati accusati di «collaborare con la guerriglia».
Sua moglie glielo aveva detto di non andare in paese perché la sera prima una grande farfalla nera era entrata in casa e le aveva fatto presagire qualcosa di brutto. Ma lui non le fece caso e se ne andò a bere la sua birretta e a comprare medicine e pannolini per Lidis che, contro la sua volontà, lo aveva fatto diventare nonno a soli 35 anni.
Ora sa che non vedrà crescere il nipotino perché vede l'odio negli occhi dei paramilitari e ascolta i loro insulti mentre sequestrano i motori e danneggiano le barche. Sente il dolore per il futuro dei suoi, che già vede abbandonare la fattoria solo con i vestiti che hanno addosso e il terrore stampato sul volto.
 
Calixto
Nel 1990 fu costretto ad abbandonare Sinù, perché le terre che lavorava da tanto tempo dovevano essere sommerse dalla  centrale idroelettrica di Urrà. Quella volta gli andò proprio male.  Perse la terra e i pochi animali. Poi capitò in una zona di guerra.  Tra i bombardamenti e la fuga gli morì anche la moglie che aveva da poco partorito, lasciandolo con i figli ancora piccoli e la grande sfida di farli crescere con la sola forza delle sue braccia, ricominciando tutto da capo.
Aveva camminato molto, si fermò a Limòn, dove sperava che i chilometri di montagne e di selva lo separassero dalla violenza. Conobbe il partito e la guerriglia. Si iscrisse al primo e collaborò con la seconda. Aveva sempre rispettato i guerriglieri anche se criticava la nuova generazione che entrava nel movimento più per necessità e per odio che per presa di coscienza. Era orgoglioso dei suoi due figli più grandi che, anche se ancora tanto giovani volevano seguire la guerriglia.
Ora è legato perché lo hanno sorpreso dentro la taverna di Segundo e non ha fatto in tempo a buttarsi nel fiume. Ai primi spari aveva cercato di lanciarsi dalla finestra ma quelli erano già entrati. Peccato per i suoi figli e per lui, che aveva appena avuto da Chola la promessa che sarebbe venuta a  vivere insieme, smettendo di puttaneggiare, e che l'avrebbe aiutato a crescere i figli. Ammirava la Chola e quasi l'amava: non è facile trovare una donna disposta ad accettare di mettersi con un uomo che potrebbe essere suo padre, a crescere dei ragazzotti che potrebbero esserle fratelli, con l'unico orizzonte di povertà e violenza.

Nocomedes
La sua piccola fattoria si trovava intorno a Blanquisec, vicino alla strada Panamericana che avrebbe unito, secondo quanto raccontato dagli ingegneri venuti a dare un'occhiata alle terre, la Colombia a Panama e tutta l'America, da nord a sud. Quando arrivarono col pretesto di misurare le terre e fare un censimento sulla popolazione che vi viveva, qualcuno, la maggioranza, si illuse che di lì a poco sarebbero arrivati il progresso e lo sviluppo. Si diceva anche che questa strada si sarebbe collegata con il canale interoceanico un'altra di quelle storie che i politicanti chocoani, il presidente Samper e il governatore di Antioquia tirano fuori nei momenti difficili. Qualcuno già si immaginava sulle navi. Altri si illusero di potersi dare al contrabbando di qualunque cosa. I più vecchi, quelli più provati dalla vita, dicevano invece di smettere di pensare cazzate e ricordavano che quando si costruiscono queste opere il capitale si porta dietro il personale selezionato, fedele ai suoi soldi e alla violenza.
Con il passare dei giorni, la morte si era stesa come un ombra della regione. Una domenica i paramilitari entrarono in paese, derubarono qualche commerciante e ammazzarono Don Enrique e l'assistente socio-sanitaria, accusati di collaborare con i guerriglieri. Quella mattina gli comunicarono che aveva un mese di tempo per abbandonare la regione. Lui aveva ascoltato in silenzio. Poi pensò che non poteva abbandonare quel poco che aveva.
Decise di vivere in clandestinità, con occhi e orecchi ben aperti in una capanna che aveva costruito sul monte per passarci la notte, su quella terra che gli era costata tanto sudore. Per comprare l'olio e il sale e vendere quel poco che riusciva a produrre, iniziò a frequentare altri paesi, prima Bajirà e poi Brisas. Sapeva di far parte di una lista di contadini ribelli che rifiutavano di andarsene "impedendo l'ingresso ad investimenti agroindustriali che produrranno maggior stabilità economica nella regione", come diceva un volantino distribuito dai paramilitari delle Autodefensas Campesina de Cordoba e Urabà.
Adesso sa che lo ammazzeranno e sa che a Brisas non conosce quasi nessuno. Prega che la sua morte sia rapida e senza sofferenza e soprattutto che la sua famiglia venga presto a saperlo per poterlo seppellire. Non vuole che il suo corpo resti giorni sulla riva del fiume a spaventare i poveri.

