Per tornare alla Home Page

 

 

Su gentile concessione della Casa Editrice:

Edizioni SEGNO Via del Vascello, 12 33100 UDINE Tel.: 0432521881 Fax: 0432603195

 Per ordinazioni ® http://www.edizionisegno.it 

                  e-mail: [email protected]

 

_____________________________________


 

ENRICO ZOFFOLI

 

 

 

 

IL NEOCATECUMENATO

DELLA CHIESA CATTOLICA

 

 

Lettera aperta al clero italiano

 

 

_____________________________________

 


 

 

 

PREMESSA

 

 

Al fondatore del Cammino Neocatecumenale dobbiamo attribuire il merito di aver lanciato la grande idea del «neocatecumenato». Gliene siamo grati, mentre abbiamo alcune gravi riserve da opporre al modo da Lui proposto per realizzarlo.

Egli ha molte ragioni per sostenere che gli adulti, che hanno ricevuto il battesimo da bambini, oggi sono tenuti ad accettarlo, giustificarlo, valorizzarlo per avviare una nuova fase di vita cristiana veramente consapevole.

Ma ciò suppone che essi innanzi tutto se ne rendano conto attraverso una presentazione del Cristianesimo che risponda alla sua verità oggettiva, da sempre insegnata dalla Chiesa.

Presentazione, quella curata da Kiko Arguello e Carmen Hernandez nelle loro «catechesi», che altera essenzialmente la dottrina cattolica, come più volte ho dovuto informarne il pubblico...

Penso di completare i miei «saggi critici» riprendendo la ricerca volta a dimostrare che essi avrebbero potuto attingere a piene mani al patrimonio della Tradizione cattolica per animare all’unico vero «neocatecumenato» possibile.

Kiko e Carmen hanno preferito proporne uno diverso, ma tradendo la fede e compromettendo il Concilio Vaticano II.

Liberissimo chi, irenisticamente, stigmatizza come «polemica» ogni seria e leale difesa della verità. È un dovere appreso da tutti i grandi Padri della Chiesa e che continuo a compiere anche a nome di innumerevoli sacerdoti e laici che moltiplicano visite, lettere e telefonate per incoraggiarmi: non sono solo; ed è per questo che posso esprimermi in prima persona plurale.

Rimandiamo ai volumi già pubblicati chi volesse verificare l’esattezza delle allusioni ricorrenti in questo lavoro (*). Inoltre, respingiamo decisamente le proteste di tutti quei neocatecumenali che — in difesa del Cammino — sostengono di continuare a credere tranquillamente nel Magistero della Chiesa Cattolica.

La nostra reazione non riguarda i “singoli” seguaci del Movimento (idee, convinzioni, condotta...), bensì i catechisti, i dirigenti e soprattutto le Catechesi di Kiko e Carmen, nella speranza di una esplicita e pubblica ritrattazione del loro contenuto dottrinale.

 

Roma, Festa di Maria SS.ma Regina, 22 agosto 1993

 

L’AUTORE

 

___________________

(*) Eresie del Movimento Neocatecumenale. Quinta edizione migliorata, arricchita di nuove sconcertanti testimonianze. Edizioni Segno, Udine, 1992.

Magistero del papa e Catechesi di Kiko. Confronto a proposito del Cammino Neocatecumenale. Edizioni Segno, Udine, 1992.

_____________________________________

 

I

SUCCESSO DEL CAMMINO NEOCATECUMENALE

 

È un fatto a tutti noto che non ha bisogno di documentazione.

Alludo allo straordinario potere morale dovuto alla protezione della Gerarchia cattolica; alla ferrea organizzazione che ne assicura la coesione e il dinamismo; alla saldissima base economica che consente iniziative dispendiose e spettacolari a cui sono sensibili ampi strati del popolo; alla crescente propagazione del Cammino in moltissime diocesi di tutti i Continenti.

Per spiegare tale e tanto successo, basterebbe riflettere sulla stessa denominazione che rivela — assai più evidentemente che in passato — un programma di azione assolutamente primario in un processo di ricristianizzazione radicale del mondo.

Si tratta, per gli adulti, di prender coscienza del battesimo, ricevuto nell’età in cui soltanto altri possono e devono sostituirsi al neonato, professando una fede in base alla quale egli è tenuto a vivere da cristiano consapevole e coerente.

Ma purtroppo, sono frequentissimi i casi in cui il battezzato, crescendo, non è sostenuto e diretto da un’educazione capace di farne un autentico figlio di Dio, un vero discepolo di Cristo, un membro vivo ed efficiente del Corpo Mistico.

Ne è risultata la lenta formazione di una massa immensa di individui detti cristiani unicamente perché tali altri per essi, un giorno lontano, si professarono a loro insaputa.

Ed ecco che nazioni di antica e gloriosa tradizione cristiana sono rimaste travolte dalla furia di un laicismo dissacratore, che spiega una reale — anche se non sempre proclamata — apostasia dal sacro, vissuta nel rifiuto della Trascendenza, nel rigetto di ogni valore assoluto, non prodotto dalla cultura, estraneo al corso della storia.

 

* * *

La Chiesa ne è consapevole. Ella sa bene di non aver mai vissuto crisi più gravi dell’attuale. Ne ha affrontate altre, terribili sotto ogni aspetto; ma ricorda pure di averle potute risolvere, facendo leva su di una fede mai estinta nel popolo.

Oggi, questa fede non solo è insidiata e derisa, ma spenta, dimenticata: ne parlano con indifferenza quei medesimi che ancora figurano nei registri parrocchiali dei battezzati.

Ora, a tale situazione la Chiesa può reagire soltanto dedicandosi ad una ri-evangelizzazione del mondo, avente il senso e l’impeto carismatico del primo annunzio.

Ed ecco l’avvio di un’iniziazione cristiana organizzata come preparazione ad un secondo battesimo: precisamente il neocatecumenato.

Solo nominandolo è facile intuire la radicalità di un’impresa che gareggia con quella stessa degli Apostoli e del primi Martiri... Essa supera l’opera di conservazione e propagazione della fede promossa nel corso del secoli dalla Chiesa gerarchica, sostenuta dalla collaborazione di un esercito di missionari.

Non si tratta di generare alla vita, ma di risuscitare i morti. Sono i morti, vittime dei pregiudizi di una cultura laica, delle posizioni di una «scienza» presuntuosa e beffarda, dell’ignoranza, dell’incuria, della venalità e dell’arroganza di certo Clero secolarizzato, causa di scandalo per i fedeli, di severi giudizi dell’opinione pubblica, d’infiniti richiami della Gerarchia rimasti inattesi, derisi...

Dunque, bisogna cominciare daccapo. Ma la rievangelizzazione esige un neocatecumenato; e mi spiego come l’idea che ne è stata lanciata da Kiko Angüello e Carmen abbia potuto interessare tanto il Papa, fino all’entusiasmo e alla protezione più generosa e paterna.

