La grande industria agrochimica mondiale sta cambiando volto. Dopo quasi
vent'anni di studi di laboratorio, la biotecnologia
arriva oggi sulle nostre tavole. Con una tecnica che consiste nel modificare
artificialmente il DNA delle piante, si sono ottenuti
negli Stati Uniti i primi raccolti di soia e di mais (mentre sono prossimi
quelli di cotone, patate, pomodori, barbabietole, meloni,
colza e ravizzone). Gli Stati Uniti, che hanno leggi tolleranti nei
confronti dell'ingegneria genetica, sono anche in grado di
esercitare forti pressioni commerciali, essendo tra i maggiori produttori
mondiali di questi cereali. Le aziende che fanno da
battistrada in questo settore sono le stesse che monopolizzano la produzione
di concimi chimici e fitofarmaci: Monsanto, Ciba
Geigy, Hoechst. Non per niente la biotecnologia, salutata un tempo
come il rimedio per ridurre la dipendenza dai prodotti
chimici, è diventata il mezzo per produrne di più: creando
semi resistenti ai propri erbicidi si assicurano rese altissime e forti
vantaggi economici per i produttori. Il raccolto transgenetico rappresenta
quest'anno il 2% del totale, ma dovrebbe raggiungere
il 15% con la prossima semina fino a superare il 50% nel giro di 5
anni. Sotto la minaccia di pesanti ripercussioni commerciali e
basandosi su indagini scientifiche sommarie, la Commissione europea
ha deciso di autorizzare le importazioni. E senza
pretendere la separazione dei prodotti manipolati o l'etichettatura
di avvertimento, che le autorità americane non sarebbero state
comunque disposte a concedere.
La soia della Monsanto: la soia è l'alimento per eccellenza.
E' alla base dell'alimentazione animale ed entra nella
composizione di 20-30.000 prodotti destinati all'alimentazione umana:
oli, salse, margarine, farine, minestre pronte, maionese,
omogeneizzati, cioccolato, biscotti, caramelle ecc. Può apparire
in etichetta come "lecitina di soia", "grasso vegetale" o "grasso
vegetale idrogenato". Per il consumatore, però, la soia della
Monsanto non è migliore né dal punto di vista economico né
da
quello nutrizionale, mentre lascia aperti numerosi interrogativi riguardo
alla sicurezza. Si teme infatti un aumento nell'uso di
pesticidi e di residui negli alimenti, possibili rischi di allergie,
depositi di residui nei geni, nascita di parassiti o di infestanti più
robusti, propagazione dei geni manipolati ad altre piante.
Il mais della Ciba Geigy: coltivato per ora solo negli Stati Uniti,
ha subito 3 innesti genetici. Il primo consente alla pianta di
resistere ad un erbicida prodotto dalla Ciba stessa; il secondo la
protegge dagli attacchi di un insetto, la piralide, che è spesso
causa di notevoli perdite di raccolto. Il terzo serve ad accertare
la riuscita dei primi due interventi attivando la produzione di un
enzima resistente ad un antibiotico, l'ampicillina. Quest'ultimo è
l'aspetto più controverso, c'è chi sostiene che la resistenza
all'antibiotico si possa trasmettere all'uomo.
Autorizzazioni, etichettatura, aziende. La commercializzazione della
soia americana era già stata approvata dalla
Commissione europea, un po' in sordina, nella primavera scorsa. Si
è arrivati a metà dicembre alla decisione di autorizzarne
l'ingresso sul mercato con una certa fretta e nonostante il voto contrario
di 13 paesi membri su 15 del Consiglio dei ministri.
Emma Bonino ha parlato di "pressioni di carattere economico", dovute
anche alla necessità di legittimare la presenza sul
territorio europeo di 4-5.000 tonnellate di mais entrate illegalmente,
per ammissione stessa della Commissione, a partire dallo
scorso ottobre. I governi di Austria e Lussemburgo hanno deciso, per
motivi di salute pubblica, di vietare l'importazione nei
propri paesi. Il governo italiano dichiara invece che non ci si può
opporre alle decisioni di Bruxelles. Nemmeno l'etichetta ci
aiuterà a scegliere. Nel regolamento che, a fine gennaio, il
Parlamento europeo ha approvato non sarà obbligatorio indicarne
in
etichetta la presenza, mentre sarà facoltativo segnalarne l'assenza.
A differenza di quel che accade, per esempio, in Svizzera,
dove dal 1995 è obbligatorio contrassegnare con la sigla "Ogm"
tutti gli alimenti che contengono alimenti manipolati.
Sono ancora poche le aziende italiane che hanno preso una posizione.
Non importano o non faranno uso di soia manipolata:
Valsoia (che segnalerà in etichetta la presenza di soia naturale),
Kraft Jacob Suchard, Ferrero e Barilla. Dichiarano che ne
faranno uso: Nestlé e Cereol (gruppo Eridania: attenzione all'olio
"Giglio oro").
Iniziative pubbliche di cui siamo a conoscenza. Dopo aver inviato un
appello agli europarlamentari italiani in occasione della
votazione, Greenpeace Italia ha aderito alla giornata di protesta contro
Nestlé, Danone e Unilever svoltasi il 28 gennaio in 10
paesi europei. Dal tetto della sede italiana della Nestlé a
Milano, è stato calato uno striscione con la scritta "No alla soia
pazza
in Italia" e l'edificio è stato presidiato sino a sera. Federconsumatori
ha inviato il 15 gennaio una lettera al presidente della
Commissione Ambiente del Parlamento Europeo. Una lettera al Ministero
della Sanità è stata inviata dall'Associazione Bambini
Celiaci insieme all'Associazione Bambini Allergici.
Presidente
NESTLE' Italiana S.p.A.
Milano
Fax. 02-89123400
L'intenzione manifestata dalla Nestlé italiana di voler utilizzare
soia geneticamente modificata nei prodotti alimentari destinati al
nostro mercato ci riempie di indignazione.
Non capiamo come un ingrediente così controverso che, per il
rispetto dovuto al consumatore, altre sedi europee del Vostro
gruppo rifiutano di lavorare, possa trovare tramite Voi libero accesso
alle nostre tavole. E ancor più ci offende che ciò avverrà
a nostra insaputa, senza una dichiarazione pubblica, l'unica possibile,
quella in etichetta.
Non era la sola strada percorribile, infatti altre aziende italiane hanno deciso diversamente.
E se non potremo scegliere in base all'etichetta, sceglieremo in base al marchio.
Distinti saluti