ARYADEVA


Aryadeva ( 2° secolo d.C.) discendeva da una nobile famiglia di Ceylon. Non aspirando ad assumere una carica politica, cui avrebbe avuto diritto, entrò nell'Ordine buddhista dove ebbe come precettore il bhiksu Hemadeva. Portata a termine la sua preparazione intraprese un viaggio per visitare le città buddiste dell'india, dove incontrò l�acarya Nagarjuna e si associò a lui. Quando Nagarjuna da Nalanda si trasferì nell'India centrale, Aryadeva andò con lui e negli anni che seguirono "sedette (come allievo) ai piedi del maestro" che infine, dopo averlo sempre più spesso incaricato di insegnare a sua volta, lo nominò suo successore. Una fonte tibetana definisce Aryadeva "figlio spirituale di Nagarjuna". Non si sa quanti anni Aryadeva abbia trascorso nell'india centrale dopo la morte del suo mentore. Comunque ebbe il tempo di fondarvi numerosi monasteri. La notizia pervenutagli da Nalanda, che l'università di quel monastero era in difficoltà a causa di un disputatore brahmanico alle cui argomentazioni nessun monaco sapeva tener testa, lo indusse a ritornare a Nalanda. In gare di oratoria riuscì a battere il brahmano. Dopo alcuni anni da Nalanda ritornò nel sud, dove riprese l'attività di insegnante iniziata sotto Nagarjuna. Mori a Ranganatha presso Kanci. La più importante opera letteraria di Aryadeva è rappresentata dalle Quattrocento (Strofe) (Catuhsataka), dove collega la filosofia del vuoto, sistematizzata da Nagarjuna, con l'ideale dei bodhisattva e con l'etica altruistica del buddismo mahayanico. Successivamente scrisse un'opera didattica, il Libro delle Cento (strofe) (Satasastra), in cui argomenta dettagliatamente contro i materialisti, contro le scuole eterodosse e ortodosse e contro l'induismo teistico allora emergente. L'arte himalayanica ritrae Aryadeva con la mano destra alzata nel gesto di incoraggiamento o di insegnamento e, spesso, con un libro nella sinistra. In altre immagini Aryadeva ha fra le mani un rosario. Il berretto a punta coi lunghi lembi laterali è il copricapo degli eruditi indiani (pandita), che in seguito Santaraksita introdurrà nel Tibet.


© 1997 Marpanet

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