Ma qual tipo di neocatecumenato il Vicario di Cristo ha potuto concepire e incoraggiane? Quale invece è stato promosso dai Fondatori del Cammino? Sono i quesiti che oggi molti si pongono e ai quali intendo rispondere.

 

————————

 

II

NEOCATECUMENATO CATTOLICO

 

I  - I - Cammino sì, ma in seno alla Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana.

         L'unica fondata da Cristo come società visibile, gerarchica, presieduta da Pietro e Successori e fuori della quale non c’è salvezza: quella possibile per il battesimo, preparato da un catecumenato per il quale il credente si dispone a diventare membro effettivo del Corpo Mistico.

Dunque: non si dà cammino di vita cristiana che non dipenda dal Cristianesimo incarnato nella struttura gerarchica della Chiesa cattolica, fuori della quale non si dà azione dello Spirito che salvi, ma soltanto l’illusione di coscienze non illuminate dalla luce del Verbo.

 

II  -  II - Cammino sì, ma guidato e retto da una gerarchia fondata sul sacerdozio ministeriale.

È il sacerdozio che — derivato dal sacramento dell’Ordine sacro — rende capaci di agire «in nome e nella persona stessa» del Cristo-Capo unicamente i membri del Clero; per cui soltanto ad essi spetta il Magistero della verità e l’esercizio di una giurisdizione volta a santificane i fedeli, accogliendoli nel seno della Chiesa mediante il battesimo, e assistendoli in tutte le successive fasi della vita cristiana che continuano e concludono il cammino catecumenale.

 

III  -  III - Cammino sì, ma condizionato all’opera della Chiesa Madre e Maestra, rimasta essenzialmente inalterata dall’origine ad oggi, nonostante le influenze negative che dall’interno e dall’esterno hanno sempre tentato di corromperla e bloccarne il processo storico di sviluppo e di espansione.

Persecuzioni e cesaropapismo, scismi ed eresie, incursioni barbariche e Rinascimento pagano, scientismo borioso e immanentismo ateo, secolarizzazione e laicismo non hanno neppure scalfito la Chiesa, sì da indurla a ripudiare la Tradizione apostolica nell’ambito della dottrina, del culto e della morale... Lo documenta la storia del dogma nella sorprendente continuità dei ventuno Concili ecumenici celebrati, l’ultimo del quali si è limitato a riprendere e confermare il magistero di tutti, specialmente di quello che a Trento si oppose alla sovversione protestante, e nel Vaticano I reagì contro razionalismo e fideismo.

Come sarebbe possibile un cammino d’iniziazione al Cristianesimo che non supponesse la fedeltà della Chiesa alle sue origini?...

 

IV  -IV - Cammino sì, ma realmente possibile, cioè tale che per le anime comporti il vigore necessario per realizzarlo, assicurato dall’opera redentrice del Cristo.

È «cammino», quello del catecumeno, che, muovendo da una condizione di peccato, rende ciascuno schiavo di sé, del mondo, del demonio, incapace di risorgere senza la grazia che l’aveva elevato oltre i limiti della sua natura. Appunto la grazia che redime, ristabilendo gli originari rapporti di amicizia dell’uomo con Dio...

Solo per demolire il Cristianesimo si è potuto supporre che, col Vaticano II, non si sarebbe più parlato di «redenzione».

 

V  - V -  Cammino sì, ma intrapreso come processo di restauro di una natura umana sconvolta dal peccato, non di un suo rifiuto...

Avviarsi ad intendere il senso del battesimo non significa condannane la natura, ma piuttosto apprezzarla come dono di Dio, e valorizzare tutto ciò che in essa — non ostante il peccato — è rimasto fondamentalmente sano. Se tale non fosse, la stessa opera medicinale ed elevante della grazia non sarebbe possibile: la grazia non può sostituirsi alla natura, non potendo non supporla per ripararla.

È errato quindi contrapporre il Cristianesimo alla religione naturale: quella dell’unico vero Dio intuito dalla ragione e onorato coi noti atti di culto culminanti col sacrificio, sia pur concepito secondo le diverse culture dei popoli.

A proposito di Dio, il cammino neocatecumenale, nella Chiesa, non comporta il brusco passaggio dal buio totale della ragione alla luce della rivelazione. Esso mira solo a confermare e chiarire nel credente ciò che l’uomo già conosce... In ultima istanza, l’analogia dell’essere fonda quella continuità tra natura e grazia, e quindi tra ragione e fede, che esclude ogni inizio assoluto.

 

VI  -VI - Cammino sì, ma affrontato come «conversione» dal peccato alla vita di grazia, dall’offesa di Dio alla riconciliazione con Lui resa possibile per la sua iniziativa paternamente misericordiosa.

Dunque, l’uomo, nel peccare, offende Dio perché si ribella alla sua volontà, si rifiuta di riconoscergli l’assoluto dominio che Gli spetta come Creatore e Provvidenza: la pratica negazione della sua verità costituisce la peggiore delle ingiustizie possibili. Ma tale colpa suppone nell’uomo la libertà che lo rende responsabile delle sue azioni e prescindendo dalla quale non sarebbe capace di peccare, di offendere Dio... Ora, ciò vuol dire che egli, nel caso, non contrarrebbe alcun dovere di riparazione, non potendo essere ingiusto chi non risponde di sé, ossia è incapace di agire moralmente né bene né male; per cui una sua «conversione» non avrebbe senso, perché intrinsecamente impossibile.

Ma il neocatecumeno cattolico — che vuol capire tutto il senso del proprio battesimo ed è consapevole della sua necessità in seguito alla trasmissione del peccato originale — è convintissimo del contrario. Egli sa che appunto il peccato, originale e personale, è il presupposto fondamentale del Cristianesimo quale religione eminentemente redentrice... Avendo egli peccato, si duole di aver offeso Dio e intende correggersi, cedere alla sua grazia, riconciliarsi con Lui per sempre...

Nell’uomo perciò tutto si svolge in base alla coscienza della sua dignità di «persona», astraendo dalla quale né peccato, né conversione, né riparazione, né redenzione, né Cristianesimo... avrebbero un senso.

 

VII  - VII - Cammino sì, ma avviato innanzi tutto quale conversione vissuta come pentimento di aver offeso Dio, ossia partecipazione alla Passione espiatrice di Cristo, unica causa meritoria di ogni grazia di conversione e di salvezza.

Al neocatecumeno cattolico la Chiesa ricorda che il rito dell’immersione nell’acqua battesimale è simbolo della sua monte col Cristo, partecipazione al sacrificio della Croce: appunto la morte da cui è scaturita la vita, il sacrificio che, espiando il peccato, ha riconciliato l’uomo con Dio. Se dunque, la risurrezione di Cristo è causa esemplare ed efficiente della santificazione delle anime e della finale risurrezione dei corpi, resta però sempre la Passione a decidere tutto quale causa meritoria dell’una e dell’altra.

