La società civile di fronte all'impunità

Esaminando le conseguenze che l'impunità può avere sulla democrazia, voglio, in primo luogo, richiamare l'attenzione su uno degli effetti più profondi e forse, allo stesso tempo, più nascosti a prima vista, che l'impunità ha su di una società: il condizionamento del suo futuro.

Prima di tutto l'impunità condiziona la società rispetto al futuro, facendo sì che essa venga plasmata fondamentalmente d'accordo con i principi, con la ideologia, con il modello di ordinamento sociale voluto dai carnefici

In generale, i crimini di lesa umanità hanno degli effetti psicosociali molto profondi, che non sono facili da percepire. Le stesse vittime, per la gran parte, non sono consapevoli dell'effetto che i crimini hanno sulle loro scelte politiche, ideologiche, etiche e pure estetiche e religiose, e perfino nei campi dell'azione pratica futura, questi effetti  agiscono principalmente a livelli subcoscienti.

Potremmo esprimere questi effetti con una frase simbolica, spesso pronunciata dalle stesse vittime e dai loro familiari,  dalle persone a loro più vicine ed agli amici: "non percorreremo mai per le stesse strade percorse dai desaparecidos, dagli assassinati, dai torturati e dai prigionieri". Questo è il prezzo necessario che bisogna pagare all'istinto di conservazione, che però si occulta dietro una moltitudine di scelte apparentemente senza relazione alcuna con i crimini o con l'impunità degli autori di quei crimini e che, da questo livello quasi impercettibile, plasma e determina la società del futuro sulla misura voluta e segnalata dai carnefici.

Questo ritengo sia l'effetto più grave e profondo dell'impunità.

Per evitare effetti tanto profondi e tanto gravi la società necessita di una delegittimazione molto profonda dei crimini del passato e dei meccanismi che li resero possibili; ha bisogno di stigmatizzarli ed esorcizzarli, e questo non si ottiene se non grazie ad una sanzione sociale molto ferma, molto profonda e duratura.

La sanzione, anche se non è sufficiente, è comunque un elemento chiave, molto più per la mentalità pratica dei settori popolari, il cui esercizio cosciente si sviluppa su quei terreni molto concreti che ruotano intorno alla lotta per la sopravvivenza e molto meno intorno ad astrazioni o simbolizzazioni, come può accadere con quelli, come noi, che hanno avuto una formazione intellettuale prolungata. La sanzione è, in definitiva,  quello che delegittima veramente e non solo apparentemente i crimini , fondando una base reale per eliminare le scorie lasciate nel subcosciente.

E' chiaro che la sanzione da sola, slegata dalle azioni di riparazione del danno psicologico e sociale e dai processi di ricostruzione del tessuto sociale distrutto, può marcare l'accento sull'aspetto vendicativo della giustiza e promuovere atteggiamenti di rivincita e vendette. Per questo è così importante esaminare a fondo cosa sia stato distrutto, per poter intraprendere processi reali di ricostruzione/riparazione. Se esaminiamo con sincerità e profondità queste rovine che è necessario riparare, troveremo tra di esse cose molto importanti che furono distrutte e che attengono profondamente alla democrazia: la fiducia tra i membri di una stessa comunità; la libertà di parola e di coscienza; la dignità dell'essere umano e la inviolabilità dei suoi diritti elementari; il diritto all'esistenza delle oganizzazioni di base; le possibilità della protesta sociale; la concezione teorico-pratica del potere pubblico come garante dei diritti fondamentali dell'essere umano; i rapporti cittadini/Stato. Se tutte queste rovine non si ricostruiscono, l'impunità produrrà il suoo effetto più perverso: condizionare la società del futuro sulla misura dei loro boia.

Ma uno degli ostacoli più grandi per il superamento dell'impunità da parte della società civile, è proprio l'alto gado di legittimazione dell'impunità che percepiamo in enormi strati di detta socieà.

Quasi mai si difende esplicitamente l'impunità come principio, ma le congiunture politiche dei nostri paesi conducono all'accettazione, a livello di massa, di molti argomenti che darebbero priorità a valori considerati al disopra dell'esercizio della giustizia, quali i valori della pace sociale, del superamento dei conflitti armati prolungati, della convivenza democratica ecc.

Non c'è tempo di esaminare tutte le tesi con le quali si suole giustificare il "perdono e l'oblio" del passato. Voglio riferirmi solamente ad una di esse, ovvero il ricorso al valore cristiano della riconciliazione.

Certamente il perdono e la riconciliazione sono valori evangelici. Non possono essere comparati con atteggiamenti di indifferenza, ingenuità o codardìa, fuga dalla realtà, carenza di convinzioni o mancanza di coscienza della propria dignità. Al contrario, il perdono è un atto di coraggio che cerca di superare situazioni limite di rottura, animato quasi sempre dalla fede nell'altro e nella sua capacità di ricostruzione. Ma è un gesto che non ammette di essere banalizzato né istituzionalizzato, senza che perda la sua stessa essenza.

Nell'ambito delle relazioni interpersonali, la riconciliazione costituisce una azione spontanea, gratuita, libera, creativa e rischiosa. Tutte queste caratteristiche sono quelle che configurano il suo valore umano ed evangelico. Ad ogni modo, quando si tenta di trasferire la riconciliazione dall'ambito delle relazioni interpersonali all'ambito delle relazioni giuridico-politiche, la si è snaturalizzata, diviene strumento perverso.