Nella regione sono in progetto cinque grandi progetti:
a) il Canale interoceanico Atrato-Truandò, alternativo al Canale di Panama.
b) il completamento della Via Panamericana;
c) il porto marittimo di Turbo nel golfo di Urabà
d) lo sfruttamento di giacimenti di rame e di zolfo nel Cerro Care'perro tra Riosucio e Murindò;
e) l'ampliamento delle aziende bananiere.

In Colombia è in atto una controriforma agraria.
I narcotrafficanti e i latifondisti, avvalendosi dei paramilitari, hanno cacciato dalla propria terra il 68 per cento dei contadini di tutto il paese.
 
Il robivecchi
Non è stato sempre un robivecchi. A Mulatos era arrivato ad avere uno dei negozi più prosperi della piazza che vendeva, oltre agli alimenti e ai liquori, anche vestiti a chincaglierie varie. Un fine settimana i soldati si ritirarono improvvisamente e, con una misteriosa e sospetta coincidenza, comparvero i paramilitari. Dopo avere bruciato dei negozi e ammazzato qualcuno,  dissero ai negozianti come lui di andarsene perchè erano conisderati collaboratori della guerriglia. Allora gli portarono via tutte le merci, ma non gliene importò molto: nell'Urabà, come in tutte le zone di colonizzazione, il prezzo delle mercanzie è alto proprio ìerchè include anche questo tipo di incidenti.
Lui si fregò un martedì, quando pieno di rabbia approfittò di una di quelle riunioni indette dai militari, per denunciare il ricatto che subivano da parte loro che dicevano alla gente: "collaborate, altrimenti ce ne andiamo e arrivano i tagliateste, quelli sì che sono cattivi". Chiese al capitano Londoño perché non si erano mai scontrati con i paramilitari, nonostante avessero truppe e basi vicino alle loro. Pretese delle spiegazioni sul fatto che alcuni soldati che erano stati lì con lui e Sergio Burgos, detto  "el Valle", un disertore della guerriglia usato come guida, erano tornati successivamente vestiti da paramilitari ad ammazzare la gente.
Era euforico. Soltanto la notte, quando tornò a casa e vide i marmocchi addormentati e parlò con la moglie, si rese conto di essersi firmato la condanna a morte. Al mattino, molto presto, andò a chiedere a quelli della Croce Rossa di accompagnare la sua famiglia a Medellin. Regalò quasi le sue scorte ad alcuni clienti e bottegai che ormai lo consideravano un eroe e decise di intraprendere la carriera del robivecchi clandestino.
Posto per lavorare a Urabà non gli mancava, c'erano molti contadini che per la paura di essere uccisi vivevano in montagna. L'esercito gli migliorò gli affari impedendo alla gente di fare grosse scorte, per impedire che lo rivendesseo alla guerriglia. Come se la guerriglia non tirasse giù i viveri dai camion, che bloccavano lungo la strada verso il mare.
Diventò un contrabbandiere di sale e olio, di sapone, di vestiti e altre cianfrusaglie. Era più pericoloso che fare il maestro, il barcaiolo o il curandero. Di lui diffidava anche la guerriglia che sapeva che l'esercito e i paramilitari utilizzavano gli ambulanti per fare la spia.
A volte si lamentava di non avere tante braccia quante ne ha un polipo, per portare più cose. Il lavoro non era facile, si trattava di schivare le truppe, percorrendo scorciatoie e attraversando fiumi con la merce sulle spalle.
Era veramente convinto che a Brisas non corresse rischi, perché non conosceva i paramilitari di Giovanni né loro conoscevano lui. Quando li vide arrivare fece la faccia da innocentino e, benché se la stesse facendo sotto, disse loro che mica era una colpa avere quelle magliette da calcio e quei viveri.
Come tutti gli altri anche lui adesso è sdraiato per terra, obbligato ad ascoltare le loro minacce, le loro risate e le loro macabre barzellette. E' sbiancato quando si sono messi a vedere se il suo nome compare  nella loro lista. S'é appena ricordato che i soldati se lo segnarono durante quella  maledetta riunione con l'esercito.
 