Il Cristo, pertanto, ci ha redenti non risorgendo, ma morendo, perché solo la monte, quale supremo atto di amore al Padre e all’uomo, è espressione di una vitalità che tutto ricrea. Attribuire tutto alla Risurrezione significa ignorare e tradire il mistero centrale della salvezza.

Nella Chiesa cattolica, perciò, il cammino del neocatecumeno deve risolversi soltanto in un processo di morte perché possa concludersi col ricupero della vita e di tutti i suoi valori.

 

VIII  VIII -  Cammino sì, ma inteso come corrispondenza alla grazia nel partecipare attivamente alla Passione che il neocatecumeno deve completare in se stesso perché membro vivo del Cristo totale.

Il battesimo da lui ricevuto è simbolo di una Passione che ora deve far propria, non potendo essa salvare in modo automatico. Cristo, sacrificandosi, non dispensa nessun peccatone dalla legge di un’espiazione che ha reso possibile con la grazia da Lui meritata: quella di poter soddisfarne personalmente ogni debito con Dio. Perciò al neocatecumeno la vita cristiana si prospetta non come gratuito godimento del frutti della Redenzione; ma come loro maturazione laboriosa nella mortificazione delle concupiscenze, praticata come incessante liberazione dal dominio del peccato.

 

IX  -IX - Cammino sì, ma vero, personale, dovuto alla grazia che, rigenerando alla vita di Dio, rende l’uomo capace di una crescita volta alla conquista della santità e della beatitudine eterna.

Per progredire realmente, al neocatecumeno non basta riconoscersi peccatore e credere nella potenza salvifica di Cristo: gli è indispensabile anche vivere secondo le esigenze della nuova vita di grazia; la quale, eliminando gradualmente ogni residuo della natura inquinata dal peccato, lo eleva ad una trasfigurazione sempre più totale nel Cristo.

 

X - Cammino sì, ma imitando Cristo, unico, supremo e inesauribile modello di vita soprannaturale per tutti.

Appunto tale sublime e mai concluso processo imitativo costituisce e regola il ritmo del divenire soprannaturale del cristiano, ansioso di essere riconosciuto ed amato dal Padre sotto le sembianze sempre più fedeli del suo divin Figlio. Mentisce chi nega che Cristo si sia proposto come Maestro e Tipo ideale di perfezione ammirabile, e realmente imitabile, almeno quanto è concesso ad ogni anima secondo la grazia che Egli ha meritato per ciascuno e per tutti. Un neocatecumenato che non tende all’imitazione di Cristo, è votato al fallimento.

 

XI  -XI - Cammino sì, ma animato dall’amore che ispira la fiducia in Dio e la diffidenza di sé, nella convinzione che la salvezza eterna non dipende esclusivamente dalla misericordia di Dio, ma anche dalla libera cooperazione dell’uomo alla sua grazia; per la quale, come giustamente premia la fedeltà dei buoni, così punisce la protervia dei peccatori impenitenti: la possibilità dell’inferno non è meno fondata di quella del paradiso.

Si tratta di fondamentali verità di fede che assicurano il cammino neocatecumenale contro due eccessi della confidenza che degenera nella presunzione, e della diffidenza che cade nella disperazione. Dio non predestina nessuno alla salvezza e alla rovina eterna: il suo giudizio è necessariamente condizionato alla libera scelta di ciascuno. La reale possibilità di usare e abusare dell’arbitrio fonda l’incertezza dell’esito finale. Un Dio, che fosse tutto e solo Misericordia, offenderebbe la dignità e autonomia della persona umana, che impegna anche la sua Giustizia.

 

XII  -  XII - Cammino sì, ma nell’umile previsione di nuove cadute che lo condizionano, senza però arrestarlo, perché il neocatecumeno può sempre risollevarsi mediante la penitenza amministrata dal sacerdote che lo accoglie e perdona nel nome e nella stessa persona di Cristo.

Egli, peccando, ha offeso principalmente Dio, e sa di poter essere perdonato unicamente da Lui, rappresentato non dalla Comunità dei fedeli, ma dal «sacerdote» che, in virtù dell’Ordine sacro, può assolverlo in nome di Cristo, unico Capo del Corpo Mistico e Mediatore di salvezza.

 

XIII  -  XIII - Cammino sì, ma tale da avere un senso ed un valore esclusivamente se compiuto come partecipazione al sacrificio della croce ripresentato da quello eucaristico celebrato all’altare.

È a questo unico sacrificio infatti che il neocatecumeno deve la grazia della propria conversione e tutte le altre che condizionano la progressiva santificazione della vita cristiana. Egli sa che da esso dipende il significato del suo battesimo e soprattutto che non c’è gesto del Salvatore che più efficacemente ne riassuma ed esprima la mediazione espiatrice e redentrice, che tutti devono far propria per salvarsi.

Chi rifiuta il carattere sacrificale dell’Immolazione del Calvario e riduce il rito eucaristico ad un convito fraterno celebrante la gloria e la potenza del Cristo risorto, si rivela come il peggiore dei suoi nemici, vanificando catecumenato e neocatecumenato.

 

XIV  -  XIV - Cammino sì, ma nella comunione sacramentale con la vittima divina presente sotto le specie del pane e del vino transunstanziati nel suo corpo e nel suo sangue.

Appunto cibandosi del Cristo-Vittima il neocatecumeno cattolico resta ineffabilmente assimilato a Lui, realizzando la più intima unione d’amore con Dio ed il prossimo. Non c’è sacramento che stimoli il cammino neocatecumenale come la Comunione eucaristica che procura la gioia di averne già raggiunto il traguardo come vero «pegno della vita eterna».

Ma tale essa è soltanto per chi crede nel prodigio della «transustanziazione», da molti oggi respinto ed irriso, mentre il catecumeno cattolico è convinto che un suo reale cammino è impossibile fuori dell’unica Via che conduce al Padre, e che esso non può intraprendersi in questo deserto della vita senza nutrirsi del «Pane disceso dal cielo», supremo e più sbalorditivo riflesso dell’incarnazione del Verbo.

 

XV  -  XV - Cammino sì, ma avviato e continuato all’ombra del tabernacolo, unico trono di Dio sulla terra, che rende sacro il tempio e da senso al culto, tutti attende e accoglie nella ineffabile effusione di amore che conforta i deboli, matura i Santi, costruisce la Chiesa.

Secondo il neocatecumeno cattolico, al culto eucaristico spetta il primato rispetto a tutte le possibili iniziative ecclesiali, per quanto spettacolari e clamorose. Per lui — che avanza nella penetrazione sempre più approfondita del mistero — la visita privata al Santissimo, l’adorazione riparatrice, il dialogo muto ed intenso con Lui, giovano alla Chiesa più di tutti i corsi, le discussioni, i «volontariati» e i pellegrinaggi organizzati per il grande pubblico.

 

XVI  -  XVI - Cammino sì, ma senza alcuna meta definitiva da raggiungere su questa terra: la vita della grazia, quale vita di amore, come non conosce misure, così esclude ogni limite.

