IL PARTITO MARXISTA-LENINISTA
 

Prefazione al libro El partido marxista-leninista, La Habana, 1963.

Questo libretto è destinato ad iniziare i militanti del partito all'ampio e ricchissimo complesso delle idee marxiste-leniniste.

La scelta dei temi è semplice ed essenziale; si tratta di un capitolo del Manuale di marxismo-leninismo di Otto V. Kuusinen e
di una serie di discorsi di Fidel Castro. La scelta è appropriata perché il capitolo del Manuale di marxismo-leninismo
sintetizza l'esperienza dei partiti fratelli e delinea uno schema generale di ciò che deve essere e di come deve operare un partito
marxista-leninista, mentre nella successione dei discorsi del compagno Fidel si vede sfilare la storia politica del nostro paese
attraverso le parole, in alcuni casi autobiografiche, del dirigente della rivoluzione.

Le due cose sono intimamente legate: la teoria generale, come espressione delle esperienze del Partito comunista dell'Unione
Sovietica e dei partiti marxisti-leninisti di tutto il mondo, e l'applicazione pratica di queste idee generali alle nostre specifiche
caratteristiche. Dalle peculiarità dello sviluppo degli avvenimenti sociali in questa regione del mondo, non si deve argomentare
che esistano eccezioni storiche; semplicemente, il caso specifico della situazione cubana rientra nel quadro generale della teoria,
figlia dell'esperienza, offrendo nuovi apporti al movimento operaio mondiale.

Il Manuale ci mostra con solare chiarezza che cosa è un partito marxista-leninista: «persone fuse da una comunanza di idee che
si uniscono per dar vita alle concezioni marxiste, vale a dire, per portare a termine la missione storica della classe operaia».
Spiega inoltre che un partito non può vivere isolato dalle masse, ma deve mantenersi in permanente contatto con esse; deve
esercitare la critica e l'autocritica ed essere molto severo riguardo ai propri errori; non deve fondarsi solamente su concetti
negativi di lotta contro qualcosa, ma anche su concetti positivi di lotta per qualcosa; spiega infine come i partiti marxisti-leninisti
non possano incrociare le braccia aspettando che le condizioni oggettive e soggettive createsi attraverso il complesso
meccanismo della lotta di classe abbiano tutti i requisiti necessari perché il potere cada nelle mani del popolo come un frutto
maturo. Viene indicato il ruolo dirigente e catalizzatore di questo partito, avanguardia della classe operaia, dirigente della
«propria» classe, che sa mostrare ad essa il cammino della vittoria e accelerare il passo verso nuove situazioni sociali. Si insiste
sul fatto che anche nei momenti di riflusso sociale è necessario saper retrocedere e mantenere saldi i quadri per sfruttare la
prossima ondata e avanzare più lontano, verso il fine fondamentale del partito nella prima fase rivoluzionaria, ossia la presa del
potere.

Ed è logico che questo partito sia un partito di classe. Un partito marxista-leninista non potrebbe non esserlo: la sua missione è
cercare la strada più breve per arrivare alla dittatura del proletariato, e i suoi militanti più preziosi, i suoi quadri dirigenti e la sua
tattica, escono dal seno della classe operaia.

È inconcepibile che si inizi la costruzione del socialismo con un partito della classe borghese, con un partito che avesse tra i suoi
membri un buon numero di sfruttatori e questi avessero il compito di fissarne la linea politica. Evidentemente, un
raggruppamento di questo tipo può solamente dirigere la lotta in una fase di liberazione nazionale, fino a certi livelli e in
determinate circostanze. Nella fase successiva, la classe rivoluzionaria diventerebbe reazionaria e si instaurerebbero nuove
condizioni che portano necessariamente alla ribalta il partito marxista-leninista come dirigente della lotta rivoluzionaria. E ormai,
almeno in America, è praticamente impossibile parlare di movimenti di liberazione diretti dalla borghesia. La rivoluzione cubana
ha polarizzato le forze; di fronte all'alternativa: popolo o imperialismo, le deboli borghesie nazionali scelgono l'imperialismo e
tradiscono definitivamente il proprio paese. Sfuma, così, quasi completamente, la possibilità che in questa parte del mondo si
verifichi un passaggio pacifico al socialismo.

Se il partito marxista-leninista è capace di prevedere le fasi storiche successive ed è capace di trasformarsi in bandiera e
avanguardia di un popolo ancor prima di aver liquidato la fase della liberazione nazionale - nell'ipotesi dei paesi colonizzati -
allora quel partito avrà compiuto una duplice missione storica e potrà affrontare i compiti della costruzione del socialismo con
più forza, con più prestigio tra le masse.