Emerson
E' sempre stato cattivo. Fin da quando, nei pressi di Barranquillita, smise di essere Esteban Cuesta per diventare Emerson per il piacere di maneggiare armi e mettere paura.
A giugno, dopo alcuni problemi con le altre guerriglie che pretendevano da lui un comportamento e una etica che si accordasse ai loro ideali, aveva deciso di disertare. Soprattutto per vendicarsi delle umiliazioni  subite dai suoi antichi compagni. Prima si consegnò all'esercito a Campo Bonito - Mungidò, vicinissimo a Quibdò. Poi si diede alla macchia coi paramilitari.
Gli ex guerriglieri, diventati paramilitari, sono i più pericolosi. Conoscono meglio la regione, i sentieri, le idee della gente.
Nel nuovo lavoro devono guadagnarsi la fiducia dei nuovi capi senza lasciar nessun dubbio, altrimenti li uccidono. Non è facile perché soprattutto i capi come Gonzalo, Sarley e Giovanni sospettano chi ha già cambiato bandiera due volte: un traditore resta sempre un traditore.
Da loro si pretende sempre di più. Li obbligano a fare il lavoro più sporco, quello di uccidere i contadini disarmati. E loro di rivoltanon nella merda di un circolo vizioso: più ammazzi, più rabbia incorpori, più sporco ti senti e più diventi una belva che sbava per distruggere il prossimo.
Alcuni non sopportano tutto questo e cercano di uscirne. Allora  vengono fatti fuori dal loro stesso gruppo. Sono quelli che poi vengono spacciati, nei comunicati dell'esercito, come paramilitari uccisi in combattimento con le Forze Armate.
Ma non è il caso di Emerson. Lui ha fatto della morte e del terrore la sua qualità.
Col suo metro e novanta di statura e il suo parlare sporco gli piace mettersi in mostra. Insieme al Valle e a Carevieja è il più brutale. Loro non distribuiscono la morte rapida, con una pallottola, ma hanno imparato a regalarla lenta, usando la motosega e il machete. Agiscono come se esistesse tra loro una competizione per vedere chi è più sadico. D'altronde, sono i loro capi che li incitano offrendo premi a chi confeziona il messaggio più chiaro per convincere la gente a scappare.
Erano quattro mesi che non passavano una notte nascosti nella foresta. Ieri gli era toccato perché i preti e quelli della Croce Rossa internazionale li cercavano per intercedere a favore delle popolazioni della zona. Ma loro hanno ordini molto chiari da rispettare. Nessuno avrebbe più potuto fermarli.
In fin dei conti tutto questo sangue  risponde ad un piano che vuole che queste terre vengono sgomberate e che la guerriglia perda ogni appoggio. Quello che pagava la trasferta passò a  Giovanni una lista di nomi di gente da ammazzare e alcuni consigli: "Colpite questi figli di puttana con tranquillità che i cuginetti dell'esercito vi guardano le spalle".
Alcuni dei morti erano conosciuti da un pezzo. Come, ad esempio, il robivecchi che l'aveva fatta franca già una volta. Quei figli di puttana di Mosquera e Calixto erano bruciati, perché avevano continuato a rompere con quella storia della rivoluzione. Gli altri invece hanno vinto la morte alla lotteria. Saulo è stato fatto fuori perchè aveva una barca a motore.  Per Viloria e l'altro è stato l'epilogo di una tragicomica.
Viloria, il chilapo, era tranquillo perché venerdì notte aveva incontrato i paramilitari insieme all'esercito a Bajirà. Si erano salutati e avevano persino riso insieme. Pensava di essere sano. Non immaginava di essere utile proprio da morto. Tutti adesso capiranno che non c'è più spazio per i neutrali: o collaborano o se ne vanno. O vengono fatti fuori. Facundo Santos credeva di averla scampata. Appena si è ordinato alla gente di alzarsi e di andarsene, è uscito dal suo nascondiglio, zuppo di piscia, sotto un sole ardente, ed è stato acciuffato dal Valle. Gli hanno trovato indosso parecchi soldi, che non è normale per un contadino di quelle parti. Lui ha detto che era per il torneo di calcio. Peggio. Così è stato ammazzato anche lui.
Quando Mosquito, quello che maneggiava la radio, ha sentito che i cugini dell'esercito stanno per muovere le truppe e che da un momento all'altro può arrivare la guerriglia, hanno deciso di andarsene. Alcuni sono già ubriachi e stanno scommettendo su quale dei morti che hanno buttato nel fiume affonderà per primo. Cercano di colpirli sparandogli dalla riva. Così, per gioco.
 



 
 
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