È la grande legge dello spirito che, inesauribile nel suo sviluppo, stimola il neocatecumeno a trasformarsi nel Cristo e in Lui tendere all’imitazione del Padre, Modello di perfezione infinita.

Queste le condizioni fondamentali di un cammino neocatecumenale illuminato dal Magistero della Chiesa Cattolica.

Com’è ovvio, le precisazioni fatte sottendono un ben diverso «cammino»: esattamente quello di Kiko e Carmen, i quali, equivocando, hanno potuto contrabbandarlo nel tentativo di inventare un nuovo Cristianesimo, risultandone il più rozzo sincretismo religioso di questo secolo (*).

___________

(*) Il contenuto teologico di queste premesse al neocatecumenato cattolico — assolutamente pacifico — ha la sua piena conferma nel Rito dell’iniziazione cristiana degli adulti, C.E.I., Libr. Editrice Vaticana, Ristampa 1992, specialmente nelle Premesse, pp. 11-50. Ciò che va sottolineato e che al termine «neocatecumenato» inteso in senso cattolico risponde — in tutta la storia della Chiesa — quello della «seconda conversione» quale luminosa ed efficacissima presa di coscienza del battesimo, ossia deciso ed eroico avvio alla santità come partecipazione alla Morte e Risurrezione di Cristo.

 



III

A VISO APERTO

 

1 - GRAVITÀ DEL CASO

L’accusa di eresia lanciata contro il C.N. non è gratuita né ha il sapore dell’attacco polemico e astioso di paladini della fede accecati dallo zelo.

Dopo tutto quel che ormai da anni si è ripetuto su saggi monografici e riviste, non è esagerato ritenere che il caso è disperato: credo che sia precisamente uno di quelli la cui soluzione deve rimettersi ai tempi lunghi della Provvidenza che dirige la storia millenaria della Chiesa.

Ma i tempi, per quanto «lunghi», possono e devono essere abbreviati, almeno stando all’esortazione di S. Paolo a Timoteo di insistere in ogni occasione opportuna e inopportuna; ammonire, rimproverare, esortare con ogni magnanimità e dottrina... (2Tm 4, 2).

Dopo quel che ho riferito altrove, è superfluo quanto oneroso infittire queste pagine citando le Catechesi di Kiko-Carmen. Basterà riferirne il contenuto essenziale.

 

  • Essi sostengono che Dio non può restare offeso dal peccato;

  • l’uomo, d’altra parte, non può peccare perché non è libero di resistere al male...;

  • dunque, non contrae alcun dovere di riparazione...;

  • d’altra parte, il sacrificio di espiazione non è cristiano, perché residuo del paganesimo;

  • la morte di Cristo non è stata un sacrificio di espiazione;

  • Egli non ha redento l’uomo;

  • l’uomo perciò, rimasto fondamentalmente traviato, non è capace di alcun bene ed è schiavo del Maligno...;

  • per salvarsi, gli basta riconoscersi peccatore e credere nella potenza del Cristo risorto...;

  • il quale non è affatto un suo Modello di vita;

  • per cui è inutile per l’uomo promettere e sforzarsi di correggersi...;

  • egli può soltanto affidarsi alla misericordia di Dio, che salva tutti, per cui la teologia kikiana ignora purgatorio ed inferno;

  • la Messa non è un vero «sacrificio», ma soltanto un banchetto comunitario che celebra la potenza salvifica del Cristo risorto...;

  • il pane consacrato non si muta nella sostanza del Corpo e del sangue di Cristo, non avendo altra funzione che quella di simboleggiare la presenza spirituale di Lui che, risorto, tutti trascina sul suo carro di fuoco...;

  • negato Sacrificio eucaristico e transustanziazione, il «pane consacrato» (con tutti i suoi resti e frammenti) esclude la reale e sostanziale presenza di Cristo, rendendo vano ogni culto di adorazione...;

  • l’eliminazione del sacrificio comporta la soppressione del sacerdozio ministeriale, non dovendosi riconoscere altro sacerdozio se non quello di Cristo: l’Eucaristia è celebrata dalla Comunità dei credenti, tutti indistintamente partecipi di quell’unico sacerdozio...;

  • l’esclusione del «sacerdozio ministeriale» porta al crollo della Gerarchia ecclesiastica, ossia al rifiuto dell’Ordine sacro che la fonda;

  • soppresso l’Ordine sacro, la Chiesa, come Società visibile e gerarchica, non ha più alcuna ragion d’essere...;

  • di essa restano soltanto i singoli credenti nel Cristo che, animati dal suo Spirito, traggono propri lumi dalla Bibbia interpretata secondo la personale ispirazione di ciascuno...;

  • appunto la Chiesa carismatica dei primi secoli, scomparsa da quando, con la Pace costantiniana, si costituì come società gerarchica...;

  • col Vaticano II la Chiesa di Cristo sarebbe risorta, e Kiko ne sarebbe il riformatore più illuminato e autorevole. Logicamente sarebbe appunto la Chiesa dello Spirito, dei carismi, della libertà, dell’ecumenismo benevolo con tutte le fedi.

 

2 - ACCUSE FONDATE

L’elenco, pur essendo estremamente schematico, è sufficiente perché chiunque possa chiedersi se per un vero neocatecumenato fosse realmente necessario allontanarsi tanto dal solco dell’ortodossia cattolica. Le aberrazioni sono così gravi ed evidenti da poter sollevare — in alcuni — ancora qualche dubbio sull’autenticità delle Catechesi di Kiko-Carmen da cui sono state tratte. Ma dobbiamo restare tranquilli, bastando riflettere che:

il testo principale delle Catechesi incriminate è quello medesimo riprodotto, fotocopiato e diffuso dal Centro Neocatecumenale «Servo di Jahvè in san Salvatore», (Piazza S. Salvatore in Campo, Roma, Tel. (06) 6541589); testo del quale, volta per volta, sono state citate le pagine, consentendo a tutti la più rigorosa verifica...

che poi l’esame critico del medesimo sia stato condotto con assoluta oggettività, che cioè gli errori dottrinali di cui sopra non siano il risultato di un’arbitraria estrapolazione dal contesto e riflettano quindi le reali convinzioni dei Fondatori e dirigenti del Cammino, è dimostrato dal fatto che:

a) nessuno ha potuto mai accusarci di aver inventato, interpolato o travisato i passi delle Catechesi;

b) la nostra critica è notissima a molti vescovi e ad alti membri della Gerarchia cattolica, che non si sono mai creduti in dovere di ammonirci perché rettificassimo i nostri giudizi;

c) la segretezza impenetrabile con la quale i dirigenti del C.N. riservano le Catechesi di Kiko ai soli catechisti tradisce la consapevolezza che il loro contenuto dottrinale non è compatibile col Magistero della Chiesa;

d) ciò risulta pure dal sistematico rifiuto di ogni serena, libera e pubblica discussione — orale e scritta — con quanti non condividono le loro idee;

e) tanto vero che la loro stampa — sempre elogiativa e trionfalistica — se informa dei successi del Cammino, non osa però mai ribattere, una per una, le accuse di eresia mosse dai settori più diversi dell’opinione pubblica;

f) se Fondatori e dirigenti del Cammino accettassero tutti e singoli gli articoli della fede cattolica, quali risultano anche dalle condizioni richieste per un neocatecumenato pienamente ortodosso, non esiterebbero a produrre una pubblica professione di fede, sufficiente a purgarli di ogni accusa e sospetto. Trattandosi di un dovere gravissimo, perché imposto dalla causa dell’unità e della pace (e non d’interessi personali o puntigli di onore), il loro persistente silenzio li condanna.