La seconda parte riguarda l'esperienza cubana; esperienza feconda per tutto quello che ha di nuovo, per tutto quello che ha di
vigoroso in quest'epoca di sviluppo della rivoluzione americana, e anche per la ricchezza di insegnamenti derivanti dai suoi
errori, analizzati e corretti pubblicamente, in contatto con le masse e di fronte all'opinione pubblica.

Particolarmente importanti sono i discorsi del compagno Fidel che si riferiscono al PURSC e ai metodi di lavoro impiegati nelle
ORI (Organizzazioni Rivoluzionarie Integrate), discorsi che definiscono due tappe fondamentali del nostro sviluppo. Nella
prima, si ha la franca confessione di un vero rivoluzionario che è arrivato al culmine della parabola ascendente dell'evoluzione
del suo pensiero e proclama senza dubbi, davanti al mondo, la sua professione marxista-leninista. Ma lo fa, non come una
semplice affermazione verbale, bensì spiegando i caratteri e i fatti più salienti dell'evoluzione del dirigente, dell'evoluzione del
movimento e del partito verso la formazione del PURSC.

Analizzando se stesso, il compagno Fidel riconosce la quantità di concezioni retrograde che l'ambiente gli aveva inculcato;
racconta come istintivamente lottò via via contro queste concezioni e si forgiò nella lotta; ci parla dei suoi dubbi, ne spiega il
perché e come si risolsero.

Nella sua prima fase il Movimento 26 Luglio costituiva qualcosa di difficilmente definibile; Fidel Castro, l'eroe del Moncada, già
prigioniero dell'Isla de Pinos, addestra un gruppo di volontari che si propongono di raggiungere le coste della provincia di
Oriente, di suscitare l'incendio rivoluzionario nella provincia e separarla in un primo momento dal resto dell'isola, o, se le
condizioni oggettive lo permettono, di avanzare irresistibilmente fino alla stessa Avana, in una successione di vittorie più o meno
sanguinose.

La realtà ci colpì duramente: non esistevano tutte le condizioni soggettive necessarie perché quel disegno si realizzasse, non
avevamo seguito tutte le regole della guerra rivoluzionaria che più tardi avremmo imparato con il nostro sangue e quello dei
nostri fratelli in due anni di dura lotta. Fummo sconfitti, e proprio allora iniziò la storia più importante del nostro movimento.
Allora si mostrò la sua vera forza, il suo vero merito storico; ci rendemmo conto degli errori tattici commessi e del fatto che
mancavano alcuni fattori soggettivi essenziali; il popolo aveva coscienza della necessità di un mutamento radicale, mancava la
certezza che questo fosse possibile. Creare questa possibilità era il nostro compito, e sulla Sierra Maestra inizia il lungo
processo che funge da catalizzatore dell'intero movimento nell'isola, e che provoca ininterrotti uragani, ininterrotti incendi
rivoluzionari in tutto il territorio.

Si incomincia a dimostrare con i fatti che l'esercito rivoluzionario, con la fede e l'entusiasmo del popolo correttamente indirizzati,
in condizioni favorevoli per la lotta, può andare aumentando la sua forza mediante un'accorta condotta delle operazioni e
distruggere, un giorno, l'esercito nemico. Questa è una grande lezione della nostra storia. Prima di conseguire la vittoria, i
rapporti di forze sono via via mutati fino a diventare di gran lunga favorevoli al movimento rivoluzionario; avevamo creato le
condizioni soggettive necessarie per realizzare il mutamento voluto e provocato la crisi di potere essenziale al mutamento stesso.
Si dà all'America una nuova esperienza rivoluzionaria, si dimostra che le grandi verità del marxismo-leninismo si realizzano
sempre; nel caso specifico, si dimostra che la missione dei dirigenti e dei partiti è quella di creare tutte le condizioni necessarie
per la presa del potere e non di trasformarsi in nuovi spettatori dell'ondata rivoluzionaria che sta nascendo in seno al popolo.

Nello stesso tempo l'esperienza cubana, dimostrando la necessità che i nuclei armati che difendono la sovranità popolare siano
al riparo da sorprese, da attacchi, dal rischio di essere annientati, indica l'importanza del fatto che la lotta armata si svolga sul
terreno più favorevole alla guerriglia, vale a dire, nelle zone più accidentate delle regioni rurali. Questo è un altro contributo della
rivoluzione alla nostra lotta per l'emancipazione americana; dalla campagna si investe la città, con una crescita progressiva,
creando il movimento rivoluzionario che culmina all'Avana.