Lo specifico delle relazioni giuridico-politiche è nel regolare le condotte collettive mediante la costruzione di strutture che proteggano, in maniera stabile, i diritti più essenziali. A questo fine bisogna sacrificare necessarimente la spontaneità, la creatività, la gratuità, la libertà e la rischiosità nelle relazioni.

Per questo, la riconciliazione, trasferita irresponsabilmente dall'ambito delle relazioni interpersonali all'ambito delle relazioni giuridico-politiche, può raggiungere la sua massima perversione e passare dall'essere un atto creativo di fraternità, ad essere un atto complice di crimini e distruttore delle strutture di protezione della dignità umana.

La tradizione teologica cristiana, nei suoi sforzi per tradurre il perdono e la riconciliazione in ambiti di massa, quando il Crisitanesimo passò dall'essere un fenomeno di minoranze, nei primi secoli, a una religione di masse ai tempi delle invasioni barbariche in Europa, formulò delle condizioni minime che tentarono di salvaguardare l'autenticità del valore cristiano della riconciliazione e del perdono. Queste condizioni continuano ad essere illuminanti pure nell'intento di progettare, socialmente, giuridicamente o politicamente, il valore cristiano della riconciliazione:

1) la chiarificazione o la coscienza della colpevolezza ("l'esame di coscienza");
2) Il pentimento del male che si compì, condannando esplicitamente questo male in sé stesso ("la contrizione");
3) La decisione di un cambio di condotta nel futuro ( "il proposito di ammenda");
4) la dimensione sociale o comunitaria della confessione della colpa ("la confessione pubblica");
5) la riparazione del male che si compì ("la soddisfazione").

C'é, in tutto ciò una grande saggezza, soprattutto quando si prende coscienza della dimensione sociale che hanno i crimini che attentano alla dignità e alla sicurezza dell'essere umano. Per questo i crimini devono essere socialmente delegittimati e questo è possibile solo grazie a sanzioni sociali esplicite e concrete, che restino incise nella memoria di tutti i membri della società. Non c'è altro modo di delegittimare socialmente questi crimini.

In fine voglio fare riferimento al ruolo che ha giocato e deve continuare a giocare la società civile nei confronti dell'impunità.

Se teniamo conto dei tre campi fondamentali nei quali si concretizza la lotta contro l'impunità: Verità, Giustizia e Riparazione, in ciascuno di essi la società civile trova delle sfide:

Le diverse esperienze che si sono avute in America Latina di Commissioni di Verità sono state frutto di lunghe lotte di settori diversi della società civile. Molte di esse sono state precedute da un lavoro di anni di registrazione della memoria, compiuto da organizzazioni non governative, civiche, religiose o umanitarie, lavoro senza il quale l'attività di dette commissioni sarebbe stato impossibile.

I regimi che hanno violato i diritti umani o quelli dove si è praticato il Terrorismo di Stato hanno infuso sfiducia e timore nei cittadini. Per questo, le richieste di indagini e le istanze relative all'amministrazione della giustizia da parte dello Stato che costituiscono la MEMORIA dei crimini e delle sofferenze del popolo si devono cercare negli archivi delle ONG o delle Chiese, dove attendono, quasi sempre clandestinamente, momenti propizi di catarsi sociale per poter diventare Memoria ufficiale o semiufficiale.

Nel campo della Giustizia che è il più irto di ostacoli, sebbene la società non possa erigersi a giustizia alternativa, può però dare impulso e spingere alla applicazione dei principi giuridici, esercitare il diritto di denuncia, ricorrere alle organizzazioni internazionali garanti del Diritto Internazionale, dei Diritti Umani e creare tribunali di opinione, dove le situazioni concrete si confrontino con trasparenza e davanti all'opinione pubblica con la dovuta applicazione del Diritto Internazionale.
Tale è stata l'esperienza fatta in dodici pesi latinoamericani, tra il 1989 e il 1991, con la sessione del Tribunale Permanente dei Popoli sulla impunità di  crimini di lesa umanità in America Latina.

Il campo della Riparazione è stato forse il più relegato. Si suppone debba essere lo Stato criminale a riparare i suoi crimini e questo è corretto. Ma la gravità dei danni, come l'ho prima eunciata, è molto grande. Nessuno Stato, in quanto struttura di potere, sarebbe interessato a ricostruire delle rovine, la permanenza delle quali lo favorisce.

E' ancora poco sviluppata la coscienza della necessità di memoria storica e la convinzione che "la memoria delle sofferenze è qualcosa che appartiene al patrimonio culturale di tutto il popolo".

Sono ancora deboli le nostre analisi concrete sulle relazioni fra la amnesia e i modelli di società.

Si percepisce un certo convincimento pratico secondo il quale meglio che ricostruire rovine è edificare cose nuove, senza stare attenti a come queste nuove edificazioni furono disegnate nelle tenebre del subcosciente collettivo, e diffuse mediante meccanismi subliminali, dai boia che hanno distrutto con crudele determinazione le utopie che diedero senso alla vita e alle lotte delle vittime.
Il campo della Riparazione è un campo che merita l'attenzione più grande e gli sforzi più qualificati della socieà civile.

Javier Giraldo

Discorso presentato al Seminario Internazionale "Impunindad y sus Efectos en los Procesos Democraticos", Santiago de Chile, 14 dicembre 1996.
Pubblicato su Internet all'indirizzo:
http:// www. derechos.org/koaga/iii3/giraldo.html


 
 
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