 

3 - DIFESA INCONSISTENTE

Nonostante l’ostentata sopportazione «cristiana» (?) delle nostre accuse, non è mancata la reazione di alcuni neocatecumenali, che hanno ottenuto l’unico scopo di confermarle.

Non occorre soffermarsi sul loro ricorso a metodi sleali, come l’anonimato di lettere denigratorie, cariche d’insulti. Più degno di riflessione il contegno di altri che abbiamo avuto l’opportunità d’incontrare o di cui ci è stato riferito il pensiero.

  Molti non hanno saputo cosa rispondere, non comprendendo neppure il significato e la portata di certe domande: la loro ignoranza in fatto di religione ci ha penosamente sorpresi...

  Non sono stati meno numerosi quanti si sono rifiutati di rispondere. Secondo loro, formulare certi quesiti vuol dire soltanto cedere alla tentazione dell’orgoglio, che fa perdere in astruserie oziose, e non hanno nulla a che vedere con la vita cristiana, che è solo amore fraterno, ascolto della Parola di Dio, partecipazione all’Eucaristia...

  Altri, deviando abilmente il discorso, si sono limitati a narrare con eloquenza la storia della propria conversione, invitare ad intraprendere il Cammino, provare a farne l’esperienza...

  Alcuni, appellandosi all’attuale movimento ecumenico, hanno osservato che non è più tempo di dogmatizzare e andare per il sottile, perché ciò non fa altro che dividere, accentuare i contrasti, vanificare l’opera finora animata da un supposto spirito del Concilio...

  Ci risulta pure che — particolarmente tra presbiteri, catechisti e persone di cultura in genere — molti si sono appellati alla nuova teologia, sostenendo che Dio ha aperto a tutti le vie che a Lui conducono, al di là di tutte le forme e le fedi... D’altra parte, la svolta antropologica, nel riconoscere il primato della coscienza, ci avrebbe liberati dall’incubo di un Magistero infallibile e assoluto, soffocante e antievangelico. L’amore supplisce a tutto, soddisfacendo ogni dovere anche con Dio... Gesù non impone altro, esortando alla più generosa tolleranza... Non sono le idee che salvano, ma la vita... La comunione nel godimento delle sue gioie ha il suo più sublime rito nella mensa eucaristica che annulla ogni contrasto, rende vana ogni teoria...

  Molti, al contrario, non hanno esitato a rispondere riconoscendo, nelle domande a loro rivolte, la stessa fede professata dall’infanzia; cioè quella a cui sono stati educati da genitori pii e da parroci zelanti. Se hanno scelto il Cammino, è stato soltanto per motivi estranei alle proprie convinzioni religiose: alla solitudine e allo sconforto dovuto ad infelici situazioni familiari, si è aggiunta la constatazione della tiepidezza spirituale del Clero, dello squallore di certe chiese, dell’adozione di una riforma liturgica non capita, sbrigativa, impasticciata... Ma il loro cuore è rimasto fedele alla Chiesa Cattolica, anche se solo confusamente ne avevano appreso i dogmi e non chiaramente erano riusciti a distinguerli da certe posizioni della catechesi neocatecumenale: quelle del resto che i catechisti propinano gradatamente per non scandalizzare i deboli... Ma ora, tutto considerato, nessuno di loro crede di aver seri motivi per ripetere certe deludenti esperienze della vita di parrocchia.

 

In ultima analisi, la reazione neocatecumenale si risolve nel definire e respingere come calunniosa ogni critica del Cammino, per cui il tentativo di una qualsiasi discussione è aprioristicamente rifiutato: non c’è ragione che valga contro l’indiscutibile vocazione carismatica di Kiko, del quale però nessuno ha saputo o letto mai nulla delle Catechesi incriminate, ritenute pure «invenzioni» di gente malevola, «posseduta dal demonio»...

 

4 - GIUDIZIO DEL PAPA

La più inconfutabile delle difese del Cammino, quella che annulla tutte le critiche, dimostrando la fragilità e l’intento calunnioso degli argomenti addotti contro 1’opera di Kiko, sarebbe soprattutto l’esplicita e ripetuta approvazione di Giovanni Paolo II. Ora, il fatto di tale approvazione [che però non ha nulla di canonico e ufficiale per la Chiesa] è innegabile, ma non sono altrettanto chiare e decisive le circostanze in cui è stata concessa. Basteranno alcuni rilievi per intenderci:

a) L’autorità del Papa è somma soltanto quando riguarda l’ortodossia di una data dottrina di carattere religioso. Ma ovviamente, per giudicarla con forme o contraria alla fede, è indispensabile che egli la conosca... Ora il fatto di conoscerla esula dall’ambito della sua competenza e del suo carisma, dipendendo unicamente dalle informazioni che può averne dai suoi collaboratori; i quali, a loro volta, possono non essere del tutto informati né del tutto oggettivi.

Giovanni Paolo li conosce realmente le premesse dottrinali del Cammino di Kiko e Carmen? Per ora riteniamo sia lecito almeno dubitarne.

b) Nella notissima lettera del 30 agosto 1990 diretta a mons. Cordes, in cui riconosce «il Cammino Neocatecumenale come un itinerario di formazione cattolica, valida per la società e per tempi moderni», attesta di aver preso visione della documentazione a Lui presentata dal destinatario... Ora, di quale «documentazione» si tratta? Riferiva essa il contenuto dottrinale delle catechesi di Kiko? Chi può accertarlo?

c) Il Papa, nel medesimo documento, prende atto di quanto di positivo vari vescovi gli avevano riferito a favore del Cammino. Egli stesso, scrive, aveva avuto molti incontri con le Comunità Neocatecumenali delle parrocchie romane... D’accordo. Ma tutto ciò non significa che Giovanni Paolo II avesse letto i testi delle Catechesi.

d) In conclusione: è legittimo almeno il dubbio che egli ne conosca il contenuto dottrinale.

Ma c’è di più.

Abbiamo tutte le ragioni di sostenere che il Papa lo ignora. È impossibile infatti che egli approvi, benedica, protegga e raccomandi un Movimento che scardina fin dalle basi il Cristianesimo, ne altera (come vedremo) la morale, ne travisa il culto e arriva a minare la Chiesa negandone la struttura gerarchica, ossia sopprimendo il «sacerdozio ministeriale» che ne e il fondamento.