In un altro passo Fidel ci dice chiaramente: condizione essenziale per il rivoluzionario è saper interpretare la realtà. Riferendosi
allo sciopero d'aprile, spiega come in quel momento non abbiamo saputo interpretarlo e per questo subimmo una catastrofe.
Perché fu dichiarato lo sciopero d'aprile? Perché nel seno del movimento esistevano una serie di contraddizioni che noi
chiamiamo: Sierra-Llano, e che si manifestano nell'analisi che ognuna delle due ali faceva degli elementi considerati fondamentali
per decidere la lotta armata, elementi che erano diametralmente opposti.

La Sierra era decisa a sconfiggere l'esercito quante volte fosse necessario, a vincerlo battaglia su battaglia, impadronendosi del
suo armamento, e arrivare un giorno alla presa del potere con il suo Esercito Ribelle. Il Llano voleva la lotta armata generale in
tutto il paese, che avrebbe dovuto concludersi con uno sciopero generale rivoluzionario che cacciasse la dittatura di Batista e
instaurasse il governo dei "civili", trasformando il nuovo esercito in un esercito "apolitico".

Lo scontro tra queste due tesi era continuo e non garantiva certo l'unità di comando necessaria in momenti come questo. Lo
sciopero d'aprile viene preparato e dichiarato dal Llano con il consenso della direzione della Sierra, che non si sente capace di
impedirlo sebbene avanzi seri dubbi sul suo risultato, e con le espresse riserve del Partito socialista popolare, che aveva
avvertito a tempo il pericolo. I comandanti rivoluzionari scendono nel Llano per aiutare lo sciopero e così Camilo Cienfuegos, il
nostro indimenticabile capo dell'esercito, incomincia a fare le sue prime incursioni nella zona di Bayamo.

Queste contraddizioni hanno una radice più profonda di una divergenza tattica: l'Esercito Ribelle è ormai ideologicamente
proletario e ragiona in termini di classe diseredata; il Llano continua ad essere piccolo borghese, molto influenzato dall'ambiente
in cui opera e con futuri traditori nella sua direzione.

Si trattava di una lotta minore per il controllo interno nel quadro della grande lotta rivoluzionaria per il potere. I recenti
avvenimenti d'Algeria si spiegano chiaramente per analogia con la rivoluzione cubana: l'ala rivoluzionaria non si lascia scalzare
dal potere e lotta conquistandolo integralmente, l'esercito di liberazione è il genuino rappresentante della rivoluzione che trionfa.

Gli scontri si succedono periodicamente e si raggiunge l'unità del comando (però non ancora accettata da tutti) solo quando
Fidel viene nominato primo ministro, alcuni mesi dopo la vittoria della rivoluzione. Fino a quel momento, che cosa avevamo
fatto? Ci eravamo guadagnati, come direbbe Fidel, il diritto di cominciare. Avevamo solamente portato a termine una fase il cui
fine era stato la lotta a morte contro il sistema a Cuba, personificato nel dittatore Batista, ma il fatto stesso di seguire
coerentemente una linea rivoluzionaria tendente a migliorare lo stato della nostra società e a liberarla il più possibile da tutte le
pastoie economiche, ci portava per forza ad una lotta frontale con l'imperialismo.

L'imperialismo è stato un fattore molto importante per lo sviluppo e l'approfondimento della nostra ideologia; ogni colpo che ci
infliggeva esigeva una risposta; ogni volta che gli yankees, con la loro abituale superbia, reagivano prendendo qualche misura
contro Cuba, noi dovevamo prendere la contromisura necessaria, e in questo modo la rivoluzione diveniva sempre più
consapevole.

Il Partito socialista popolare entrava a far parte di questo fronte e i compagni di vecchia milizia rivoluzionaria, insieme ai
compagni che arrivavano al potere dalla lotta sulla Sierra, iniziavano un'opera di fusione. Già allora Fidel ci metteva in guardia
contro certi pericoli di settarismo, criticando chi sbandierava sotto il naso degli altri i suoi quindici o vent'anni di milizia
rivoluzionaria e il settarismo delle barbe della Sierra o del combattente della città.

