Eh no! Caro Sergio, non sei stato tu quello che ci ha messo piu' tempo a
arrivare a Firenze. Io e Maubev abbiamo fatto una sgroppata di sette ore
di autostrada per essere presenti. Presenti, pero', a un Vesak modesto:
sia per soluzioni organizzative che per partecipazione.
Grandissimo piacere di rivedere listanti gia' precedentemente incontrati
e riconoscerne di non gia' conosciuti. Ho avuto l'impressione che
corresse tra noi tutti molta piu' solidarieta' simpatetica che negli
altri 'sangha' presenti.
Qualche motivo di riflessione me lo ha suscitato il vedere facce e
numeri di truppa che in passato erano stati molto meno presenti.
Per es., cosi' come ha detto Teodoro, e' stato sorprendente l'arrivo del
Gangchen Rimpoche. Sceso da un enorme pullman turistico e seguito da una
gran coorte di truppa scelta e non (=monastica e laica). Essendo io,
Teodoro e un terzo che non ricordo piazzati davanti all'ingresso del
Cinema Manzoni, siamo stati involontariamente protagonisti della scena
del benvenuto al Maestro da parte dei primi buddhisti a portata di
calorosa stretta di mano e conseguente espressione imbarazzata di
Teodoro e mia. Di fianco il diligente discepolo riprendeva la scena per
la prossima videocassetta di propaganda della fervente attivita'
bodhisattvica del Maestro.
 
Relazioni di carattere tecnico-giuridico fatte da professoroni che,
nonostante la barbosita', nascondevano tra le righe ansie e aspettative
della societa' civile rispetto all'esordio, in forma legalmente
riconosciuta, di questa nuova 'religione di stampo non
giudaico-cristiano'.
Ansie e aspettative anch'esse espresse nella susseguente 'tavola
rotonda' sul buddhismo impegnato.
Cari amici, siamo partiti male noi buddhisti qui in Italia! Non
esprimiamo sufficientemente le qualita' che ci si aspetta da ogni buon
buddhista: compassione, altruismo ecc. ecc. A differenza di come la vede
Sergio, io ho sentito sapore di parrocchietta e di Azione Cattolica
proprio per il prevalere di queste aspettative 'sociali'.
Sinceramente, nonostante la stantia insistenza tibetana sulla
compassione, non vedo un nesso cosi' intimo tra la semplice
constatazione della realta' della sofferenza e una 'inevitabile'
immediata immolazione della propria esistenza per il beneficio del pro
ssimo. Rischiamo di riprodurre un cattolicesimo in fasce.
In realta', ascoltando coloro che sul palco parlavano delle rispettive
iniziative altruistiche, sarebbe stato del tutto indifferente che
fossero buddhisti o cattolici. Nell'uno o nell'altro caso motivati da
quel modo di rapportarsi al mondo che per me e' del tutto
incomprensibile.
 
Non lo dico a mo' di critica. C'e', in questa tipologia di persone, a
prescindere dalla religione cui appartengono, una graniticita' che non
riesco a comprendere. Come se non fossero affetti dai malesseri,
malumori, cambiamenti di umore e di concezioni dai quali noi tutti,
meschinelli, siamo affetti. O, forse, e' proprio grazie al loro impegno
estrovertente che riescono a dribblare tutte quelle cose?
A onore di Orrao devo dire che e' stato quello che ha esposto con minore
prosopopea e con una certa modestia quello che e' il suo impegno
sociale. Insomma, se un giorno ci ritroveremo a dover omaggiare una
Madre Teresa di Calcutta buddhista, di certo non avremo anche un Padre
Pio buddhista.
 
Cena del sabato in compagnia di Rosanna, PAM, Maubev, Giacomo Benedetti
e Thanavaro che infrange, a suo dire, un seminale precetto Mahayana
prescrivente l'astensione da pietanze contenenti aglio: finalmente un
precetto serio!!! L'alito di un maestro ha il suo peso nell'approccio da
parte di un nuovo discepolo.
 
Nottata di sofferenza nell'ostello requisito per noi buddhisti e
strutturato come una sorta di lager con camerate stile San Sabba nelle
quali si soffoca.
 
Al mattino della domenica scappiamo via dal lager e bighelloniamo, io,
PAM e Maubev, fino all'ora di recarci ai Giardini di Piazza Poggi.
Se andate a Firenze, badate, non andateci con l'auto: rischiate di
spendere per tariffe di custodia come se parcheggiaste l'auto nella
suite del Grand Hotel oppure di vedervela portar via col carro attrezzi
appena le avete voltato le spalle.
 
A Piazza Poggi pioviggina e tira vento e, alla fine, decido di
utilizzare il foglio di plastica blu che era stato distribuito per
sedere sul prato cosi' come fanno gli indiani poveri che non possono
permettersi un ombrello.
Thanavaro fa il capofila di una lunghissima fila di meditanti
deambulanti e ambulanti senza permesso di soggiorno. Commovente!
Di nuovo aria di buonismo neocatecumenale con letture di appello per la
pace e richiesta di sottoscrizione come se la pace e la guerra - intendo
quelle letterali - le decidessero persone sensibili agli appelli di
quattro sfessati di buddhisti italiani.
Segue panzo 'in consapevolezza' = un paio di centinaia di persone
accampate che consumano il solito pasto rigorosamente
natural-biologico-vegetariano che (sob!) intristisce per la sua pochezza
(in tutti i sensi) confezionato pero' in contenitori rigorosamente di
plastica e inghiottito rigorosamente in silenzio tombale che i
fiorentini di passaggio ci avranno presi per una comitiva di turisti di
un istituto per sordomuti che facevano merenda dopo il giro turistico
della citta'.
Incredibilmente sincronizzati i neri zen che, senza guardarsi l'un
l'altro, riuscivano a portare il cibo alla bocca tutti
contemporaneamente. Potenza della disciplina!
 
Ugo Milella
 

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