Tutto ciò — ripetiamo — è impossibile, riflettendo che precisamente il Papa è il Pastore e il Maestro universale della fede, e che di fatto Giovanni Paolo II ha sempre compiuto la sua missione in modo perfettamente esemplare, secondo la gloriosa tradizione dei predecessori... Un uomo illuminato e leale come lui non potrebbe cadere in una contraddizione così mortificante, imperdonabile...

e) Possiamo supporre che il Papa, pur sapendo tutto, non colpisca l’errore per non danneggiare spiritualmente molti che in buona fede hanno seguito il Cammino traendone evidenti vantaggi, in modo che, eliminando la zizzania, non si sradichi anche il buon grano?

 

Per quanto benevola, l’ipotesi non soddisfa:

  Primo, perché il Papa, pur condannando l’errore, potrebbe astenersi dal favorirlo indirettamente, cessando di benedire, proteggere e raccomandare il Cammino neocatecumenale quale è stato concepito e promosso da Kiko...;

  secondo, non è esatto parlare di buon grano e preoccuparsi di salvarlo quando si tratta di gente educata secondo tesi contrarie alla fede e che, prima o poi, rivelerà il veleno dell’eresie lentamente e insensibilmente assorbito...;

  terzo, se si trattasse veramente di «buon grano», nei neocatecumenali avremmo dei soggetti almeno in buona fede, per i quali una parola autorevole — come quella del Papa — sarebbe provvidenziale...

 

Se dunque oggi il Papa sapesse tutto e preferisse tacere per timore di uno scisma, c’è da temere che domani dovrà prender atto precisamente di uno scisma da tempo consumato, perché implicito nell’adesione al fondo dottrinale del Cammino qual è indicato nelle catechesi di Kiko e Carmen.

In conclusione, è incredibile che il Papa sappia realmente tutto: conoscendo il contenuto di quelle catechesi, questa nostra convinzione costituisce la più nobile e doverosa difesa del Vicario di Cristo davanti alla storia.

 

5 -  «IL BUON ALBERO SI CONOSCE DAI FRUTTI»

Nella lettera a mons. Cordes, il Papa scrive di aver «potuto constatare copiosi frutti di conversione personale e fecondo impulso missionario», di dovere tener conto «della nuova vitalità che anima le parrocchie...». Sembra perciò che non occorra altro per ripetere il detto evangelico, secondo il quale «il buon albero si conosce dai frutti».

Che senso può avere il principio a proposito della presunta «bontà» del Cammino Neocatecumenale? È l’ultimo problema che resta da risolvere intorno alle reali condizioni del NEOCATECUMENATO DELLA CHIESA CATTOLICA. La sua complessità obbliga a procedere con particolare attenzione.

* * *

a) Certamente si danno dei convertiti. Chi sono costoro?

Spesso non hanno sentito mai parlare di Dio, di Cristo, ecc., e si spiega come ad un primo «annunzio», non si può restare indifferenti del tutto... Spesso si tratta anche d’individui psicologicamente deboli, soggetti a crisi, suggestionabili e altrettanto volubili...

Altre volte la conversione riguarda una categoria di fedeli semi-analfabeti quanto a religione, rimasti dubbiosi, apatici, poco praticanti; e, insieme, negativamente colpiti dal tenore di vita, dai metodi pastorali e dalle liturgie di sacerdoti spiritualmente mediocri, veri mestieranti del culto...

Allora, la fuga dalla parrocchia è inevitabile come evasione stimolata dal bisogno di qualcosa di nuovo, autentico, vissuto... Si comprende perciò il fascino esercitato dall’accorta regia di catechisti sinceri, ma non illuminati; onesti, ma come travolti da un tipo di fanatismo per il quale — inconsciamente — spesso presumono di fungere da maestri di spirito e possedere carismi negati al presbitero della Comunità... Appunto i catechisti danno l’impressione di formare come una «gerarchia» superiore a quella ecclesiastica, illudendosi di avere un’autorità più alta di quella fondata sull’Ordine sacro...

Il tono grave e paternalistico dei loro richiami, 1’ossessionante menzione del peccato, la terribilità delle minacce, ecc. è quanto finisce col soggiogare povere anime, che appunto per la loro passività arrivano a sentire il bisogno di quel rigore e del china inquisitoriale creato dai catechisti, a cui si deve assoluta obbedienza perché — dicono — ispirati da Dio, responsabili della salvezza eterna di tutti... Obbedienza talmente cieca da provocare persino la separazione tra coniugi, contrasti insanabili tra genitori e figli... Secondo Kiko, Gesù comanderebbe non di preferire Lui al padre e alla madre, alla moglie e ai figli..., ma di odiarli: il fondamentalismo della sua esegesi al riguardo fa allibire...

La decisione di altri ad iniziare il Cammino è maturata dalla migliore buona fede. Si tratta di fedeli educati cristianamente, praticanti, onestissimi, ma rimasti all’età infantile quanto ad istruzione religiosa. La loro memoria delle formule catechistiche non è diventata mai intelligenza del dogma, meditazione del mistero, chiarezza d’idee e difesa coraggiosa delle verità rivelate... Fanno parte del nostro «buon popolo», carico di pregiudizi e di superstizioni, disposto a dare ascolto all’ultimo «santone» che si presenti, a credere — pur con delle riserve — a tutte le apparizioni di «Madonne», come alle empie turpitudini praticate da sette infami, da culti satanici.

Il Cammino, per loro, costituisce una scoperta, una vera grazia. In esso infatti apprendono un certo stile di serietà e di coerenza, cominciano a gustare la Parola di Dio, sperimentano la gioia della vita comunitaria, seguono con interesse lo svolgimento della liturgia, provano emozioni nuove, dolcissime, a cui devono la svolta decisiva della propria esistenza... Molto più si sentono felici perché — almeno nei primi anni — nessuno il disturba, potendo continuare a ricevere i sacramenti come prima, sentirsi a tutti gli effetti membri vivi della Chiesa: il Papa del resto è con loro!...

Questi i «buoni frutti» del Cammino. Non possiamo dubitarne. La Chiesa è stata la prima a riconoscerlo, indotta quasi per istinto dalla sua materna disponibilità ad apprezzare tutto il bene dei suoi figli.

Ma la nostra constatazione non esaurisce l’analisi ora conclusa.