Nel periodo della lotta armata, c'era un gruppo di compagni che cercavano di difendere il movimento dall'apparente
caudillismo del compagno Fidel e commisero l'errore che si ripeterà poi nella fase del settarismo, di vedere nei grandi meriti
del dirigente, nei grandi meriti del leader della rivoluzione e nelle sue innegabili doti di comando, un individuo la cui unica
preoccupazione era quella di assicurarsi l'appoggio incondizionato dei suoi e di instaurare un sistema di caudillismo. Fu una
lotta impostata su falsi princìpi portata avanti da un gruppo di compagni, lotta che non finì neppure il I° gennaio o quando Fidel
assunse la carica di primo ministro, bensì molto dopo, quando l'ala destra del 26 Luglio venne frantumata. Così caddero,
perché si opponevano alla volontà popolare, Urrutia, Miró Cardona, Ray, Hubert Matos, David Salvador, e tanti altri traditori.

Dopo la vittoria completa contro l'ala destra, sorge la necessità di strutturare un partito: il PURSC, espressione del
marxismo-leninismo nella nuova condizione di Cuba. Questo partito doveva essere un organismo legato alle masse, formato da
quadri rigorosamente scelti, dotato di una organizzazione centralizzata e al tempo stesso elastica, e, per fare tutto questo,
confidavamo ciecamente nell'autorità guadagnata in molti anni di lotta dal Partito socialista popolare, rinunciando quasi
completamente ai nostri criteri organizzativi. In questo modo si creò poco a poco una serie di condizioni tali che maturò il frutto
del settarismo.

Nella fase della strutturazione del partito, il compagno Anibal Escalante era preposto all'organizzazione: iniziava allora una fase
nera, sebbene per fortuna molto breve, del nostro sviluppo. Si errava nei metodi di direzione; il partito perdeva il suo carattere
essenziale ossia il legame con le masse, abbandonava la prassi del centralismo democratico, perdeva lo spirito di sacrificio.
Ricorrendo a volte a veri giochi di prestigio, si assegnavano incarichi dirigenti a persone senza esperienza e senza meriti, per il
solo fatto che si erano adeguate alla situazione imperante.

Le ORI perdono la loro funzione di motore ideologico - e, attraverso questa funzione, quella di controllo di tutto l'apparato
produttivo - e finiscono per diventare un apparato amministrativo; in queste condizioni, la funzione dei compagni, che dovevano
venire dalle province per esporre i problemi che colà esistevano, si perdeva completamente, perché quelli che dovevano
sindacare il lavoro dei funzionari amministrativi erano precisamente i dirigenti della cellula che assolvevano la duplice funzione di
partito e di pubblica amministrazione.

Il periodo dei concetti errati, degli errori madornali e delle trasposizioni meccaniche è fortunatamente finito; le vecchie basi su
cui si fondava questo parto abnorme del settarismo sono crollate.

Di fronte alle critiche, la decisione della direzione nazionale presieduta da Fidel fu di tornare alle masse, di ricorrere alle masse,
e in questo modo si istituì il sistema di consultazione di tutti i centri di lavoro per l'elezione degli operai esemplari da parte della
massa e la possibilità di essere scelti per integrare le cellule del partito, di un partito intimamente unito alle masse.

Uno dei cambiamenti operati nel partito riguarda la riforma del sistema di educazione, per cui si premiano con essa, non come
in passato, gli amici, gli "illustri" i "dottori del marxismo"', bensì i migliori lavoratori, gli uomini che con il loro atteggiamento di
fronte alla rivoluzione, con il loro lavoro giornaliero, il loro entusiasmo e spirito di sacrificio, hanno dimostrato di possedere le
superiori doti di membro del partito dirigente.

Con questo spirito sono stati cambiati tutti i criteri direttivi ed inizia una nuova epoca di rinvigorimento del partito e dei suoi
metodi, Si apre di fronte a noi un ampio e luminoso cammino di costruzione socialista, che il partito ha il compito di guidare.
Azione di guida che non sarà quella degli ordini meccanici e burocratici, quella del controllo stretto e settario, quella del far fare,
quella del consiglio che si deve seguire in quanto espressione verbale e non perché costituisce un esempio vivo, quella del
privilegio delle idee o della storia passata.

Il partito del futuro sarà intimamente legato alle masse, e assorbirà da essa le grandi idee che poi si plasmeranno in direttive
concrete; un partito che applicherà rigidamente la propria disciplina secondo le regole del centralismo democratico e, nello
stesso tempo, un partito in cui esistano sempre la discussione, la critica e l'autocritica aperte, per migliorare continuamente il
lavoro. Sarà in questa fase un partito di quadri, degli uomini migliori, e questi ultimi dovranno adempiere al loro compito
dinamico di stare a contatto col popolo, di trasmettere le esperienze alle sfere superiori, di trasmettere alle masse le direttive
concrete e mettersi in cammino alla testa di esse. Primi nello studio, primi nel lavoro, primi nell'entusiasmo rivoluzionario, primi
nel sacrificio; in ogni momento i quadri del nostro partito debbono essere più buoni, più puri, più umani di tutti gli altri.