 

6 -  «FRUTTI» DEL CAMMINO NEOCATECUMENALE

a) Il primo rilievo riguarda l’opera dello Spirito Santo, perché il bene, tutto il vero bene delle anime, non può avere altro Autore. Ora, la storia della spiritualità cristiana documenta che Egli può servirsi di tutto e di tutti per scuotere le coscienze, stimolare il cammino della grazia. Segue che, stando ai risultati positivi ottenuti, «l’Albero» a cui essi devono attribuirsi è principalmente Dio... Ma in qual misura essi si devono al Cammino? Lo spiegheremo fra poco.

b) Quel che dobbiamo affermare subito è che Neocatecumenali non traggono tutto il loro vero bene dalle tecniche e dalle iniziative ideate da Kiko e dai suoi catechisti. Essi lo hanno ereditato in gran parte con l’indole, dalla sana formazione morale ricevuta in famiglia, dall’opera svolta da parroci zelanti, da confessori illuminati, che ne hanno maturato la coscienza, hanno avviato e ben diretto la vita spirituale, creato ottime abitudini, fissato principi irrinunziabili... Il Cammino ha potuto giovare soltanto per conservare il fervore, restare fedeli a se stessi, arricchire un certo corredo di nozioni, apprese da ben altri maestri e istituzioni, come l’Azione Cattolica, che in molte anime ha lasciato un’impronta indelebile.

c) A questo riguardo, è doveroso osservare che:

  nei primi anni di Comunità — e spesso anche in seguito — nessuno dei neocatecumenali conosce tutti e singoli i presupposti dottrinali del Cammino...; e nessuno può avere e leggere il testo delle Catechesi di Kiko, essendo esso rigorosamente riservato ai catechisti. I quali tuttavia propinano il contenuto di quel testo man mano che esso, insensibilmente assorbito, crea nei catecumeni una mentalità del tutto tipica, irremovibile e persino arrogante...;

  molti hanno confidato di aver ricevuto del bene dal Cammino, ma solo nei primi due o tre anni, perché, in seguito, amareggiati fino al disgusto per quanto hanno continuato a vedere e udire in Comunità, hanno deciso di abbandonare tutto e tutti... Su ciò disponiamo di una documentazione orripilante;

  non sono mancati alcuni che, dopo anni di frequenza, vissuti nel rispetto più scrupoloso delle norme del Cammino, hanno finito col perdere anche la fede, apostatando dalla Chiesa...

Possono ritenersi «buoni» tali frutti? Perché la stampa neocatecumenale non ne parla? Perché non riconoscere che «l’a1bero» che ha prodotto tali frutti e la TEOLOGIA (ERETICALE) DI KIKO ARGUELLO E CARMEN HERNANDEZ?

 

7 - L’UNICO VERO «ALBERO BUONO»

Quello cioè fecondo di ottimi frutti, è Cristo; è la Chiesa, Madre e Maestra, sua Sposa; è chiunque ne è membro vivo e dimostra di esserlo aderendo al suo Magistero, accettando la sua morale, partecipando alla sua liturgia.

Perciò, tutti i «buoni frutti» del Cammino neocatecumenale si devono esclusivamente alla vitalità che esso trae dalla Chiesa, ossia agli elementi della sua organizzazione derivati dalla medesima quanto alle verità di fede, alle norme morali, alle forme del culto.

Ma, ciò che di originale e di proprio il Cammino può vantare e costituito solo dal fondo della sua dottrina aberrante dal Magistero; fondo mascherato dagli aspetti positivi che, derivati dalla Chiesa, sono destinati ad ingannare gli sprovveduti... Basterebbe riflettere sulla denominazione abilmente scelta: si tratta di un catecumenato volto a disporre all’accettazione di un nuovo Cristianesimo, quello non realizzato — secondo Kiko — dalla Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana...

E in realtà, di qual natura può essere l’albero che produce frutti non maturati dal pentimento delle colpe, dal proposito di emendarsi; dallo sforzo eroico di imitare Cristo; dalla fiducia nel soccorso di una grazia che rigenera; dalla virtù di una Redenzione operata dal Cristo col Sacrificio della Croce; dalla partecipazione a tal Sacrificio attraverso il Sacramento eucaristico che nutre i fedeli con la stessa Carne e il Sangue della Vittima immolata?

Lasciamo rispondere a Kiko il quale, oltre ad infierire contro sacrosanti dogmi della fede cristiana (Dio, peccato, Redenzione, Sacrificio della Croce, grazia, libero arbitrio, Eucaristia, «presenza reale», Sacramenti, salvezza eterna, ecc.) ha l’impudenza di irridere il consiglio evangelico della povertà volontaria e le pratiche dell’ascesi cristiana.

Se «l’uomo — egli sentenzia — pecca perché non può fare altrimenti, perché è schiavo del peccato...», quali «buoni frutti» di opere è possibile sperare ed attendersi da chi se ne convince realmente?

* * *

Kiko ha mai riflettuto che un principio del genere equivale ad un incitamento a mal fare, giustificando tutti i cedimenti alle passioni umane; e quindi i crimini, gabellati come debolezze, o raptus, per i quali codici, tribunali, multe, prigioni, ecc. sarebbero istituzioni ingiuste, disumane? Il ladro, l’adultero, l’assassino, la prostituta, il terrorista, ecc. dovrebbero affidarsi soltanto alle cure di psichiatri e resi innocui segregandoli dal consorzio umano...

Se l’uomo «è profondamente tarato. È carnale. Non può fare a meno di rubare, di litigare, d’essere geloso, di invidiare, ecc., non fare altrimenti. E non ne ha colpa...», perché rimproverarlo?... Se non può fare altro se non «quello che vuole il Maligno» perché punirlo? Il peggio si è che neppure la grazia di Cristo può correggerlo: essa non lo rigenera, non ne fa una «nuova creatura»: i Sacramenti non giovano a nulla... La situazione dell’uomo di Kiko è disperata...

Questi «i buoni frutti» del Cammino? Possiamo supporre — ce lo chiediamo ancora una volta — che il Papa sia esattamente informato di strafalcioni del genere, che sovvertono morale cattolica ed etica umana, colpendo ogni struttura giuridica, irridendo tutte le istituzioni della società civile?

Il neocatecumeno, convinto di non poter fare alcun bene e non poter fare che il male, come potrà compiere il suo cammino e disporsi ad un secondo battesimo? Cos’è insomma questo battesimo? A che serve?

Noi siamo certi che la Chiesa cattolica è in grado di proporre un neocatecumenato essenzialmente diverso, che non può essere — come si è avuto l’impudenza di spacciare — quello di Paolo VI e assai meno di Giovanni Paolo II, nostri venerati Pastori e Maestri.

_________________

 

RIEPILOGO E CONCLUSIONE

 

Conosciamo due tipi di neocatecumenato.

Uno, ortodosso, risale alle origini della Chiesa, era notissimo ai Padri, ed oggi è più che mai indispensabile per una reale ricristianizzazione del mondo... Appunto il neocatecumenato di cui abbiamo richiamato le condizioni che tuttora lo rendono possibile e indiscutibilmente prioritario rispetto a tutte le forme di vita cristiana, a tutte le iniziative del ministero gerarchico. Se non si muore e rinasce nel Cristo, è impossibile rivivere in Lui, valersi dei meriti della sua opera redentrice...

L’altro neocatecumenato, proposto da Kiko e Carmen, è ereticale, e si è affermato come pianta parassitaria nella Chiesa, di cui ha usurpato linguaggio, riti, pratiche.

Appunto esso, oggi, vanta un prestigio che ha raggiunto il vertice presso l’opinione pubblica per l’eccessiva benevolenza e pazienza di membri della Gerarchia, per lo stato di abbandono spirituale in cui giace gran parte del popolo delle nostre regioni e diocesi d’Italia, per la disinformazione e l’incuria di molti parroci, sensibili prevalentemente alle novità eversive della teologia protestante che imperversa nei nostri centri di studio.

Significativo il fatto che il Cammino Neocatecumenale nasce negli anni ‘60 e si propaga rapidamente nel periodo del famigerato Catechismo Olandese e di un neomodernismo che riesuma l’immanentismo scettico nella negazione dell’assolutezza della verità in sé: essa — come già si denunziava nel decreto «Lamentabili» di S. Pio X —  «non è più immutabile dell’uomo stesso, giacché si evolve in lui, con lui e per lui».

«S’insinua qua e là il criterio di giudicare le verità della fede a piacimento, secondo la propria capacità d’intendere e il proprio gusto di interloquire nel campo teologico e religioso». Questo uno dei molti strazianti lamenti di Paolo VI (Ud. gen. 30.11.1966).

«La moda — constata l’anno dopo — fa legge più della verità: il culto della propria personalità e della propria libertà di coscienza si riveste del più frettoloso gregarismo; alla Chiesa non si obbedisce, ma si fa facile credito al pensiero altrui e alle audacie irriverenti e utopistiche della cultura corrente, spesso superficiale e irresponsabile». Insomma, «vi è pericolo di una DISGREGAZIONE DELLA DOTTRINA... » (Ud. alla C.E.I., 7.4.’67).

Ma la tempesta non si calma, perché il 7 dicembre del ‘69, la Chiesa «Si trova in un’ora d’inquietudine, di autocritica, si direbbe di AUTODISTRUZIONE. È come uno sconvolgimento interiore, acuto e complesso CHE NESSUNO SI SAREBBE ATTESO DOPO IL CONCILIO. SI PENSAVA AD UNA FIORITURA, AD UN’ESPANSIONE SERENA DELLE CONCEZIONI MATURATE NELLE GRANDI ASSISE DEL CONCILIO. MA SE NE VIENE A SOTTOLINEARE SOPRATTUTTO L’ASPETTO DOLOROSO. COME SE LA CHIESA PERCUOTESSE SE STESSA (...). Per qualche fessura il fumo di Satana è entrato nel tempio di Dio (...). Noi avremmo creduto che l’indomani del Concilio sarebbe stato un giorno di Sole per la Chiesa. MA INVECE DEL SOLE, ABBIAMO AVUTO LE NUVOLE, LE TEMPESTE, LE TENEBRE...» (Ud. 29.6.’72).

* * *

Kiko non avrebbe potuto trovare un terreno di coltura più adatto. E la sua opera è stata tanto più nefasta quanto più egli si è sbracciato nel sostenere il Vaticano II, nell’insistere sulla necessità di un neocatecumenato per rievangelizzare il mondo, nella rifondazione della famiglia cristiana con la difesa dell’enciclica Humanae vitae, ecc. ecc.

Egli, così, tuttora appare ed è accolto come un nuovo salvatore del mondo. Ma, insieme, non ha mai osato pubblicare le sue Catechesi; non ne ha fatto mai leggere il testo integrale a Paolo VI e a Giovanni Paolo II, preoccupato di tenerlo segreto, riservato ai catechisti; non ha mai ceduto all’invito ad un dialogo pubblico, né ha mai ritrattato una sola delle sue idee, neppure per rimediare allo scandalo delle accuse di eresia che hanno turbato molte anime, diviso intere parrocchie, lacerato innumerevoli famiglie.

A Vienna, recentemente (12-15 aprile 1993), i responsabili del cammino non hanno permesso ad alcuni Vescovi un libero dibattito sulle idee del Movimento, e hanno avuto l’imperdonabile presunzione di chiedere all’Episcopato: «Aiutateci nella rievangelizzazione!», come se loro — «agnelli» del gregge — si fossero trasformati in «Pastori»... Ma la soppressione del sacerdozio ministeriale può suggerire questo ed altro per disfarsi della Gerarchia, demolire la Chiesa.

* * *

C’è di più.

Da alcuni anni si attendeva con ansia la pubblicazione del nuovo Catechismo perché ponesse un limite alla sfrenata libertà di pensiero di sacerdoti e catechisti, professori e scrittori cattolici; e i fedeli si sentissero finalmente rassicurati contro gli arbitri di teologi, esegeti e liturgisti impazziti...

Ebbene, si sperava che, dopo molti anni di acquiescente silenzio da parte dell’Episcopato italiano, il Catechismo inducesse i Neocatecumenali a tornare sui binari dell’ortodossia, senza alcun bisogno di drastici interventi della S. Sede...

Ma siamo rimasti delusi. I discepoli di Kiko — secondo le molte voci a noi giunte — ancora non lo conoscono; o dicono che non è per loro in quanto ne possiedono un altro superiore a quello della Chiesa Cattolica...; oppure si sforzano di far credere il contrario, pur non accettandone il contenuto...

Evidentemente, non possono condividerlo, se in esso apprendono una dottrina opposta a quella insegnata da Kiko e Carmen. Ci dispensiamo dal paziente lavoro di analisi e confronto tra le loro Catechesi e il Catechismo della Chiesa Cattolica...

Per esserne convinto al neocatecumeno basta scorrerne 1’indice tematico.

Si accerti pure di quel che la Chiesa ancora insegna su: Redentore e Redenzione; Libero e Libertà, Moralità e Peccato, Peccato originale e Peccatore, Penitenza, Pentimento, Conversione, Grazia, Sacrificio della Croce, Sacrificio dell’altare, Transustanziazione, Presenza reale, Eucaristia, Sacerdote e Sacerdozio, Gerarchia e Ordine sacro, Soddisfazione e Sofferenza, Ascesi e Mortificazione, ecc.

Nelle pagine a cui rimanda l’indice tematico, i Neocatecumenali possono leggere solo l’antitesi delle fondamentali convinzioni di Kiko e Carmen. E allora a quale meta può condurre il loro Cammino?

Nel rifiuto del sacerdozio ministeriale, e del Sacrificio eucaristico (forse senza neppure avvedersene), Kiko — da novello «cavallo di Troia» — sta aprendo le porte della Chiesa Cattolica ad una religiosità cristiana talmente vaga, da poter promuovere il più tollerante ecumenismo, disporsi a stringere la mano ad un mondialismo che, nel fare buon viso alle religioni più contraddittorie, le annulla tutte nella trionfante avanzata dell’umanesimo ateo.

 

P.S. dei gestori del sito Internet:

Il 16 giugno 1996, Padre Enrico Zoffoli è deceduto per i postumi di una malattia senza che alcuna autorità della Chiesa gli abbia mai “suggerito” di abbandonare le analisi e le denunce sulle “eresie” che sono a fondamento del CAMMINO NEOCATECUMENALE.

 

 

 

Hosted by www.Geocities.ws

1