Perché bisogna ricordare sempre che il marxismo non è una macchina automatica e fanatica, diretta, come un siluro, mediante
autocomandi verso un obiettivo determinato. Di questo problema si occupa espressamente Fidel in uno dei suoi interventi: «Chi
ha detto che il marxismo è rinuncia ai sentimenti umani, al cameratismo, all'amore per il compagno, al rispetto per il compagno,
alla considerazione per il compagno? Chi ha detto che il marxismo è non avere anima, non avere sentimenti? Se fu proprio
l'amore per l'uomo che generò il marxismo; fu l'amore per l'uomo, per l'umanità, fu il desiderio di combattere l'infelicità del
proletariato, il desiderio di combattere la miseria, l'ingiustizia. il calvario e il continuo sfruttamento subìto dal proletariato, che fa
sorgere dalla mente di Karl Marx il marxismo, esattamente quando il marxismo poteva sorgere, quando poteva sorgere una
possibilità reale e, più che una possibilità reale, la necessità storica della rivoluzione sociale di cui fu interprete Karl Marx. Ma
che cosa lo fece essere interprete, se non la ricchezza di sentimenti umani di uomini come lui, come Engels, come Lenin?»

Queste affermazioni di Fidel sono fondamentali per il militante del nuovo partito; ricordatele sempre, compagni, scolpitele nella
memoria come la vostra arma più efficace contro tutte le deviazioni. Il marxista deve essere il migliore, il più retto, il più
completo degli esseri umani, ma sempre, al di sopra di tutto, un essere umano; un militante di un partito che vive e vibra a
contatto con le masse; una guida che plasma in direttive concrete i desideri a volte oscuri delle masse; un lavoratore
instancabile, che dà tutto al suo popolo, un lavoratore che con abnegazione pone al servizio della rivoluzione le sue ore di
riposo, la sua tranquillità personale, la sua famiglia o la sua vita, ma che non si estrania mai dal calore del contatto umano.

In campo internazionale il nostro partito avrà doveri importantissimi: siamo il primo paese socialista d'America, un esempio da
seguire per altri paesi, un'esperienza viva per essere recepita dagli altri paesi fratelli, un'esperienza vivente e in continua
evoluzione, che mostra alla comprensione pubblica tutti i suoi successi e i suoi errori. In questo modo il suo esempio è
soprattutto un insegnamento e non aspira ad essere innalzato solamente di fronte a chi ha fatto professione di fede
marxista-leninista, ma di fronte alle masse popolari d'America.

La Seconda Dichiarazione dell'Avana è una guida per il proletariato, i contadini e gli intellettuali rivoluzionari d'America; il
nostro stesso comportamento sarà una guida permanente. Dobbiamo esser degni del ruolo che abbiamo, dobbiamo lavorare
ogni giorno pensando alla nostra America, e rafforzare sempre più le basi del nostro stato, la sua organizzazione economica e il
suo sviluppo politico, per potere, attraverso i nostri progressi, convincere sempre di più i popoli d'America della possibilità
pratica di iniziare il cammino dello sviluppo socialista nella attuale fase dei rapporti di forze intenzionali.

Tutto ciò, senza scordarci che la nostra capacità emotiva di fronte agli abusi degli aggressori e alle sofferenze dei popoli non
può limitarsi ai confini della sola America, e neppure all'America e ai paesi socialisti messi insieme; dobbiamo praticare il vero
internazionalismo proletario, sentire come un'offesa personale qualsiasi aggressione, qualsiasi offesa, qualsiasi azione che vada
contro la dignità dell'uomo, contro la sua felicità in qualsiasi parte del mondo.

Noi, militanti di un partito nuovo, in una nuova regione libera del mondo e in una condizione nuova, dobbiamo tenere sempre
alta la stessa bandiera di dignità umana che alzò il nostro Martí, guida di molte generazioni, presente oggi con la sua freschezza
di sempre nella realtà di Cuba: «ogni uomo vero deve sentire sulla propria guancia lo schiaffo dato sulla guancia di qualsiasi
uomo».(1)

(1) È una citazione di José Martí, ripresa in più casi dal Che.
 

SPECIALE ERNESTO CHE GUEVARA
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